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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Decisione COMCO sul caso Sion

La Commissione Competizioni Svizzere ha informato la UEFA che non

intraprenderà azioni sul ricorso presentato dall'FC Sion secondo

cui la UEFA era colpevole di abuso di posizione dominante.

di UEFA News Martedì, 7 febbraio 2012, 17.21CET

La Commissione Competizioni Svizzere (COMCO) di Berna ha informato la UEFA che,

sulla base delle informazioni ricevute, si considera nella posizione di

decidere sul ricorso presentato dal club svizzero FC Sion il 27 ottobre del

2011, secondo cui la UEFA era colpevole di abuso di posizione dominante.

Il segretariato della Commissione Competizioni ha deciso di non intraprendere

azioni sul ricorso del Sion riaffermando quindi che la UEFA non ha violato il

regolamento della competizioni e che le decisioni dei suoi organi disciplinari

non rappresentano un abuso di posizione dominante e nemmeno un ostacolo alla

libera concorrenza.

Il 2 settembre 2011, la Commissione Disciplinare e di Controllo UEFA aveva

assegnato due sconfitte a tavolino al Sion per aver schierato giocatori non

utilizzabili in UEFA Europa League contro il Celtic FC il 18 e 25 agosto 2011.

La decisione è stata poi confermato dall’Organo di Appello UEFA il 13

settembre 2011.

Il Tribunale di Arbitrato Sportivo (TAS) ha poi mantenuto la decisione UEFA

il 15 dicembre 2011, concludendo, tra le altre cose, che la UEFA non era

colpevole di abuso di posizione dominante come spiegato dalla legge svizzera

sui cartelli.

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Soprattutto lui,

ma non solo lui

di ROBERTO BECCANTINI dal blog "Beck is Back" 07-02-2012

Le motivazioni della sentenza napoletana ci informano che il papa non fu

ucciso, anche se qualcuno ci provò. Fuor di metafora, il campionato 2004-2005

fu regolare, anche se qualcuno – Luciano Moggi, soprattutto – cercò di

alterarlo. Reato di pericolo, si dice in gergo, delitto a consumazione

anticipata. Dalle 561 pagine che sto leggendo (impresa non facile, visto il

pessimo italiano dello slang giudiziario), emergono tanti dubbi, uno su tutti:

perché associazione a delinquere e non guerra per bande, dal momento che le

indagini furono da un lato fin troppo coinvolgenti e dall’altro fin troppo

trascuranti?

Le sim straniere a designatori e arbitri sono la linea di confine. Supportano

le sentenze sportive, al di là dell’illecito ordito ma non realizzato: basta

il tentativo, nel calcio (e non solo). Penalmente, viceversa, ci sono concreti

margini per limare le condanne: i cinque anni e quattro mesi di Moggi,

spiegati così, mi sembrano un’enormità. Se il principale imputato non ne esce

bene, non ne esce bene neppure la Procura, visti i «cazziatoni» che affiorano.

Insomma: qualora le intercettazioni fossero state meno orientate, nella rete

dei processi, sportivi e non, sarebbero finiti altri pesci, e che pesci, da

Carraro all’Inter, tanto per citarne un paio.

Al di là delle spiegazioni fornite, continuo a non capire come le

responsabilità di Moggi, il cui potere è stato definito «esorbitante», possano

risultare disgiunte da quelle della Juventus. A livello civile, ci arrivo (a

fatica), anche se proprio questa cesura contribuisce a gonfiare i «muscoli»

dell’ex dg fino ai confini dell’associazione, in onore della quale è stata

riesumata perfino la Gea. Ma sul piano sportivo? In questo caso, lo

sbarramento dovrebbe essere garantito dalla responsabilità oggettiva, sotto

assedio da tutte le parti, Scommessopoli inclusa.

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 07-02-2012)

"Biglietti sempre più facili"

Qualcosa si muove. Finalmente

Addio alla tessera del tifoso, osteggiata da molti tifosi e subita da

altrettanti. Dovrebbe cambiare anche nome ma, quel che conta di più,

soprattutto, gli obiettivi. Non sarà più una tessera di polizia, o una

tessera-business, come è stata vissuta sinora, e sarà slegata dagli

abbonamenti (vedi Spy Calcio del 23 gennaio). L'Osservatorio del Viminale,

con il nuovo responsabile Roberto Sgalla e il suo vice, Roberto Massucci, sta

lavorando al nuovo corso. Come abbiamo avuto modo di sottolineare, questo è il

momento giusto per tentare una svolta: non c'è più il ministro Roberto Maroni

ma c'è un governo tecnico, e a capo del Ministero degli Interni c'è Anna Maria

Cancellieri. "E' giusto che la tessera del tifoso sia sempre più una card. Il

problema è di contenuto, deve avere sempre più servizi per il tifoso. Alle

società, in questo scorcio di campionato, in attesa del nuovo protocollo,

abbiamo dato la possibilità di un carnet che abbia le stesse caratteristiche

della tessera, ma che aiuti a portare gente allo stadio. Ci stiamo poi

accingendo a fare un percorso di semplificazione".

Questo ha detto Roberto Sgalla a 'La Politica nel Pallone su Gr Parlamento'.

Sgalla è entrato anche nel dettaglio: "Vogliamo semplificare l'acquisto dei

biglietti e la consegna delle tessere del tifoso, non è possibile far passare

mesi per averla, perché i processi di semplificazione possono aiutare a

fidelizzare il tifoso. Noi in tasca abbiamo decine di tessere che ci danno

benefici, scontistica, ci fidelizzano e tessere di questo tipo possono servire,

ma non possono essere messi in discussione i principi che hanno determinato

ottimi risultati in termini di sicurezza. Sono pochi oggi i fenomeni negli

stadi che vanno contrastati. L'impalcatura della tessera del tifoso e dei

biglietti nominativi è felice, ma il mondo del calcio si deve evolvere per far

percepire al tifoso che è una evoluzione a suo favore. Siamo tutti impegnati

per politiche inclusive a condizione che tutti si assumano le proprie

responsabilità. La tessera non è una schedatura o qualcosa al servizio della

polizia".

Rispetto al passato, alla chiusura di Maroni, è un passo avanti, piccolo e o

grande lo scopriremo verso fine stagione: ora tocca anche ai club farsi

protagonisti, e venire (finalmente) incontro ai loro tifosi, senza

penalizzarli come successo in non pochi casi. Ci sono ancora molti problemi

che vanno risolti (ma almeno adesso c'è la volontà di tentare di farlo).

Intanto va cancellato l'articolo 9 (e su questo l'Osservatorio è d'accordo):

assurdo che chi ha scontato la pena, magari per aver acceso cinque anni fa un

fumogeno, non possa fare l'abbonamento o andare in trasferta. Basta un

provvedimento parlamentare per modificare questo articolo: perché i partiti

non si danno da fare? Poi, bisogna agevolare l'acquisto dei biglietti (sono

successi anche ultimamente casi paradossali) e bisogna venire incontro a chi

va in trasferta (ridicolo quello che è successo ad esempio con

Viareggio-Taranto).

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Da Ibra a Montero

di GIGI GARANZINI dal blog "Slow foot" (Il Sole 24 Ore.com 06-02-2012)

Bastian cuntrari, e fin lì ci siamo, ma anche mai cuntent. Nella lingua della

mia terra, sorry, ma ho letto e sentito troppe pugnette al pomeriggio

calcistico finalmente completo, o quasi, e al Novantesimo minuto di una volta.

Ma qualcuno davvero ricorda il 90° minuto di una volta? E ne ha nostalgia?

Ieri ho sentito Massimo Mauro dire che il casino di San Siro era un momento

davvero poco edificabile. Tra altri vent'anni avremo nostalgia di Mauro? Io

sono contro la spalmatura a oltranza, non contro l'anticipo del sabato e il

posticipo domenicale, che fanno parte ormai della consuetudine. Se c'è

l'emergenza gelo amen, si gioca tutti insieme. Ma aver perso la diretta

integrale di Roma-Inter il sabato e di Milan-Napoli la domenica resta secondo

me un peccato.

