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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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RITROVATO QUEL "DERBY" SPECIALE TRA DUE NEMICI CON MILLE INCROCI

Franco Arturi (gasport 25-02-2012)

MIlan e Juve, strani nemici. Oggi a San Siro cercano di strapparsi lo scudetto dalle mani, ieri sono state forgiate con gli stessi pregiati metalli. Che sono stati fusi nelle stesse fornaci. Era il 1949 quando Gianni Agnelli, per placare una guerricciola di mercato, inidrizzò in rossonero Gunnar Nordhal, il cannoniere dei cannonieri, grazie al quale il Milan tornò a prendere contatto con il tricolore, dopo un digiuno infinito: 44 anni. Molte stagioni dopo, del resto, una bandiera milanista di nome Giovanni Trapattoni andò a piantarsi aTorino dove fra il '76 e l'86 costruì una Juve mondiale.

Due squadre che hanno il record del più riuscito scambio della storia del calcio italiano: correva l'anno 1962, in bianconero finì Salvadore, indistruttibile roccia della difesa, alla corte di Rocca si spostò Bruno Mora, poeta della fascia. Fecero le fortune dei loro nuovi club. Com'è accaduto ai tempi nostri per Inzaghi e Pirlo. Come si era ripetuto per Capello e Ancelotti. Il lingo elenco di amici e affetti in comune comprende Bentti e Abbiati, Davids e Paolo Rossi, Baggio e Storari, fino a Zambrotta. Per non parlare di Ibrahimovic, l'assente più presente che ci sia. Gemelle mai, affini spesso, nonostante tutto. Con uno storico competitore e avversario in comune, quello bestito di nerazzurro. E dunque un altro elemento di vicinanza psicologica, a ben pensarci: nel palio di Siena formato gigante che è il calcio italiano, il gusto della vittoria è avvicinato (o eguagliato?) dalla sconfitta del nemico più accanito.

Già, l'Inter. Il tono di una rivalità è dettato dalle condizioni storiche: quella fra il club di Moratti e la Juve è piena di attriti, stridori, scontri campali, polemiche, corpo a corpo. Fra Milan e Juve, oggi politicamente molto unite nel tentare di immaginare le forme del calcio di domani, le tensioni sono state smorzate dai corsi e dai ricorsi. Di fatto le eclissi di una squadra coincidevano con gli splendori dell'altra: una rotta con pochi punti di collisione. Se il Milan era grande, la Juve stava acquattata qualche anno, e viceversa. Anche i palmarès sono ben suddivisi, più che contesi: alla società degli Agnelli un dominio italiano marcato, a quella di Berlusconi una salda leadership internazionale.

Perfino i buchi neri in cui i due club sono precipitati a un certo punto della loro storia hanno sinistre analogie. Buco, una parola che comincia per B. Nero, un aggettivo indicato per coprire eventi di cui non andare orgogliosi. Ma succede, l'importante è sapersi rialzare. Milan e Juve entreranno questa sera a San Siro consapevoli di aver saputo reagire ai momenti più difficili e di rimanere punto di riferimento del nostro calcio.

Un incrocio senza fine, ingentilito dal genio di Rivera e Platini, Zidane e Van Basten. Due divise che cromaticamente stanno molto bene una contro l'altra, su un prato verde. Una partita diventata il derby d'Italia. La definizione, inventata da Gianni Brera, andava a premiare il duello fra i due club che in quel momento avevano vinto di più. Ora è questa. E conta anche più di una scudetto. Bentornata nel mondo dei kolossal.

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JUVE E MILAN: ACCUSE INUTILI

(Mario Sconcerti - Lo sconcerto quotidiano - corriere.it - 24-02-2012)

Alla vigilia di Milan-Juve vi dico come la penso sugli argomenti della partita e di questi ultimi giorni.

1 Penso che Ibrahimovic sia stato giustamente messo fuori dalla partita. Il fallo era sportivamente violento.

2 Penso che la Juve sia favorita. Ha vinto due volte su due con il Milan, è più squadra, ha più velocità. Se non ha paura della partita, può vincerla.

3 Penso che la storia dei rigori sia un limite della Juve. E’ tipico dei belli guardare negli occhi la bellezza altrui e confrtontarla. Ma il calcio è di tutti, non solo di Juve e Milan. Hanno un senso veramente ambiguo queste statistiche delle opinioni. Come quando su Calciopoli si cerca di mettere l’Inter sullo stesso piano della Juve. Mettiamo che sia così. Sono due colpevoli invece di uno. Cosa cambia? E che vantaggio porta agli innocenti?

4 Senza Ibrahimovic, il Milan sarà più veloce, forse più imprevedibile. Nella Juve sceglierei Quagliarella e Vucinic.

5 Buona partita a tutti. E godetevi il calcio. Non è questo il regno dei martiri.

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ORA BASTA:

TECNOLOGIA

di STEFANO AGRESTI (CorSport 26-02-2012)

Hanno rovinato Milan-Juve. L'hanno falsata, l'hanno trasformata da show

calcistico - e per un bel po' lo è stata, soprattutto per merito dei rossoneri

- in una rissa di strada. Impossibile non vedere che il colpo di testa di

Muntari era entrato in porta (sarebbe stato il 2-0), grave non accorgersi che

Matri era in posizione regolare quando si è avventato sul pallone e lo ha

messo in rete (sarebbe stato l'1-1). Dal punto di vista tecnico, è certamente

più clamoroso il primo errore. Ed è probabile che, nello sviluppo della

partita, il raddoppio milanista avrebbe avuto un peso importantissimo,

tagliando le gambe ai rivali in modo forse definitivo.

Ma, alla resa dei conti, mancano un gol di qua e uno di là: uno a uno anche

nelle ingiustizie subite, insomma.

Questa serie di follie arbitrali, però, ha scaldato gli animi all'eccesso. E

quegli inseguimenti finali che abbiamo osservato in campo - e immaginiamo ciò

che può essere successo nel tunnel - non sono stati un bello spettacolo, così

come il pugno di Mexes all'ex compagno romanista Borriello svelato dalla tv.

Della notte scudetto preferiamo ricordare le parole pronunciate da Conte e

Buffon alla fine della partita: il fatto che abbiano elogiato il Milan,

riconoscendone i grandi meriti tecnici, ci ha un po' riconciliato con questa

sfida.

Il gol negato a Muntari (un gol solare e netto, che tutti, ma proprio tutti

hanno subito visto: in campo, allo stadio e davanti alla tv; tutti meno

l'arbitro e i suoi collaboratori), ecco, questo episodio così clamoroso deve

adesso portare a un intervento finale e risolutivo: l'introduzione della

tecnologia almeno per eliminare le reti fantasma. Diciamolo in modo chiaro: è

ridicolo, assolutamente ridicolo che una partita osservata da milioni di

persone, un incontro che vale uno scudetto (e anche tanti soldi), sia

condizionato, se non deciso, da una situazione che potrebbe essere risolta

affidandosi a un semplice e modesto intervento delle macchine. Ed è

paradossale che pochi istanti dopo quell'errore chiunque a San Siro avesse la

certezza di quanto era accaduto: i giocatori, gli allenatori e gli spettatori

sapevano che il pallone era entrato nella porta di Buffon, l'arbitro

certamente aveva compreso l'errore commesso, eppure doveva dirigere quella

battaglia ancora per un'ora. Quasi una crudeltà.

Ci ha molto colpito il messaggio che ha immediatamente lasciato su twitter

Nole Djokovic: «Ancora non capisco perché il calcio non usa la tecnologia. E'

incredibile per lo sport più importante del mondo. Non credo a quello che è

successo! La palla era dentro di un metro e hanno continuato a giocare». Non

sono parole di un grande tifoso del Milan, quale lui è, ma del numero uno

mondiale di una disciplina, il tennis, che da anni usa la macchina per essere

più attendibile. Un intervento che non ha sconvolto il gioco, ma ha aumentato

la credibilità e migliorato l'atmosfera. E lo stesso è accaduto in molti altri

campi. Quelli di basket o di rugby, ad esempio. Rifletta, il calcio.

E rifletta Nicchi, il presidente degli arbitri, quando si vanta della qualità

dei guardalinee, sostenendo che sono fenomenali perché sbagliano quattro

interventi su cento. In realtà, nelle sue goffe statistiche, include decine di

segnalazioni che è impossibile fallire. La percentuale di errore è

clamorosamente più elevata quando le decisioni sono sul filo dell'incertezza.

E capita anche che un guardalinee scelto per la partita dell'anno riesca a non

vedere un pallone che ha superato la linea di un metro e poco dopo lui stesso

- è di Romagnoli da Macerata che stiamo parlando - sbandieri un fuorigioco

inesistente a Matri lanciato a rete. Inconscia compensazione? Chissà.

Riflettano, Nicchi e i vertici del calcio. Quelli che «quando entrerà la

tecnologia non sarà più calcio». Sarà, semplicemente, un calcio più giusto. A

qualcuno questo non piace? Qualcuno si preoccupa?

___

l'Editoriale

MENO PAROLE

MOVIOLA SUBITO

di ANDREA "Sfiduciato" MONTI (GaSport 26-02-2012)

Dopo una serata di calcio appassionante vissuto, sofferto, sospirato, urlato

dall'Italia intera, ha ancora senso parlare di arbitri? Sì, ce l'ha eccome.

Perché l'incandescente terzo tempo di San Siro dimostra che la sfida scudetto

è stata decisa da chi doveva semplicemente dirigerla. Il risultato di parità

avrebbe potuto essere qualsiasi altra cosa. Scegliete voi. Ma una partita così

non lo meritava.

Adesso si dirà che le ripetute indignazioni della Juve a proposito di rigori

e dintorni erano pressioni vere e proprie sul mondo arbitrale, e hanno dato i

loro frutti. Almeno fino al 34o del secondo tempo quando, dopo lo svarione sul

gol di Muntari, a Matri è stato annullato un gol regolare. Vogliamo parlare di

riparazione? Più interessante sarà vedere come nei prossimi giorni, dopo un

piccolo mea culpa a caldo «Partita troppo caricata», se la caverà Antonio

Conte. Arbitri che non fischiano in memoria di Calciopoli? Suvvia! Era una

faccenda ridicola e, col senno di poi, avremmo dovuto dirlo con più fermezza

senza aspettare, per rispetto di una bellissima squadra e di tanti tifosi,

l'inevitabile riprova.

La verità è che Tagliavento e il suo guardalinee Romagnoli hanno preso un

gigantesco, abnorme e umanissimo granchio di cui si parlerà a lungo.

Inutilmente, perché le conclusioni sono già scritte nel buon senso che al

nostro calcio spesso manca. Gli arbitri sono uomini, anche se ad alcuni

servirebbe un ottico. E cinquanta centimetri oltre la linea bianca nel calcio

moderno sono una distanza siderale: se il Cern sbaglia di un

milli-nano-secondo sugli inafferrabili neutrini e viene universalmente

spernacchiato, andrebbe appeso per i pollici — sorry, mr. Blatter — chi

non autorizza l'uso di una buona, vecchia telecamera sulla linea di porta.

O almeno di un arbitro posteggiato nei paraggi. Visto che l'involontario

pasticciaccio avviene proprio nel classico italiano e rischia di condizionare

l'assegnazione dello scudetto più di ogni presunto complotto, occorre dirlo

con chiarezza: francamente, è roba da matti. Il gol-non-gol l'hanno visto,

moviolato e twittato tutti, tranne quelli che lo dovevano vedere. In

conclusione: moviola o arbitro di porta. Non domani, subito.

Peccato. Perché l'incontro è stato un bellissimo spot per il bistrattato

calcio italiano. Il Milan avrebbe meritato di vincerlo. Per 70 minuti ha

battuto in breccia la Juve con le sue stesse armi: velocità, compattezza,

determinazione e ottime geometrie. I bianconeri, comunque, hanno reagito da

grande squadra al gol annullato ingiustamente, acciuffando un pari che peserà,

e parecchio, sulla classifica. Tutto qui.

Conclusione? Banale: se la smettessimo di strologare sui complotti,

di occupare il nostro tempo con un'interminabile moviola mentale, ci godremmo

di più il bello del calcio. E potremmo pure sopportare con animo compassionevole

i suoi errori. In attesa che un'anima pia, o una telecamera ben piazzata, ce

ne risparmi gli orrori.

___

Tuttosport 26-02-2012

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___

La scena madre di GABRIELE ROMAGNOLI (la Repubblica 26-02-2012)

L’eterno gol fantasma

sopravvissuto al futuro

nel calcio che non cambia

Dovrebbe essere morto e sepolto, un caro ricordo come il mangianastri,

Carosello o le festività infrasettimanali.

Invece sopravvive, forse proprio perché è un fantasma. Il gol fantasma si

ripresenta a San Siro, fuori tempo massimo, quando la tecnologia avrebbe

dovuto renderlo superato. Quel che invece supera è la linea, e di qualche

decina di centimetri perfino. Accade sull´1-0 per il Milan e la partita, per

come è messa in campo la Juventus, potrebbe finire lì. Invece. A segnare il

non-gol è Muntari, un altro fantasma, uno che sul palcoscenico non doveva

esserci più, annunciato dallo speaker «per la prima volta a San Siro con la

maglia giusta».

