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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Joined: 24-Oct-2006
11237 messaggi

No no. Non serve un altro topic.

Mi sono spiegato male...

Basta solo selezionare con più attenzione il materiale da postare, ma siamo tutti liberi di fare quello che ci pare eh, sia chiaro, il forum è di tutti mica solo mio.

Lo dicevo perché postare tanto materiale alla lunga potrebbe sovraccaricare il topic, e mi chiedevo in questi giorni se esiste un limite fisiologico, tecnico, ecc. Io proprio non lo so, e non so neanche se un giorno pur mantenendolo in vita potranno nascere dei problemi tecnici di qualche genere, tipo le immagini, le query, i link e tutta quella roba lì.

Anche in OT ci sono molti topic pieni di video immagini ecc, e capisco che lo sforzo di questo forum è enorme, anche per via dei contatti che fa e che deve poter sempre garantire (la banda non credo sia infinita). Però i topic in Ot prima o poi vengono cancellati, mentre questo è qui da anni ormai e il suo peso lo ha, e aumenterà ancora nel tempo.

Allora la prima soluzione ragionevole e indolore applicabile mi sembrava quella di postare solo le cose a nostro favore evitando i pezzi che gettano fango inutile su Moggi, Juventus, ecc. Che serve leggerli, tra le altre cose, perché i nemici per combatterli bisogna conoscerli, ma se ne può anche fare a meno, visto che ad ogni sputo ed insulto nella nostra direzione su JF viene sempre aperto un topic a riguardo, quindi stiamo tranquilli che con il numero di utenti che c'è non sfugge nulla.

Ma è un discorso che ho buttato lì sul momento e che magari si può anche ignorare eh, era solo un suggerimento, in bradigaaaaa.... una proprostata. sefz

E poi io partecipo sempre meno a tutte le attività, non solo di questo topic, quindi ho poco titolo per parlare, perché sto facendo di tutto per allontanarmi gradualmente dal kalciomarcio di cui sopra. Lascio a voi altri le decisioni, vi siete conquistati le stellette sul campo. ;)

Modificato da CRAZEOLOGY

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Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi

Anto', il problema del sovraccarico del topic questa è cosa che possono sapere solo i mod e vabbè, però per il resto dover rincorrere tutti i topic è molto più scomodo che trovare tutto qua, un topic che io lascio sempre aperto e che vivo un po' come casa mia visto che l'altra mi ha tradito e ripudiato

è tutto kalciomarcio, ma molto molto marcio. E non ti allontanare, di uno come te (Ju29ro di quelli col bollino blu) c'è un gran bisogno!!!!

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

CRAZEOLOGY ed huskylover,

comprendo il timore. A più riprese mi sono stati indicati autori da tagliare

(ved.P.Ziliani, Anna Laura, S.Olivari. M.Pagani, A.Scanzi...).

Alcuni di loro ogni tanto li adocchio ed evito. Però dare la patente a tutti mi

sembra un'impresa più gravosa del compito di ricercare voci farsopolare

nel mucchio dei giornalisti.

Ad esempio, a me piace moltissimo come scrive di sport Beccantini:

ovviamente sappiamo che su Calciopoli lascia a desiderare; che faccio?

non riporto i suoi articoli?

Suppongo che vi siano antipatie o simpatie maggiori anche per altri.

E poi se avessimo davvero voluto ingolfare i forum sarebbe bastato poco.

Ritengo che riportando in questo calderone o zibaldone

articoli e commenti sul calcio marcio non rischiamo nulla (a parte

queste diatribe, di tanto in tanto).

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Nel calcio romano il re è nudo.

Non ditelo a nessuno

di GIANFRANCESCO TURANO dal blog "RAGÙ DI CAPRA" (l'Espresso.it 14-02-2012)

Giovedì 9 febbraio verso le sette di una serata gelida, si presenta il libro

“Fuorigioco” alla libreria Melbookstore in via Nazionale a Roma. C’è poca

gente, come spesso alle presentazioni: una trentina di sedie occupate. Il

libro parla di calcio e potere. Insieme all’autore ci sono due giornalisti a

parlare del libro: Malcom Pagani del Fatto, nel ruolo della giovane promessa,

e Sergio Rizzo del Corriere della sera, pluri-Pallone d’Oro con La Casta.

Fra i presenti – dire pubblico sarebbe eccessivo – c’è Mauro Baldissoni,

avvocato e consigliere dell’As Roma. Il suo ruolo? Regista. La trattativa fra

Unicredit e la cordata americana di Dibenedetto e Pallotta l’ha imbastita,

seguita e propiziata lui.

Sul finire della chiacchierata, Baldissoni prende la parola e esprime le sue

opinioni sul libro. In parte lo elogia e in parte lo critica. La critica è

rivolta agli aspetti in cui “Fuorigioco” tratta dei rapporti politici in

Italia di Dibenedetto. Secondo Baldissoni, questi legami non solo non esistono

ma è stato Dibenedetto a subire le insistenze dei politici locali desiderosi

di incontrare il nuovo presidente romanista. Nomi? Tanto per essere bipartisan,

Zingaretti e Polverini. Di suo, Dibenedetto si sarebbe limitato a vedere

Alemanno, per trattare le questioni del nuovo stadio.

Il consigliere-avvocato parla dell’approccio americano alla gestione e degli

sforzi che la nuova Roma sta facendo per cambiare rotta. Cita il lavoro di

scrematura degli accattoni (il termine è mio, non di Baldissoni) che, domenica

dopo domenica, chiedono biglietti gratis in tribuna autorità (leggi qui).

Gente mai vista né conosciuta che non ha neppure l’educazione di presentarsi

ma manda fax del seguente tenore: “pregasi mettere a disposizione l’abituale

dotazione di biglietti”. Per carità di patria, Baldissoni non fa nomi

(l’articolo dell’Espresso invece sì).

Poi c’è un passaggio su Lotito, catapultato al vertice della Lazio su

pressioni della politica e della finanza. Pensa che novità. Nel libro se ne

scrive diffusamente.

Baldissoni parla come se fosse a cena tra amici. Invece, qualcuno dei

cronisti presenti fa una registrazione ambientale e le parole del consigliere

finiscono sulle radio romane, a partire dalle emittenti nostalgiche della

gestione Sensi. Perché il calcio a Roma è anche questo: passione spinta fino

alla faziosità.

Parte il delirio, se non proprio il linciaggio mediatico. Protestano Lotito,

Polverini, persino Alemanno, reduce dai clamorosi trionfi della campagna

anti-neve.

Che avrebbe detto di così grave Baldissoni? Quello che tutti sanno. Che il

calcio di serie A è una continua lotta di potere giocata senza esclusione di

colpi bassi e senza timore della prova tv. Che i presidenti non ragionano con

la logica del business ordinario e, spesso, neppure con la logica del tifo.

Che i padroni del vapore usano i club per acquisire prestigio e fama. Insomma,

ha detto quello che chiunque sa ma che non bisogna dire mai se si sta

all’interno del sistema.

Alla presentazione di “Fuorigioco” c’ero anch’io. Mi è sembrato il minimo

visto che ho scritto il libro. E, visto che i colleghi presenti avranno

intercettato anche me, metto poche parole a disposizione di eventuali censori.

Nello sport più bello del mondo, come insegna il calcioscommesse, regna

un’omertà che Cosa Nostra neppure si sogna.

Non mi aspetto smentite. Da Cosa Nostra, voglio dire.

Modificato da Ghost Dog

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Joined: 14-Jun-2008
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Vista campionato

Calcio cafone, l’Italia svetta

Ma lo dicono i soliti tedeschi

Da Materazzi a Gattuso, da Ibra a Balotelli. Nella hit di «Sportbild» un terzo dei maleducati gioca o giocava da noi

di TONY DAMASCELLI (il Giornale 15-02-2012)

Campioni si nasce ma cafoni si diventa. Almeno stando a una speciale lista

messa assieme dalla redazione di «Sportbild», terra di Germania, gente che

ormai decide le sorti finanzariopoliticosportive del resto d'Europa.

Dunque­dopo i palloni d'oro e world fifa player ecco il trofeo, senza coppe e

medaglie, per i villani del football, gente straconosciuta, strapagata,

stramaleducata stando almeno ai criteri di «Sportbild» ma, potrei dire, ad

alcune conferme arrivate dai campi di gioco. Non c'è da stare allegri per la

Patria italiana, nell'elenco dei quindici screanzati figurano alcuni attori

del nostro campionato, gente che fu e che ancora è.

Comunque la classifica, relativa non soltanto al gioco violento ma alla buona

educazione, è guidata da quel gentiluomo di Pepe, non Simone, onesto

lavoratore della Juventus, ma Kepler Levaran Lima Ferreira, tutta questa

araldica per un dipendente di Mourinho, guarda un po' le combinazioni del

calcio e della vita. Breve riassunto: Pepe tre anni fa si beccò dieci giornate

di squalifica per avere scalciato Casquero mentre costui era a terra, preso a

pugni Albin arrivato in soccorso del compagno ammaccato e insultato arbitro e

assistenti di Real Madrid-Getafe. Il curriculum del portoghese segnala anche

un pestone volontario sulle mani di Messi e altre facezie da bullo stralunato.

Ho citato Mourinho? Nella lista c'è posto anche per lo special one che, forse

ne soffrirà, non è primo ma soltanto quinto anche se unico allenatore

presente. Prima di JM, alle spalle di Pepe, una vecchia gloria nostrana,

conosciuta e riconoscibile nel mondo: Marco Materazzi, una garanzia del fair

play non finanziario. Segue Ibrahimovic che riesce nell'impresa di battere il

volgare razzista Luis Suarez del Liverpool, l'uruguagio vergogna del grande

club inglese, protagonista di una serie di atti squallidi nei confronti di

Evra.

Poteva restare fuori dall'elenco Mario Balotelli? Giammai, è alle spalle del

suo docente Mourinho, quello che un giorno ammise che è difficile dialogare

con un tipo che ha un solo neurone. Il City di Mancini presenta una splendida

coppia, con superMario c'è anche de Jong, capace di entrate al limite della

lobotomia sull'avversario.

I tedeschi della «Sportbild» cercano di rimediare mettendo in coda anche un

cittadino del paese loro, Jermaine Jones che, in verità, ha tradito la

Germania scegliendo la nazionalità statunitense.

Poi si mette male per l'immagine del Milan, in elenco una triade, Gennaro

Gattuso, Van Bommel e Prince Boateng, direi che gli ultimi due vantano un

illustre passato non nel nostro campionato, anzi dell'olandese si ricordano

fotogrammi superbi, quando decise di espellere lui l'arbitro, durante Bayern

Monaco-Amburgo, aggiungendo anche il gesto dell'ombrello, ripetuto al Bernabeu

di Madrid e rivolto ai tifosi spagnoli, dopo il gol del 3 a 2 al Real, un

signore, insomma. Risulta un altro tedesco, Maik Franz, difensore oggi

dell'Hertha di Berlino. I tifosi lo chiamano Iron Maik, quando giocava con il

Karlsruhe venne alle mani con Mario Gomez che lo accusò di gioco violento, la

stessa etichetta gli fu attribuita da quelli del Werder Brema per avere

calciato sulla faccia Avidic. Franz decise allora di dare in beneficenza 500

euro per ogni cartellino giallo: nella prima stagione 11, nella successiva 13,

il totale supera i diecimila euro, un benefattore.

Sorpresa per gli ultimi tre posti, Arnautovic, la ciofeca che è passata

dall'Inter, detto il piccolo Ibra (ha imparato bene) e definito da Balotelli

(«se c'è uno stupido è lui»), quindi il brasilero Marcelo del Real Madrid e

Wiese del Werder Brema. La mia classifica storica prevede Stiles (Inghilterra),

Goikoetxea (Spagna), Vinnie Jones (Inghilterra), Lionel Sanchez (Cile),

Pasquale Bruno (Italia), Materazzi (Italia), Omar Sivori (Argentina),

Passarella (Argentina), Montero (Uruguay), Melo (Brasile), Benetti (Italia).