Lascio agli habitués i commenti sulle prodezze del Bullone, mezzo bullo e

mezzo campione. Oppure, meglio, campione intero ma anche interamente bullo,

tanto che Bullone si potrebbe pronunciare anche all'inglese, come numero uno

dei bulli stante la recidività. Così come lascio volentieri ai

competenti-illuminati il dibattito sulle motivazioni napoletane, o sulle

prodezze dialettico-gestionali del povero Marotta, alle prese con un

presidente il cui idolo assoluto (ipse dixit) è Montero. Ripeto, Montero. Suo

zio, di Andrea Agnelli, non di Montero, aveva per idolo Sivori, anzi per vizio

come amava ripetere. Non era uno stinco di santo nemmeno il grande Omar, che

in carriera fu espulso non tante volte meno di Montero. Ma con il massimo

rispetto per i gusti che son gusti, e non necessariamente alla mènta (anche

qui alla piemontese, con la è molto larga e un po' strascicata), tra Sivori e

Montero può esserci corsa? Giorgio Bocca e Minzolini? Pavarotti e Ramazzotti?

Uto Ughi e il violinista del mio paese? Tutti cuori bianconeri. Poi vedete e

scegliete un po' voi.

Prima o poi C.Rocca ci farà il favore di tirare una pigna (pigna vera, eh!)

contro l'ill.mo Gigi Garanzini.

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LA STORIA

L'ANTICIPAZIONE

'Fuori Gioco', il calcio

diventa strumento di potere

Pubblichiamo uno stralcio del libro di Gianfrancesco Turano, nel quale

viene analizzato il rapporto tra i presidenti dei maggiori club e il

potere. Da Della Valle a Berlusconi, da Preziosi a Moratti, non manca il

numero uno del Napoli Aurelio De Laurentiis, del quale viene ripercorso

il lungo approccio per arrivare a capo della società partenopea

di GIANFRANCESCO TURANO (Repubblica.it 07-02-2012)

Aurelio De Laurentiis è l'erede di un piccolo impero al crepuscolo. Da quando

ha incominciato a lavorare come produttore, nella seconda metà degli anni

Settanta, l'industria cinematografica italiana ha continuato a declinare. Oggi

il cinema pesa soltanto per il 26 per cento sui ricavi del gruppo De

Laurentiis. Un altro 3 per cento è frutto di attività imprenditoriali

secondarie. Il flusso principale (71 per cento) arriva dalla Società sportiva

calcio Napoli, costituita nell'agosto del 2004 dopo il fallimento dei

precedenti azionisti e la retrocessione in serie C1. In questa rapida

inversione di ruoli fra l'attività imprenditoriale di partenza e il calcio, De

Laurentiis ha seguito il percorso di alcuni colleghi che, forse non a caso,

sono fra i suoi partner di calciomercato più frequenti: Maurizio Zamparini del

Palermo e Gianpaolo Pozzo dell'Udinese. In tre anni, quanti ne sono passati

dal 2004-2005 al ritorno della squadra in serie A, il presidente del Napoli ha

spostato il baricentro dei suoi affari verso il pallone, convinto che i

sostenitori degli azzurri, stimati il quarto gruppo di tifo italiano dopo la

trimurti Juventus-Inter-Milan, possano dargli soddisfazioni economiche più

grandi degli spettatori del cinema. I dati gli danno ragione. Il primo

triennio di gestione del Napoli dal 2004 al 2007 è costato poco meno di 17

milioni di euro. Nel giugno del 2010, l'ultimo bilancio disponibile, la

società ha chiuso il quarto esercizio consecutivo in utile. Dal 2008 al 2010

il club ha guadagnato in totale circa 24 milioni di euro netti. Nello stesso

periodo, la controllante Filmauro ha realizzato profitti netti complessivi -

Napoli incluso - pari a 25,6 milioni.

Non ci vuole un genio dell'economia per capire che De Laurentiis fa i soldi

con Lavezzi e Cavani e va sì e no in pari con De Sica e Ghini. Nel futuro

immediato l'orientamento, con il Napoli in rialzo e il cinema in ribasso,

dovrebbe confermarsi. Le avventure di Christian De Sica mostrano la corda,

tanto che si parla di ricostituire il tandem degli anni migliori con Massimo

Boldi. Nel frattempo il Napoli è arrivato terzo in campionato e ha conquistato

una qualificazione diretta in Champions League che da sola vale una decina di

milioni di euro, senza contare le vittorie ottenute nell'edizione 2011-2012. A

differenza dell'amico Diego Della Valle, che stenta a ingranare con la

Fiorentina e preferisce proiettarsi sullo scenario politico post-Berlusconi,

De Laurentiis mostra un attaccamento crescente verso il club. Anche se i conti

stanno funzionando, il fattore emotivo ha un ruolo dominante. Per il romano De

Laurentiis, come già per il romano Vittorio Cecchi Gori con la Fiorentina, la

squadra è l'occasione di un ritorno alle origini e alle radici della famiglia,

partita da Torre Annunziata alla conquista del cinema. Sia nella Filmauro sia

nel Napoli, le cariche aziendali riflettono la fedeltà di De Laurentiis alla

struttura familistica di stampo meridionale. Nel consiglio di amministrazione

del club i due vicepresidenti sono Jacqueline Baudit, la moglie svizzera di

Aurelio, e il terzogenito Edoardo, nato nel 1985. Valentina, la figlia nata

nel 1981, fa parte del consiglio di amministrazione. Il primogenito di Aurelio,

nato nel 1979, si chiama Luigi come il nonno ed è consigliere della Filmauro

insieme ai genitori. Vicepresidente è il fratello Edoardo, mentre la

presidenza della holding è riservata a Maria Rendina, la madre di Aurelio,

nata a Roma il 13 novembre 1916. Rispetto alle accomandite maschiliste dei

presidenti del Nord, casa De Laurentiis è il paradiso delle pari opportunità.

A metà degli anni Novanta lo statalismo va in crisi. La grande stagione delle

privatizzazioni investe anche il cinema. Gli studios di Cinecittà, a capitale

pubblico, entrano in un elenco di dismissioni che include banche e industrie.

Fra le banche c'è la Bnl, che è il maggiore partner creditizio dell'industria

cinematografica italiana fin dal dopoguerra. La Banca nazionale del lavoro

condivide con Cinecittà anche il manager, Luigi Abete. Tocca a lui occuparsi

di cedere ai privati la gestione degli studios di via Tuscolana che non

lavorano più al ritmo di una volta, colpiti dalla crisi del cinema nazionale e

dalla concorrenza di altri centri di produzione aperti nell'Europa orientale.

All'inizio del 1998 la privatizzazione si conclude con l'insediamento del

nuovo consiglio di amministrazione. I nuovi soci privati sono Aurelio De

Laurentiis e Vittorio Cecchi Gori, che entrano con una partecipazione

inferiore a quella prevista dall'aumento di capitale iniziale. Sempre i soliti

invidiosi fanno notare che i due privati sottoscrivono in partenza azioni per

una somma inferiore alla loro esposizione debitoria verso Cinecittà: i privati

versano 7,5 miliardi di lire in tutto contro i 23,5 miliardi di lire pubbliche

sborsati dall'Ente cinema.

Nel 2009 la situazione è la seguente: dopo una serie di avvicendamenti

rispetto allo schema di cessione del 1998, la gestione di Cinecittà è in mano

a Cinecittà Studios, controllata all'80 per cento dai privati dell'Ieg

(Italian Entertainment Group) e per il 20 per cento da Cinecittà Luce, la

società pubblica proprietaria dei teatri e del terreno. I soci dell'Ieg sono

il padrone della Fiorentina Diego Della Valle, Aurelio De Laurentiis, la

finanziaria lussemburghese Orium della famiglia Haggiag (i proprietari dei

cinestudi Dear), il costruttore romano Fabrizio Navarra e lo stesso Abete, che

nella vicenda Cinecittà ha vestito tutte le casacche: è stato banchiere

creditore con Bnl, privatizzatore come manager pubblico e utilizzatore finale

privato. Il costo dell'operazione di privatizzazione, già molto contenuto, è

abbondantemente compensato dalla possibilità di sfruttare un marchio che lo

Stato ha, di fatto, regalato.

Il Napoli di Ferlaino e Maradona. Dopo aver visto come vanno gli affari di

Aurelio De Laurentiis nel campo del cinema, passiamo al settore più redditizio,

quello del calcio. Il produttore di origine campana compra il Napoli

nell'estate del 2004 per 32 milioni di euro, battendo la concorrenza di Gaucci

e Zamparini. La conquista della squadra va a segno dopo due tentativi andati a

vuoto, uno nel 1997 e uno nel 2000. Il terzo riesce perché il club è appena

fallito dopo venticinque anni di vita spericolata. Il crac finale è da

attribuire a Salvatore Naldi e al suo predecessore Giorgio Corbelli. Ma la

crisi della squadra risale a molto tempo prima, durante la gestione di Corrado

Ferlaino, costruttore che deve la sua fortuna imprenditoriale alla capacità di

destreggiarsi fra i clan democristiani imperanti sul Golfo nella Prima

Repubblica, cioè soprattutto i seguaci di Antonio Gava e gli andreottiani.