Anche lui era scomparso, prigioniero della soffitta interista, invisibile per

Ranieri. Invece eccolo lì, da due turni protagonista, capace di mettere il

piedone bianco calzato su ogni traiettoria e ora, nella serata più importante,

di concludere un´azione sbilenca con una rete di testa. Anzi no. Non c´è

nessuna copertura, eppure il guardalinee non vede. Tagliavento è un bravo

arbitro, eppure non vede. È gol. Ma non lo è.

Il calcio sfugge a ogni definizione ontologica. È filosofia inapplicabile

avendo per regolatore il libero arbitro anziché il libero arbitrio. In questa

valle di lacrimevoli errori il gol fantasma resta a galla anche se dovrebbe

essere affondato da anni. Dovrebbe stare nell´album di Gianni Minà, confinato

nelle teche Rai dove qualcuno, punto da nostalgia, andasse a rivedersi il

raccattapalle e buttafuori dalla rete di Ascoli il pallone infilato da Beppe

Savoldi, centravanti del Bologna. Invece vive, si moltiplica, ha perfino il

passaporto e va ai Mondiali. Memorabile quello dell´inglese Lampard alla

Germania due anni fa in Sudafrica.

Come è possibile che siamo ancora a questo punto? Se lo chiede anche il

numero uno del tennis, Novak Djokovic, con un messaggio su Twitter un minuto

dopo il no-gol. E qui c´è tutta la differenza del mondo. Dieci o venti anni fa

il gol fantasma manteneva il suo lenzuolo di mistero per tempo sufficiente a

farne un´entità durevole e mistica. Bisognava aspettare padre Carlo Sassi e la

liturgia della moviola per avere la rivelazione e conoscere la verità delle

cose. Ora la diretta è l´unico istante in cui il dubbio è prevaricato dalla

fede. Nel momento in cui la palla colpita da Muntari viaggia verso il confine

delle possibilità sono seduto in una tribuna a netta prevalenza milanista. Non

c´è un filo di esitazione, si passa direttamente alla recriminazione e alla

denuncia del complotto. Si dirà che questa è la reazione tipica del tifoso. Ma

c´è qualcosa di più: c´è la capacità intuitiva della folla. Anche quella, a

suo modo, un mistero. La folla accalcata in piazza San Pietro plaude al nuovo

papa quando la fumata è ancora indecifrabilmente grigia. E a San Siro grida al

furto non appena si accorge che il gioco continua. Non ha un angolo di

osservazione migliore del giudice di gara, non è schiava del cuore. Ha visto,

in modo chiaro quanto inesplicabile la palla oltre la riga.

Anche qui, rispetto a vent´anni fa, al raccattapalle di Ascoli c´è una

differenza decisiva. Dopo un minuto la folla sa. Il gol di Turone ha

attraversato il limbo. Quello di Muntari è evidente in un lampo. Basta

telefonare a casa, al cugino seduto davanti a Sky. C´è chi si collega a

internet con lo smartphone, legge i primi commenti, osserva le immagini

chiave. Non esiste mistero. Niente non è quello che sembra. Gol è quando

arbitro sa. Ma perché non dà? Da Turone a Muntari è cambiato il mondo. Una

sola cosa è rimasta immutata. Io non tifo per nessuna squadra, la risposta

datela voi.

Modificato da Ghost Dog

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la controinchiesta

TERZA PUNTATA Lo scandalo senza verità

Quei segreti di Calciopoli

custoditi dalla Boccassini

C’è un fascicolo sulle dichiarazioni di un arbitro che potrebbe

rispondere a tanti perché. Ma nemmeno Borrelli ha voluto leggerlo

di GIAN MARCO CHIOCCI (il Giornale 26-02-2012)

Il vero mistero di Calciopoli è un faldone d'indagine che il pm milanese Ilda

Boccassini custodisce gelosamente in archivio. Al processo di Napoli a Moggi &

co l'hanno ribattezzato il «fascicolo del Calcio Graal» perché sa ormai di

leggenda posto che i custodi delle segrete cose in esso contenute non ci sono

più (il compianto presidente dell'Inter, Giacinto Facchetti) non parlano

(l'arbitro Danilo Nucini), non sentono la necessità di confermarne l'esistenza

(il magistrato Boccassini). Questo fascicolo dovrebbe/ potrebbe contenere la

confessione esplosiva del fischietto gola profonda di Facchetti, ma essendo

stato archiviato a «modello 45» («notizie manifestamente infondate») nessuno

può consultarlo, se non previa autorizzazione della sola Boccassini. Che non

rilascia autorizzazioni. A nessuno. Eppure al fascicolo sarebbe utile dare

almeno un'occhiata per sgombrare il campo dai sospetti sull'intenzione,

dell'Inter, di colpire Moggi & co seguendo strade a rischio perché

penalizzabili dalla giustizia sportiva. Il faldone avrebbe potuto/dovuto

interessare soprattutto Francesco Saverio Borrelli, che però non sentì mai il

bisogno di richiederlo alla collega dai capelli rossi durante le sue indagini

sugli illeciti sportivi, nonostante la procura da lui un tempo diretta gli

avesse trasmesso i verbali dei protagonisti dello scandalo Telecom (il capo

security Giuliano Tavaroli, il detective Emanuele Cipriani, il presidente

Tronchetti Provera ecc. ) dove si faceva espresso riferimento a Nucini, alla

Boccassini, alla spy story nerazzurra.

Proprio Tavaroli, nell'interrogatorio del 29 settembre 2006, riferisce che

sul finire del 2002 incontrò Massimo Moratti e Giacinto Facchetti, con

quest'ultimo che raccontò di essere stato avvicinato da un arbitro di Bergamo

«che in più incontri» gli parlò del condizionamento delle partite attraverso

un sistema che da Moggi portava all'arbitro De Santis. Tavaroli propose a

Facchetti due opzioni: diventare «fonte» di un maggiore dei carabinieri di

Milano oppure rivolgersi ai pm con un atto formale: «Mi risulta che la società

Fc Inter ha presentato un esposto in procura» chiosò il manager della security

Telecom. Marco Tronchetti Provera, preso a verbale il 9 marzo 2010,

confermerà: «Moratti aveva chiesto immediatamente un aiuto alla procura perché

c'era un arbitro che raccontava di strane storie a Facchetti (…). La prima

cosa che fece Massimo Moratti fu di andare dalla dottoressa Boccassini a

raccontare questa vicenda. La Boccassini gli suggerì di far venire questo

arbitro a denunciare la cosa».

Ascoltato dall'Ufficio Indagini della Figc, il 3 ottobre 2006, Moratti aveva

dato invece una versione differente: quando Facchetti gli disse che voleva

denunciare in procura i fatti raccontati da Nucini «mi opposi per la

«genericità» delle accuse» e aggiunse che semmai «doveva essere Nucini a

segnalare il fatto » ai magistrati. Due versioni, una è falsa. Quale?

Nel frattempo, proprio per tutelarsi, Facchetti si era registrato di nascosto

le confessioni devastanti di Nucini che aveva spedito a infiltrarsi nelle

linee nemiche: avvicina l'arbitro De Santis, ficca il naso sul ds del Messina

Fabiani ( vicino a Moggi), fa da talpa a Coverciano.

Quindi aveva girato dei numeri di telefono a Tavaroli, eppoi non s'è ancora

capito se fu lui (o Moratti, che nega) a ispirare le indagini invasive

sull'arbitro De Santis a un amico detective di Tavaroli, Emanuele Cipriani,

che poi fatturerà 50mila euro a Pirelli e non all'Inter «perché Tavaroli- così

riferisce a verbale Cipriani­ spiegò che era opportuno che l'investigazione

non risultasse» all'Inter.

Il passaggio successivo vede Nucini fare il suo ingresso in procura.

E qui calano le ombre. Non s'è mai capito, infatti, quando quest'incontro s'è

verificato; se in procura ce l'ha mandato Facchetti, previo accordo col

magistrato; se all'ufficio della Boccassini l'arbitro ha bussato di sua sponte;

se l'incontro è stato verbalizzato e registrato; se il pm ha convocato il

fischietto di Bergamo essendo venuta a sapere delle sue intenzioni. Nulla si

sa. Nulla si deve sapere. Ma perché?

Al processo di Napoli l'arbitro Nucini («inconsistente teste d'accusa »

secondo quanto si legge nella sentenza) non è stato capace di ricordare il

giorno della sua visita in procura che a fatica colloca «verso la fine del

2003». Sul resto, è a dir poco ondivago, stranamente confuso, quasi reticente.

Nell'udienza del 26 maggio 2009 fa presente che «qualcuno vicino alla società

(Inter, ndr) ha consigliato che io andassi davanti al pm, la dottoressa

Boccassini, a dire quanto avvenuto». Aggiunge che venne contattato

telefonicamente dalla segreteria della Boccassini, che l'oggetto dell'incontro

pensava fossero alcuni articoli in merito ad ammonizioni pilotate, e che al

dunque la pm «mi ha fatto delle domande specifiche. . . che erano le

confidenze che nell'anno e mezzo io e Facchetti siamo venuti a conoscenza.. . ».

Nucini confessa che non se l'è sentita di tradire Facchetti. Così alla

Boccassini decide di non dire più niente: «Non ce l'ho fatta, ho trovato nella

dottoressa Boccassini una delle donne più intelligenti, probabilmente aveva

capito tutto. Non ha insistito, sono uscito dalla procura e la cosa è finita

lì».

Aveva capito cosa? Non ha insistito? Gli avvocati si scatenano: signor Nucini

come ha risposto alle domande della Boccassini? «Io a lei non glielo dico!»,

sbotta in faccia al difesore di Moggi, Prioreschi. «Abbiamo parlato di calcio,

dell'andamento del calcio». Chiacchiere da bar? E con la Boccassini parlavate

di tattica? Richiamato a deporre al processo napoletano il 15 marzo 2011

Nucini manda ulteriormente al manicomio gli avvocati con un mantra incessante,

con chicche surreali: «Con la dottoressa Boccassini abbiamo parlato di calcio,

punto». «Nessuno mi ci ha mandato», «Fu una chiacchierata informale». «Non

firmai il verbale». Se questo fascicolo saltasse finalmente fuori si

capirebbero tante cose. A cominciare dal famoso cd con la voce di Nucini,

registrata di nascosto da Facchetti (circostanza riportata da Repubblica a

maggio 2006 e mai smentita dai diretti interessati). Consentirebbe di

dimostrare, o smentire, ciò che le difese degli imputati hanno sostenuto nel

processo di Calciopoli, e cioè che qualora l'Inter, con un esposto, avesse

allertato direttamente la procura di Milano, avrebbe violato la cosiddetta

«clausola compromissoria » che obbliga le società a rivolgersi alla giustizia

sportiva e non ad altre autorità.

L'avvocato Paolo Gallinelli, difensore dell'arbitro De Santis, per due volte

(nel 2009 e il 3 febbraio 2011) ha sollecitato invano il pm Boccassini e il

procuratore Bruti Liberati a fargli prendere visione del fascicolo-Graal.

Niente da fare. In dibattimento a Napoli la richiesta è stata fatta in

extremis, il pm si è opposto, non se ne è fatto niente neanche qui. Nelle

nuove istanze si fa cenno anche all'attività dei pm di Milano che il 19

novembre 2004, con l'indagine avviata a Napoli, chiede a Telecom la verifica

su alcuni «file di log» per verificare l'esistenza di determinati contatti

telefonici monitorati proprio da Telecom. Utenze fisse e cellulari che

potrebbero coincidere con quelle che Nucini spiffera a Facchetti, che a sua

volta gira a Tavaroli il quale li passa al fedelissimo Adamo Bove (morto

suicida nel luglio 2006) che li farà sviluppare alla segretaria Caterina

Plateo. Che a verbale ammetterà come tra i numeri controllati da Tavaroli & co

c'erano quelli della Juventus, del guardalinee Cennicola (il telefono era in

uso a De Santis) della Gea World, della Figc, di Moggi. All'Inter che spiava i

nemici è difficile pensare. Ecco perché occorre rendere pubblico ciò che

nessuno vuol vedere pubblicato.