Per evitare rogne, chiedo scusa agli altri. È un gioco, o no?

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UEFA, UN CALCIO

ALLA FINANZA CREATIVA

Dopo il fair play dei bilanci «no» ai calciatori con il cartellino proprietà di

terzi. Sanzioni fino all’esclusione dalle competizioni. I casi di Tevez e Neymar

di PIPPO RUSSO (l'Unità 15-02-2012)

In Italia la notizia è transitata rapida e quasi inosservata, come spesso

succede per le cose serie che riguardano il calcio. Lo scorso primo febbraio,

giorno successivo alla chiusura della sessione invernale di calciomercato,

l’Uefa ha preso posizione contro la sempre più diffusa pratica delle third

party ownership. Si tratta di quella formula per cui la proprietà dei

cartellini di calciatori non è dei club che hanno un regolare contratto in

essere con l’atleta, o dell’atleta stesso quando non ha un contratto in essere

con un club, ma di «terze parti»: agenti, fondi d’investimento, speculatori

privati. Secondo l’annuncio fatto una settimana fa, i calciatori che si

trovano in questo status potrebbero essere messi al bando dalle competizioni

internazionali organizzate dall’Uefa. Una misura radicale, la cui

realizzazione incontrerebbe ovvie e durissime resistenze. Ma per adesso conta

la presa di posizione da parte del governo europeo del calcio rispetto a un

tema sul quale la Fifa, dopo un’iniziale mobilitazione che nel 2007 portò a

modificare i regolamenti nella parte che riguarda lo status del calciatore, ha

scelto di abbandonare il campo.

IL SOTTOBOSCO

A lanciare il messaggio per conto dell’Uefa è stato Gianni Infantino,

segretario generale della confederazione nonché ascoltato consigliere di

Michel Platini. In carica nel ruolo dal 2009, Infantino (svizzero d’origine

italiana) è stato in precedenza direttore della Divisione affari legali Uefa

dopo aver ricoperto il ruolo di segretario generale del Cies (Centro

internazionale di studi sullo sport) di Neuchatel. Fra le altre cose, è lui

l’architetto del Fair Play Finanziario, la nuova disciplina di bilancio che

legherà al contenimento del deficit la partecipazione dei club alle coppe

europee.

Dunque, su un fronte tra i più caldi del calcio globale l’Uefa ha deciso di

fare sul serio. Dichiarando guerra a un sottobosco crescente di pratiche dalla

dubbia liceità, e dalle ricadute sociali e sportive negative. Perché questa

formula proprietaria, prevedendo che uomini siano proprietari di altri uomini,

somiglia molto allo schiavismo. E perché l’esistenza di organizzazioni

proprietarie di più calciatori sparsi in club diversi è una seria minaccia per

la regolarità dei campionati e per la tenuta economica delle società. E non è

certo per dispetto che, parlando di questo tema, salta sempre fuori l’esempio

di Carlos Tevez. L’attaccante argentino che i giornali italiani compiacenti

hanno dato vicinissimo al Milan nella scorsa sessione di calciomercato, quando

in realtà il Manchester City non ha nemmeno preso in considerazione le

proposte di Galliani. Il quale si faceva forte dei rapporti con Kia

Joorabchian, ufficialmente “agente” dell’argentino. In realtà, la natura del

rapporto fra Joorabchian e tutti i calciatori posti sotto il suo controllo è

opaca (oltre Tevez, anche l’altro argentino Mascherano, oggi al Barcellona).

Ciò che non ha portato Galliani a farsi scrupoli nel trattare col personaggio,

e successivamente nell’affidargli una “consulenza” per concludere il

trasferimento di Taiwo al Queens Park Rangers. Se l’annuncio di Infantino

fosse già regola, il geom. avrebbe da dare parecchie spiegazioni. Lo stesso

agente fu accusato di manovrare in proprio anche al tempo del passaggio di

Tevez al City, proveniente dal West Ham: anche lo United era sull’attaccante,

ma Joorabchian trattava “a blocchi” con le dirigenze, e decise di fare

ostracismo con i Red Devils, che - si disse - non lo facilitavano su altre

trattative.

Un altro pezzo da novanta dei prossimi mercati, il brasiliano Neymar, ha il

cartellino - e il destino - in mano a un pool di proprietari: solo una parte è

del club di appartenenza (il Santos). Il resto è diviso fra sponsor e una

società creata apposta per gestire i calciatori: fra gli azionisti c’è anche

Ronaldo, il vecchio campione che ad ogni occasione non fa che ripetere: «Il

futuro è Neymar». Ma il futuro di chi?

Modificato da Ghost Dog

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laRovesciata di ROBERTO BECCANTINI (GaSport 16-02-2012)

Guida in 10 punti degli

italianismi che fanno moda

Dagli impianti obsoleti, alla tolleranza

zero, ai vivai. Per la serie parole, non fatti

Per la serie «Parole, non fatti», ecco il breviario degli italianismi più in

voga.

1. I nostri impianti sono obsoleti (e i nostri dirigenti?), servono stadi di

proprietà. Ritornello, «Stato, facci una legge». Resiste in cima al podio

dagli anni Novanta e dalla colate di cemento armato, armatissimo, che

imprigionarono le notti magiche. Aperta parentesi: quanto scommettiamo che

prima o poi si accuserà la Juventus di aver costruito il suo e non i

ritardatari per non aver costruito il loro? Chiusa parentesi.

2. Si gioca troppo. Per la cronaca, la serie A passò a diciotto squadre nel

1988 e a venti nel 2004. Rammento che, per conquistare la Champions del 2003,

il Milan di Carlo Ancelotti disputò qualcosa come diciannove partite, dai

preliminari alla finale. I calendari sono così intasati che gli ottavi di

Champions sono stati spalmati, rubando date, la Coppa Intercontinentale è

diventata il Mondiale per club e la fase finale degli Europei, dall'edizione

2016 in avanti, coinvolgerà ventiquattro nazioni, contro le sedici attuali.

Però si gioca troppo.

3. Bisogna investire sui giovani, bisogna lavorare sui vivai. Un altro disco

di successo. Salvo lasciar partire Mario Balotelli per Manchester e Giuseppe

Rossi per Villarreal. In tempi di pace, il modello Barcellona; in tempi di

guerra, il modello inglese. E, a giorni alterni, tavole rotonde, dibattiti,

processi.

4. Tolleranza zero. Spunta ogni tanto, in base agli eccessi - in campo, in

tribuna - che decidiamo di combattere con eccessi di segno opposto. Le leggi

ci sono, basterebbe osservarle, applicarle. Troppo banale. A noi piacciono i

codici etici, molto codici e poco etici.

5. Tolleranza mille. Traduzione: fischiare di meno, assecondare lo spirito

del gioco (?). Marcello Nicchi e Stefano Braschi l'hanno scelto come mantra.

Morale: mancano molti «secondi gialli», anche perché le spalle dei

commentatori tv sono ex giocatori, e il microfono batte dove l'ammonizione

duole.

6. «Ah, il fisco spagnolo» è il ritornello che più stimolava la vena canora

di Adriano Galliani. «Ah, il decreto spalma-debiti » replicavano, puntuali, i

menestrelli di Madrid e dintorni.

7. Voce solista: perché non separiamo il ranking della Champions League da

quello della Europa League? Coro: in modo da recuperare più in fretta il posto

perduto in Champions. Anche queste, parole e musica di Galliani. All' Uefa

preferiscono il dolce stil vecchio.

8. Moviola in campo. A essere sinceri, ha perso posizioni e smarrito fascino:

sono arrivati i giudici di porta, Blatter ha garantito che ricorrerà alla

tecnologia per debellare i gol fantasma. Ciò premesso, con la moviola in campo

- e la soluzione «in diretta» dei casi più scabrosi - molti di noi finirebbero

in mezzo a una strada.

9. Fair play finanziario. Lo intona spesso Massimo Moratti, ma che c'azzecca

con gli acquisti di Forlan-Zarate e la cessione di Thiago Motta?

10. Responsabilità oggettiva. Dal Totonero del 1980, sempre in classifica. Ci

sono «bande » che la preferirebbero soggettiva. Brusìo dal fondo: e te credo!

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Calcioscommesse Minacce, trucchi e Atalanta-Piacenza comprata da clan diversi

La partita che fu venduta due volte

Le nuove carte dell’inchiesta di Cremona

Atalanta-Piacenza doppio trucco

Gegic: «Gli zingari non esistono»

di CLAUDIO DEL FRATE & ARIANNA RAVELLI (CorSera 16-02-2012)

Calcioscommesse: tutto cominciò nel 2008 in un centro commerciale di Seriate

(Bergamo) con l'incontro tra Gritti, portiere del Bellinzona, e Carobbio,

giocatore dell'AlbinoLeffe. Dalle carte dell'inchiesta di Cremona si scopre

che quella chiacchierata tra amici si è poi allargata e si è presto

trasformata in un incubo. Non solo: risulta anche che Atalanta-Piacenza fu

comprata due volte da clan diversi.

Ci sono un posto, una data e un incontro all'origine del calcioscommesse.

Tutto comincia quando il portiere del Bellinzona Matteo Gritti si trova con

Filippo Carobbio, all'epoca all'AlbinoLeffe, in un centro commerciale di

Seriate: siamo nel 2008.

Il peccato originale

È il primo episodio rivelato dalle nuove carte dell'inchiesta di Cremona. Lo

narra Carobbio nell'interrogatorio: «Quando giocavo per l'AlbinoLeffe sono

stato contattato da Matteo Gritti. Questi aveva giocato con me

nell'AlbinoLeffe. Ci incontrammo una prima volta all'Iper di Seriate e fu

allora che mi riferì che c'era un gruppo di persone, straniere, che avevano

un'ampia disponibilità economica che intendevano investire per vincere le

scommesse, da effettuarsi sui siti asiatici, corrompendo i giocatori. Gritti

mi spiegò che il denaro sarebbe stato consegnato ai calciatori prima della

partita». Sul momento non si fa niente, l'AlbinoLeffe è in corsa per la A. Ma

Carobbio presenta Gritti a Carlo Gervasoni. E da qui il contagio si espande al

calcio italiano. «Tre o quattro mesi dopo, all'inizio del campionato 2008-2009,

Gervasoni, che evidentemente nel frattempo aveva continuato ad avere rapporti

con Gritti, mi rappresentò che ci sarebbe stata un'occasione conviviale a

Mendrisio. Erano presenti, oltre a me e Gervasoni, Gritti e altre 4-5 persone,

tra le quali Gegic e Bressan». Si forma il nucleo base dello scandalo

scommesse. Gritti finisce per «inguaiare» anche Andrea Conti, figlio di Bruno,

che gioca nel Bellinzona: gli inquirenti hanno deciso «un supplemento di

indagine» anche su di lui.

L'incontro Vitiello-Drascek

Carobbio al gip Guido Salvini e al pm Roberto Di Martino racconta molto altro.

A partire dalla prima partita che ha «taroccato»: «Pisa-AlbinoLeffe del 7

marzo 2009 (...) Finimmo per aderire all'accordo io e Gervasoni con Ruopolo e

Conteh. In seguito venne coinvolto anche Caremi. Gervasoni ci consegnò 15 mila

euro a testa». Carobbio va a Siena e i rapporti continuano. Con un episodio

finora rimasto sconosciuto: «In occasione di Siena-Novara (1 maggio 2011, 2-2)

(...) ci furono dei contatti tra i giocatori in quanto il pareggio sarebbe

stato un risultato proficuo per le squadre. Ci fu un contatto tra Vitiello del

Siena e Drascek del Novara che avvenne nella hall dell'albergo che ospitava

noi del Siena. Io li ho visti parlare».