Ferlaino è stato uno dei proprietari di club italiani di serie A più longevi.

Il suo regno incomincia nel 1969, quando l'ingegnere napoletano subentra al

comandante Achille Lauro, ed è durato fino al 2002. Fin dall'inizio della sua

presidenza Ferlaino punta sugli ingaggi clamorosi. È suo il record di mercato

degli anni Settanta, quando compra il centravanti Beppe Savoldi dal Bologna. I

due miliardi di lire spesi nel 1975, attualizzati ai prezzi odierni, sono pari

a 10 milioni di euro, che possono sembrare una miseria rispetto ai valori

odierni del calciomercato.

Ma al tempo il transfer di Savoldi scatena discussioni epocali sulla

decadenza della società italiana appena uscita dalla crisi petrolifera e

dall'austerity del 1973-1974. I tifosi già pregustano il primo scudetto. Ma i

miracoli richiedono tempo, come sanno i devoti di san Gennaro. Nonostante le

spese, il Napoli vive stagioni mediocri, a eccezione di un secondo posto nel

torneo 1974-1975 e della vittoria in Coppa Italia l'anno dopo, con Savoldi al

centro dell'attacco azzurro. Alla riapertura delle frontiere ai calciatori

stranieri nella stagione 1980-1981, Ferlaino torna a far sognare i napoletani

con l'ingaggio del difensore Ruud Krol, capitano della nazionale olandese e

vicecampione del Mondo nel 1974 e nel 1978. Ma neppure con Krol succede niente.

Quattro anni dopo Ferlaino tenta un altro rilancio: il 5 luglio 1984 arriva

allo stadio San Paolo il Messia in carne e ossa, Diego Armando Maradona, che

si infila la maglietta con il numero dieci. Con lui in squadra, il Napoli

vincerà due campionati nel 1987 e nel 1990. Le modalità dell'arrivo di

Maradona la dicono lunga sul comitato di potenti che gravita attorno al

Napoli. L'acquisto del calciatore dal Barcellona viene garantito attraverso un

accordo fra l'allora sindaco dc, Enzo Scotti, e il vertice del Banco di Napoli

retto dal potente banchiere di nomina democristiana Ferdinando Ventriglia -

detto "'o Professore" per avere insegnato qualche mese all'università dopo la

laurea - che è al suo secondo mandato nella maggiore banca del Mezzogiorno.

Dopo la prima reggenza tenta di fare carriera a livello nazionale ma resta

coinvolto nel crac della Banca Privata di Michele Sindona. Al processo,

Ventriglia ottiene l'assoluzione ma perde la corsa alla poltrona di

governatore della Banca d'Italia per l'opposizione del suo ex protettore Guido

Carli, nemico acerrimo di Sindona e del leader repubblicano Ugo La Malfa. Del

Professore si favoleggia che abbia un potere di ricatto enorme grazie al

possesso della famigerata "lista dei 500", l'elenco dei grandi evasori

italiani con i conti nella banca svizzera di Sindona. Dopo un'esperienza al

Banco di Roma e alla direzione generale del Tesoro con il ministro Emilio

Colombo a metà degli anni Settanta, Ventriglia torna al Banco di Napoli nel

1983 come direttore generale. Il Banco, già disastrato, è a capitale pubblico.

È quindi con un finanziamento della collettività che arriva Maradona. Viene da

dire che, fra tanti sprechi, non è stato il peggiore.

Il consiglio di amministrazione del Napoli di Ferlaino recluta i parlamentari

democristiani Alfredo Vito, re delle preferenze in Campania, Clemente Mastella

e Guido D'Angelo. La lottizzazione correntizia è perfetta, con Vito a nome di

Antonio Gava, Mastella in quota a Ciriaco De Mita e D'Angelo in conto al

fedelissimo andreottiano Paolo Cirino Pomicino, "'o Ministro". Un altro grande

tifoso azzurro è Biagio Agnes, direttore generale demitiano della Rai. Ma il

Napoli non è solo un affare della Dc. La squadra aggrega l'intero spettro del

potere partenopeo pre-Tangentopoli, con il socialista Giulio Di Donato e il

liberale Francesco De Lorenzo, altri due cardini dei governi nazionali di

pentapartito. I re di Napoli, cioè Scotti, Cirino Pomicino, Vito, De Lorenzo e

Di Donato, finiscono tutti sotto inchiesta, insieme ad altri politici minori,

per concussione, corruzione, ricettazione e abuso di ufficio lo stesso giorno,

il 26 marzo 1993. Nella lista degli appalti bersagliati dalle mazzette ci sono

i 500 miliardi di lire previsti per i Mondiali di Italia '90. Ferlaino finisce

agli arresti domiciliari nel maggio del 1993. I giudici lo accusano di avere

dato 400 milioni di lire a Vito per ottenere l'appalto sulla ricostruzione dei

Regi Lagni, i canali borbonici che vanno da Avellino a Villa Literno nel

Casertano. Nel 1999 il Napoli di Ferlaino è a fine corsa. Per anni il club ha

speso in ingaggi il doppio dei 20 miliardi che ricavava. Aurelio De Laurentiis

costituisce una società, la Auro calcio 2000, con l'intenzione di acquistare

la squadra per 120 miliardi di lire. Convoca una conferenza stampa e annuncia

che sarà la Filmauro a salvare il club decaduto.

L'operazione non riesce. Ferlaino denuncia De Laurentiis in sede civile per

aver turbato la campagna abbonamenti e si mette d'accordo con Luis Gallo e

Giorgio Corbelli, che rilevano la squadra metà ciascuno. In omaggio alla

regola che nel calcio le cordate non funzionano, Gallo esce di scena e

Corbelli, l'inventore del network di vendite Telemarket, rimane da solo alla

guida.

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CALCIOPOLI

Juve sempre più forte

per la revisione 2006

Le motivazioni della Casoria rinsaldano i ricorsi

bianconeri e aprono la strada per la riscrittura delle

sentenze di sei anni fa. Ma Briamonte non ha fretta

di ALVARO MORETTI & GUIDO VACIAGO (Tuttosport 08-02-2012)

IL PROBLEMA, a questo punto e a valle delle motivazioni della sentenza su

Calciopoli, non è più il se, ma il quando: quando togliere la sicura al colpo

unico e secco che può arrivare al passato calciopolaro dalla richiesta di

revisione ex articolo 39 dell’attuale codice di giustizia sportiva della Figc.

La Juve ci sta pensando, legge e rilegge le 558 pagine scritte dalla giudice

Casoria (con moltissimi mal di pancia negli uffici del Palazzo di giustizia

napoletano, ieri) e pensa di far lavorare quelle pagine in cui la

responsabilità civile del club per l’operato di Moggi viene escluso

definitivamente anche in tutte le sedi presso le quali ha deciso di attivarsi.

E la prossima ventura è quella della Corte di Appello di Roma dove nei

prossimi giorni (entro il 14 febbraio) presenta il suo ricorso contro la

dichiarazione di incompetenza pronunciata a novembre dagli arbitri del Tnas:

non c’è atto compiuto dalla Figc dal comunicato di Guido Rossi , per passare

alla «non competenza» abetiana del 18 luglio fino a questo lodo che non sia

condizionabile dalla pronuncia chiara della giudice Casoria sullo svincolo del

nesso tra Moggi e il suo agire, comunque assai attenuato ai fini juventini, e

il club più sanzionato della storia del calcio italiano. Leggere che il

campionato asserito e sentenziato a livello sportivo come totalmente

condizionato non fa rilevare alcuna prova di frodi sportive cambia tutto.