(3-continua)

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VELENOPEDIA

Beppe Severgnini

di GIUSEPPE POLLICELLI

(Libero VeLeNo Numero 8 - Libero 26-02-2012)

Giuseppe Severgnini nasce a Crema nel 1956 sotto il segno di Indro Montanelli,

il quale abbandona l’Ungheria nel bel mezzo della rivoluzione e, guidato da

una stella cometa, fa ritorno in Italia per essere sicuro di assistere alla

nascita del predestinato Beppe. Quando il bimbo viene alla luce, familiari e

amici comprendono che ha peculiarità fuori dall’ordinario: nasce infatti già

fornito di un paio d’occhiali nonché degli inconfondibili capelli da coverista

dei Beatles. Il caratteristico mento alla Totò, che ancora oggi rappresenta

una delle più efficaci armi di seduzione di Beppe, sembra invece conseguenza

del maldestro intervento col forcipe di un ostetrico, il quale si sarebbe poi

giustificato dicendo che Montanelli lo aveva distratto raccontandogli di come

- senza mai mollare la sua Lettera 22 - fosse arditamente riuscito a schivare

un carro armato sovietico che stava per schiacciarlo. Crescendo, Beppe seguita

a manifestare segni di eccezionalità. Le prime lettere che scandisce, a

neppure due anni, sono BBC, pronunciate per di più con un impeccabile accento

della Regina. E in effetti il bambino - che a sei anni ha già l’aspetto di un

nerd diciannovenne - impara a esprimersi in inglese ancor prima che in

italiano. Da qui l’idea, che Beppe sfrutterà nel migliore dei modi divenendo

un bestsellerista, di irridere con un numero incalcolabile di libri quei

milioni di italiani che a stento sanno dire “How are you?” senza aspirare

l’acca. Le doti di Severgnini inducono Montanelli a nominarlo corrispondente

da Londra del Giornale, scelta di cui molti londinesi sono tuttora grati a

Indro poiché la frequentazione di Beppe ha molto migliorato la loro conoscenza

della grammatica inglese. Momentaneamente stancatosi delle figure di ɱerda

degli Italians all’estero (lui escluso, ovviamente), Severgnini dà alle stampe

36 libri consecutivi sull’Inter, nei quali sostiene tra l’altro che i

nerazzurri, senza intrallazzi juventini, avrebbero oggi in bacheca 48 scudetti

e che Luciano Moggi è l’Anticristo. Di recente ha pubblicato su un supplemento

del Corriere della Sera il resoconto di una settimana passata senza Internet.

Esperimento interessante che ha dimostrato soprattutto una cosa: Severgnini

non fa una mazza dalla mattina alla sera. In sette giorni, come si evince dal

suo diario, ha scritto tre brevi pezzi dedicandosi per il resto alle più

disparate forme di ozio, nessuna esclusa: cinema, mostre, aperitivi,

pennichelle, incontri con gli amici, trasferte (pagate) a Roma, ospitate in tv

dalla Gruber ecc. Tornato on line, trova 346 nuove mail e, sudando freddo,

chiosa preoccupato: «Si annuncia un periodo impegnativo». Beppe potrebbe

imitare il suo idolo Mario Monti e mostrarci la dichiarazione dei redditi:

verificare quanto fruttano tre articoletti in un’intera settimana di

infingardaggine sarebbe ancora più interessante che leggere i suoi diari.

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Uno sfregio sul campionato

di MAURIZIO CROSETTI - Repubblica.it - 26-02-2012

MILANO - Se ne parlerà a lungo, e con livore, e con sospetto. Il gol fantasma negato al Milan potrebbe diventare il segno, o lo sfregio, del campionato, e questo il campionato non lo merita: o forse sì, perché chi semina sospetto poi raccoglie furore. Lo stadio Meazza ha reagito con ferocia verbale all'incredibile errore dell'arbitro Tagliavento (il migliore d'Italia, figuratevi il peggiore). Si è tornati alle vecchie battaglie tra Juve e Milan, si è riandati quasi all'epoca di Moggi. Improbabile, a questo punto, che Conte chieda più rispetto oppure che Andrea Agnelli faccia la voce grossa con l'intero sistema. Stavolta, la loro Juve è stata favorita e basta.

Non poteva essere una sfida-scudetto, perché il traguardo è troppo lontano, però il torneo potrebbe essere deciso proprio dai due punti in meno ai rossoneri, o magari dalla differenza-reti negli scontri diretti. Tutto è possibile, e il veleno sarà come sempre nella coda. Anche se si comincia adesso.

Troppo gigantesco l'errore dell'arbitro e del suo assistente, anche se alla Juve è stato annullato un gol regolare a Matri per un fuorigioco che non non c'era. "Troppe cose non hanno avuto a che fare con il calcio", ha detto Conte alla fine. Ed è stata anche un'autocritica: "Abbiamo sbagliato in tanti, cominciando da me. Abbiamo caricato troppo Milan-Juve. Lo scudetto? Lasciamo perdere".

Un'ora di ottimo Milan, poi una specie di crollo fisico e il ritorno della Juve,

corretta dal suo allenatore che aveva scelto una formazione sbagliata: l'ingresso di Matri, autore di un gol e mezzo, dimostra che sarebbe stato meglio mettere in campo dall'inizio l'ex centravanti del Cagliari. "La cosa più bella è stata la partita", ha detto Conte. "E complimenti al Milan, veramente". Prima, però, il tecnico della Juve aveva litigato con Galliani, il quale ha lasciato lo stadio a metà gara. Motivo ufficiale: problemi di pressione. E poi la rissa finale, il contatto tra Chiellini e Ambrosini evitato d'un soffio, lo sforzo di Pirlo per fare da paciere, gli ululati dello stadio. "Ladri, ladri!". "Sapete solo rubare!" "E' tornata l'epoca di Moggi!". Ettolitri di arsenico: toccherà berlo fino a maggio.

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La finta guerra fra Milan e Juventus

di STEFANO OLIVARI dal blog GUERIN SPORTIVO 26-02-2012

E’ difficile prendere sul serio le polemiche dopo uno dei più belli e intensi

Milan-Juventus degli ultimi decenni, ma non solo perché gli errori arbitrali

alla fine sono stati più o meno in entrambe le direzioni. E’ evidente che un

errore che si verifica ‘prima’ pesa di più rispetto a uno ‘dopo’, ma non è

questo il punto. Dal clamoroso gol non visto di Muntari al ‘primo’ uno a uno

annullato a Matri per fuorigioco inesistente, passando per il pugno di Mexes a

Borriello a tante situazioni minori male interpretate, questo Milan-Juve sarà

di sicuro ricordato e non per l’ottimo calcio che pure c’è stato. Detto che

eravamo allo stadio e che sul momento, senza monitor, abbiamo pensato che

Buffon avesse davvero evitato il gol con una prodezza che ci ha ricordato

quella di Banks su Pelé a Mexico 1970, il discorso di fondo è sempre lo

stesso: se si pensa che ci sia un complotto contro la propria squadra (e ci

può essere, in teoria) bisogna denunciarlo con moventi e mandanti, se no tutto

rientra nel normale ‘mettere pressione’ ad arbitri che già di loro sono sotto

pressione. Alla fine di tutto questo, rimane la domanda: il Palazzo tifa

Juventus, per mettere una pietra su Calciopoli (semplifichiamo), o Milan in

quanto club politicamente trainante della Lega (anche qui semplifichiamo)?

Perché poi staremmo parlando di due società alleate, cosa che non è un reato

ma comunque un fatto sbandierato dai dirigenti di entrambe, fin dall’inizio

dell’era della Triade in bianconero (quindi dal 1994), che non potrebbero

essere alleate se avessero il sospetto che una delle due lavori per

imbrogliare l’altra. Tutta una settimana, quindi, dalle dichiarazioni di Conte

e coitus interruptus in su, va derubricata a normale (purtroppo) lavorio sulla terna

arbitrale, con dossier fatti scrivere da terzi senza nemmeno metterci la

faccia come uno Zamparini qualunque. Se la partita è stata falsata, lo è stata

paradosalmente proprio dalla tivù che tutti invocano (anche noi) come rimedio

a tutti i mali del calcio. Impossibile che nell’intervallo Tagliavento non sia

stato informato delle immagini relative all’episodio Muntari-Buffon,

impossibile che non ne sia stato condizionato. Da questa pseudo prova-tivù è

poi nato l’atteggiamento anti-juventino del secondo tempo, superato dal calo

del Milan e dal carattere della squadra di Conte. Concludendo? Non sempre ci

sono i complotti, nel calcio italiano, mentre i furbi sono una simpatica

costante. E siamo anche costretti a prenderli sul serio.

___

Mi viola in campo

di IVAN ZAZZARONI dal blog Il calcio è un cartone animato per adulti 26-02-2012

A San Siro è successa una cosa straordinaria e bellissima: dopo settimane

di polemiche e tentativi più o meno velati di condizionamento, il miglior arbitro

italiano, Tagliavento, e il suo guardalinee più capace, Romagnoli,

hanno commesso almeno due errori da sospensione senza appello danneggiando

prima il Milan e poi la Juventus. Questa – sì – e democrazia, altro che eredità di

Calciopoli e derivati!

Nessun disegno, nessun piano: nessuna strategia ha armato Taglia & Roma:

hanno toppato di brutto e grossolanamente. La partita è stata falsata, il

risultato anche, nonostante molti osservatori l’abbiano considerato giusto.

Gli effetti immediati. Chi – durante e dopo – ha gridato allo scandalo, chi

ha avuto cali di pressione, chi invece l’ha risolta con la solita pretesa

dell’introduzione della tecnologia. Conte ha addirittuo dato del mafioso

all’apparato berlusconiano. Le solite manfrine. Italiane? No, europee:

ricordate i recentissimi Real-Barça?

Il calcio è uno sport della strada, è nervoso, maleducato, arrogante e

ipocrita. Solo Buffon ha ammesso che se si fosse accorto dell’errore non

avrebbe aiutato l’arbitro, Vidal s’è fatto giustizia da solo. Come Mexès.

In fondo è uno sport stupendo, il guaio è che ci sono i calciatori. E gli

allenatori. E i dirigenti. E i giornalisti tifosi.

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Il pretesto

di ANTONIO CORSA (uccellinodidelpiero.com 26-02-2012)

Mi tolgo subito il dente: il gol di Muntari era regolare e l’errore del duo

Tagliavento-Romagnoli, unanimemente considerati i n. 1 italiani nel proprio

ruolo (arbitro e assistente, rispettivamente), è grave e inspiegabile. Nessuno

l’ha messo in dubbio, nè tanto meno lo farò io. Ha pesato tantissimo

sull’andamento del match, ha penalizzato fortemente il Milan e posso

addirittura arrivare a concordare con coitus interruptus (e Boban, sigh!) che

abbia in un certo senso falsato l’incontro perché, quando c’è un episodio simile,

non si compensa dopo con gli errori successivi: sono errori tecnici allo stesso

modo, ma il match ha preso un binario diverso da quello che avrebbe dovuto e

potuto prendere (i rossoneri avevano speso tantissimo, forse troppo, ed

era inevitabile un loro calo alla distanza). Credo di dimostrare con questo la

massima onestà intellettuale possibile.

Vi risparmio sulla fiducia analisi e fotomoviole, perchè gli episodi da ambo

le parti sono chiarissimi e tra l’altro non contestati (

però

forse non è stato mostrato). Che il Milan sia stato penalizzato lo posso pure

accettare, anche se non si possono scordare (come hanno fatto in troppi) gli

errori che hanno penalizzato poi noi, sempre per quel discorso sull’onestà

intellettuale. E non sono, a ben vedere, tecnicamente meno gravi (si parla di

un rosso al 46' e di un gol regolare annullato, mica di rimesse laterali

invertite). Una giornata no per la terna, si commenterebbe all’estero.

Beati loro, che il giorno dopo si parla già della partita successiva.

Ho vissuto tantissimi dopo-partita infuocati, specie prima del 2006, nei

quali si accusava la Juventus di aver rubato. Mai, però, mi era capitato di

vivere una situazione simile, ovvero di aver seguito l’intero dopo-partita su

Sky (e tramite commenti di amici e lettori posso confermare sia accaduto lo

stesso anche su Mediaset e Rai) e non aver sentito praticamente nessuno

chiedere la testa dell’arbitro o dell’assistente responsabili dell’errore

rivendicato (perchè si è parlato di fatto solo di “un” errore, ovviamente).

Nessuno. Il linciaggio che ci si sarebbe potuti aspettare non c’è stato (o

meglio è stato riservato ad altri), come non fosse “colpa” loro. Vi siete

chiesti come mai? Perchè i mostri non sono stati sbattuti in prima pagina?

Perchè nessuno ne ha chiesto radiazione o stop di 10 turni? (arriveranno

comunque: Romagnoli si è già giocato la proroga). A ben vedere non si è

neanche lanciata più di tanto, nel dopo-partita, la solita e scontata campagna

“nel 2012 non è possibile non avere la moviola per i gol fantasma”. Forse

qualcuno l’ha accennata, come inciso. Forse. Ma nemmeno. Un improvviso picco

di cultura sportva? Ovviamente no. Semplicemente, non era quella la polemica.

Adriano Galliani, all’intervallo, ha prima litigato con Braschi, poi ha

mandato a fare in c_ (ricambiato, pare) Andrea Agnelli, per poi scendere negli

spogliatoi dove, al di là di uno scambio con Tagliavento (non si è fatto

mancare nulla..), si è scagliato con ferocia prima contro il resp. della

comunicazione Juve Albanese, poi contro Conte (e per fortuna che l’ha placato

Seedorf visto che si era persino avvicinato minaccioso a cercare il contatto

fisico). La linea? L’errore è colpa delle esternazioni “sui giornali” della

Juventus, altro che giornata storta! E pensare che si era ancora 1-0

all’intervallo con tutto un secondo tempo da giocare. Probabilmente, la

partita da parte milanista è stata giocata molto sull’orgoglio e sul

“vendicare” alcune dichiarazioni che non sono piaciute. Lo si capisce anche

dalla rissa nel dopo-partita, con Chiellini inseguito (guarda un po’) da

Ambrosini (ricorderete le accuse dopo la Coppa Italia). Si è, però,

decisamente esagerato (parliamo pur sempre di un errore avvenuto al 25' pt).