L'«uomo nero»

Tutti i protagonisti dello scandalo puntano il dito contro Almir Gegic,

ritenuto il più attivo nel clan degli zingari assieme a Hristian Ilievskj.

Gegic è ufficialmente latitante da giugno ma lui è sempre stato a Chiasso,

dove risiede; tanto che agli atti c'è un interrogatorio del 2 settembre

proprio sul calcioscommesse condotto dal procuratore di Lugano Nicola Corti. È

la prima volta che emergono nell'inchiesta dichiarazioni dell'«uomo nero». «A

Cremona — afferma Gegic — a più riprese ho espresso la mia piena disponibilità

a essere sentito per fare chiarezza. Sono un calciatore, il calcio mi ha dato

tanto (...) e non rovinerei di certo la mia reputazione con certe storie».

Quando il magistrato lo interpella sui continui versamenti di migliaia di euro

sul suo conto corrente, risponde: «Io e i miei familiari siamo capaci di

vivere con un'austerità che forse non è così usuale per gli svizzeri. Ci

accontentiamo di poco». Sulle scommesse dice: «Gioco al massimo 100-200 euro.

Non sono né membro né capo di un fantomatico clan degli zingari, un'invenzione

degli italiani (. . . ) Mi è capitato di raccogliere soldi di amici per

scommettere assieme su partite, ma escludo di aver ricevuto o versato soldi

per truccarle. L'11 marzo 2011 ho portato i miei soldi, quelli del Brix (Mauro

Bressan) e di Ivan Tisci in Italia. Dovevo incontrare in quell'area di

parcheggio autostradale qualcuno che li avrebbe fatti avere a Bellavista

affinché venisse piazzata la scommessa».

La mafia del Balcani

Ma un appunto dello Sco allegato agli atti dice che «Gegic è legato a

Sancarkli Habdo, esponente della mafia turca, già presidente dell'Istanbulspor,

squadra in cui Gegic ha militato». Lo zingaro di Chiasso viene poi ritenuto

da un rapporto della polizia tedesca in contatto con esponenti di un clan

balcanico di cui fa parte «il noto boss della mafia del Montenegro Branislav

Micuninovic ricercato in campo internazionale».

Tutti su Atalanta-Piacenza

L'uomo che più ha aiutato l'inchiesta, con le sue rivelazioni, è stato Carlo

Gervasoni: in costante contatto con Gegic, il difensore vende tutte le partite

che può, al Mantova, al Piacenza, alla Cremonese, tanto da stimare di aver

guadagnato «100 mila euro dagli zingari». Che avevano una buona abitudine: a

differenza di molte società, loro «pagavano sempre». Gervasoni rivela una

curiosità: Atalanta-Piacenza (la partita dell'accordo con Doni) è stata

venduta due volte. La prima agli zingari e la seconda a un'altra

organizzazione che faceva riferimento al calciatore Cesare Rickler e ai

fratelli Cossato. «Rickler mi disse che c'era la possibilità di prendere dei

soldi per perdere la partita, io gli dissi di no. Poi con il fatto che me lo

chiedevano anche Gegic e compagnia. . . Lui venne con i fratelli Cossato.

Praticamente abbiamo venduto la stessa cosa a due gruppi». Solo che i soldi

(80 mila euro) arrivano solo da Gegic perché i fratelli Cossato dicono che «i

conti sono bloccati». Gervasoni, invece, nega di essersi auto-avvelenato

durante Cremonese-Paganese, episodio che ha dato il via all'inchiesta. Come si

sa, dopo aver bevuto l'acqua contaminata, si sentì male alla guida: «Devo

ringraziare il Signore che guidavo una macchina un po' grossa... La gente che

mi ha soccorso mi chiedeva se ero matto o ubriaco, perché zigzagavo. Non avrei

mai potuto avvelenare i miei compagni».

«Siamo tutti morti»

Per gli zingari, l'uomo del salto di qualità, che avrebbe dovuto portare

dritto alla serie A è Alessandro Zamperini, «miglior amico di Stefano Mauri»

che può vantare un ampio carnet di contatti. «Zampa» — che è in difficoltà

economiche perché «per via di una mezza truffa devo pagare 13 mila euro di

rate al mese per la Porsche» — racconta il modus operandi di Ilievski,

interessato in particolare «ai giocatori delle squadre che non pagavano gli

stipendi». Lo «zingaro» — che gli manda sms con «come in» per indicargli di

passare sull'altro telefono — in un'occasione gli fa pressione in questo modo:

«Tu devi pensare che qui siamo tutti morti, siamo tutti morti, qua c'ammazzano

tutti. Io sono un uomo morto». Zamperini ha paura. Gli viene chiesto conto

anche di Lecce-Lazio e il pm Di Martino si lascia scappare: «Abbiamo le prove

che è certamente combinata».

I messaggi di Angelino

Con gli sviluppi più recenti dell'inchiesta gli inquirenti hanno ripescato

dalle intercettazioni una conversazione tra Bellavista e Angelo Iacovelli,

factotum del Bari. I due parlano dei tentativi di contattare i giocatori della

squadra pugliese e in particolare Masiello: «Anto' questi ci stanno pigliando

a pesci in faccia» dice Angelino lamentandosi del fatto che dai calciatori non

arrivano impegni precisi. Il factotum poi allude: «Si sono mossi i pezzi

grossi...», Chi sono? Mistero, nella conversazione vengono definiti «il

parigino» e «il direttore». Più inquietante è una annotazione della polizia:

«Come riferito da Masiello, Iacovelli contattava il calciatore trasferitosi a

Bergamo e lo redarguiva a proseguire il silenzio con precise frasi

intimidatorie».

GLI%20INDAGATI.jpg

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Calcio e camorra / L'accusa choc del pm:

«Rapporti tra giocatori del Napoli e ultrà

per influenzare il rinnovo dei contratti»

Retata all'alba, eseguiti undici arresti nel gruppo dei Bronx

Il pm Melillo: Lavezzi ha testimoniato sulla sua conoscenza

con Antonio Lo Russo, figlio dell'ex capo clan di Miano

della redazione IL MATTINO.it 16-02-2012

NAPOLI - «Alcuni calciatori del Napoli mantengono i contatti con i gruppi di

ultrà anche perché ritengono che questi ultimi possano influire sulle scelte

della società al momento del rinnovo del contratto» Lo ha detto il procuratore

aggiunto di Napoli, Giovanni Melillo, nel corso della conferenza stampa

organizzata per illustrare l'operazione che ha portato oggi alla notifica di

11 misure cautelari nei confronti di tifosi violenti.

Il caso Lavezzi. Melillo ha citato in particolare Ezequiel Lavezzi e alcune

dichiarazioni del calciatore rese nell'ambito di un'altra inchiesta e

confluite poi nell'ordinanza cautelare eseguita oggi. Il verbale di Lavezzi è

quello nel quale il Pocho parlava della sua conoscenza con Antonio Lo Russo,

il figlio dell'ex capo clan di Miano, Salvatore, oggi collaboratore di

giustizia.

Il caso Santacroce. Fabiano Santacroce, ex calciatore del Napoli, ora nel

Parma, era legato da vincoli di amicizia con Francesco Fuccia, ritenuto il

capo degli ultrà arrestati oggi con l'accusa di avere provocato tafferugli in

occasione di diversi incontri del Napoli. (Sentito anche Santacroce: «Ospite

del capo ultrà ai domiciliari»)

Arresti tra i Bronx. La Polizia di Stato della Questura di Napoli ha eseguito

11 misure cautelari, emesse dal gip nei confronti di appartenenti al gruppo di

tifosi ultrà del Napoli dei cosiddetti 'Bronx'. Sono accusati di associazione

per delinquere finalizzata alla commissione di un'indeterminata serie di

delitti in occasione di manifestazioni calcistiche nazionali ed estere. Le

ordinanze di custodia cautelare, alcune in carcere altre agli arresti

domiciliari, sono state emesse su richiesta del procuratore aggiunto Giovanni

Melillo e dei pm Antonello Ardituro, Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri.

Riguardano ultrà frequentatori abituali della curva A dello stadio San Paolo.

Indagini durate due anni. Le indagini che hanno portato all'arresto di 11

tifosi ultrà del Napoli sono state coordinate dal gruppo specializzato in

reati sportivi di magistrati della Procura della Repubblica di Napoli e sono

state condotte per oltre due anni dalla sezione Investigativa della Digos, con

attività di osservazione e servizi tecnici di intercettazione telefonica ed

ambientale.

Gli scontri. Gli indagati hanno preso parte ai gravi atti di violenza

commessi a Napoli il 9 maggio 2010, in occasione della gara Napoli-Atalanta, a

seguito dei quali rimasero feriti 13 agenti della polizia di Stato; a Udine il

7 febbraio 2010, in occasione dell' incontro Udinese-Napoli, a Bucarest

(Romania) il 30 settembre 2010, in occasione della gara di Europa League

Steaua-Napoli, e ancora, a Napoli, il 21 ottobre 2010, in occasione della gara

Napoli-Liverpool, anch'essa valida per la stessa competizione internazionale.

In quest' ultima occasione furono aggrediti e feriti, in diverse circostanze,

sette turisti inglesi e cinque agenti della Polizia di Stato.

I tatuaggi. Già il 16 novembre 2010, su ordine degli magistrati della Procura

della Repubblica che hanno coordinato le indagini, la Digos aveva eseguito

ispezioni personali e perquisizioni nei confronti di 57 appartenenti ai gruppi

di ultrà, verificando, per ognuno di essi, la presenza sul corpo dei tatuaggi

che ne contraddistinguevano l'organicità al gruppo.

Sequestri. Nel corso di quella operazione, furono sequestrati in numerose

abitazioni ingenti quantitativi di oggetti contundenti e capi di abbigliamento

utili per il "travisamento", tutto materiale utilizzato dagli indagati

nell'esecuzione di aggressioni pianificate alle tifoserie di squadre

avversarie ed alle forze dell'ordine.

Il pm: tutti i gruppi ultrà ostili alla società Calcio Napoli

Altri calciatori azzurri in contatto con ultrà ma più prudenti di Santacroce

Tatuaggi per gli ultras: quando uscivano dal gruppo costretti a cancellarli

Capoultrà legato ai Mazzarella: gli scontri venivano decisi a casa sua

Sentito anche Santacroce: «Ospite del capo ultrà ai domiciliari»

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Juventus News

Nota della società

16 febbraio 2012

Juventus Football Club ribadisce e sostiene quanto dichiarato dall'allenatore

Antonio Conte, dal consigliere Pavel Nedved e da Andrea Pirlo al termine

dell'incontro.

La società si augura che la parità di trattamento, che sta perseguendo e

perseguirà in ogni sede, venga applicata sempre in conformità con le regole

del giuoco del calcio e della giustizia sportiva e ordinaria.

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Repubblica.it News 16-02-2012

CALCIO, CASO SION: ECA SOSPENDE IL CLUB SVIZZERO

L'associazione europea dei club (Eca) ha sospeso con effetto immediato il Sion

per essersi rivolto alla giustizia ordinaria, disconoscendo il ruolo del Tas

di Losanna come ultimo grado nelle controversie sportive. Il club è stato

penalizzato di 36 punti dalla Asf ed escluso dall'Europa League dalla Uefa per

avere schierato 6 giocatori tesserati in modo illegittimo secondo la Fifa.

L'Eca, che raggruppa oltre 200 club europei, ha annunciato che la sospensione

sarà effettiva "fino a nuovo avviso".