DISPAR CONDICIO Il problema, dicevamo, non è il «se» ricorrere all’articolo

39 per rivedere la pronuncia sportiva su uno scudetto - quello 2004-2005

-cancellato come tutti gli esiti della stagione sportiva ora rivalutata dalla

motivazione di Napoli. Ma quando farlo? L’articolo 39 impone una tempistica di

30 giorni dal fatto nuovo che determina il possibile ribaltone (riuscì a

Guardiola , proprio in seno alla Figc, per una squalifica per doping passata

in giudicato e rivista, con cancellazione): fatto nuovo è certamente questa

sentenza. Che scindendo il profilo di Moggi da quello juventino e abbattendo i

capi d’accusa sportivi più tosti (sorteggi, ammonizioni dolose, sequestro

Paparesta ), aggiornando il peso di griglie, telefonate e cene al fatto che

fosse costume generalizzato (e non vietato, come dal 2007) aprirebbe la strada

ad ogni soluzione giudiziale. Il problema è che chi certamente era esponente

apicale per la responsabilità diretta juventina di allora è Giraudo ,

condannato come partecipe dell’associazione nell’abbreviato del 2009 e dal 21

marzo chiamato in appello davanti alla quarta sezione del tribunale di Napoli,

giudice Stanziola (pg il marito della Casoria, Gerardo Arcese ). Lì si

correrà: 21 marzo, poi tre udienze fino al 18 aprile per arrivare alla

sentenza prima della prescrizione (il 26 maggio) della frode di

Udinese-Brescia. E allora in caso di sentenza favorevole, se la richiesta di

revisione scattasse proprio in estate? Un dilemma che si pone a chi vede

rafforzatissima la propria posizione in tutte le sedi presso cui si sta

ricorrendo. E i continui rimandi alla dispar condicio investigativa

dell’indagine di Calciopoli, scritta nero su bianco sotto forma di stilettate

continue in carta da bollo dalla Casoria (piace anche alle due a latere,

questa sentenza così scritta?), dopo il giudizio abortito in Figc per

prescrizione per l’Inter sembrano fatti apposta per spingere la Juve ben oltre

il tavolo della pace.

I TEMPI GIUSTI Attenzione, però, a non sbagliare il tempo dell’intervento

(anche perché incombe la riforma della giustizia e della rivedibilità dei

processi imposta dal Coni). Perché l’arma puntata più forte a livello

argomentativo non potrà che essere sempre e comunque la sentenza della

Casoria: l’approfondimento di un giudizio come quello abbreviato è minimo e

molto rischioso combattere per una rilettura totale dell’esito del primo grado

se non sarà data ampia facoltà di prova alle difese.

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LETTERE

PortoFranco

a cura di FRANCO ARTURI

(GaSport 08-02-2012)

Calciopoli su Ġazzetta.it

Ma è vero che il campionato

2005 non è stato falsato?

Francesco Careddu (Nuoro)

Non proprio. Secondo la motivazione delle condanne al

processo di Napoli, è vero piuttosto che non è stata

confermato «effetto di alterazione», il che è differente.

E’ utile leggere, con un po’ di pazienza, perché Moggi è

stato condannato in primo grado a 5 anni e 4 mesi per

frode sportiva e per associazione a delinquere finalizzata

alla frode sportiva e perché sono stati condannati a pene

variabili molti altri imputati. Le suggerisco di

consultare la motivazione della sentenza a questo link:

http://goo.gl/6jCI6

Calciopoli_Gazza.it.jpg

Modificato da Ghost Dog

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CALCIO IN BORSA

DIECI ANNI DOPO

SOLO SEGNI MENO

Raccogliere i soldi sul mercato: la fonte per l’eterna ricchezza è un flop

Scappano le inglesi, restano Juve e romane: i risparmiatori si leccano le ferite

di LORENZO LONGHI (l'Unità 08-02-2012)

Facebook entra in Borsa, il gruppo Benetton affronta il delisting: in termini

calcistici, si potrebbe quasi parlare di una sostituzione. La metafora è

piuttosto forzata, dal momento che il funzionamento dei mercati non è così

banale, ma serve per entrare in argomento perché calcio e Borsa hanno vissuto,

nell’ultimo decennio, un rapporto di amore e odio che ha portato i club - e

gli investitori, meglio: i piccoli azionisti - a un certo disamore nei

confronti delle azioni delle società quotate sui mercati azionari. Dal 1983,

quando il Tottenham Hotspur fu il primo club in assoluto ad entrare in Borsa,

sono state 49 le società a quotarsi. Oggi, scorrendo i listini (più

precisamente lo Stoxx Europe Football, che le raggruppa), ne sono rimaste

appena 21, ovvero meno della metà: l’ultimo ad andarsene è stato il Millwall,

dopo 22 anni di contrattazioni. Allo stato dell’arte è la Turchia la nazione

ad avere più club in Borsa (quattro), seguita da Portogallo e Italia con tre.

Già, l’Italia. Da noi il primo collocamento è avvenuto nel 1998: fu la Lazio a

far debuttare il calcio a Piazza Affari sfruttando la legge 586/96, che cambiò

lo status dei club sportivi riconoscendo alle società la finalità di lucro, e

la riforma Draghi che permetteva la quotazione in deroga al vincolo

dell’attivo negli ultimi tre esercizi. Prima di quella legge di iniziativa

governativa - era il primo governo Prodi, con Veltroni ministro per lo

Spettacolo e lo Sport - la quotazione in mercati regolamentati era

impossibile. Forse qualcuno ricorderà le pubblicità con cui il club, allora

presieduto da Sergio Cragnotti, annunciava l’ingresso in Borsa: i giocatori

vennero fotografati in smoking e bombetta, come uomini d’affari stereotipati

come non mai. Nel 2000 a Piazza Affari approdò la Roma, seguita nel 2001 dalla

Juventus. Da allora, si può affermare che l’affare lo abbiano fatto più le

società che i risparmiatori: se per i club, infatti, il flottante rappresenta

una parte minoritaria ma comunque importante del capitale, l’investimento di

chi ha sottoscritto azioni non è stato, nel lungo periodo, ripagato dai

guadagni. Posto, peraltro, che i dati raccontano come gran parte degli

investitori sia rappresentato da fedeli tifosi più che conoscitori dei mercati

o investitori tradizionali, l’andamento dei titoli (fonte: studio Morningstar)

dimostra come, nei primi dieci anni di contrattazioni, il titolo As Roma ha

perso circa il 90% del valore al primo collocamento, quello della Juventus

circa l’80% (nel 2001 il valore di una singola azione era di circa 3,7 euro) e

quello della Lazio (5.900 lire il prezzo di un’azione al collocamento del 1998,

che si chiuse con richieste sei volte oltre l’offerta), addirittura, già il

75% nei primi quattro anni. Poi è vero che la volatilità dei titoli, nel breve

e medio periodo, può dare soddisfazioni anche agli azionisti, come gli exploit

realizzati dalle azioni della Lazio e da quelle del club tedesco Borussia

Dortmund fra la metà del 2010 e la metà del 2011 stanno a sottolineare. E così,

abbastanza curiosamente, in tempi di crisi c’è un dato in controtendenza: se,

nel 2011, la finanza ha perso sui mercati il 24% e lo Stoxx 50 (l’indice che

raggruppa le 50 maggiori aziende quotate in Europa) il 10,4%, il comparto

calcistico - appunto i 21 club che ancora rimangono quotati - ha resistito

perdendo appena l’1,47%.

RISULTATI VOLATILI

Del resto, il modello fornito dalle società italiane non è esattamente il

migliore, in termini di competitività anche sui mercati. Secondo l’analisi di

Report Calcio 2011 il fatturato dei club nostrani arriva, per il 65%, dai

diritti televisivi. Rispetto ad altri sodalizi europei quotati in Borsa, più

abili nel diversificare gli introiti e spesso possessori del proprio impianto

di gioco dal quale arrivano incassi percentualmente più rilevanti e non

derivanti dal solo botteghino, è evidente che in Italia è proprio

nell’attività sportiva - con l’alea dei risultati - che si concentra gran

parte del business stesso. La Juventus, in questo caso, è un passo avanti: lo

stadio di proprietà rende più stabile il patrimonio del club, aspetto

tutt’altro che secondario sui mercati, e dopo il bagno di sangue economico

post-Calciopoli e l’ultimo aumento di capitale di Exor, tornando in Champions

sul campo può guardare al futuro con ottimismo, perché l’immagine vincente di

un club si accompagna a un aumento degli introiti economici. La storia della

quotazione del Manchester United (15 anni dal 1991 al 2006: stadio di

proprietà, merchandising di livello e successi sul campo hanno portato a una

capitalizzazione decuplicata) è significativa per capire come è stato

sfruttato un brand riconosciuto come leader del mercato. In termini di

immagine percepita, secondo alcuni addetti ai lavori, il parallelismo con le

imprese del settore high tech non è affatto sbagliato.

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IL TITOLO VACANTE

Nuova missione per Agnelli:

prendersi lo scudetto ’05

I giudici di Napoli hanno sentenziato: quel torneo fu regolare.