La linea adottata da coitus interruptus nel dopo-partita è stata pressochè la stessa. A

Sky, ovviamente, gli hanno mostrato solo il gol di Muntari (non sia mai. . ) e

lui, sorridente (l’aria da gentleman “è più finta dei soldi del Monopoli”,

scrive la Bocci sulla Ġazzetta), ha lanciato bordate contro Conte, invitato a

tacere la prossima volta, quasi fosse “colpa sua” dell’errore e non

dell’assistente. La stampa, ovviamente, si è adeguata immediatamente (in

questo i media italiani non sono secondi a nessuno): per una logica

comprensibile (e sbagliata), ovvero quella della polemica da far scattare fra

le due società, che “vende” molto più delle analisi a bassa voce. L’arbitro e

il guardalinee non interessavano già più a nessuno dopo il triplice fischio.

La notizia era altrove. Le domande, sempre le stesse, sono state a senso

unico. Il primo (e gli altri hanno seguito a ruota) giornalista a fare una

domanda al tecnico bianconero in conferenza stampa ha esordito dando la

responsabilità al duo Conte-Marotta di aver lucrato in settimana per ridurre

«quel gap di differenza tecnica che c’è col Milan», perchè «se c’è una squadra

che dovrebbe lamentarsi alla luce delle ultime partite di Campionato è proprio

il Milan: ha perso un sacco di punti e stasera pesa come un macigno quella

svista del guardalinee sul gol del 2-0 che avrebbe chiuso la partita». Questo

quando si son fatte le domande, perché ad esempio un Carlo Pellegatti da

querela (pessimo, davvero pessimo) ha commentato la partita per Mediaset

aggredendo Conte a fine partita a suon di “testa di c.. ” e “malato mentale”.

Il tutto, ovviamente, in diretta televisiva e con la scusa della “telecronaca

del tifoso” (non me ne voglia il buon Zuliani: una buffonata tutta italiana).

L’avessimo fatta noi una roba del genere..

Il risultato è comunque che nel giro di poco più di una settimana si è

passati dall’accusa bianconera che “gli arbitri sono condizionati dal 2006 nel

non fischiare rigori dubbi” (come si sono permessi?) al “Conte si è lamentato

e il pianto ha pagato”. E al “se si è arrivati allo scontro è colpa sua“.

Tutto capovolto. Dal “condizionamento” al “controcondizionamento”. Che, se è

sbagliato il primo, è sbagliato a maggior ragione il secondo (vero Abete?). Il

gol di Muntari, come dicevo, e l’ho messo in premessa per non incorrere in

equivoci o accuse di faziosità, era regolare e l’errore gravissimo. Ma è stato

chiaramente il pretesto di quella che Tuttosport definisce “un’aggresione”,

non la causa. Ed è piuttosto evidente, perchè “preparata” già nei giorni

precedenti all’incontro. Già dopo la conferma della squalifica di Ibrahimovic

il tema era quello, con una decisione assolutamente scontata e basata sul

regolamento fatta passare per decisione “politica” (senza che nessuno si sia

sognato di fare un’analisi tecnica, magari comparando la situazione con i

centinaia di precedenti identici), fino ad arrivare al capolavoro firmato

Corriere della Sera dove, in un’intervista a Paolo Maldini, si dava voce e

spazio a sospetti del tipo “è stato fermato Ibrahimovic perchè si vuole

favorire la Juventus per i torti subiti con Calciopoli” (c’è da aggiungere,

per onestà, che si è fatto lo stesso con Nedved, cui è stato chiesto del

condizionamento degli arbitri. E in questo caso non mi è piaciuta per tempismo

l’uscita dell’ex centrocampista bianconero, troppo prossima al match già di

suo ricco di tensione).

Di tutto questo, la stampa italiana dovrebbe riflettere. Prima ancora di

Antonio Conte. E’ palese come alla macchina del fango, raffreddatasi dopo il

2006, servisse giusto quest’episodio (purtroppo evidentissimo e oggettivamente

imbarazzante), quasi “costruito” in settimana (ci scommetterei soldi: molti ci

speravano pure). Serviva la scusa per tornare in azione. Ora, puntuali,

torneremo apertamente a sentir parlare di “campionato rubato” dalla Juventus

(occhio a non crederci che siamo ancora a febbraio, ed è ancora lunghissima,

con un recupero difficilissimo da giocare in un campo per noi storicamente

ostico come Bologna), di “Juve ladra” e di “vincitori morali” dello Scudetto,

con Conte che prende ufficialmente il posto che fu di Moggi. Già, Moggi.

Ovviamente lo sentirete nominare in tutti i servizi televisivi e lo leggerete

in ogni giornale, manco fosse stato lì a bordocampo.

Si è voluto trasformare un errore tecnico (non l’unico della gara), grave, in

un complotto a comando (chissà se Braschi e Nitti avranno qualcosa da ridire e

troveranno “inadeguato” anche questo atteggiamento..). In un condizionamento

arbitrale da sudditanza. Il Milan, fino a quel momento palesemente aiutato

dagli arbitri, è ora vittima del “sistema Juve”. Una vendetta a tifoserie

unificate per aver provato ad aprire bocca. Una punizione in piena regola

(leggere per tutti lo “sfregio meritato” di Crosetti) per aver tentato di

riaffacciare la testa fuori, manifestando senza giri di parole un malessere

provato. Che la Juventus, ladra per definizione, non può provare. Non ce

l’hanno concesso, e non ce lo concederanno.

Certo, sarebbe bello, tra una polemica e l’altra, ricordare come si stia

parlando di un gioco, come ci sia stata una partita, come si sia ancora a

febbraio. Ma in Italia questo piacere non l’avremo mai e la responsabilità di

tutto ciò è di chi ci mangia, in questa melma. A noi è successa la stessa

identica cosa contro l’Inter a San Siro, con un errore forse ancora più

clamoroso, seguito a polemiche ancora più dirette dei nerazzurri, eppure

nessuno è entrato negli spogliatoi a cercare la rissa, nè si è insultato

Paolillo o Ranieri in diretta. Purtroppo si continua a vivere di trucchetti e

polemiche perchè, sostanzialmente, non si è in grado di proporre niente di

qualitativamente migliore.

Credo in tutta sincerità Conte abbia capito. Gli altri, purtroppo, no.

Peccato.

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"Non l'avrei detto all'arbitro" che brutta frase Buffon. La nazionale non dovrebbe convocarlo.

Fabrizio Bocca - Blooog - la repubblica.it 26-02-201

Buffon, il capitano della nazionale è un simbolo e deve dare l’esempio…

Nella notte di San Siro, allo stadio, in sala stampa e in tv, ho potuto assistere al consueto scambio di accuse tra le parti dopo Milan-Juventus. Non credo di poter aggiungere molto rispetto a quanto si sta dicendo in giro. Certe conseguenze verbali di una partita così, sono spesso ampiamente prevedibili. E il trionfo dell’ipocrisia, anziché dello sport. Una cosa pero’ mi ha colpito molto e la voglio ripetere. Secondo me Buffon aveva il dovere di dire che quel pallone era entrato, doveva avvertire l’arbitro. Non si trova mai un calciatore che faccia un gesti di correttezza del genere. Sarà un’utopia, ma non per questo non bisogna crederci. Io penso che di quel pallone ampiamente dentro Buffon se ne sia ampiamente accorto e francamente stento a credergli quando afferma il contrario se davanti agli occhi ho la foto che ho messo in testa al blog. E del resto l’intero San Siro se ne era reso conto, tutta l’Italia in tv se ne era accorta. Perfino le due squadre in campo, e poi e’ andata come e’ andata. Se posso comunque accettare la sua versione, e quasi devo a caldo concedendogli tutte le attenuanti possibili – come quella della concitazione - non posso pero’ accettare la frase “Se anche me ne fossi accorto avrei taciuto e non l’avrei detto all’arbitro”. Anzi la frase precisa ripresa dall’Ansa da Sky è: “… e se me ne fossi reso conto, sono onesto nel dire che non avrei dato una mano all’arbitro. Lo dico in maniera molto serena e spassionata. Confermo però che in campo non me ne sono reso conto”. Onestà per onestà allora è anche giusto essere responsabili non solo di ciò che si fa ma anche di ciò che si dice. Dal capitano della nazionale italiana, un simbolo in Italia e nel mondo, francamente una frase del genere non l’accetto e non posso perdonargliela. Lo avevo già penalizzato un po’ in pagella proprio per quanto avvenuto in campo.

Secondo me quella frase, tipica espressione della mentalità del calcio italiano, per cui ogni cosa è lecita in virtu’ del risultato è la classica goccia che fa traboccare il vaso, anche piu’ grave dello stesso errore dell’arbitro. Che pure ne ha combinate di tutti i colori e che è giusto che paghi per non essere stato all’altezza. Pertanto io fossi la Fercalcio e fossi il ct Prandelli Buffon in nazionale a questo giro non lo convocherei: sarebbe un gesto simbolico importante. Non capisco perché si debbano sempre punire i Bad Boys alla Cassano o Balotelli e non chi perde l’occasione per darci un segnale di correttezza. Tanto piu’ se e’ capitano della nazionale e pertanto come molti doveri in piu’ rispetto agli altri. Mi attendo adesso la solita salva di chiacchiere e scuse: “eh ma se facciamo così poi dove andiamo a finire”, “ma in fin dei conti che cosa ha detto di male”, “e perché allora chiamare tizio e caio”, “e allora perché non squalificare anche quello lì”. Insomma la solita farsa di un calcio italiano che proprio non riesce a cambiare pelle.

PS- E ovviamente squalificherei ben bene, Galliani, Conte, Mexes, Chiellini, Ambrosini e tutti quelli che non hanno contributo a fare di Milan-Juventus uno spettacolo edificante. Partita, ricordo, che ha fatto il giro del mondo e che certo ha contributo a ribadire il concetto che il calcio italiano, quanto a cultura e sportività, è ancora molto, troppo indietro.

***

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MILAN-JUVE LA TEMPESTA PERFETTA

Gian Paolo Ormezzano - Famiglia Cristiana - 26-02-2012

Se un disegnatore di destini e di trame e di complotti e di casualità avesse avuto in mente l’ideale divenire– ai fini dell’interesse, delle discussioni, insomma del sacro Bar Sport - della sfida di ritorno fra Milan e Juventus, e avesse magari enunciato/denunciato anche nei dettagli il futuro, a proposito del match del Meazza, non avrebbe potuto fare meglio o peggio (nel calcio sovente si tratta della stessa cosa) di quanto hanno fatto i giocatori, i tecnici e i dirigenti delle due squadre e l’arbitro Tagliavento (fra l’altro il miglior prodotto degli ultimi tempi nella categoria dei fischietti) con i suoi collaboratori.

Il punteggio di classifica, col Milan sempre avanti di un punto ma la Juventus sempre con la partita di Bologna da recuperare, contribuisce alla rappresentazione, fa da fondale alla tempesta perfetta. La rissa finale alla quale hanno partecipato un po’tutti, con insulti e spintoni diversi ma sempre intonati all’ira, ci ispira due considerazioni opposte e gemelle:1) tutti recitano, dunque tutti fingono; 2) la storica alleanza di lega fra Milan e Juventus è finita, visto che il primo accusa la seconda di pressioni sugli arbitri, ricambiato con accuse di identica finissima caratura.

La seconda considerazione è secondo noi puramente teorica, ormai nel calcio si fa la guerra per poter fare meglio, cioè con miglior mercato degli interessi, la pace. Il Milan mancava di dieci giocatori della rosa, fra i quali almeno sette titolari importanti: di_Ibrahimovic si sa, di Gattuso e Cassano si sapeva, di Seedorf si è saputo a poco dal match, idem di Boateng e Maxi Lopez, Nesta è mancato all’ultimo. La leaderhisp rossonera è stata per forza consegnata a Pato che sembra un ex e magari nell’inconscio spera di infortunarsi seriamente per cercare di rimettersi a nuovo.

Con tutto ciò il Milan ha giocato meglio, ha segnato presto anche se un bel po’ fortunosamente, ha messo un’altra volta la palla ben dentro la rete di Buffon ma l’arbitro chissà cosa ha visto anzi chissà cosa ha non visto, ha goduto di un fuorigioco di Chiellini estraneo all’azione di Matri che però si è visto annullato ingiustamente il gol, ha preso il gol del pareggio quando si pensava che in qualche modo avrebbe raggiunto il successo, che avrebbe significato anche la prima sconfitta di una Juventus presentatasi al Meazza con tutti i suoi giocatori in salute.