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Scalciopoli

di IVAN ZAZZARONI dal blog Il calcio è un cartone animato per adulti (Deejay.it 16-02-2012 19.02)

Antonio Conte si ribella al calcio che conosce meglio, quello in cui s’è

formato e che talvolta ha anche subìto (Arezzo, Bari, Bergamo, Siena, la

provincia). Un calcio di poteri forti e fortini, rapporti falsi e rapporti

veri, e anche vendette, nel quale la federazione condizionava – direttamente,

quando serviva – i designatori e gli arbitri – solo i meno onesti e i più

fragili -. Un calcio diverso da questo, però.

Conte sa bene che il nemico pubblico della sua Juve è da mesi Giancarlo

Abete, la Figc: ascolta, legge, vede e trae le conclusioni. Non gli può essere

sfuggito che Agnelli e i suoi avvocati hanno promosso azioni pesantissime

contro via Allegri (dopo-Calciopoli) richiedendo danni per oltre 440 milioni.

E ricorda l’irritazione del suo giovane presidente di fronte all’incompetenza

dichiarata dal numero uno federale e, in seguito, all’intervento del Coni, di

Petrucci, ovviamente preoccupatissimo per la piega che aveva assunto la

vicenda.

Conte sa anche che le motivazioni della sentenza di Napoli hanno fatto

segnare un punto e anche due a favore della linea Briamonte. E che, aggiungo,

il no del Governo a Roma 2020 ha indebolito politicamente, almeno per il

momento, il capo dello sport italiano, santo protettore di tutte le

federazioni.

Insomma, Conte teme che qualche arbitro più realista del re voglia in qualche

modo maltrattare la Juve-nemica della Figc con l’unico mezzo di cui dispone:

il fischietto.

PS. La Figc di Calciopoli era anche così. Intercettazione. Carraro: “Mi

raccomando che non aiuti la Juventus, per carità di Dio, che è una partita

delicatissima in un momento delicatissimo della Lega ecc… Per carità di Dio

che non aiuti la Juventus, che faccia la partita onesta, ma che non faccia

errori a favore della Juventus”.

___

versione modificata dallo stesso Zazzaroni dopo la nota della società Juventus

___

A. AGNELLI

di IVAN ZAZZARONI dal blog Il calcio è un cartone animato per adulti (Deejay.it 16-02-2012 19.59)

pecorina-150602-232x300.jpg

Antonio Conte si ribella al calcio che conosce meglio, quello in cui

s’è formato e che talvolta ha anche subìto (Arezzo, Bari, Bergamo, Siena,

la provincia). Un calcio di poteri forti e fortini, rapporti falsi e rapporti

veri, e anche vendette, nel quale la federazione condizionava – direttamente,

quando serviva – i designatori e gli arbitri – solo i meno onesti e i più

fragili -. Un calcio diverso da questo, però.

Conte sa bene che il nemico pubblico della sua Juve è da mesi Giancarlo

Abete, la Figc: ascolta, legge, vede e trae le conclusioni. Non gli può essere

sfuggito che Agnelli e i suoi avvocati hanno promosso azioni pesantissime

contro via Allegri (dopo-Calciopoli) richiedendo danni per oltre 440 milioni.

E ricorda l’irritazione del suo giovane presidente di fronte all’incompetenza

dichiarata dal numero uno federale e, in seguito, all’intervento del Coni, di

Petrucci, ovviamente preoccupatissimo per la piega che aveva assunto la

vicenda.

Conte sa anche che le motivazioni della sentenza di Napoli hanno fatto

segnare un punto e anche due a favore della linea Briamonte. E che, aggiungo,

il no del Governo a Roma 2020 ha indebolito politicamente, almeno per il

momento, il capo dello sport italiano, santo protettore di tutte le

federazioni.

Insomma, Conte teme che qualche arbitro più realista del re voglia in qualche

modo maltrattare la Juve-nemica della Figc con l’unico mezzo di cui dispone:

il fischietto.

PS. La Figc di Calciopoli era anche così. Intercettazione. Carraro: “Mi

raccomando che non aiuti la Juventus, per carità di Dio, che è una partita

delicatissima in un momento delicatissimo della Lega ecc… Per carità di Dio

che non aiuti la Juventus, che faccia la partita onesta, ma che non faccia

errori a favore della Juventus”.

PS 2. So per certo che Andrea Agnelli non ha gradito l’esternazione di Conte:

per la “politica” c’è Marotta. Ma a Marotta la parte del cattivo non riesce

proprio.

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Champions League: Unicredit e Luis Figo aiutano i

tifosi che non riescono a seguire la propria squadra

L'iniziativa si chiama "Ci siamo noi": con il sostegno del campione

portoghese Figo e dell’Help Team di UniCredit, la banca ha risolto un

dilemma tra vita reale e calcio, aiutando i tifosi a gestire le

situazioni in cui le partite della Uefa Champions League e gli

interessi della vita quotidiana sembrano essere incompatibili.

della redazione di FIRST online 16-02-2012

Stasera c’è la tua squadra del cuore che gioca in Champions League ma tu hai

un improrogabile impegno di lavoro? Oppure un irrinunciabile compleanno di

qualche parente? O ancora peggio, visto che la massima competizione

calcistica dell’Uefa è tornata in campo proprio nel giorno di San Valentino,

sei sotto ricatto della fidanzata? “O me, o il calcio”?

Bel dilemma, ma da oggi non dovrai più scegliere. Grazie all’iniziativa di

Unicredit, sponsor della Uefa Champions League, sarai in grado di non dover

necessariamente rinunciare a una delle due alternative. Con il sostegno del

campione portoghese Luis Figo e dell’Help Team di UniCredit, la

banca ha infatti risolto un dilemma tra vita reale e calcio che

apparentemente era senza via d’uscita, attraverso una campagna

online nata per aiutare gli appassionati di calcio a gestire situazioni in cui le

partite della Uefa Champions League e gli impegni della vita quotidiana si

sovrappongono.

L’iniziativa si chiama “Ci siamo noi” e attraverso un filo diretto con i

tifosi sul sito wewillfixit.it e sulla pagina Facebook di Unicredit Champions

prende in esame tutti i problemi pervenuti e li seleziona attraverso un

concorso, per poi pubblicare il video del “pronto-intervento” di Figo e

del suo team sul canale youtube di Unicredit.

e racconta

della storia di due innamorati tedeschi che la sera di San Valentino erano sul

punto di entrare in crisi perché la data coincideva con la partitissima Bayer

Leverkusen-Barcellona. E in effetti compare proprio l’ex campione dell’Inter,

nell’esilarante ruolo di dottor Stranamore in versione calcistica.

Non poteva dunque mancare il lieto fine: lei non rinuncerà alla sua serata

romantica, e lui andrà allo stadio a vedere la partita. San Valentino vs calcio 1-1.

Da oggi fino al 18 aprile sarà possibile presentare i propri "dilemmi" anche

in Italia. A maggio sarà poi estratto un fortunato partecipante che oltre a

vedersi risolvere l'ancestrale dilemma da Figo and company, vincerà anche

un biglietto per la finalissima di Monaco del 19 maggio.

Lo scopo della campagna “Ci siamo noi” è quindi aiutare i fans, compresi

coloro che appassionati di calcio non sono, a gestire momenti “difficili” in

cui le partite della Uefa Champions League e gli interessi della

vita quotidiana sembrano essere incompatibili. Sarà la nuova frontiera

del calcio (già seguito da miliardi di persone nel mondo che fanno di tutto

per non perdersi nulla): vederlo anche quando non si può.

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IL CASO IL GIOCATORE MORÌ NEL NOVEMBRE 1989

Bergamini: secondo i Ris

fu omicidio volontario

Filtrano le prime indiscrezioni sui test dei carabinieri di Messina

Sarebbe smontata la versione dei testimoni oculari di quella sera

di FRANCESCO CENITI (GaSport 17-02-2012)

L'ultimo assist di Donato. Entro la prossima settimana il Ris di Messina

consegnerà al procuratore capo di Castrovillari, Franco Giacomantonio, tutti i

risultati dei test effettuati sui reperti vecchi di 22 anni, quanti ne sono

passati dalla misteriosa morte di Bergamini, ex centrocampista del Cosenza.

Sono gli atti che dovrebbero finalmente ribaltare una «verità» rimasta in

piedi nonostante le mille incongruenze: il suicidio. Le indiscrezioni filtrate

sul documento del Reparto d'investigazioni scientifiche dei carabinieri, non

ammetterebbero dubbi: è stato un omicidio volontario. Non solo, sarebbe

smontata parola dopo parola la versione fatta mettere a verbale dai testimoni

oculari, a iniziare dall'ex ragazza Isabella Internò, di quel maledetto 18

novembre 1989. Un racconto che, se fossero confermate le anticipazioni, ora

potrebbe trasformarsi in un boomerang, fino al rischio incriminazione.

L'ora della morte Il Ris ha lavorato su ogni particolare nel tentativo di

risolvere il giallo. L'unica indagine svolta in passato aveva ignorato molti

aspetti fondamentali, basandosi quasi esclusivamente sui fatti narrati dall'ex

ragazza (assieme con il giocatore in quell'ultimo viaggio) e dall'autista del

camion sotto il quale Bergamini si sarebbe «gettato a pesce», finendo

trascinato per circa 60 metri sulla statale 106 nei pressi di Roseto Capo

Spulico. Tutto questo sarebbe accaduto verso le 7 di sera di una giornata

piovosa. Particolare non secondario. Perché tra i reperti esaminati dagli

specialisti, c'erano l'orologio, una catenina e le scarpe indossate da Donato

al momento della morte. I carabinieri hanno condotto delle simulazioni per

capire gli effetti sulle cose e sul corpo di una persona «portata a spasso» da

un bestione come il Fiat-Iveco 180. Non avendo a disposizione l'originale

(sarebbe stato demolito nel 2007), si sono accontentati di un modello

identico. Il risultato di questi test spazza via ogni dubbio: se davvero

Bergamini fosse stato trascinato per 60 metri, non solo il suo corpo ne

sarebbe uscito maciullato, ma anche ogni cosa che aveva addosso avrebbe subito

la stessa sorte. E invece scarpe, catenina e orologio sono praticamente nuovi.

C'è poi l'ora della morte. I reperti istologici (conservati dopo l'autopsia

chiesta dalla famiglia nei mesi successivi al «suicidio») avrebbero indicato

una novità rispetto alla solita versione, individuando il decesso intorno alle

18. Ma il fascicolo conterrebbe altri punti a favore dell'accusa, come

l'assenza di fango sulle scarpe (il calciatore secondo la Internò avrebbe

camminato in una piazzola di sosta piena di pozzanghere prima di suicidarsi) e

alcune tracce importanti trovate nella Maserati del giocatore e rimaste

intatte nonostante uno strano e accurato lavaggio eseguito il giorno dopo

l'incidente. E infine l'analisi delle ferite riportate da Bergamini: sarebbero

state causate su un corpo già steso a terra. Tutto questo malloppo, una volta

in mano alla procura, sarebbe la base per passare alla fase due

dell'inchiesta: acclarato l'omicidio volontario, si potrebbe procedere contro

qualcuno.

Scenari Non è un caso che i magistrati abbiano nell'attesa del Ris ordinato

una fitta attività investigativa. In procura è stato ascoltato pure Michele

Padovano (ex Juve e compagno di stanza di Bergamini), ma soprattutto sono

stati ricostruiti spostamenti e frequentazioni del giocatore, facendo domande

a diverse persone che vivono a Cosenza. È fondamentale per la procura dare un

movente all'omicidio. L'ipotesi di un delitto legato alla droga e alla

criminalità resta in piedi, ma negli ultimi mesi hanno preso impulso altre

strade, compresa quella di una pista passionale (legata quindi in modo chiaro

all'ex ragazza, già sentita come persona informata sui fatti). Sembra certa

una cosa: la 'ndrangheta avrebbe avallato l'omicidio, fornendo protezioni.