La Juve ha l’obbligo di reclamarlo. E la Figc dovrà accontentarla

di FRANCESCO PERUGINI (Libero 08-02-2012)

C’è un gran silenzio in corso Galileo Ferraris a Torino. E non solo per la

neve e il gelo che stringono il Piemonte. Le motivazioni della sentenza

napoletana su Calciopoli sono detonate lunedì, ma il club bianconero non ha

ancora fatto sentire la propria voce.

La sentenza ha assolto la società bianconera da ogni responsabilità civile

per i fatti di Calciopoli, ma le motivazioni depositate venerdì aprono scenari

dirompenti per i bianconeri. «Il dibattimento in verità non ha dato (conferma)

del procurato effetto di alterazione del campionato di calcio 2004/05 a

beneficio di questo o quel contendente », è scritto ben chiaro sul foglio

numero 84 dei 558 vergati dal giudice Teresa Casoria. Sarebbe dunque regolare

lo scudetto vinto il 20 maggio 2005 senza giocare, grazie al pareggio tra

Milan e Palermo nell’anticipo. Quel trionfo messo in cassaforte con una

partita autoritaria disputata proprio a San Siro, giocata senza Ibra e decisa

da Trezeguet su assist di Del Piero.

Le chiacchiere con gli arbitri, le sim svizzere, il «timore reverenziale » di

Paparesta nei confronti di Moggi non c’entrano nulla con gli 86 punti

conquistati dalla squadra di Capello. Né con le 67 reti realizzate (miglior

attacco) e le appena 27 subìte (miglior difesa). Il presunto «tentativo di

frode sportiva» nulla aveva a che fare con i 16 gol di Ibrahimovic. Né con le

giocate di Nedved, i cross di Camoranesi, i tackle di Cannavaro e le parate di

Abbiati e Buffon. Secondo la sentenza - critica verso gli investigatori per i

loro pregiudizi - Moggi faceva solo gli interessi della Gea non per la

Juventus. «Il rapporto organico con il datore di lavoro (Juve, ndr)» era rotto,

a causa «dell’esercizio da parte dell’imputato Moggi di un potere personale

avente manifestazioni esteriori esorbitanti dall’appartenenza alla società».

Nessuno vuole commentare in casa bianconera: il presidente Andrea Agnelli e

l’avvocato Michele Briamonte non hanno voluto rilasciare dichiarazioni a

«Libero», ma la sensazione è che la Juventus si prepari per una nuova

crociata. Parallela a quella per la restituzione dello scudetto 2005/06, che

prosegue nonostante l’esaurimento dei gradi della giustizia sportiva (il

prossimo passo è il Tar che si pronuncerà a settembre). E se sembra

impossibile strappare quel titolo dalle mani dell’Inter, non è così per l’

“altro” scudetto revocato. Il 28° trionfo bianconero giace non assegnato nelle

mani della Figc. La stessa Federcalcio che vede pendere sulla propria testa

una richiesta di risarcimento da 444 milioni di euro per i danni patrimoniali

subiti dalla Signora dopo le sentenze sportive del 2006. Non serviranno tavoli

della pace per riavere indietro quello scudetto, bisognerà solo fare leva

sulle conclusioni del processo di Napoli: niente responsabilità civile, quindi

niente «responsabilità oggettiva». E il Palazzo potrebbe essere ben contento

di riassegnare il titolo alla Juve: se non per senso di giustizia, almeno per

assicurarsi uno sconto sui 444 milioni.

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Calciopoli: le colpe di Juve e Inter

di MARIO SCONCERTI dal Blog "Lo sconcerto quotidiano" (Corriere.it 08-02-2012)

Le motivazioni del tribunale di Napoli, per quel che ho potuto leggere,

sembrano uscite direttamente dal tribunale sportivo. Non c’è sicurezza di

partite falsate, ma c’è stato un continuo tentativo di falsarle. Anche la

prima sentenza sportiva stabilì questo. Non era dimostrabile una sola partita

falsata, ma c’erano stati tra Moggi e i dirigenti arbitrali una lunga serie di

rapporti tesi a favorire dei risultati. Nella frode sportiva, anche in

tribunale, “il reato di tentativo non ha la necessità della conferma”. Ma,

anche il tribunale penale è convinto “in modo evidente” che Moggi sia stato il

capo dell’organizzazioni. Questo nuovo capitolo non riapre niente nel bene o

nel male. Sono semplicemente le motivazioni di una sentenza di forte condanna

per Moggi e gli altri imputati. Nè ci sono grandi novità rispetto all’inizio.

Anche il processo sportivo non riuscì a dimostrare nessun illecito, tanto che

Saverio Borrelli, allora procuratore federale, s’inventò un capo d’accusa

nuovo di zecca, l’illecito strutturale. Mi sembra che il tribunale di Napoli

abbia esattamente confermato questo.

E’ giusto? Non è giusto? Ci sono dei fatti e molte opinioni. I fatti dicono

che tutti i gradi di giudizio della disciplina sportiva hanno condannato Moggi

e gli altri imputati. La giustiza ordinaria anche, almeno per il primo grado.

E non attraverso condanne leggere. Moggi senza l’appello, dovrebbe già

scontare cinque anni e quattro mesi.

Le opinioni capisco che siano infinite, l’argomento si presta. La mia è la

seguente:

1) Credo che la sostanze delle cose sia quella portata avanti da giustizia

sportiva e giustizia ordinaria.

2) Non credo nell”associazione a delinquere, mi sembra una strada troppo in

salita, ma non ho la competenza giuridica per dare giudizi seri in questo

angolo di materia.

3) La punizione della Juventus è stata eccessiva. Doveva riguardare la

retrocessione in B, penalizzazione in B e perdita dello scudetto del 2004-2005,

uno solo.

4) Il danno subito dalla Juve è stato molto più grande di quanto forse voluto

dalla stessa giustizia sportiva. La squadra che aveva vinto per due anni

consecutivi è stata venduta ai migliori offerenti cambiando in modo evidente

il corso della cronaca per molti anni. In sostanza, non solo la Juve è stata

punita nel passato e nel presente, ma anche per il futuro, dopo cioè che aveva

scontato la pena. Infatti ancora adesso deve tornare a vincere e solo

quest’anno è tornata a essere competitiva.

5) E’ stata la Juve a prendere subito e per prima le distanze da Moggi e

Giraudo costringemndoli alle dimissioni.

6) E’ stata la Juve a patteggiare nell’aula sportiva la propria sentenza.

7) E’ ormai chiaro che se nel 2006 avessimo avuto le intercettazioni che si

hanno adesso, anche l’Inter avrebbe subito danni importanti.

icon_cool.gif

Penso che l’Inter avrebbe fatto meglio a non prendere lo scudetto tolto alla

Juve.

9) Sarebbe stato non obbligatorio ma elegante avesse chiesto di essere

processata senza tenere conto dei termini di prescrizione.

10) E’ molto sbagliato fare di Calciopoli una storia fra Juve e Inter. Se

anche l’Inter fosse colpevole, non sarebbe mai stata innocente la Juve.

11) Entrambe hanno danneggiato tutte le altre squadre che in questa storia si

sono comportate correttamente.

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COME NEL 2006 SENTO UN SILENZIO

ASSORDANTE DELLA JUVE…NIENTE

PAURA…NESSUNO PUÒ DARCI LEZIONI…

di CESARE POMPILIO (Blog iosonopompilio 08-02-2012)

Ho ancora davanti agli occhi i giornali dei giorni caldi del 2006. Ho

ancora davanti agli occhi le facce dei “minestrai” del 2006, ho ancora

nelle orecchie il silenzio assordante delle dichiarazioni che faceva

Montezuma. La Juve odierna conosce le motivazioni che portano alla

condanna di Luciano Moggi. Scritte, le medesime, per confondere con

una linea coerente:l’innocenza di Moggi. Ma allora perchè la condanna

non corrisponde alle motivazioni? Semplice, una delle tre giudici

sicuramente non era d’accordo alla stesura delle motivazioni. Venerdì

alle 13 a radio Milaninter, durante la trasmissione “La strana Coppia

di Stadio 5? con Beppe Vigani avrò ospite in esclusiva Maurilio

Prioreschi, uno dei due avvocati di Moggi che annuncerà molto

prpopabilmente l’appello alla sentenza di primo grado. Ma come nel

2006 il dato ogettivo di queste 48 ore dalle deduzioni del Tribunale

di Napoli è il silenzio assordante della Juve. Cosa mi aspettavo? Ho

sperato che l’avv. Zaccone, così solerte a presentarsi davanti alle

telecamere nel periodo caldo del processo sportivo, quando con vece

assidua chiedeva la retrocessione della Juve in B con 15 punti di

penalizzazione, oggi avrebbe quanto meno presentarsi in un Tg e

chiedere scusa ai milioni di tifosi della Juve. Mi aspettavo che

qualcuno, che non fosse, Andrea, dicesse una parola magare “masticata”

ma che lasciasse intendere le intenzioni della società bianconera.