Abbiamo detto all’inizio di un disegno ideale, il che non significa ottimale, significa casomai riuscito sin troppo bene per la migliore (cioè peggiore, stessa cosa, ci risiamo) fruizione di esso da parte di noi calciodipendenti, o se preferite, nell’inglese dominante, footballholic. La Juventus si era molto lamentata degli arbitraggi, il Milan non si era lamentato troppo della conferma delle tre giornate di squalifica a Ibrahimovic, tutti recitavano e tutti sapevano (sapevamo) che recitavano ma andava bene così, la finzione di gruppo è una delle forze del calcio, adesso il Milan si lamenterà degli arbitraggi e la Juventus forse di Mexes “pugile” rossonero non espulso e chissà se colpito duro dalla prova televisiva.

Dopo il regalo del non gol, la Juventus forse finirà certe sue lamentele assolutamente non in stile Juve (“Lamentarsi è da provinciali”, disse Agnelli inteso come Gianni, lo ricordiamo al nipote Andrea attuale fervido presidente), e in cambio il Milan, che per la Signora resta club amico (noi due insieme contro l’Inter), non manderà troppo avanti la sua peraltro inutile, ai fini almeno del risultato, protesta per la svista di Tagliavento e collaboratori, anche perché poi un’altra svista, ancorché meno vistosa anzi “svistosa”, è stata a suo favore.

Viene intanto confermata la quasi regola per cui se di una partita si è parlato troppo nella lunga vigilia, consegnandole poteri decisionali sommi, questa partita poi decide poco o niente, ed è già molto se non è orribile, moltissimo se è quasi bella (come sabato sera). In effetti la partita dell’anno, del decennio, del secolo, del nuovo millennio è stata quasi appassionante, ma ha deciso poco o niente. Sì, il Milan l’ha giocata meglio, più intensamente, e se fosse andato sul giusto 2 a 0 avrebbe probabilmente vinto (al proposito si deve ricordare che proprio Galliani, ad del Milan e grosso tecnico di televisione, da anni chiede, studia, persino prova strumenti per decidere se il pallone ha no o no varcato la linea…).

Ma intanto anziché godersi la buona prova di una squadra mutilatissima (ma dove è finito lo scientifico e intanto miracolistico Milan Lab che doveva servire al conseguimento della salute piena e continua dei campioni?), il club rossonero prova rammarico, rimpianto, rabbia per come sono andate le cose sul campo. Sì, la Juventus ha conservato l’imbattibilità stagionale e ha rimediando un altro pareggio, ma ricordiamo che con tutti pareggi si finisce il campionato imbattuti e intanto si finisce anche in B….

Tutto è comunque pronto per una bella armatissima pace finta, che sarà persino più divertente della guerra in certi momenti vera. E non credete alla lievitazione mediatica, che parlerà di rivincita, della semifinale di ritorno di Coppa Italia a Torino, con la Juve in vantaggio per 2 a 1: altro tipo di recita, della Coppa Italia non importa niente a nessuno sino alla finale, dove si inaugura un tipo di blanda recita nuova, alla presenza del capo dello Stato, se Napolitano vorrà irrorare il calcio della sua serietà.

In fondo fa capire tutto Buffon, sempre più grande: “Non mi sono accorto che la palla colpita da Muntari era finita dentro, l’ho ricacciata fuori automaticamente, se mi fossi accorto che era gol non l’avrei comunque detto all’arbitro”. Lui può permettersi di non recitare, evviva lui.

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Fermi tutti: la Juventus non ha rubato nulla

Gianluca Mercuri blog Giornalistinelpallone corriere.it 26-02-1012

Ho fatto un sogno durante l’intervallo di Juve-Milan: che Andrea Agnelli scendesse negli spogliatoi e ordinasse ai giocatori di far segnare gli avversari, come fece l’allenatore dell’Ascoli Pillon in un sublime gesto di riparazione. Sarebbe stato bellissimo, avrebbe fatto bene alla Juve e al calcio a prescindere dal risultato.

Forse avrebbe costretto tutti noi a ricordarci che anche nel calcio si deve poter sbagliare, che dobbiamo tutti tornare a considerare l’errore una normale possibilità, altrimenti è meglio sfinirci di playstation. Invece siccome Agnelli è solo un ottimo presidente ma non un uomo che cambia la storia, noi juventini ci sentiremo ancora urlare che sappiamo solo rubare, quando invece siamo gli unici che hanno saputo anche espiare. E dovremo fare notare ai milanisti – nel giorno in cui il loro stimato padrone la sfanga ancora una volta in tribunale - che evidentemente c’è qualche guardalinee fuori dalla rubrica di Meani.

Quando invece sarebbe stato bello parlare solo di calcio, dire a Conte che ci ha rotto i santissimi a non capire che il centravanti della Juve è Matri, e che contro punte veloci doveva giocare Caceres non Bonucci. Invece parleremo chissà quanto di un guardalinee sventurato (e certo, un esercito di dietrologi dirà che il gol non dato al Milan è molto più pesante di quello non dato alla Juve).

Ps: pareggio meritatissimo, forse perfino un po’ stretto, Juve squadra superiore.

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Ma intanto anziché godersi la buona prova di una squadra mutilatissima (ma dove è finito lo scientifico e intanto miracolistico Milan Lab che doveva servire al conseguimento della salute piena e continua dei campioni?), il club rossonero prova rammarico, rimpianto, rabbia per come sono andate le cose sul campo. Sì, la Juventus ha conservato l’imbattibilità stagionale e ha rimediando un altro pareggio, ma ricordiamo che con tutti pareggi si finisce il campionato imbattuti e intanto si finisce anche in B…. ?

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Fermi tutti: la Juventus non ha rubato nulla

Gianluca Mercuri blog Giornalistinelpallone corriere.it 26-02-1012

Ho fatto un sogno durante l’intervallo di Juve-Milan: che Andrea Agnelli scendesse negli spogliatoi e ordinasse ai giocatori di far segnare gli avversari, come fece l’allenatore dell’Ascoli Pillon in un sublime gesto di riparazione. Sarebbe stato bellissimo, avrebbe fatto bene alla Juve e al calcio a prescindere dal risultato.

Forse avrebbe costretto tutti noi a ricordarci che anche nel calcio si deve poter sbagliare, che dobbiamo tutti tornare a considerare l’errore una normale possibilità, altrimenti è meglio sfinirci di playstation. Invece siccome Agnelli è solo un ottimo presidente ma non un uomo che cambia la storia, noi juventini ci sentiremo ancora urlare che sappiamo solo rubare, quando invece siamo gli unici che hanno saputo anche espiare. E dovremo fare notare ai milanisti – nel giorno in cui il loro stimato padrone la sfanga ancora una volta in tribunale - che evidentemente c’è qualche guardalinee fuori dalla rubrica di Meani.

Quando invece sarebbe stato bello parlare solo di calcio, dire a Conte che ci ha rotto i santissimi a non capire che il centravanti della Juve è Matri, e che contro punte veloci doveva giocare Caceres non Bonucci. Invece parleremo chissà quanto di un guardalinee sventurato (e certo, un esercito di dietrologi dirà che il gol non dato al Milan è molto più pesante di quello non dato alla Juve).

Ps: pareggio meritatissimo, forse perfino un po’ stretto, Juve squadra superiore.

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Questo Mercuri mi trova molto d'accordo.

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gli errori arbitrali accendono le polemiche: poi il cronista chiede scusa a tutti

«Conte testa di...» l'ira di Pellegatti,

telecronista milanista e tifoso divide il web

Il più noto tra i giornalisti di fede rossonera perde il lume della ragione e insulta l'allentore bianconero in tv

MILANO - Carlo Pellegatti chiede scusa alla Juventus e al suo allenatore Antonio Conte. In un comunicato pubblicato sul sito Sportmediaset il telecronista-tifoso fa mea culpa e si dichiara dispiaciuto delle parole offensive pronunciate alla fine dell’incontro pieno di polemiche tra Milan e Juventus. Il giornalista sabato scorso ha perso la pazienza e ha iniziato a insultare senza mezze misure l'allenatore bianconero Antonio Conte: «Chiedo subito scusa alla Juventus, ad Antonio Conte e soprattutto ai tifosi juventini che si sono sentiti giustamente offesi – ha scritto nella nota il telecronista rossonero. - Capita di trovare una buca sulla strada della vita, io l'ho trovata un sabato di febbraio». Pellegatti ha rivendicato il suo ruolo di telecronista-tifoso, ma ha spiegato che finora aveva sempre mantenuto nei confronti delle squadre avversarie e degli arbitri un atteggiamento corretto e soprattutto educato. «Atteggiamento - conclude il giornalista - che è venuto meno sabato nel corso della telecronaca di Milan-Juventus, quando ho usato parole sconvenienti e offensive, pensando di non essere in onda, ma questo non deve essere una attenuante».

IL PERSONAGGIO - Pellegatti è da anni il giornalista sportivo più amato dai supporter milanisti e da diverse stagioni commenta appassionatamente su Mediaset Premium tutti i match della sua squadra del cuore. Ma sabato scorso la fede calcistica lo ha tradito. L’invettiva contro Antonio Conte è stata prontamente postata sul web e la blogosfera si è rapidamente divisa tra chi considera comprensibile e giustificata la rabbia del telecronista rossonero e chi invece la condanna senza appello. Ciò che è certo è che la furia di Pellegatti è destinata a diventare un tormentone in Rete.

GLI INSULTI – Appena l’arbitro Tagliavento fischia la fine del match, Pellegatti palesa il suo disappunto e con un tono di voce rassegnato e triste ripete più volte la frase: «Che ingiustizia, che vergogna». Ma a scatenare l'ira del commentatore sportivo è il presunto comportamento antisportivo di Conte che al termine della partita invece di seguire i consigli del telecronista che lo invita a ringraziare Tagliavento per l'arbitraggio favorevole, comincia ad avere un acceso diverbio con alcuni calciatori del Milan. A questo punto Pellegatti sembra impazzire: «Ha ancora qualcosa da dire Conte – inveisce il telecronista che più volte ripete - Conte è senza vergogna. Conte è senza vergogna e va protestare». Per un attimo la sua rabbia si sposta prima verso Giorgio Chiellini e poi contro tutta la squadra bianconera accusata ancora una volta di non provare vergogna. Ma alla fine l’allenatore bianconero torna ad essere il bersaglio di Pellegatti che diventa un’autentica furia: «Conte è un malato mentale - afferma il telecronista - vai negli spogliatoi vai» e ancora «tutta colpa di questa testa di....» e via di seguito altre offese volgari.

REAZIONI - I siti web milanisti, pur riconoscendo che Pellegatti si è comportato «come un qualsiasi tifoso milanista seduto in tribuna» e ha oltrepassato le righe, sembrano giustificare il telecronista: «E' stato tradito dal suo cuore rossonero» - scrive il sito web Milanmania mentre più di un tifoso rossonero si augura che il commenta rimanga negli annali della storia della squadra lombarda: «Pellegatti uno di noi» scrive fiero Alberto su Facebook. Tutt'altro discorso da parte dei siti bianconeri. Questi ultimi non sono per niente teneri con Pellegatti e definiscono «inqualificabili» e «da denuncia» le parole del giornalista. Ancora più duri i tifosi bianconeri che prendono di mira il telecronista, descritto più volte come un «pagliaccio» priva di professionalità: «Stile Milan, stile Mediaset e io li pago pure per vedere le partite» scrive sarcastico su Facebook un tifoso bianconero deluso.

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Questo Mercuri mi trova molto d'accordo.

Ha il grossissimo difetto d'essere juventino.

.rulez

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Ha il grossissimo difetto d'essere juventino.

.rulez

Io, al posto di Conte, una volta rientrato in campo dopo l'intervallo, avrei fatto fare un gol alla porta mia.

Anche se non so quanto sarebbe stato apprezzato il gesto, visti i tempi che corrono.

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Il commento Calciopoli non è finita: la Juve si sente una vittima, lei sola contro tutto il resto del calcio

Quella ferita che non si rimargina mai

di MARIO SCONCERTI (CorSera 27-02-2012)

Tra la Juve e gli altri c'è un grande equivoco che impedisce comportamenti

usuali. La Juve è convinta di essere stata truffata dal calcio, il calcio è

convinto di essere stato truffato dalla Juve. La parte amara perfino della

grande partita di sabato è questa. Siamo davanti a due vittime eterne,

inconciliabili. Da una parte la Juve, dall'altra tutto il resto del calcio.

Quando Conte dà del mafioso a Galliani è talmente improprio da poterselo

permettere solo perché gli esce da una convinzione profonda, una specie di

riflesso automatico. Eppure la Juve è stata condannata da qualunque giudizio

ufficiale. Il Milan alla fine c'entra poco, è solo un accessorio di serata. È

il Grande Caso Juve che continua ad allargarsi senza tregua, colpo dopo colpo.