Come mai? Una lettera anonima, molto dettagliata e considerata attendibile,

arrivata la scorsa estate a Eugenio Gallerani (l'avvocato della famiglia, che

da sempre si è battuta per far riaprire il caso) dà qualche risposta. Altre

potrebbero arrivare da nuovi testimoni, rimasti nell'ombra (forse per paura)

in tutto questo tempo. Gli esami del Ris cancellerebbero 22 anni di menzogne:

risalire verso la soluzione del giallo sembra finalmente possibile.

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La rivoluzione

«Meno vincoli all'apertura

di agenzie di scommesse»

La Corte di Giustizia europea bacchetta l'Italia e mette in discussione

il sistema delle concessioni. Strada aperta ai bookmaker stranieri?

di MAURIZIO GALDI (GaSport 17-02-2012)

L'Italia viola la libertà di scommessa. È la sintesi della sentenza con cui la

Corte di Giustizia europea ha condannato l'Italia e il suo sistema di

assegnazione delle concessioni da parte dell'Azienda autonoma monopoli di

Stato (Aams), che costituisce una violazione degli articoli 43 e 49

dell'Unione europea. La notizia ha già provocato uno tsunami nel mondo delle

scommesse. Nonostante le repliche (e le assicurazioni) del ministero

dell'Economia, dei Monopoli, di Assosnai e della neonata federazione Sistema

gioco Italia, le cose dovranno cambiare. Sotto accusa una sorta di

«protezionismo» del sistema italiano delle giocate.

Non condannabile La Corte di giustizia specifica chiaramente che nessun

tribunale può condannare in una situazione di «incertezza», visto che il

ricorso partiva da una richiesta della Cassazione italiana che chiedeva

chiarimenti alla Corte sull'interpretazione della legge italiana rispetto a

quella europea in materia di libera concorrenza. Alla Cassazione si erano

rivolti due titolari di agenzie della Stanley che erano state chiuse dalla

Guardia di Finanza. Nella sentenza, inoltre, viene spiegato che nonostante ci

siano stati altri bandi per assegnare nuove concessioni, la genesi di tutto

fosse il bando del 1999, e le seguenti leggi Bersani e Giorgetti non hanno

sanato la «disparità di trattamento» non essendo stata «azzerata» la prima

concessione. In pratica, una concorrenza zoppa.

Ordine pubblico La legislatura italiana in materia di scommesse è presentata

come un sistema a tutela dell'ordine pubblico in quanto serve a evitare il

riciclaggio e la frode sportiva. Ma la Corte scrive: «Il settore dei giochi

d'azzardo in Italia è stato per lungo tempo caratterizzato da una politica di

espansione finalizzata ad aumentare gli introiti fiscali e dunque, in tale

contesto, non è possibile invocare alcuna giustificazione fondata sugli

obiettivi della limitazione della propensione al gioco dei consumatori o della

limitazione dell'offerta di giochi». La normativa sul riciclaggio (come anche

emerso dalle inchieste di Ġazzetta sulla Gomorra del calcio) viene spesso

elusa e molte agenzie (anche di quelle sottoposte ai controlli di Aams) sono

risultate in mano a clan della camorra o della 'ndrangheta: le inchieste della

Dda di Napoli e di Reggio Calabria lo dimostrano. Del resto molte delle

inchieste sul calcioscommesse (Cremona e Bari soprattutto) si sono avvalse

della collaborazione di bookmaker stranieri (Sks365 in particolare) che non

hanno concessione italiana.

Norme europee La Corte stabilisce dunque che la normativa italiana viola la

libera concorrenza e scrive: «È pacifico che una normativa nazionale, come

quella controversa nei procedimenti principali, la quale subordini l'esercizio

di un'attività economica all'ottenimento di una concessione e preveda varie

ipotesi di decadenza della concessione, costituisce un ostacolo alle libertà

così garantite dagli articoli 43 e 49».

Le nuove norme E mentre in Lussemburgo la Corte decideva, in Italia si

pensava un'ulteriore stretta sul gioco presso bookmaker stranieri. Agipronew

anticipava: «È previsto un pesante inasprimento delle sanzioni a carico di chi

scommette con operatori esteri, fino al 1000 per cento delle somme giocate. Il

controllo sarebbe possibile attraverso la tracciabilità sui conti correnti

bancari, prevista dalla manovra estiva: banche, poste, operatori finanziari e

carte di credito dovranno segnalare ai Monopoli di Stato (previste sanzioni

fino a 1,3 milioni di euro per chi non lo farà) chi trasferisce danaro a

favore di soggetti non autorizzati dallo Stato. Colpito anche chi

semplicemente deposita una somma all'estero, con una multa che può arrivare

fino al 200 per cento del denaro spedito a casinò o bookmaker stranieri. La

misura rientra in una serie di provvedimenti del Governo che, se approvati,

dovrebbero portare nelle casse erariali 500 milioni di euro». Ora è tutto da

ripensare.

L’IMPATTO ECONOMICO

Quella rete parallela che fattura 1,5 miliardi

di MARCO IARIA (GaSport 17-02-2012)

In Italia la rete «parallela» delle scommesse, quella che non

compare nelle statistiche ufficiali ma che vegeta e prolifera,

ha un giro d'affari di 1,5 miliardi di euro all'anno. La stima,

prudenziale, l'ha fatta la Confindustria durante un'audizione in

Commissione Antimafia. Ci sono 1.500-2.000 centri di raccolta

sparsi nel territorio, che operano senza concessione nazionale e

smistano le bollette delle giocate verso le sedi estere dei

bookmaker di riferimento. Pagano le tasse, appunto, fuori

confine. La Stanley, da cui è partito il ricorso alla Corte di

giustizia europea, è la maggiore tra queste società e si fa

forte di una licenza comunitaria. Ha 600 agenzie, concentrate

soprattutto al Centro (un centinaio solo a Roma), e vanta un

fatturato di 450 milioni.

Impatto
Se il «sommerso» di questo settore, con la

liberalizzazione invocata dall'Europa, venisse fuori, gli

introiti per l'Erario sarebbero di 60 milioni, in aggiunta ai

200 che già incassa dai concessionari autorizzati, soggetti a

una tassazione del 4%. Non a caso, per spiegare la flessione

della raccolta ufficiale nel 2011, al netto della mancanza di

grandi eventi e dello scandalo del calcioscommesse, i Monopoli

hanno fatto riferimento all'aumento del business parallelo:

sempre più clienti si spostano dal circuito tradizionale a

quello non autorizzato, che propone un ventaglio di scommesse

più variegato e allettante.
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L’INTERVISTA PARLA IL CAPO DELLO SPORT

Petrucci contrattacca

Il no olimpico è alle spalle

«Ora Abete cambi il calcio»

«Credo che Monti avesse deciso da tempo di bocciare Roma 202O

Codice etico, scommesse, presidenza: basta con questa Lega di A»

di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 17-02-2012)

Presidente Petrucci, a tre giorni dal k.o. di Monti si sente come un

pugile suonato?

«No. Ma sono ancora molto, molto dispiaciuto».

Ritiene di essere stato preso in giro?

«No, ma non mi è piaciuto sapere tutto l'ultimo giorno. A Monti l'ho detto».

Monti ha deciso martedì scorso, il 12 gennaio quando vi ha ricevuto

per la prima volta, o il 16 novembre quando si è insediato?

«La data esatta non la so, ma sono convinto che è sempre stato contrario. E

che non ha certo deciso martedì».

Guardandosi indietro, pensa di avere commesso qualche errore?

«No».

Gliene suggeriamo tre noi. Primo, non avere percepito subito che Monti

non aveva niente a che fare con Berlusconi, Letta, Prodi, Veltroni,

tutti uomini dei Governi che lo hanno preceduto e che avevano un

feeling dichiarato con lo sport...

«Il fatto di amare o meno lo sport non credo conti molto. Per la prima volta

era stato fatto uno studio di fattibilità, a cura di qualcuno che è pure

collega di Monti. Lui ha fatto solo il suo calcolo economico finanziario. E

poi, quale fosse la percezione immediata, non potevano mica ritirarci. Eravamo

i favoriti».

Secondo: forse questa volta Gianni Letta non era il cavallo

giusto. . .

«Non posso pensare sussistano queste logiche. Letta è e rimane la persona a

noi più cara».

Terzo: il pressing finale, la «macchina da guerra» del consenso

cresciuta nell'ultima settimana, forse un boomerang.

«Mi rifiuto di credere che Monti possa avere deciso per il no perché

irritato. E poi irritato di cosa? Che i colossi dello sport, dell'arte e della

cultura fossero favorevoli a Roma 2020? Siamo in democrazia, per fortuna».

Non c'è Grande Evento che non cominci con un costo e non finisca con

quel costo moltiplicato per due, per tre, per dieci. Può avere pesato?

«E' possibile. E proprio per questo siamo stufi di "pagare pegno", come ho

scritto anche nella lettera aperta inviata allo Sport italiano. Il Coni con la

pista di bob di Torino 2006 costruita nel posto sbagliato e con le piscine

sorte come funghi intorno a Roma 2009 non c'entra nulla».

Teme danni collaterali, al Cio e in politica interna?

«No, nessuna ripercussione. Rogge mi ha scritto e ha telefonato a Pescante,

certo è dispiaciuto quanto noi. Quanto alla politica interna, siamo talmente

forti come Coni che nessuno può strumentalizzare questo "no". A chi intendesse

farlo risponderemmo punto per punto».

Il finanziamento del Coni è sceso per il 2012 a 408 milioni di euro. E

a fine anno sarà Monti a decidere quanto riservarvi per il 2013. Paura

di ulteriori tagli?

«Assolutamente no. Anzi penso che dopo questo diniego si possa finalmente

portare avanti il discorso a noi caro del finanziamento automatico. Sarebbe la

prova che questo Governo tiene davvero in considerazione lo sport. Per noi la

certezza delle entrate è una necessità, e a sostegno di questo stiamo

preparando un documento, una sorta di libro bianco le cui linee guida saranno

presentate a Gnudi la prossima settimana. Il ministro dello sport mi ha

chiamato mercoledì dandomi la propria disponibilità, andrò a trovarlo insieme

al segretario generale Pagnozzi. Ma ora basta con Olimpiadi e dintorni.

Giriamo pagina e guardiamo ai problemi di casa nostra».

Ovvero?

«La situazione del calcio di Serie A è diventata insopportabile. Il rispetto

dell'autonomia è una cosa, ma quando l'immagine che ne deriva crea nocumento

all'intero sport italiano, il Coni non può tollerarlo e restare con le mani in

mano. Abete governa un mondo fatto di 15mila società, di quattro Leghe, tre

delle quali si comportano rispettando le regole. Quella di A fa il contrario e

la situazione non può più andare avanti in questo modo. Glielo ho detto,

questa ingovernabilità deve finire».

Cos'è in particolare che non le va giù?

«Non è possibile che il Coni, unico Ente che può deliberare sullo sport,

faccia regole chiare, e una successiva assemblea di Lega con mezzi surrettizi

fa partecipare persone che incorrono nei divieti del codice etico recentemente

varato. Non è possibile che da mesi mi si risponde che il presidente c'è,

quando poi le società non finiscono di contarsi, da una parte e dell'altra, su

una successione che ha avuto inizio più di un anno fa. Non è possibile che a

fronte di un codice etico del Coni la Lega non abbia mai sentito la necessità,

il dovere di aprire un dibattito su un tema scottante come quello delle

scommesse, il cui esito finale non sarà certo edificante».

Lotito è solo la parte di un problema, o il problema?

«Parte. Sulla base delle nuove norme del codice etico è già sospeso dalla

carica di consigliere federale, ma in Lega fanno finta di non saperlo. Un

membro del Consiglio Nazionale del Coni (Sturani, ndr) ha votato la norma e il

giorno dopo si è autosospeso. Gli fa onore, è questione di diversa statura».