Invece silenzio assordante. Ma anche tra gli organi di stampa, tutti

si sono limitati a riportare la notizia. Solo Fabio Ravezzani, su

Antenna 3, lunedì scorso a Lunedì di Rigore ha spiegato e ha

stigmatizzato alcuni comportamenti. Noncapisco il comportamento della

Juve: di chi ha paura? Chi li minaccia? Sicuramente non l’allenatore

del Milan che ha parlato di stile Milan…E’ tardi, riprenderemo questo

concetto, sia chiaro che: dal signor Allegri non accetto patenti di

stile. Bacio le mani!!

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Juve-Abete 2 a 0

di IVAN ZAZZARONI (Blog Il calcio è un cartone animato per adulti 08-02-2012)

La pagina 549 della sentenza di Calciopoli (motivazioni Casoria)

contiene un passaggio-chiave: segna un punto – anche due – a favore

della Juve nella guerra alla Federcalcio di Giancarlo Abete. Se

riuscirete ad arrivare fino in fondo (il linguaggio è quel che è),

capirete che la richiesta di danni del club di Agnelli (oltre 440

milioni di euro) adesso è sostenuta da una sentenza: Moggi, secondo i

giudici, non rappresentava il club.

“Non imputabilità a Juventus per assenza di rappresentanza e per

esorbitanza dalle incombenze – Deve, inoltre, rilevarsi come Juventus

non possa essere chiamata a rispondere del fatto di Luciano Moggi, né

a titolo di responsabilità organica diretta né a titolo di

responsabilità indiretta per fatto del proprio dipendente commesso

nell’esercizio delle sue incombenze (art. 2049 c. c. ).

Quanto al primo profilo – responsabilità organica diretta – Luciano

Moggi all’epoca dei fatti, pur essendo direttore generale e

consigliere di amministrazione di Juventus S.p.A. , era tuttavia del

tutto sprovvisto di poteri di rappresentanza della società, come

risultante dalla deliberazione assembleare Juventus pubblicata nel

Registro delle Imprese. Pertanto, nella commissione dei noti illeciti

sportivi e degli eventuali illeciti penali ascrittigli, il Moggi in

alcun modo agì quale rappresentante della società esponente, sicché

gli eventuali danni ex lege aquilia derivanti da essi non potranno

essere imputati direttamente a Juventus, non sussistendo rapporto

organico e non venendo in rilievo, naturalmente, esigenze di tutela

dell’affidamento dei terzi, del tutto inconferenti in materia di

responsabilità extracontrattuale. La frattura del rapporto organico

con il datore di lavoro è dunque evidente laddove si consideri che il

ruolo del sig. Moggi fu esclusivamente mera occasio dell’eventuale

commissione dell’illecito e giammai rapporto di incorporazione

organica preteso dalle norme e dalla giurisprudenza per affermare la

responsabilità dell’ente.

Quanto al secondo profilo – responsabilità indiretta dell’esponente

per fatto del proprio dipendente commesso nell’esercizio delle sue

incombenze – deve parimenti escludersi la responsabilità

dell’esponente in quanto i fatti oggetto di questo giudizio non sono

stati commessi dal Moggi nell’esercizio delle incombenze cui egli,

quale direttore generale di Juventus, era adibito.

Sul punto è doverosa una breve premessa: le fattispecie di

responsabilità per fatto altrui, di cui l’art. 2049 c. c. rappresenta

uno dei casi più lampanti, costituiscono evidente deviazione dal

paradigma costituzionalmente tutelato della responsabilità personale

per fatto proprio e colpevole. Esse hanno dunque evidente natura

eccezionale e, al pari di tutte le norme eccezionali, sono norme di

stretta interpretazione che non ammettono alcuna integrazione di tipo

estensivo o analogico, come abitualmente affermato dalla Suprema Corte

(per qualche esempio: Cass. SS. UU. 24 novembre 2008, n. 27863; Cass.

SS. UU. 8 ottobre 2008, n. 24772; Cass. 18 gennaio 2008, n. 1014).

Alla stregua di tali canoni interpretativi, deve ritenersi sussistente

la responsabilità del committente soltanto allorquando il preposto

abbia commesso un fatto illecito nell’esercizio effettivo delle

proprie incombenze. Eventuali interpretazioni estensive che tentino di

ampliare l’ambito di responsabilità del committente sono da ritenersi

contrari alle regole interpretative dettate dalle preleggi e dai

principi costituzionali.

Ritornando alla fattispecie concreta che qui ci occupa, Luciano Moggi,

qualedirettore generale, aveva naturalmente il compito di coordinare

i dipendenti, trasmettendo direttive agli organi subordinati e

curandone la puntuale esecuzione (secondo l’usuale definizione

dottrinale delle funzioni del direttore generale di S.p.A.; cfr. , ad

esempio, Abbadessa, Il direttore generale, in Tratt. S. p. a.

Colombo-Portale, 1991, vol. 4, 461 ss.).

Ebbene, manca quindi un nesso diretto tra l’esercizio delle

incombenze del Moggi e l’eventuale compimento dei fatti illeciti a lui

imputati. L’adempimento delle proprie mansioni di direttore generale

non prevedeva affatto l’instaurazione di contatti con i designatori

arbitrali o con gli arbitri di gara né tantomeno il consolidamento di

relazioni con gli stessi. L’eventuale commissione degli illeciti del

Moggi è, dunque, avvenuta pacificamente al di fuori dell’esercizio

delle incombenze cui egli era adibito e ciò basta per escludere la

responsabilità dell’esponente ex art. 2049 c.c., essendo venuta meno

quella pertinenza del fatto illecito al contenuto e allo scopo delle

incombenze che autorevole dottrina ha indicato come necessaria per

l’affermazione di responsabilità (Scognamiglio, Responsabilità per

fatto altrui, voce in Nov. Dig. It. , Torino, 1968, 700).

È evidente, infatti, che l’attività dolosa consistente ad esempio

nell’istigazione all’alterazione del sorteggio di un arbitro di gara

non solo non è pertinente ma esorbita radicalmente dal perimetro delle

incombenze cui il direttore generale di una società calcistica è

adibito, palesando in tutta la sua chiarezza l’autonomia

dell’iniziativa dell’agente e l’evasione volontaria dai limiti

impostigli, sì da non potersi ritenere nemmeno agevolata o occasionata

dall’esercizio delle incombenze. Manca, per dirlo con le parole della

Suprema Corte, quel contatto funzionale tra fatto illecito e mansioni

del dipendente (Cass. 16 aprile 1957, n. 1289) e quella “specifica

riferibilità dell’attività generatrice del danno alle mansioni” (Cass.

24 maggio 1972, n. 1632, in Mass. iust. Civ. , 1972), necessari per

ritenere il committente indirettamente responsabile per il fatto del

proprio dipendente”.

Non entro nel merito – dubito che Moggi lavorasse per se stesso -, di

certo si è difeso male: la linea del “così facevan tutti” costituisce

una sorta di ammissione di colpevolezza: avrebbe dovuto puntare

sull’assenza di prove. Avrebbe.

PS. Immemore, io sono solo anti-coģlioni. Se non l’hai capita.

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Union: Soccer clubs not paying in Eastern Europe

di RAF CASERT (THE HUFFINGTON POST | February 7, 2012 12:33 PM EST)

BRUSSELS — The union representing professional soccer players said Tuesday its

members are mistreated financially by clubs in Eastern Europe, which can lead

to the greater risk of match-fixing.

In a study of thousands of players in a dozen nations, FIFPro said clubs from

Greece to Russia show a "terrifying lack of respect" for the fundamental

rights of professionals, ranging from withholding wages to beatings.

Poland and Ukraine, which co-host Euro 2012, are among the financial culprits.

FIFPro, which has threatened to hold up the start of some UEFA Champions

League matches unless the situation improves, said by refusing to pay players,

clubs were directly pushing them toward match-fixing schemes as a way of

financial survival.

FIFPro said FIFA and UEFA failed to heed their calls, noting it would be

difficult to effectively combat match-fixing unless the federations make sure

players are well-treated and paid on time.

UEFA said it had no comment on the report.

"To organize a strike internationally is of course difficult but – why not

should we show the world if they don't change the situation, " said FIFPro

Secretary General Theo van Seggelen.