Una lotta dove non si può accettare di rimanere in silenzio perché il silenzio

significa accettare la colpa. Così tutto in modo davvero pesante continua a

rotolare su tutto. È una storia senza precedenti. Una società messa spalle al

muro da qualunque giudice che risponde facendo causa alla federazione per 444

milioni. Cosa volete sia un guardalinee oscuro in questo ambiente? È stato

Conte l'ultimo a evocare Calciopoli, ma chi segue il calcio sa che non c'è mai

stata cenere, la fiamma non si è mai spenta, il caso Juve non ci ha mai

lasciato. Con il tempo anzi le parti si sono mescolate. La Juve non pretende

più innocenza, pretende la colpa degli altri. Gli altri vogliono solo la

vergogna della Juve.

È un caso infinito in cui cadono anche gli arbitri più innocenti degli ultimi

vent'anni, semplicemente inservibili perché terrorizzati di essere confusi con

la deriva. Quando Tagliavento sul gol di Muntari indica il centrocampo e un

attimo dopo ascolta Romagnoli, rinuncia semplicemente alla sua potestà sulla

gara. Teme eccessiva la sua presenza, lascia un po' di sé sulla schiena degli

altri. In altri termini, scappa. Da questo ad arrivare alle risse in campo,

alle offese negli spogliatoi, è solo una conseguenza naturale. Il problema è

incancellabile, come un vero grande dilemma religioso. Non può avere verità,

solo interpretazioni, ma queste allungano la pena. E non c'è concilio che

possa imporre l'obbedienza. Siamo ormai incartati in una pena che ci blocca,

in un'eterna compassione di facciata dove i tifosi più assidui e insistenti

dettano i tempi della vulgata. Non c'è remissione dei peccati, siamo diventati

un calcio cattivo, pieno di dannazioni insuperabili.

L'Inter intanto prosegue la sua missione di allontanarsi dal terzo posto,

altra sconfitta e altra partita senza reti. Vanno avanti Udinese e Lazio.

Fiorentina e Bologna guardano con apprensione il Lecce vincere a Cagliari e

riportarle dentro il rischio. Prosegue il lungo attimo del Napoli. Il Palermo

subisce un pessimo arbitraggio a Siena, ma nessuno se ne occuperà.

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Il commento Calciopoli non è finita: la Juve si sente una vittima, lei sola contro tutto il resto del calcio

Quella ferita che non si rimargina mai

di MARIO SCONCERTI (CorSera 27-02-2012)

...Eppure la Juve è stata condannata da qualunque giudizio ufficiale...

...Una società messa spalle al muro da qualunque giudice che risponde facendo causa alla federazione per 444 milioni...

...Quando Tagliavento sul gol di Muntari indica il centrocampo e un

attimo dopo ascolta Romagnoli, rinuncia semplicemente alla sua potestà sulla

gara. Teme eccessiva la sua presenza, lascia un po' di sé sulla schiena degli

altri. In altri termini, scappa. Da questo ad arrivare alle risse in campo,

alle offese negli spogliatoi, è solo una conseguenza naturale....

leggendo queste cose viene spontaneo chiedersi se questo soggetto ci è o ci fa...probabilmente, entrambe le cose.

dopodiché, è solo una mia impressione che si stia ricreando lo stesso clima del 2006?.....

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QUI MILAN

L’alleanza è un ricordo, Galliani furibondo

Tutto parte dal giudizio su Ibra: "Juve, che arroganti"

MILANO, 27 febbraio 2012 - Siamo ai titoli di coda. Ai racconti sugli insulti (non tradotti) in dialetto salentino, alla conta dei dirigenti che erano negli spogliatoi e non avrebbero dovuto essere lì, ai rabdomanti del web in cerca di immagini buone per le prove tv. La Santa Alleanza di qualche anno fa era già stata messa in cantina, poi aveva ripreso vigore, ora resta schiacciata sotto una serie di ripicche. Adriano Galliani, l’uomo che all’arbitro avrebbe detto solo «perché, perché, perché?», è stato protagonista con Antonio Conte del rusticano duello centrale. Avvenuto, precisano al Milan, in una zona di scorrimento, diciamo così, dove i dirigenti possono sostare. Galliani stava aspettando l’arbitro (e questo non è permesso), mapare che alla fine manco l’abbia incrociato (così sostiene l’arbitro). Dunque, il fatto non sussiste. Male battute (anche su argomenti tricologici), gli applausi ironici e lo scambio di opinioni con Conte (vocaboli salentini compresi) restano.

Spy story. Il Milan è inviperito perché pensa che la Juve abbia preparato la battaglia mediatica molto in anticipo. All’origine di tutto, Ibrahimovic: la sua squalifica senza sconti, le delazioni in Coppa Italia. La raccomandazione di Chiellini a usare la prova tv anche per la ditata di Zlatan a Storari era stata presa male e le tossine non se ne vanno in fretta. Ambrosini e Chiellini si sono confrontati sabato a fine gara, e sarebbero volate specificazioni non positive accoppiate alla parola spia, seguite su considerazioni tipo «vi abbiamo purgato ancora». Il parapiglia era generale, pare ci si sia fermati alle parole (i cazzotti erano già volati in campo fra altri protagonisti) ma conta poco. Fra Milan e Juve c’è guerra.

Prove e tentazioni. Giovedì, il giorno del giudizio universale, si è confermato che Ibra sarebbe rimasto fuori da Milan-Juve. I poveri giudici, secondo le fonti di via Turati, avrebbero vissuto in situazione di grande stress, con "gli altri" sul piede di guerra. "Gli altri", nella fattispecie Agnelli, se l’erano anche presa in settimana con il presidente federale Abete reo di essere intervenuto su alcune dichiarazioni di Conte, e la cosa che avrebbe infastidito Galliani. Nel memorandum milanista le dimostrazioni di arroganza si sarebbero susseguite e alla fine il verdetto di Galliani è inappellabile: gli juventini non li vuole più vedere. Basta telefonate amichevoli, basta dichiarazioni di non belligeranza sul mercato. C’è chi starebbe tentando di convincere il furibondo Galliani non solo a buttare a mare il dialogo con la Juve, ma a spingersi a un abbraccio con l’Inter. Una bella lega milanese per contrastare le pretese di scudetti (da vincere o da farsi restituire) della Juve. E fin qui, per ora, non pare che Galliani si voglia spingere. Ma la Milano-Torino ormai è bollente su tutte e due le corsie. À la guerre comme à la guerre. E la guerra è guerra anche sui pianerottoli di San Siro.

Fonte: GdS (articolo a firma di Alessandra Bocci)

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QUI JUVE

Linea chiara nel silenzio: "Hanno fatto tutto loro"

Il club ritiene facili moralismi i giudizi sulle parole di Buffon

MILANO, 27 febbraio 2012 - Il giorno dopo, la Juventus non si scompone. Guerra fredda o calda che sia, da corso Galileo Ferraris non arrivano reazioni ufficiali alla bufera post San Siro. Ufficiosamente, però, la posizione torinese è la seguente: «Noi non siamo mai entrati in urto con il Milan». Come dire: sabato sera il polverone è stato alzato solo da una parte.

Sorpresa e amarezza. Un polverone che non ha tra l’altro perso consistenza nella giornata di ieri, ulteriormente alimentato sia via rete sia con altri mezzi mediatici più o meno legati al club rossonero. Presenti, sempre su internet, le risposte del popolo bianconero, si è invece potuto appunto solo indagare sugli umori dei vertici della Juve. Emergono allora sentimenti di sorpresa e amarezza per la veemenza della reazione rossonera. Nessuno in casa Juve ha mai negato l’enormità dell’errore sul gol non dato a Muntari, ma tutto ciò che ne è seguito (uragano Galliani in primis) avrebbe indispettito non poco Agnelli e soci. Le dure puntualizzazioni rossonere sono apparse poco obiettive agli occhi della Juve: nella stessa gara ci sono stati pure il fuorigioco inesistente di Matri, il colpo proibito di Mexes a Borriello e la scarica di manate di Muntari ai danni di Lichtsteiner. Muro alzato, poi, di fronte alla «crociata» contro Buffon, «scivolato», per troppa sincerità e trasparenza, nella spirale di quelli che a Torino appaiono facili moralismi: «Non mi sono accorto che la palla fosse entrata —ha detto il capitano azzurro sabato sera —, ma sono sincero: se l’avessi visto avrei taciuto». A dare fastidio, in corso Galileo Ferraris, sono stati soprattutto i commenti provenienti dal mondo Milan. «Noi non abbiamo mai parlato degli altri club - hanno ripetuto più volte Marotta e Conte —, si è discusso di arbitri, rivendicando uniformità in generale». Così come sulla squalifica di Ibra, in effetti, la questione è sempre stata fra il Milan e la federazione. Pensieri passati e presenti che servono a rafforzare il «noi mai in urto con il Milan» trapelato da Torino.

Incrocio a Varsavia. Prossimo contatto fra i club? Forse già stasera a Varsavia, dove Juve e Milan sono attese per l’assemblea generale Eca (European Club Association) in programma domani. Ma a rappresentare i rossoneri non ci sarà Adriano Galliani: annunciato il direttore organizzativo Umberto Gandini. Per i bianconeri presente invece il numero due del club, l’amministratore delegato Beppe Marotta. E mentre il presidente Andrea Agnelli è rimasto ieri in famiglia, l’amico e consigliere d’amministrazione Pavel Nedved (pure lui duro con gli arbitri settimana scorsa) è volato a Dublino per ritirare il prestigioso premio «Personalità Internazionale dell’anno» (già andato a Beckenbauer, Eusebio, Gullit, Moore e Platini), nell’ambito dell’International Football Awards, con Giovanni Trapattoni ospite d’onore.

Fonte: GdS (articolo a firma di Mirko Graziano)

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Il Retroscena

Ma sarà impossibile non parlarsi. La riprova l’avremo sul caso Beretta

MILANO, 27 febbraio 2012 - Ci sono ancora troppi veleni nell’aria per pensare che la nube tossica di San Siro possa essere spazzata in breve tempo. Il plateale sfogo di Adriano Galliani nell’intervallo della sfida-scudetto sarà duro da digerire. Anche ieri i segnali sono stati poco incoraggianti. Da anni i rapporti tra Juve e Milan non erano così tesi: soprattutto dopo l’ingresso in scena di Andrea Agnelli. Nell’ultimo anno i due club hanno rinsaldato un asse nato nel ’94 e messo a rischio dalle turbolenze di Calciopoli. E ora? Le polemiche arbitrali rischiano davvero di mettere tutto a repentaglio. Difficile credere, però, che i vertici di via Turati e corso Galileo Ferraris azzerino le relazioni diplomatiche da un giorno all’altro. La prima verifica si avrà venerdì prossimo, al quarto piano di via Rosellini, per l’assemblea della Lega di serie A. E’ un appuntamento più importante di altri perché all’ordine del giorno c’è la richiesta di dimissioni del presidente Maurizio Beretta. Otto club hanno sottoscritto questa petizione, Inter compresa. E non è un mistero che sinora Juve e Milan abbiano capeggiato in silenzio il partito della continuità. Dura credere, insomma, che Galliani e Agnelli non solidarizzino in una partita che mette in gioco interessi economici e politici di rilievo. Ma se anche questa puntata non portasse ad un riavvicinamento, vanno messi nel conto altri passaggi più o meno all’orizzonte. Di sicuro il Milan s’è allarmato nel momento in cui Antonio Conte ha associato il tema arbitrale ai fantasmi di Calciopoli. In parallelo Andrea Agnelli continua la sua battaglia con la federcalcio e la recente polemica con Abete è la riprova del gelo con il numero uno di via coitus interruptus. E non a caso il presidente bianconero tiene aperta la porta al presidente del Coni, Gianni Petrucci, il promotore di quel tavolo della pace che soprattutto avrebbe dovuto riaprire il dialogo tra i bianconeri e l’Inter. Proprio in quella sede Adriano Galliani era uno dei garanti dell’auspicato riavvicinamento tra i duellanti del 2006. Non ci si sorprenda, allora, se più avanti ritoccasse davvero a Petrucci il compito di rasserenare i rapporti tra i due grandi amici di sempre. E’ un’emergenza anche questa, da intervento super partes.

Fonte: GdS (articolo a firma di Carlo Laudisa)

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La rissa continua a colpi di immagini televisive

Muntari duro con Lichtsteiner, il Milan risponde con Pirlo su Van Bommel. Oggi i provvedimenti del Giudice sportivo

MILANO, 27 febbraio 2012 - Oggi poco dopo le 16 si conosceranno i provvedimenti del giudice sportivo Giampaolo Tosel su Milan-Juve di sabato. La lista degli episodi su cui sarà chiamato a decidere è lunga.

Acceso diverbio. Innanzitutto ci sarebbe lo scontro tra Galliani, e Conte. L’acceso confronto sarebbe avvenuto nell’intervallo davanti allo spogliatoio e avrebbe avuto tra gli «spettatori» anche i due sostituti della Procura federale incaricati di stare attenti proprio a quello che poteva accadere nello spogliatoio. Oggi il procuratore federale Stefano Palazzi riceverà la relazione dei suoi uomini e la trasmetterà a Tosel, competente per tutto quello che avviene allo stadio. Se il diverbio fosse avvenuto pubblicamente, nella mix zone e davanti alle televisioni, la Procura avrebbe dovuto aprire un fascicolo ed eventualmente procedere con deferimenti alla Disciplinare. A Tosel dovrebbero arrivare comunque anche relazioni o referti arbitrali sul «vivace» dopo gara che ha coinvolto diversi calciatori.