Scommesse, teme il peggio?

«Non posso anticipare inchieste e sentenze, ma so che si sta parlando di

responsabilità oggettiva, cercando di metterla in discussione: beh, si sappia

che nessuno deve anche solo pensare di poterla togliere. La responsabilità

oggettiva è il caposaldo dell'ordinamento sportivo. Su questo il mio parere

non potrà mai cambiare».

Altre doglianze?

«Non ho gradito che le Leghe si siano riunite per un accordo sulla mutualità

che riguarda anche il Coni senza degnarci della minima attenzione. Tutto sotto

l'egida della Lega di A: un ente serio non si permetterebbe mai di trattare

con tanto pressappochismo il Coni».

Ma Abete in materia non si era fatto garante dei vostri diritti?

«Mi ha scritto garantendo della bontà dell'operazione per il Coni. Che

tuttavia dell'accordo non è stato informato nè prima nè durante nè dopo».

Quanti soldi ballano?

«Si potrebbe trattare anche di qualche milione di euro».

Lei ha sempre protetto Abete. Si fida ancora di lui?

«Mi fido e sarò al suo fianco per gli interventi che mi auguro faccia al più

presto nei confronti di tutto ciò che ho denunciato».

A proposito di fiducia, che cosa pensa di tutti quei politici che

erano con lei e che un minuto dopo il «no» di Monti a Roma 2020 hanno

cambiato sponda?

«Ci sono rimasto molto male. L'ho vissuta come una mancanza di rispetto nei

confronti dello sport italiano».

Ancora convinto a fine mandato di volersi dare alla politica?

«Mai affermato di voler entrare in politica. Sono altri che lo dicono. E oggi,

mi creda, non muoio dalla voglia».

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Tanto è un gioco di LUIGI GARLANDO (GaSport 17-02-2012)

Pressing ai poteri forti

Ma sono poi così forti?

Urliamo: «Arbitro occhiali!», senza

sospetti. O mostrateci i burattinai

Oggi, se non pressi alto, non sei nessuno. Lo fanno gli splendidi cacciatori

di Guardiola. Conte lo ha insegnato bene alla sua imbattibile Juve. Il guaio è

che, per deformazione tattica, poi si rischia di pressare rabbiosamente tutto.

Anche gli arbitri. Prendete De Laurentiis, che quest'estate pressò altissimo,

addirittura il giorno dei calendari. Smoccolò contro il Palazzo e fuggì in

motorino perché il suo Napoli, mal tutelato, avrebbe affrontato il Milan dopo

la prima di Champions. L'altro giorno Mazzarri spiegava che, dopo un impegno

di coppa, preferisce una grande piuttosto che una piccola, temendo cali di

tensione. Pressate pure alto, signori, ma mettetevi d'accordo.

Pressò altissimo anche Conte, che dopo la prima di campionato (Juve-Parma 4-1),

lamentò un rigore non dato: «Non vorrei che nella testa di qualcuno ci fosse

ancora Calciopoli». Mezzo campionato dopo, ancora lamentele di rigore e

allusioni a Calciopoli. Ranieri gli risponde: «Se gli arbitri hanno paura a

dare rigori alla Juve, con noi hanno terrore». Anche qui: mettetevi d'accordo.

La metà dei Bar Sport è convinta che questo scudetto andrà «necessariamente»

alla Juve per ricompensa di quello revocato. L'altra metà sospetta che la Juve

non lo vincerà, perché vittima dell'onda lunga dello scandalo. Tutti d'accordo

su un punto, quindi: esistono poteri forti in grado di condizionare gli

eventi. Ecco, ci spiegate quali sono?

La Lega forse, che ha un presidente dimissionario da marzo? La Federcalcio

che fatica a strappare ai club gli stage per la sua Nazionale?

Il calcio in generale, paralizzato dai veti incrociati, che ha scioperato per

il contratto collettivo, di cui nessuno parla più e nessuno firma? Dopo il no

olimpico di Monti, ha senso affiancare il concetto di «potere forte» allo

sport italiano? Con tutto il rispetto per Braschi e Nicchi e per il loro

carisma, difficile sospettarli potenti manovratori occulti. Allora? In attesa

di risposte, diciamo la nostra. Alla Juve mancano dei rigori, come ad altre,

ma nessuno le impedirà di vincere, se lo avrà meritato. A cavallo dei

campionati '92-93 e '93-94, il Milan di Capello restò senza rigori per 39

partite e intascò i due scudetti. Storicamente sono le piccole a lamentare

disparità di trattamento. Gli arbitri sbagliano, come i centravanti, come gli

idraulici, come tutti. Urlare «arbitro, occhiali!» basta e avanza. Evitiamo i

sospetti a salve, che sono contagiosi. Abbassiamo il pressing.

La Juve però la pensa diversamente.

Ieri sera ha pubblicato sul suo sito una nota in cui «ribadisce e sostiene»

le posizioni di Conte, Nedved e Pirlo. Ai tre usciti in pressing a caldo, si è

aggiunta compatta tutta la dirigenza, con tacchetti ancora più affilati,

perché il riferimento esplicito della nota alla «giustizie ordinaria» e

all'auspicata «parità di trattamento, che sta perseguendo e perseguirà in ogni

sede», trapianta la contingenza del Tardini nello scenario più ampio della

battaglia legale juventina e getta un ponte scivoloso tra i presunti torti

subiti nel 2006 e gli errori di Mazzoleni. A un contesto già esasperato, che

tutti (a parole) s'impegnano a rasserenare, farebbe bene un pressing più basso e

sereno. In fondo, Mourinho, dopo ogni azione, ricompattava l'Inter in difesa e

vinse tutto.

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Le nuove carte dell’inchiesta di Cremona

Il pm non ha più dubbi

«Lecce-Lazio combinata»

Bari, puntate e rabbia ultrà

I giocatori «frenati» dalle ritorsioni dei tifosi

di CLAUDIO DEL FRATE & ARIANNA RAVELLI (CorSera 17-02-2012)

A che punto sono gli approfondimenti sulle partite di serie A? Siamo ancora

alle confidenze riportate di seconda mano? Almeno su Lecce-Lazio no.

L'inchiesta sulle scommesse continua (anche se l'avvocato di Alessandro

Zamperini, Roberto Ruggiero, si è rivolto alla Cassazione perché secondo lui

la Procura di Cremona non è competente) e dalle carte in mano agli

investigatori si scoprono nuove storie.

Lecce-Lazio: combine certa

In un passaggio dei nuovi verbali il pm Di Martino afferma che su Lecce-Lazio

(2-4) l'inchiesta ha solide certezze. Il magistrato sta interrogando Zamperini

quando mette a verbale questo preambolo: «C'è un elemento che possiamo dare

quasi per scontato, perché lo acquisiremo attraverso rogatoria

internazionale... Noi sappiamo con certezza che Lecce-Lazio è stata oggetto di

una combine; sappiamo quanti soldi sono stati dati e quante scommesse sono

state puntate». Il concetto viene ribadito dal pm nella richiesta di rogatoria

inviata a Budapest il 2 gennaio: «Sono in corso in Ungheria gli interrogatori

di Zoltan Kenesej e Gabor Horvath: quest'ultimo ha collaborato e ha reso

dichiarazioni su Lecce-Lazio (. . . ) Horvath avrebbe riferito anche il

quantitativo di denaro versato ai giocatori del Lecce». Le dichiarazioni del

«pentito» ungherese rilasciate in patria sono molto circostanziate. In

particolare «ha indicato come persone coinvolte Lazslo Shultz e Gabor

Borgulya», la cui presenza «è stata rinvenuta a Lecce, in occasione della

partita».

Al telefono con l'Ungheria

Sul filone ungherese, c'è una strana coincidenza che emerge dall'analisi delle

telefonate degli indagati italiani: tutti (o quasi) chiamano gli stessi numeri

ungheresi. Alcune di queste utenze erano in uso a soggetti coinvolti nel giro

scommesse (Shultz, Kenesej, Lazar, Strasser), le altre sono sconosciute. Le

telefonate (numerose) arrivano da Mauro Bressan, dall'esponente degli

«zingari» Almir Gegic, addirittura dal grande capo dell'organizzazione Tan

Seet Eng (a Singapore) e anche (tre a testa) da Beppe Signori e Stefano

Bettarini.

Ilievsky «alla Moggi»

Telefoni bollenti. Ad Alessandro Zamperini si contano 100 mila contatti

telefonici in meno di tre anni, di cui più di mille verso Mauri. Fin qui,

niente di grave. Più sospetto quando l'esponente degli zingari, Ilievsky, in

stile Moggi invita il giocatore a usare un telefono «segreto»: «Mi diceva che

con questo potevamo parlare (... ) Quindi mi faceva degli squilli sul mio

perché voleva che andassi sull'altro telefono. Oppure mi scriveva ‘‘come in''.

Ma il telefono che mi ha dato lui aveva programmi particolari. . . e non

funzionava mai».

Bari tra due fuochi

Le intercettazioni tra Antonio Bellavista, ex capitano del Bari, e il factotum

Angelo Iacovelli descrivono un ambiente inquinato, con i giocatori presi tra

due fuochi: da una parte le tentazioni (o i desideri) di vendere le partite,

dall'altra le contestazioni dei tifosi. Il «parigino» citato da Iacovelli è il

capo degli ultrà, Alberto Savarese. I tifosi arrabbiati sono un problema per

le combine: perdere è rischioso. Iacovelli relaziona sugli umori della piazza:

«Oggi è tranquillo, però la caccia è domani». Gli stipendi non pagati invece

sono un bell'incentivo. Infatti Bellavista si accerta: «Dicono che là non lo

stanno pagando, è vero?». Poi però si sente tranquillo: «Si è convinto anche

lui». Secondo gli investigatori questo lui è Andrea Masiello. Fatto che

sarebbe confermato da un invito a cena che Bellavista vuole estendere «ad

Andrea». Bellavista chiede conferma a Iacovelli sulle decisioni («Cosa ha

detto Andrea?»), Angelino non ha certezze («Non ho potuto parlare... Non mi ha

dato tanta soddisfazione»), però poi assicura: «È convinto». Resta da capire

chi sia il «direttore» che contatta Bellavista. Non è finita: negli

interrogatori alla Procura di Bari sia Masiello che Iacovelli hanno

riconosciuto in foto tre pregiudicati, esponenti di un giro locale di

scommettitori.

La lettera anonima

I primi giorni di gennaio al quotidiano La nuova Venezia arriva un biglietto

di auguri. Dentro, c'è un messaggio inconsueto: «Sono un ex calciatore del

Siena. Gervasoni durante la partita Siena-Piacenza ci pagò perché vendessimo

la partita (solo nel secondo tempo) 2-3».

I conti all'estero

Chi sono Ferdinando Della Peruta e Claudio Inchiumarelli? Due nomi nuovi

compaiono in una relazione che le autorità della Germania inviano agli

inquirenti cremonesi. «Gli investigatori tedeschi hanno suggerito di avviare

attività rogatoriali anche con l'Austria dal momento che in quel Paese

sarebbero attive domiciliazioni bancarie riconducibili a due soggetti campani,

Della Peruta e Inchiumarelli i quali attraverso tali canali veicolerebbero

denaro per le scommesse verso i siti asiatici». Altre fonti avevano indicato

che nella zona di Napoli c'erano soggetti che raccoglievano denaro per le

scommesse «per conto dei cinesi»; e «cinesi» è spesso sinonimo di «asiatico».

Si torna a Tan Seet Eng, a Singapore.