Delaying the start of a Champions League game would play havoc with the

orchestrated schedules designed for maximum revenue, some FIFPro delegates

said.

In the survey of 3,357 players in 12 eastern European nations, representing

up to 70 percent of top-division players in some nations, FIFPro found that

41.4 percent did not get paid on time, with 5 percent having to wait six

months or more.

"A player who has to wait for his money has a greater chance of being

approached to manipulate a match. What's more, he is vulnerable, " stated the

study, titled the "Black Book Eastern Europe."

When it came to bonuses, often an essential part of players' pay, only 53. 4

percent said they received them on time. Almost 12 percent of players in the

survey said they had been approached to manipulate a match, and more than half

of those who were approached did not have their wages paid on time.

The study indicated 42.9 percent of players do not get their pay on time in

Poland, rising to 60.7 percent for bonuses. Almost 10 percent said they had

been victim of racism or discrimination. The Euro 2012 co-host Ukraine fared

better, with 15. 5 percent of players not being paid on time.

FIFPro said fans were often blinded by the wealth of top players and fail to

realize 95 percent of players may find it tough to pay mortgages and other

expenses.

"As long as Manchester United, Liverpool, Barcelona and Real Madrid and

Juventus are all doing well, unfortunately the glare of publicity does not

shine on parts of the world where there are major problems," said FIFPro board

member Tony Higgins.

Higgins said he was angered by UEFA and FIFA making the fight against

match-fixing a top priority yet not doing enough to get players paid on time.

Almost 12 percent of players were victims of violence, in a third of cases

inflicted by their own clubs. The union highlighted recent incidents in Russia

where Montenegrin player Nikola Nikezic said he was beaten into terminating

his contract with FC Kuban.

"What these players meet is unbelievable," he said, suggesting the results

would have been even higher had many players not refused to cooperate because

of fear of retribution.

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Ignazio Scardina,

imputato senza un perché,

assolto senza un sol dubbio

di Vincenzo Ricchiuti (Blog Uccellino di Del Piero 08-02-2012)

La prima volta che ho visto Ignazio Scardina, fuori l’aula 216 del cosiddetto

processo a Calciopoli, gli ho chiesto semplicemente “ma lei cosa ci fa qui ?”.

Lui mi rispose, stremato, “Non ne ho la più pallida idea”. L’ultima volta che

ho visto Ignazio Scardina, sempre fuori l’aula 216 del cosiddetto processo a

Calciopoli, è stata la sera dell’8 Novembre scorso. La notte del verdetto di

primo grado e della sua assoluzione. Scardina ne era contento senza alzare la

voce. Per rispetto degli altri, i condannati. Telefonava a casa per

rassicurare che il papà, il marito, l’uomo era stato assolto. Ma lo faceva

come in un sussurro che gli sarà costato un patrimonio di nervi inesplosi. Non

si doveva però esultare. Almeno lui non poteva. C’era chi non poteva fare

altrettanto.

Dottor Scardina, perché imputato ?

È una domanda che mi sono sempre posto. Mai trovato una risposta.

C’era secondo l’accusa un elenco di fiancheggiatori di Luciano Moggi nei

media. Nessuno è finito sotto processo. Come mai solo lei ?

Penso facesse comodo alla Procura di Napoli usare un nome come il mio

perché faceva gioco in tutti i sensi.

Che razza di associato è stato lei ?

Sono stato imputato di associazione a delinquere perché difendevo il

gruppo. Non sapevo cosa fosse questo “gruppo” ma tant’è. Le telefonate

che facevo con Moggi erano per la maggior parte per lavoro. Per il

resto solo perché siamo amici. Ci presentò Allodi a Torino: Moggi

allora era responsabile del settore giovanile. È una amicizia che dura

dal ’70-71.

Che razza di associato è stato lei ? Niente schede, niente incontri, neanche

una amichevole in cui lei abbia interferito.

È una storia costruita in modo tortoriana.

Dipaniamola.

Lei è stato accusato anzitutto di aver fornito, in qualità di caporedattore

di Rai Sport, servizi compiacenti che adulavano gli amici di Moggi e ne

contrastavano i nemici.

Sono stato accusato in sintesi di aver privilegiato Ciro Venerato a

discapito della Sanipoli. Ciro era ed è tuttora un cane da tartufo per

le notizie ma a prescindere da questo la vicenda Sanipoli è stata già

chiarita ampiamente dagli organi competenti nelle sedi opportune. La

stessa Rai s’è costituita parte civile contro di lei.

Per i servizi compiacenti la Corte dei Conti l’ha pure assolta, Scardina.

Ripeto, giudiziariamente come s’è evinto anche nel dibattimento a

Napoli con le numerose testimonianze a mio favore dei miei colleghi la

vicenda è stata chiarita definitivamente. Giudiziariamente.

Magari le resta il rammarico personale nell’aver visto due persone da lei

svezzate professionalmente come Varriale e la Sanipoli denunciarla ai

carabinieri per propri interessi personali.

Il grande dolore in questi anni è stata la morte del mio primo

avvocato, Francesco Misiani, sostituito poi dal figlio Claudio e

quella di Beppe Berti, mio capo al Tg2.

Magari s’è fatto una colpa anche di questo. Magari pensa “quelle denunce

avrei potuto evitarmele”.

Come ho detto anche a De Gregorio, durante l’udienza preliminare, in

una redazione va sempre così. Ci sono sempre state rivalità. Se solo

in 2 si lamentano, non è un capo d’imputazione. È un successo.

La seconda accusa formulata nei suoi confronti è stata quella di aver indotto

Ermanno Pieroni ad astenersi dal fare accuse a Luciano Moggi. In cambio le

sarebbe stata “regalata” una automobile.

La macchina in questione, una Fiat Idea, l’ho comperata. Ho portato le

prove in Tribunale: i bonifici effettuati. Eppure il Corriere della

Sera scrisse: “Moggi regala l’auto a Scardina”.

Che sconto ha avuto ?

Il 19 per cento mi pare.

Al Corriere se non erro lo sconto Fiat è del 40 per cento.

Moggi mi ha regalato una macchina ? Mi sono fatto prestare 25mila euro

dalla Banca Popolare di Ancona a 580 euro di rata per 60 mesi. Ho

restituito i 25mila alla banca più gli interessi e Moggi mi ha

regalato una macchina ?

Vediamo se almeno il conto torna con le date. Dunque. Secondo l’accusa esce

una intervista di Repubblica a Pieroni nella quale Pieroni dice qualcosa

contro Moggi. Moggi la chiama e lei s’impegna telefonicamente con Moggi per

ammorbidire Pieroni. In cambio le “regalano” una Fiat.

Si.

Scardina, con le date non ci siamo proprio. Lei l’auto l’ha comperata il

01/02/05. Il 05/02/05 ha mandato in onda Pieroni a Dribbling, anticipando le

accuse di Repubblica. L’intervista di Pieroni al quotidiano Repubblica è

dell’08/02/05. È tutto sfalsato. A dare il la alle accuse di Pieroni è stato

proprio lei e l’auto l’ha comprata prima ancora che gliela offrissero.

Ero preoccupato, sa com’è quando ti accusano. Ti fanno venire i dubbi.

Mia moglie che è una testa d’acciaio mi ha tolto i dubbi. Peccato che

non ho mai commesso delitti.

Questo vale pure per Moggi, accusato di aver zittito Pieroni mandandolo a

lavorare ad Arezzo. Per quel che so io, a sentire quel che si dice in giro per

quell’epoca, non fu Moggi a portare Pieroni all’Arezzo ma Giacinto Facchetti.

Eppure v’hanno coinvolto entrambi.

Per una telefonata. Gliela spiego. Era l’otto di Febbraio del 2005. Un

martedì. Io ero in ferie, avevo circa 300 giorni di ferie non prese ma

quella volta avevo fatto eccezione per una volta. Arriva una

telefonata di Moggi. Quel giorno guarda caso ero proprio davanti al

Palazzo di Giustizia di Roma, quello che chiamano il Palazzaccio. Mia

moglie stava acquistando cose e Moggi mi fa: “Ma tu hai letto

Repubblica ?”. Non ho letto, vedrò. Non l’ho mai letta. Ricordavo bene

l’intervista che avevamo fatto noi di Dribbling a Pieroni qualche

giorno prima. Una bellissima intervista tra l’altro, in cui Pieroni

non risparmiò niente e niente tagliammo. Sa, l’intervista in tv è

sempre genuina perché è difficile mentire. C’è l’audio, c’è il video

che riprende ogni tua mossa. È tutto autentico per definizione. Niente

atmosfera romanzata come nei pezzi scritti. In quel contesto di

veridicità estrema e rivolto alla platea tv con la vasta audience che

avevamo noi, Pieroni diceva le stesse cose di Repubblica. Quindi

quando Moggi mi chiamò mi ricordai subito di questo servizio ma non

glielo dissi. Non potevo dirglielo a Luciano perché era già stato

attaccato pesantemente sulle colonne del quotidiano. Non volli

infierire. Mi limitai a rassicurarlo con un leggerò e vedrò. “Leggerò

e vedrò”: questa è l’imputazione ad associazione a delinquere. Non c’è

mai stata verifica.