Prove televisive. Entro le 16 Palazzi dovrà anche decidere se trasmettere al giudice sportivo anche la richiesta di utilizzare la prova televisiva per il colpo rifilato da Mexes a Borriello a pallone lontano e non rilevato dalla terna arbitrale o dal quarto uomo. Nelle ultime ore stanno anche circolando immagini del milanista Muntari che usa le mani in maniera poco ortodossa per liberarsi dalla marcatura di Lichtsteiner (difficile comunque che questo secondo episodio possa essere invocato dalla Procura federale come prova televisiva), cui il Milan ha replicato sul proprio sito segnalando due gomitate di Pirlo a Van Bommel, con tanto di minuto e secondi (22’56" e 31’54" della ripresa).

Fonte: GdS (articolo a firma di Maurizio Galdi)

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Romagnoli, la svista gli costa la carriera. Tagliavento a riposo

L’assistente di Milan-Juve uscirà dai quadri Can. Per l’arbitro stop di 2 turni. Ma prima Germania-Francia

MILANO, 27 febbraio 2012 - La carriera di Roberto Romagnoli ha imboccato il binario morto al minuto 25 di Milan-Juventus. A fine stagione sarà dismesso con tanti ringraziamenti per i 10 anni trascorsi alla Can A, ma nella memoria di tutti resterà il fantasma di un gol dentro di oltre mezzo metro. «Indifendibile», è stato il giudizio a freddo dei vertici arbitrali. L’assistente veniva da due anni quasi perfetti, dove aveva sbagliato al massimo qualche fallo laterale. Ecco perché una deroga che gli avrebbe consentito di restare in campo anche nella prossima stagione, era considerata fino a sabato sera un’ipotesi molto probabile. E invece il 2-0 negato a Muntari ha mandato tutto in frantumi. Fine della corsa. Non solo, non è da escludere che Romagnoli non riveda più il campo: quella di San Siro potrebbe anche essere l’ultima gara. Dipenderà da come girerà la stagione. Il designatore Braschi potrebbe evitare a Romagnoli questa umiliazione, concedendogli un’ultima passerella in A: magari una partita di fine stagione senza nessun obiettivo in ballo. Molto dipenderà dallo stesso Romagnoli: solo se dimostrerà di avere assorbito la botta, avrà la possibilità di chiudere con una partita diversa da Milan-Juve.

In famiglia. Ieri l’assistente è rientrato a casa, dopo aver trascorso una notte quasi insonne a Milano. Ha rivisto le immagini ed è rimasto senza parole. Non sa darsi una spiegazione: il dispiacere più grande è quello di aver indotto all’errore Tagliavento. La domenica è trascorsa in famiglia: l’affetto dei figli Leonardo e Sofia (gemelli), ha lenito un po’ la ferita. Da stamani ritornerà ad occuparsi dei suoi clienti (fa il commercialista), ma non sarà facile cancellare il fantasma di Muntari. Anche perché sa benissimo che sarà ricordato solo per quell’episodio.

Stop Tagliavento. Meno complicata la posizione di Tagliavento, ma non così tranquilla. Al fischietto di Terni saranno ritornate in mente le parole di Al Pacino nel film Ogni maledetta domenica che Braschi aveva fatto appendere nelle stanze degli arbitri durante il raduno di Sportilia: «O risorgiamo come squadra, oppure cederemo...». Il designatore ha insistito molto sul concetto di squadra. Spesso sono stati gli assistenti a salvare e aiutare i direttori di gara. A San Siro non è andata in questo modo. Tagliavento aveva avuto la percezione del gol, ma non era sicuro. Al momento del gol fantasma era al limite dell’area (posizione esatta su un angolo) e aveva Buffon che gli copriva palla e linea. Quindi, una giusta percezione manon la certezza. E questo ha fatto la differenza. L’arbitro ha indicato il centrocampo, ma poi Romagnoli è rimasto al suo posto e gli ha urlato nell’auricolare «Non è entrata, non è entrata. Sono sicuro». A quel punto il gioco di squadra ha fatto il resto. E’ un paradosso, ma se si fosse trattato di una gara di Terza categoria (dove tutte le decisioni sono di pertinenza dell’arbitro), quel gol sarebbe stato assegnato. E invece era Milan-Juve e Tagliavento si è fidato del collaboratore, meglio piazzato e con certezze di cartapesta. Un gioco di squadra che gli costa caro: Braschi presenterà un conto pure all’arbitro. Stop di un paio di settimane, non di più. Anche perché altrimenti salterebbero gli equilibri di un gruppo già in fermento. E comunque dopo la punizione ci sarà anche un periodo nel quale Tagliavento dovrà risalire la china, partendo da gare di seconda fascia. Si potrà consolare in Europa, dove gode di stima illimitata: mercoledì a Brema dirigerà l’amichevole di lusso Germania-Francia. Un bel modo per dimenticare San Siro.

Fonte: GdS (articolo a firma di Francesco Ceniti)

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Milan, un diavolo sulla Juve

E rottura totale. Rossoneri scatenati contro la "strategia della tensione" bianconera.

Milan Channel scatena la controffensiva a tutto campo. Il quadro proposto rimanda chiaramente ai tempi di Calciopoli

MILANO, 27 febbraio 2012 - Nulla sarà più come prima. E' quello che garantisce il Milan in merito ai rapporti con la Juventus. Non solo stop alle telefonate (vedi quella di Galliani ad Agnelli della scorsa settimana per abbassare i toni in vista del big-match), ma basta ad ogni rapporto o relazione. D'ora in poi il club di via Turati procederà per conto proprio anche nelle questioni politiche ed istituzionali, ma soprattutto è pronto ad una battaglia senza esclusione di colpi. Ad ogni minimo attacco o parola ritenuta fuori posto corrisponderà una reazione ancora più dura. Nulla passerà più sotto silenzio. E, in questo senso, al di là di ciò che è avvenuto durante e dopo lo scontro diretto di sabato sera, il più eloquente dei segnali è arrivato con l'incendiario atto di accusa di Milan Channel, andato in onda ieri all'ora di pranzo: ogni dettaglio studiato a tavolino e pochi dubbi sul fatto che le indicazioni siano a arrivate direttamente dai vertici. Nel mirino è finita la dirigenza juventina al completo, accusata di aver alimentato ad arte il clima con cui si è arrivati alla sfida, ma anche Gigi Buffon. Da capitano della Nazionale e da Cavaliere del Lavoro, infatti, secondo il Milan avrebbe dovuto ammettere che il pallone era entrato e non confessare che, anche se se ne fosse accorto, non avrebbe detto nulla all'arbitro. Il tutto, comunque, per dimostrare una tesi di fondo, ovvero che, storicamente, quando c'è in palio qualcosa, con la Juventus si parte sempre in svantaggio, lasciando pure trapelare il retaggio di un certo passato.

STRATEGIA MEDIATICA Grazie al megafono di Milan Channel, il club rossonero ha articolato e argomentato ogni accusa. Ebbene, secondo via Turati, ci sarebbe stata una precisa strategia dietro certi episodi che hanno preceduto la sfida del Meazza. Avrebbe cominciato Marotta - l'ad bianconero sarà uno dei bersagli principali delle prossime settimane -, attaccando gli arbitri dopo Juve-Siena. Avrebbe proseguito Chiellini, facendo la "spia" con Ibrahimovic. Poi sarebbe stato il turno di Conte, con quel «Hanno paura a dare i rigori alla Juve» pronunciato dopo la gara con il Parma. E il club bianconero avrebbe rafforzato il carico, con il comunicato che appoggiava in pieno le tesi del tecnico. Per concludere, ci sarebbe stato il duro attacco di Agneli ad Abete. Con queste premesse - e con il pressing effettuato nei confronti degli organi d'informazione -, secondo quando sostiene il Milan, era impossibile che la Corte Federale togliesse una giornata di squalifica a Ibrahimovic e, soprattutto, era impensabile che la direzione di gara del big-match non ne risultasse condizionata.

PASSATO CHE TORNA A far infuriare il Milan, peraltro, c'è stata anche l'ostinazione bianconera nel mettere sullo stesso piano il gol non visto di Muntari e la rete non convalidata a Matri. Il primo, in casa rossonera, viene considerato un errore patologico, il secondo semplicemente fisiologico. E così si finisce per ricordare due pesantissimi precedenti. Quello di Chievo-Juventus 0-1 del 13 marzo 2005 (quindi ben poco casualmente in piena epoca Calciopoli), quando non fu visto un gol di Pellissier nonostante il pallone avesse abbondantemente sorpassato la linea. E poi quello del famosissimo Juventus-Inter 1-0 del 28 aprile 1998: allora, dopo il clamoroso rigore su Ronaldo non assegnato, sul ribaltamento di fronte, la squadra bianconera ottenne un penalty a proprio favore. Sabato sera, invece, con Muntari che esultava e mezza squadra rossonera che protestava, incitati da Buffon, i giocatori juventini correvano in contropiede, con Estigarribia che andava pericolosamente alla conclusione. E in serata c'è stata un'ulteriore appendice, visto che sul sito del Milan è apparsa la segnalazione (con tanto di minuto e secondo di gara) di due gomitate di Pirlo (un ex) a Van Bommel. E' stata la risposta alle immagini diffuse ieri in cui si vede un corpo a corpo tra Muntari e Lichtsteiner, con il primo che usa pericolosamente i gomiti.

Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Pietro Guadagno)

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Juve, i fatti più delle parole

Il club non replica al Milan ma non accetta processi e contrattacca

TORINO, 27 febbraio 2012 - Il presidente Andrea Agnelli è nella sua villa alla Mandria. Il consigliere d'amministrazione Pavel Nedved a Dublino per l'Internacional Football Awards, premiato come Personalità Internazionale dell'anno. L'ad Beppe Marotta a Milano, aspettando d'imbarcarsi per Varsavia e partecipare alla riunione dell'European Club Association dove incrocerà anche i rappresentanti del Milan. Tutti in contatto, tutti in silenzio: il day after di San Siro scivola tra riflessioni e confronti, senza però interventi, esternazioni, comunicati.

COLPI Non è una strategia, ma un'abitudine. Rinsaldata, stavolta, dalla volontà di non fomentare polemiche. La Juve, d'altro canto, ritiene d'essere stata travolta, suo malgrado, dal nervosismo rossonero, forse sedimentato dalla squalifica di Ibrahimovic e di sicuro scatenato dal gol sfilato a Muntari. Un gol, comunque, riconosciuto valido dai bianconeri interpellati nel dopopartita, pur rimarcando di essere stati penalizzati a loro volta perché valida era anche la prima rete di Matri, fermato per un off-side smentito dai replay. Il rimestare del Milan sulle vicende di San Siro, ieri, non ha modificato la posizione, anche se si possono evitare le dichiarazioni pubbliche, non i sussurri privati, e così, nei contatti tra dirigenti e tecnici, sono stati isolati più episodi che ribaltano, almeno agli occhi bianconeri, la questione. Milan penalizzato per il 2-0 sfumato? Va bene, ma la Juve, al di là del pari cancellato a Matri, lamenta il pugno ignorato di Mexes a Borriello e i colpi, venuti a galla ieri, di Muntari a Lichtsteiner. Non solo: c'è chi fa notare come il fallaccio di Vidal, naturalmente riconosciuto meritevole d'espulsione, sia stato in realtà innescato da un intervento scorretto non rilevato di un rossonero.

SINCERITA' Opinioni. Punti di vista senza possibili punti d'incontro rispetto al Milan che racconta altre verità: il presunto peso maggiore di un gol

annullato nel momento in cui avrebbe potuto chiudere il match, mandando la Juve ko, e lo strascico delle rimostranze bianconere (Marotta dopo la gara con il Siena, Antonio Conte dopo quella con il Parma) per i presunti torti arbitrali subiti in campionato. «Adesso vi lamentate ancora?» la frase attribuita ad Adriano Galliani che ha portato, nell'intervallo, all'acceso scambio di battute con Conte. Più di tutto, però, ieri hanno fatto male gli attacchi rossoneri a Gianluigi Buffon, che ha confidato, essendo l'azione velocissima, di non essersi accorto che la palla avesse varcato la linea, confessando però, con molta onestà, che se ne fosse accorto non avrebbe aiutato l'arbitro. In casa Juve malcomprendono tanto livore davanti alla sincerità di un calciatore e ricordano quanto accaduto tre settimane fa in occasione di Juve-Siena, quando l'arbitro chiese al portiere se avesse deviato un tiro, lui rispose no e si trovò comunque assegnato l'angolo contro.