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Il pallone di Luciano

I bianconeri hanno ragione

i fischietti sono prevenuti

di LUCIANO MOGGI (Libero 17-02-2012)

Giusta l’overture al Milan per il modo con cui ha spazzato via l’Arsenal. Fa

bene Allegri a non gridare alla qualificazione anticipata. Giusto anche

rilevare che il Milan non è risorto d’incanto e senza un motivo, il rientro

di un giocatore importante come Boateng, e anche Robinho tornato a standard

elevati, hanno esaltato la grande serata di Ibra che, salvo casi rari, c’è

sempre ma non può vincere da solo, occorre che ci siano sponde di valore analogo.

Ma andiamo all’effetto a distanza tra il largo successo del Milan in Champions

e il nuovo pari della Juve contro una “piccola”, boccone amaro per Conte,

risultato rimasto tale solo per due rigori negati ai bianconeri che hanno

scatenato la rabbiosa reazione dell’allenatore. E restando sul confronto a

distanza , prima di altri abbiamo sottolineato la forza del Milan e la sua

primogenitura a battersi per il titolo. Il Milan c’è, si è capito contro

l’Arsenal, e sarà una lotta sino alla fine con la Juve, il pari di Parma ha

mantenuto i rossoneri in testa ma curiosamente visto dalla parte rossonera il

dato ha fatto quasi sottacere il secondo jolly in dotazione a Conte, il

recupero con il Bologna. Se Parma è un’occasione persa, non solo per i rigori

negati, resta l’altra, che non dovrà essere sprecata. Ma il peso di

quest’ultima, fissata per il 7 marzo, passerà prima per lo scontro diretto del

25 febbraio, e qui appare evidente il danno che i rinvii per la neve hanno

arrecato ai bianconeri.

La reazione di Conte agli errori marchiani di Mazzoleni è giusta. Era stato

zitto il tecnico quando era sceso in campo Marotta edulcorando la protesta

sotto il velo formale di una maggiore attenzione. Di fronte a due rigori

negati, l’allenatore bianconero è sbottato con durezza, mettendo da parte ogni

fair play, opportuno il richiamo a un dato statistico plateale, la squadra che

vive maggiormente d’attacco ha avuto un solo rigore, nessuno ne ha avuti di

meno, la classifica sulle più o meno pari rivali dice che il Milan ne ha avuti

6, e 4 Lazio, Udinese, Inter e Napoli, e se anche le piccole hanno avuto più

tiri dal dischetto (7 il Catania, 6 il Cesena)questo per Conte è una conferma

dell’assunto: rigori a tutti meno che per la Juve, un «segreto di Pulcinella»,

spiega l’allenatore, un rimando al passato, sbagliare contro la Juve non fa

danno agli arbitri, non sbagliare può comportare problemi.

E giustamente i siti juventini ricordano le preoccupazioni di Carraro, allora

presidente federale, «per carità che non si sbagli a favore della Juve». Erano

le stesse battaglie che faceva la triade che poi sono state rese evidenti

dalle intercettazioni, quando ad esempio Meani del Milan telefonava

all’arbitro, prima di Fiorentina-Milan per dire di non ammonire Nesta perché

diffidato in modo da non fargli saltare la gara con la Juve decisiva per il

campionato, o quando la Juve fu costretta a giocare nel Mare Magnum di Perugia

dove fu espulso Zambrotta per un tuffo in laguna, dall’arbitro Collina che le

intercettazioni collocarono come un frequentatore del ristorante di Meani, a

mezzanotte, con ingresso da una porta secondaria. E pensare che a quell’epoca

una punizione da 30 metri in favore della Juve è adesso un capo di imputazione

nel processo di Calciopoli...

Appare anche giusta la replica di Lo Monaco, prossimo avversario della Juve

col Catania: non vuol essere la vittima sacrificale (probabilmente lo sarà... ).

Non poteva mancare la replica del patetico Ranieri che risponde a Conte

mettendo in campo quello che è successo in Inter-Novara, non importa se i

nerazzurri hanno perduto con l’ultima e la penultima in classifica, non

importa che in quattro partite abbiano subito 10 gol. Giusto il detto

napoletano: «pure le puci hanno la tosse».

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CALCIOPOLI INFINITA

di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 17-02-2012)

Che noioso, il vecchio fantasma di Calciopoli. Non spaventa più neppure i

bambini, ormai riesce a turbare i sonni solo alla Juve e al suo agitatissimo

allenatore. D´accordo, ragazzi, il rigore su Giaccherini c´era: ma pensare che

il signor Mazzoleni non l´abbia fischiato perché condizionato da quella brutta,

antica, remota, putrida storia di corruzione, è un esercizio di fantasia

malata.

È buffo che la Juve si lamenti perché nessuno riesce ad andare oltre

Calciopoli, realtà immanente, nemesi da tragedia greca, proprio lei che

presenta ricorsi a tutti tribunali della galassia un giorno sì e l´altro pure.

Proprio lei il cui presidente dichiara ufficialmente che Luciano Moggi era il

numero uno. Moggi, quello delle schede telefoniche agli arbitri. Moggi, quello

radiato. Come Giraudo.

Il club bianconero, in un comunicato, ora chiede "parità di trattamento", non

si capisce rispetto a chi. Il trucco di Conte è preistorico: lamentarsi per

mettere le mani avanti e poi qualcosa verrà, anche questa è una tecnica alla

Moggi, e intanto sta arrivando la sfida al Milan: è proprio il caso di

attenderla prendendosi a sberle? Agitando sospetti? Alludendo a complotti?

Sarebbe più adulto andare oltre o almeno provarci, magari non proprio

mettendoci una pietra sopra ma evitando di tirarsela addosso, quella pietra.

Rivendicare non giustizia bensì un risarcimento, ecco il retropensiero

bianconero. E vi raccomandiamo il tratto dell´intervento, lo stile, pure

questo d´epoca, e qui si ripensa semmai al dottor Giraudo e ai suoi canini

scintillanti. Conte e la Juve appaiono sempre sopra le righe, hanno

perennemente la bava alla bocca, questo in campo può servire ma a partita

conclusa è un po´ esagerato. Anche perché questa ottima stagione bianconera

non ha bisogno di aiutini o aiutoni, neppure la Juve di Calciopoli ne avrebbe

avuto bisogno, le bastava Ibra anche senza i cellulari svizzeri.

È quasi da psicanalisi la lettura ossessiva di ogni mossa arbitrale, segno

che il trauma non è superato. Ma chi lo provocò? Chi giocò sporco? Di sicuro,

la mezza Italia che non tifa Juve sarà sfinita dal teatrino. Forse vorrebbe

dire al giovane, offeso presidente e al suo mordace allenatore: ehi, ma

proprio voi parlate di arbitri?

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Scommesse

L´ex genoano era coi compagni nell´hotel delle mazzette

Spunta anche Luca Toni

nei verbali della polizia

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 17-02-2012)

ROMA - Di "assoluto interesse investigativo". Così gli inquirenti definiscono

la presenza di Luca Toni, ex centravanti della Nazionale, Fiorentina, Roma,

Juve e Genoa, nell´albergo Tocq di Milano, quello in cui, secondo il

procuratore di Cremona, Roberto Di Martino, sarebbe avvenuto, lo scorso 15

maggio, il passaggio di denaro tra il gruppo degli Zingari e i giocatori del

Genoa coinvolti nella combine di Lazio-Genoa (4-2) del giorno prima. Toni («ha

occupato la stanza numero 408, con check in alle 20,28», scrivono gli agenti)

risulta anche «socio dello stabilimento balneare "I figli del sole" di Cervia,

del quale sono soci anche Cristiano Doni e Nicola Santoni (già arrestati

nell´ambito del calcioscommesse, ndr)». E sarebbe proprio questa "coincidenza"

- insieme alla contemporanea presenza di due degli zingari - ad insospettire

gli inquirenti. Che infatti attribuiscono alla presenza di Toni (così come a

quella di Milanetto e Dainelli), ben altra importanza rispetto a quella di

altri giocatori del Genoa, anche loro al Tocq quella sera. «Niente di strano -

è sempre stata la posizione del Genoa - quella sera i giocatori erano invitati

a un addio al celibato».

Ieri intanto è stato scarcerato dal Gip Guido Salvini il portiere del

Piacenza Mario Cassano difeso dall´avvocato Francesco Maresca.

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Nel fortino degli arbitri

“Non andiamo dietro agli umori dei club”

Nicchi e Braschi irritati dalle proteste bianconere

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 17-02-2012)

Il termometro dopo la sera di Parma è in tilt: Antonio Conte e la Juve vanno

all’attacco in cerca di una qualche difesa, ma il fortino dell’Aia -

l’associazione dei nostri fischietti - si mostra insensibile a ogni spiffero.

«Non abbiamo una virgola da dire: noi non andiamo, e non andremo mai, dietro

agli umori di questo o quel club...», così Marcello Nicchi, gran capo degli

arbitri.

Nessun tackle o assist. Il mondo dei direttori di gara si chiude in se stesso

e guarda già alla prossima tappa di campionato in agenda fin da questa sera a

Milano e Firenze. Nicchi e il designatore per la serie A Stefano Braschi fanno

fatica a nascondere il fastidio, o meglio l’irritazione, per le uscite del

tecnico bianconero. Per la coppia al timone del mondo dei fischietti non c’è

alcun disegno dietro alle scelte dei loro ragazzi in campo e, così, è stato

anche per l’incrocio del Tardini. Di conseguenza, nessun caso Juve (Mazzoleni,

protagonista a Parma, potrebbe, però, esser fermato per una o due giornate).

«Non abbiamo niente da dire. Quello che accade è sotto gli occhi di tutti e,

ognuno, può giudicare liberamente secondo le proprie convinzioni. . . »,

sottolinea Nicchi. Appunto: giudicare e pesare quelli che appaiono anche come

errori arbitrali, a volte anche solari - e non si pensi soltanto alla sfida di

Parma che, poi, difficilmente trovano spiegazione nelle riflessioni di chi

designa e manda i direttori di gara sui campi d’Italia.

Il fortino dell’Aia resta chiuso. Conte gioca in contropiede e, adesso, le

sue parole («Hanno paura a fischiarci i rigori.. . ») sono finite dentro una

cartellina nell’ufficio del procuratore federale Stefano Palazzi. Difficile

appare, però, l’apertura di un’inchiesta che dovrebbe mettere nel mirino

dichiarazioni comunque fin troppo generiche anche alla luce delle ultime

decisioni in tema degli investigatori della Figc. Un esempio? Dopo

Inter-Napoli, il patron nerazzurro Massimo Moratti chiese davanti alle

televisioni la ricusazione dell’arbitro Rocchi per la serata storta del

fischietto di Firenze a San Siro. Verdetto? Moratti non è ancora andato a

processo (sportivo) dopo quasi cinque mesi dai fatti. Per un caso analogo,

Rosella Sensi fu condannata a pagare una sanzione economica a un mese dalla

sue accuse: l’ex presidentessa giallorossa chiese la ricusazione del signor

Russo dopo un Brescia-Roma.

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Signora del Dischetto

Conte, la Juventus, la sindrome

del rigore e le ragioni per cui oggi

il “gol de Turone” sarebbe regolare

di RIO PALADORO (Il Foglio 17-02-2012)

In altri tempi di rigori la Juve ne avrebbe avuti quattro, due in più di

quelli che Braschi avrebbe dovuto fischiarle l’altra sera al Tardini.