BAILAMME Difesa strenua e convinta, non pubblica: nemmeno il coinvolgimento di Buffon modifica la scelta di corso Ferraris. La Juve non vuole alimentare le polemiche e a chi la taccia d'averle avviate replica d'aver solo operato una critica costruttiva verso il sistema arbitrale, rilevando un disagio slegato da singoli episodi da moviola. Ad ogni modo, se guerra fredda deve essere, nessun problema: la competitività può prescindere da amicizie e alleanze e la Juve è pronta a tirar dritto in solitudine. Ben felice, se necessario, di essere antipatica. Sicuramente dispiaciuta dal bailamme, ma in fondo, come rileva Conte, orgogliosa d'essere «tornata a far paura agli avversari».

Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Antonio Barillà)

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Modificato da huskylover

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Nicchi contro Buffon: «Non mi aspettavo le sue parole»

Il presidente dell'Aia: «Il capitano della Nazionale ha detto cose che si poteva risparmiare, che non sono esempio per i giovani»

ROMA - Dopo il weekend nero degli arbitri il presidente dell'Aia Marcello Nicchi utilizza la tattica più antica del mondo e, attraverso i microfoni di Radio Anch'io Sport (Rai 1), attacca per difendersi. Qualche ammissione, soprattutto per quanto riguarda il big match di sabato, delle incredibili topiche degli arbitri e poi un infervorato contrattacco nel quale annuncia una nuova linea di "tolleranza zero" nei confronti di chi protesta in campo e fuori dal campo, invocando anche la penalizzazione in classifica per chi lo fa in tv, come previsto dai regolamenti inglesi (in verità mai applicati).

LA FEBBRE DEL SABATO Dice Nicchi di Milan Juve: "Sabato ero presente e sono stati compiuti errori gravi. E tutt'oggi non riesco a comprendere come questo sia successo, avevamo garantito il massimo in fatto di designazione: il numero 1 e 2 degli arbitri e il numero 1 e 2 degli assistenti. Il dio del calcio, purtroppo, non ci ha dato una mano. Tagliavento ha sbagliato l'approccio, perché non mi limito solo al fatto del gol travisato, ma all'atteggiamento complessivo del direttore di gara che è arrivato alla partita in modo sbagliato, probabilmente condizionato dalle tensioni della settimana. Invece che carichi, sono i direttori di gara sono arrivati a San Siro già scarichi, pensando forse che tutto fosse tranquillo e filasse liscio. Sul gol, poi, Tagliavento avrebbe potuto intervenire, perché era di sua competenza e non aspettare la decisione di Romagnoli: questa comunque è una situazione che verrà analizzata dal designatore che farà un po' di scuola su questo. E, in ogni caso, riconosciuti i nostri gravi errori, vorrei fare un ringraziamento al civilissimo pubblico di San Siro: tutti hanno capito il nostro dramma e non ci sono state reazioni gravi da parte del pubblico. Come stanno Tagliavento e Romagnoli? Ho evitato di parlare con Romagnoli e i colleghi per far loro riacquisire la serenità, che oggi gli viene tolta".

MALEDETTE TV Poi Nicchi se la prende con le tv: "Gli arbitri devono rimanere fuori dal gioco al massacro, ma sabato è stata certificato il fatto che nessuno intende auitarci. Le tv fanno le telecornaca sugli arbitri, succede di tutto e di più in campo. E perfino il "mio" portiere, voglio dire il capitano della mia nazionale dice delle cose che si poteva risparmiare perché diseducative per i giovani. Si possono pensare, ma per esternarle bisogna avere cautela". Insomma: evviva l'ipocrisia! Nicchi se la prende con Buffon che ha ammesso serenamente e senza falsi perbenismi che, qualora si fosse accorto che la palla era finita dentro, non l'avrebbe detto all'arbitro Tagliavento. A Nicchi, come a molti benpensanti, questo non è andato giù: il calcio sarà anche entrato nella modernità, ma per la verità, così come per le tecnologie, non è ancora pronto. Se lo segni Buffon, uno abituato a dire la verità anche quando non gli conviene.

TOLLERANZA ZERO Parte poi l'inveterata contro i giocatori: "Il calcio mostra ogni domenica cose non gratificanti. In area è un continuo strattonarsi, in continuazioni si alzano mani a reclamare qualche cosa, proteste per qualsiasi decisioni, vaffa per una semplice rimessa laterale: i giocatori entrano in campo con tensioni troppo gravi e non accettano niente. A questo punto non ci resta che applicare con vigore il regolamento. Sarà un'operazione di autodifesa: applicheremo il regolamento in modo restrittivo su tutti i campi. Chi protesta verrà ammonito, se le proteste saranno fuori dalle righe ci sarà l'espulsione, così come per chi commetterà falli violenti (ma perché signor Nicchi, c'era una direttiva per tollerare i violenti? ndr) e nell'incertezza se il fallo sia violento o meno, si butterà fuori il giocatore, così rimetteremo un po' di ordine in campo". La soluzione, insomma, sta nella repressione delle proteste: un po' come chi fischiando meno falli pensa di ridurne il numero. E guai a chi esprime il proprio pensiero ai media: "Invoco una maggiore attenzione della Procura Federale affinché intervenga sugli interventi del dopopartita (ma anche su quelli nell'intervallo non sarebbe male, ndr): in Inghilterra chi protesta in tv per l'arbitraggio rischia anche una sanzione in classifica. Pensavo di mandare gli arbitri in sala stampa, ma adesso farò un passo indietro perché ho capito che le cose devono rimanere in campo". Insomma, un altro grande passo verso la modernità.

MALEDETTE TV D'altra parte il vero nemico degli arbitri per Nicchi sono le tv e, soprattutto, i commentatori: "Si sentono fare commenti a ogni azione, la partita degli arbitri viene sezionata in diretta e con l'ausilio di tecnologia. La partita arbitrata in tv è una cosa, quella in campo è un'altra. La tv ci batte ogni domenica, ma il commentatore non si può sostuire all'arbitro e metterlo in continuazione in cattiva luce, anche perché negli stadi si sa tutti in tempo reale quello che dicono le tv. Hanno detto, per esempio, che il fuorigioco della Fiorentina era dubbia, ma invece era netto e punibile. Hanno detto che il fallo da rigore su Di Natale era avvenuto fuori area, quando invece ha i piedi sulla linea che è area di rigore. Il fallo da ultimo uomo fischiato contro il Palermo era sacrosanto".

VENTI SONO POCHI Ma Nicchi ha perplessità anche sul sistema: "il quarto uomo così com'è non serve a niente. Praticamente deve solo tenere buone le panchine. A questo punto sarebbe meglio non averlo. L'arbitro di porta? Se ce lo danno, noi lo accettiamo volentieri. Siamo i primi a essere contenti di questo, ma bisogna tenere conto del fattore economico. Così come le telecamere sulle porte per i gol non-gol... Ma devono darcele queste cose e non è facile. E poi 20 arbitri per tutta la A bastano? Per me ce ne vorrebbero almeno 30 per garantire la rotazione, ma questo è quello che ha voluto la Lega, che ci ha detto: dateci i migliori, ce ne bastano venti. Accontentati! Hanno i migliori, ma ora dovrebbero anche essere in grado di difenderli, invece di attaccarli. Qualcuno la domenica, invece di andare a criticare gli arbitri in tv dovrebbe andare a fare visita ai malati in ospedale per capire la vita. E comunque il campionato lo vincerà ancora una volta il più forte e non sarà condizionato dagli arbitri".

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IL DOPO MILAN-JUVE TRA VELENI E LEZIONI

Umberto Zapelloni - Gasport 27-02-2012

Milan-Juve lascia dietro di se tanti veleni, ma pure alcune lezioni. I veleni saranno difficili da digerire soprattutto se alla fine del campionato saranno i tre punti in palio sabato sera a San Siro a decidere l'assegnazione dello scudetto. Ma le lezioni dovrebbero servire a costruire un futuro migliore, possibilmente con l'aiuto della tecnologia (o almeno degli arbitri di porta) con un calcio da vivere appassionatamente, ma senza fanatiche esagerazioni che portano poi molti diretti interessati a dichiarare guerre eterne.

La giornalaccio rosa lo aveva scritto il 10 febbraio: «se Milan e Juventus continueranno a punzecchiarsi così la temperatura attorno alla partita rischia di salire oltre i limiti». Era una previsione facile facile e puntualmente si è avverata. Attorno alla «finale scudetto» c'era una tensione eccessiva e, soprattutto dalla sponda bianconera, non si è fatto nulla per togliere il piede dall'acceleratore anche quando si rischiava di entrare in curva a velocità troppo elevata (leggi la polemica di Agnelli con Abete).

Ci sono nazioni in cui i presidenti delle due avversarie si siedono uno accanto all'altro per assistere alla partita. In Italia se continuiamo così bisognerà separarli con una fila di poliziotti. Vi sembra logico che la tribuna d'onore si trasformi in un'area di rigore? E' normale che per commentare un errore arbitrale un allenatore come Conte tiri ancora in ballo calciopoli sei anni dopo? Vi sembra normale che Galliani possa scendere negli spogliatoi a cercare l'arbitro nell'intervallo, dopo averne già dette di tutti i colori al designatore in tribuna? Vi pare lecito che il vicepresidente rossonero incrociando Conte lo prenda a brutte parole e che lo stesso Conte lo ricambi con accuse pesantissime? Vi pare educativo sentire il capitano della nazionale ammettere che non avrebbe aiutato l'arbitro se si fosse accorto di aver respinto oltre la linea?

Attorno a Milan-Juve ci sono stati tanti, troppi, errori arbitrali, ma a San Siro non hanno sbagliato solo Tagliavento & c. In troppi hanno esagerato alzando i toni come avevano cominciato a fare da 15 giorni. E quanto è successo allo stadio e nella sua pancia deve diventare una lezione per il futuro. Non si può arrivare ad una partita continuando ad accusare gli avversari di ogni nefandezza tirando in ballo il passato remoto e assurdi complotti. Un po' di serenità alla vigilia avrebbe messo meno pressione a quei 90 minuti e forse arbitro e assistenti sarebbero stati più tranquilli. Se poi herr Blatter e monsieur Platini facessero tutto ciò che è nelle loro facoltà per aiutare gli arbitri, avremmo un paracadute supplementare. Un salvagente a cui non è più possibile rinunciare nel 2012. Per salvare un campionato, ma anche la credibilità di tutto il calcio.

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Moggi: “Al Milan è mancato.. Meani!”

L’ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi, nel corso della trasmissione condotta da Pippo Franco “Ieri, Moggi e domani” co-produzione di Gold Tv, Telecolor, Rete 7, Telespaziotv e Italia mia in onda tutte le domeniche ha rilasciato interessanti dichiarazioni in merito all’ultima giornata di campionato disputata.

MILAN-JUVE, PARTITA FALSATA DALL’ARBITRAGGIO!

“La sfida scudetto di San Siro tra Milan e Juventus è stata rovinata da un arbitraggio disastroso.

La partita è stata intensa e spettacolare ma le decisioni di Tagliavento mal supportato da Romagnoli ne hanno falsato l’esito. Questo arbitraggio mi ha ricordato molto da vicino quello di Racalbuto in un Roma-Juve del 2004-2005 dove fu Pisacreta a farne di tutti i colori.

Vedendo come il Milan ha affrontato la partita penso che se alla squadra rossonera avessero convalidato il secondo goal realizzato i bianconeri difficilmente avrebbe recuperato la gara, anche per una questione di morale.

Va reso quindi merito ai rossoneri che zeppi di riserve hanno dominato la Juventus che dal canto suo però è stata straordinaria nel non mollare mai, mostrando quel carattere scritto da sempre nel Dna juventino. Questa squadra sta facendo una stagione miracolosa.

Il goal di Muntari? Nel Milan si è sentita molto l’assenza di…..Meani. Ci fosse stato lui sicuramente ai guardalinee sarebbero state date le giuste indicazioni per sbandierare….. ”

BALDINI, PERCHE’ CONTINUI A PRENDERE IN GIRO I TIFOSI?

“A Bergamo la Roma ha disputato una partita disastrosa e per l’ennesima volta in stagione è stata umiliata. Non riesco proprio a capire perché Baldini continui a prendere in giro i tifosi giallorossi parlando di obiettivo terzo posto. A questa squadra manca una vera dirigenza e il tutto si evidenzia anche nella gestione del caso De Rossi mandato in tribuna per un litigio con Kjaer, decisione che ha penalizzato l’intera squadra. Baldini cerca in tutti i modi di giustificare la scelta di Luis Enrique come allenatore, ma i danni creati dalla sua gestione sono altresì evidenti. Poi se ai tifosi della Roma va bene questo progetto a perdere….”

LAZIO, LA SQUADRA E’ CON REJA. ZOLA POTREEBBE ESSER IL NUOVO ALLENATORE

“Reja è un professionista serio. Se la Lazio avesse accettato le sue dimissioni se ne sarebbe andato via da vero signore lasciando la squadra in una posizione di classifica di tutto rispetto. E’ evidente comunque che Lotito per convincerlo a restare gli abbia garantito qualcosa. Quindi o verrà allontanato a breve Tare oppure l’anno prossimo ci sarà Zola in panchina con Reja Direttore Tecnico. D’altronde la vittoria contro la Fiorentina ha dimostrato che la squadra è con Reja..”

(canaleJuve)

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