Funzionava così: se il rigore non c’era, l’arbitro glielo dava lo stesso. Se

di rigore ce n’era uno, gliene fischiava un secondo, che non si sa mai. In

altri tempi, ma non oggi. E ha voglia Antonio Conte a lamentarsi, a dire:

“Hanno paura di fischiarci un rigore a favore”. Spiace dovertelo dire,

Antonio: non si tratta di paura, ma di perdita di peso. La tua Juve non ne ha

più. E’ triste, ma così stanno le cose, fattene una ragione: il Parma ha più

peso della Juve. Tommaso Ghirardi conta più di Andrea Agnelli, gli “sgionfini”

– i cuscinetti industriali, gli Oriali della meccanica – della Leonessa, la

società della presidenza parmense, contano più, molto di più della Fiat e

delle sue Cinquecento. A parte il fatto che è logico che sia così – senza

cuscinetti nessuna macchina sta in piedi, la loro presenza non si nota ma

appena vengono a mancare l’intero apparato va in tilt. Insomma, i cuscinetti

stanno alla macchina come un mediano agli undici titolari – c’è da dire che è

assurdo che nessuno se ne sia accorto fino a oggi. Prima, ai tempi

dell’Avvocato e anche per un po’ dopo, ogni cosa era sbilanciata. L’Italia

pensava che l’apparenza contasse più della sostanza: e giù rigori ogni volta

che un Ravanelli qualsiasi entrava in area. Pensava che Villar Perosa fosse

meglio della campagna emiliana, la Mole Antonelliana più nobile del battistero

di Benedetto Antelami. Ma dove? Se esiste una giustizia nel mondo del calcio

oggi, molto più di quando hanno accomodato la Juve in B, giustizia è fatta. E

viene da pensare a Maurizio Turone, allo scudetto ’80-’81 che lui e la Roma

avrebbero meritato sul campo e che invece l’arbitro Paolo Bergamo volle negare

loro per un fuorigioco che non c’era. Erano ancora i tempi della tracotanza

bianconera e della conseguente sudditanza psicologica degli arbitri e non

solo. E poi a Gigi Simoni, quando entrò in campo al Delle Alpi dopo

l’incredibile uno-due dell’arbitro Ceccarini che non vide un fallo di Iuliano

su Ronaldo e che, sul capovolgimento di fronte, assegnò un rigore alla Juve

per fallo di West su Pippo Inzaghi. E Moratti che non capiva. C’era poco da

capire e molto da piangere. Pianse anche una vecchia signora svedese, da tempo

in Italia, che aveva iniziato a delizie e dolori del tifo calcistico la nipote

e i suoi amici. Il suo dolore fu talmente grande, che da esso nacquero dei

racconti, opera d’arte unica che la signora decise di non dare alle stampe.

Fino al 2009, l’anno in cui i racconti vengono ritrovati dalla nipote,

Kristina Map, in un baule. Kristina li traduce dallo svedese, racconti che

narrano dell’epica lotta dei giganti interisti contro le forze oscure e

indecifrabili del male. E li intitolò in modo bizzarro: “Grissina. Nonna non

mi avevi detto che eri un giocatore di hockey”. Similare, nella trasposizione

su carta del suo dolore, fu anche Luigi Garlando, giornalista della Ġazzetta

dello Sport, che solo per aver titolato un suo libro “Da grande farò il

calciatore” merita rispetto. Inarrivabile il suo “Nostra Signora del

Dischetto. Peccati d’area e miracoli arbitrali: storia dei rigori dati (e

regalati) alla Juve nei campionati a girone unico”, dove “la cronaca

documentata del primo furto bianconero” recita così: “La palla rimbalzava

sulla gamba di un triestino, ma l’arbitro, forse con l’idea di somministrare

un calmante ai protestanti, accordava un rigore a favore della Juve. Il

pubblico pretendeva che la punizione fosse calciata fuori, ma Orsi, per

evitare qualche eventuale guaio, si affrettava a segnare”.

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Sport & business. Studio Deloitte: nel 2011 per Real e Barcellona ricavi a 930 milioni, più del doppio di Inter e Milan

Nel calcio soffriamo lo «spread» spagnolo

Evoluzione%20dei%20fatturati.jpg

di MARCO BELLINAZZO (Il Sole 24 ORE 17-02-2012)

Il decennio smarrito del calcio italiano. Potrebbe intitolarsi così l'analisi

sulle classifiche europee dei ricavi negli ultimi 10 anni. Al di là delle

intuizioni del management di alcune società (come la Juventus che ha costruito

uno stadio di proprietà e il Milan che ha potenziato le politiche di marketing),

la serie A si è avvitata nelle sue beghe interne e si ha la sensazione che

abbia definitivamente perso il passo di Premier, Bundesliga e Liga spagnola.

Seduta sulla montagna dei diritti tv "casalinghi" (circa un miliardo all'anno),

la Lega ha trascorso gli ultimi 24 mesi a litigare su questioni come i

bacini d'utenza, il contratto collettivo dei calciatori e la successione di

Maurizio Beretta alla presidenza (se ne ridiscuterà nell'assemblea del 2

marzo). Abbandonando, nel frattempo, la legge sugli stadi in Parlamento (forse

verrà approvata entro giugno, come auspicato qualche giorno fa dal neo

ministro dello Sport, Piero Gnudi).

Il vero problema è che con il fair play finanziario le spese saranno sempre

più ancorate alle entrate. Non saranno più ammessi interventi di mecenati,

sceicchi e oligarchi. Per cui gli attuali rapporti di forza rischiano di

cristallizzarsi.

Ma com'è cambiato, appunto, lo scenario nel calcio del Vecchio Continente? Nel

2000 il primato del fatturato spettava al Manchester United con 185 milioni,

seguivano Real Madrid (164), Bayern Monaco (145) e Milan (142). Cinque anni

dopo passa in testa il Real con 258 milioni, il Manchester United scende al

secondo posto con 246 e il Milan è terzo con 234. La cavalcata dei big

stranieri è stata inarrestabile, soprattutto, nell'ultimo triennio. Il Real ha

macinato introiti arrivando nel 2011 a 479 milioni. Il Barcellona è salito a

quota 451. I Red Devils si sono issati a 367 e il Bayern a 312. Arsenal e

Chelsea hanno raggiunto i 250 milioni, mentre Liverpool e Schalke 04 hanno

doppiato la boa dei 200. Milan e Inter sono oggi al settimo e all'ottavo posto

con 235 e 211 milioni. Un fatturato che, salvi gli alti e i bassi stagionali,

realizzavano già cinque, sei anni fa.

Com'è cresciuto questo "spread"? Hanno inciso una serie di scelte gestionali,

di governance errate e di occasioni storiche – come l'organizzazione degli

Europei – sprecate. Prendiamo il Milan, la squadra numero uno in Italia per

ricavi, seconda solo al Barcellona per rendimento in campo. Tra il 2011 e il

2010 c'è stato un decremento del fatturato del 3, 7% dovuta alla contrazione

dei ricavi tv (33 milioni) a causa dell'entrata in vigore della legge Melandri

il 1° luglio 2010 che li ha resi di nuovo collettivi. Riduzione che ha

annullato le buone performance dell'area commerciale e della biglietteria

passate la prima da 63 a 92 milioni, e la seconda da 31 a 35 milioni.

Real Madrid e Barcellona che hanno spiccato il volo, oltre a poter contare

sul bonus dell'azionariato diffuso, possono beneficiare invece di introiti

record da diritti tv che in Spagna sono ancora venduti individualmente. E, in

effetti, il resto della Liga non se la passa così bene. I rossoneri con 235

milioni di ricavi, poi, come evidenziato nell'ultimo Deloitte Football Money

League, sono di poco alle spalle di Arsenal (251) e Chelsea (249), pur avendo

uno stadio di proprietà. I team d'Oltremanica, d'altro canto, hanno saputo

vendere all'estero il loro prodotto e pur ottenendo dalle tv quanto gli

italiani – circa un miliardo – ne ricavano circa un terzo all'estero. Questo

significa meno match trasmessi in patria e stadi pieni.

La colpa della dirigenza dei club italiani, perciò, è stata quella di non

avere avuto una visione d'insieme sulla trasformazione dei modelli di business

del calcio. Come ce l'ha avuta, per esempio, la Bundesliga che con trend di

crescita del 25% nell'ultimo quinquennio e rispettando un rapporto

ricavi/ingaggi al 51% è salita al secondo posto tra le leghe Ue con 1,9

miliardi di fatturato, superando Liga (1,5 miliardi) e serie A (1,5) e

mettendo nel mirino la Premier (leader con un giro di affari di 2,5 miliardi).

L'unica consolazione è la "maledizione" da oscar del fatturato. Nel primo

lustro del 2000 quando dominava la graduatoria dei ricavi il Manchester United

non ha mai raggiunto una finale di Champions. E lo stesso è accaduto negli

ultimi sette anni, al Real Madrid. È anche vero, però, che solo una volta nel

2004 la coppa dalle Grandi Orecchie è stata vinta da una squadra esclusa dal

circolo dei ricchi: il Porto di un certo José Mourinho.

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IL COMMENTO

Juve-Milan, la battaglia è fuori dal campo

di ROBERTO RENGA (Il Messaggero 17-02-2012)

ROMA – Prima alza la voce Marotta, direttore generale abituato alle pause

riflessive, poi concede il bis Antonio Conte, l’allenatore: chiaro, alla Juve

sta succedendo qualcosa di grosso. Già, ma che cosa ha in testa la Juventus?

Come mai si lamenta, come se non si fosse mai scottata in passato con gli

arbitri? Danno forse i numeri Marotta e Conte? No, è evidente. Tutta la Juve,

non solo dirigente e tecnico, ritiene di trovarsi prigioniera, mani legate e

palla di piombo al piede. Ci pensa e ripensa e quindi esplode, non potendo

fare altro.

I giorni dell’ira, visti dalla Torino in bianconero:

1) la Juve era lanciatissima, leggera e bella, quando arriva la neve a

rovinarle la vita. Saltano due partite che, in quel momento, avrebbe potuto

facilmente vincere. Le altre, soprattutto il Milan, giocano. La Juventus

voleva che si sospendesse il campionato: bocce ferme per tutti, ma la Lega ha

scelto un’altra strada. E chi c’è in Lega? Uomini del Milan, malignano a

Torino.

2) Nel frattempo il Milan vince, nel modo che si sa (da squadra di

personalità) a Udine, complicando le cose bianconere.

3) la Juve scopre che contro il Catania giocherà sabato, mentre il Milan si

esibirà il giorno dopo, ampliando il proprio recupero. Monta la rabbia: chi fa

i calendari in Lega, si chiedono i bianconeri? E da che parte sta Beretta, il

presidente intermittente?

4) In sostanza: la Juve si sente debole, fragile e presa in giro da chi,

evidentemente, sa gestire bene il potere.

5) La Juventus sa bene di avere solo due giocatori abituati a vincere: Buffon

e Pirlo. Tutti gli altri non sanno da dove si comincia. La società teme che

possano subire la pressione, con la quale i milanisti rendono addirittura di

più.

6) A questo punto salgono sul palcoscenico gli arbitri che negano rigori

evidenti in due partite consecutive. Quattro punti in meno, dicono alla Juve.

Si dimentica di qualche favore ottenuto in un passato recente? Se ne dimentica,

così va la vita. Si dimentica di ciò che è successo negli anni (tanti anni)

passati? Sì, ma questo è un suo diritto, almeno per quanto riguarda Calciopoli,

che poi, lette le motivazioni della Casoria, qualche dubbio l’ha lasciato: ha

pagato, non può continuare a farlo per tutta la vita. Che è poi il senso della

furiosa orazione contiana.

Ci sono conclusioni da tirare. La Juve teme, per un motivo (arbitri) o

l’altro (Lega) di perdere la stagione. Che succederà, allora? Brutti presagi.

Ricordiamo che una volta Juventus e Milan filavano d’amore e d’accordo e che

la prima lite avvenne al ritorno bianconero da una partita all’estero, quando

quella Juve, che non è questa Juve, scoprì di dover giocare il sabato, mentre

il Milan avrebbe fatto la sua partita la domenica. Pari pari a oggi, se ci

fate caso.

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