Peccato che lei non abbia mai commesso delitti a questo punto. Nel suo caso

l’avrebbe aiutata. Con la coscienza sporca è più facile sopportare.

Peccato che non ho mai commesso delitti, si. Il Pm fino alla fine mi

voleva coinvolgere con un anno e due mesi.

Lei ha avuto problemi di salute.

Nel 2000 la polizia olandese m’ha aggredito, insieme a Mattioli e

Scarnati, ledendomi il trigemino. Ogni volta che ho emozioni ho dolore.

Lei ha avuto un infarto.

Sono stato operato dal Professor Meglio dei Gemelli. Due volte. Ogni

volta che ho emozioni ho dolore da desiderare la morte.

La morte civica l’ha avuta.

La gente non si rende conto. Sono andato a vivere in campagna. Una

casa nella quale all’inizio avevamo solo una camera da letto e che poi

pian piano abbiamo sistemato. Ma è stato inevitabile. Ho dovuto

lasciare casa, le mie abitudini, la mia vita di sempre. Dovuto. Era un

dolore forte abitare in mezzo ai giornalisti. Vederli andare a

lavorare. Il guaio per i giornalisti che ci tengono è che il lavoro

scompare, la promozione sfuma, mentre sei lì. A guardare la tv.

Lei è stato reintegrato in Rai.

Reintegrato, ma faccio poco. Ero considerato un numero 1. Ho avuto

record di ascolti, 90°minuto, Dribbling, Stadio Sprint. Poi rientri ma

si fa poco quando rientri con ordini esterni tipo “tienilo lì”.

Pensa di chiedere i danni ?

Non chiederò mai i danni al Pm, Narducci. Solo se s’accanisce.

Che rapporto ha con Napoli ?

Con Napoli ho sempre avuto un rapporto fantastico. Durante le udienze

meno.

Pioveva sempre.

Pioveva sempre. In quella Napoli che avevo tanto amato. Ora forse mi

posso riavvicinare.

Senza il processo e quel tipo di processo.

Un processo senza una prova, senza una testimonianza. Sono laureato in

giurisprudenza ma ne avrei fatto volentieri a meno perché capire

meglio l’inferno nel quale sei capitato e le sue incongruenze tecniche,

beh non lo auguro a nessuno.

L’8 Novembre lei è stato assolto.

L’8 Novembre non lo dimentico finché campo. Assolto ma pur sempre

tardi. Non si aspetta tanto in nome del popolo italiano che non so se

avrebbe mai voluto tutto questo.

Tardi per lei che è stato assolto. Figurarsi per i condannati.

Mi auguro che l’Appello ristabilisca la verità.

Magari una mano potrebbero darla i suoi colleghi nei media.

Nell’aula accanto la nostra l’8 Novembre fu processato un uomo che

aveva ucciso o ferito gravemente non ricordo un erbivendolo. In

quell’aula erano in 6. Corte, avvocato difensore, pm. Non c’era un

giornalista. Nessuno. Per un fatto grave, di sangue, nessuno. Da noi

non si stava neanche in piedi. Cos’è che fa notizia ? I condannati.

Gli assolti non interessano nessuno.

Ignazio Scardina è stato assolto da ogni imputazione per non aver commesso il

fatto. Le motivazioni, quelle giuridiche, potete trovarle scritte da qualche

giorno. Le motivazioni, quelle vere, invece mai.

scardina.jpg

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Juve-Abete 2 a 0

di IVAN ZAZZARONI (Blog Il calcio è un cartone animato per adulti 08-02-2012)

.........................................................

........................................................

PS. Immemore, io sono solo anti-coģlioni. Se non l’hai capita.

Vuol dire che è contro se stesso!

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Guardiola è con Contador: "Lotta"

Come buona parte della stampa spagnola, il tecnico del Barcellona difende a spada tratta Alberto Contador, squalificato per due anni per doping.

Notizia del 8 febbraio 2012 - 16:07

Come buona parte della stampa spagnola, Josep Guardiola difende a spada tratta Alberto Contador, squalificato per due anni per doping.

"Voglio mandare un abbraccio a Alberto Contador. So per esperienza che alla fine solo una persona sa davvero che cosa è successo, ed è lui: se è innocente, si difenda fino alla fine del mondo. Anche a me è successo, ma alla fine viene sempre fuori la verità".

Anche il tecnico del Barcellona fu coinvolto in un caso di doping nel 2001, ma nel 2007 fa fu prosciolto.

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Ignazio Scardina,

imputato senza un perché,

assolto senza un sol dubbio

di Vincenzo Ricchiuti (Blog Uccellino di Del Piero 08-02-2012)

ovviamente i media non faranno la ressa per riportare la testimonianza di Scardina, molto significativa su come vanno le cose con dei pm stile narduccio

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L’AMACA

Michele Serra - La Repubblica - 7.02.2012

Zapping casuale (e fulminante) domenica sera. Su Rai tre, Gherardo Colombo sostiene che il vero problema del nostro Paese non è giudiziario, è culturale: la maggioranza degli italiani non capisce a che cosa servono le regole, e fino a che non lo capirà anche il più equo dei sistemi giudiziari potrà fare ben poco. Su Raidue, in quel preciso momento, Fabio Capello, uno dei più stimati allenatori italiani, a domanda risponde che Luciano Moggi è stato un eccellente dirigente sportivo (il giovane Andrea Agnelli, pochi giorni prima, aveva detto: il migliore di tutti). Neanche mezza parola sul processo per frode sportiva, sulle schede telefoniche estere regalate agli arbitri, sull’intera, complicata ma ineludibile vicenda che chiamiamo Calciopoli. Capello ha risposto, indirettamente, a Gherardo Colombo. Confermandone la tesi. Moggi è stato “il migliore di tutti” perché ha vinto moltissimo, non importa con quali mezzi, né trasmettendo quali valori al suo gruppo di lavoro. Le ombre etiche e le macchie giudiziarie sono considerate irrilevanti perché irrilevante, in fin dei conti, è il rispetto delle regole. Per molti italiani, anche di livello (Capello lo è), le regole sono considerate, in fondo, l’ultima risorsa dei deboli e degli invidiosi.

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09/02/2012

RAPPORTO FOOTBALL MONEY LEAGUE 2012

Nonostante la crisi economica, i ricavi combinati dei Top 20 Club europei sono aumentati del 3% rispetto all'anno scorso, conseguendo un tasso di crescita mediamente doppio rispetto a quello dell'economia dei paesi rappresentati (1,7% nel 2010 e 1,3% nel 2011). Questo il primo dato che emerge dal rapporto Football Money League 2012, pubblicato oggi da Deloitte. (Clicca QUI per scaricare il file).

I 20 club col maggiore fatturato hanno generato 4,4 miliardi di euro, che rappresentano oltre ¼ del totale dei ricavi combinati di tutti i club europei. Nove club su venti, inoltre, hanno fatto registrare un tasso di crescita a doppia cifra rispetto all'anno precedente.

L'incremento delle entrate di questi club, seppur inferiore rispetto al passato (3% contro l'8% dell'anno scorso) enfatizza la loro forza sppratutto in un momento di crisi economica generale: la loro base fedele di sostenitori, il grande appeal che posseggono a livello di commercializzazione di diritti audiovisivi, e la continua e forte attrazione da parte dei partner aziendali, li ha resi relativamente immuni alla crisi.

Per il quarto anno consecutivo, le prime sei posizioni sono rimaste invariate: in testa il Real Madrid, seguito da Barcellona, Manchester United, Bayern Monaco, Arsenal e Chelsea. Al settimo posto la prima italiana, il Milan.

Al Real Madrid manca ormai solo 1 anno per eguagliare il record del Manchester United, che ha dominato i primi 8 anni del Rapporto Football Money league. Il Real è tallonato dal Barcellona, la cui crescita del 13% nel 2010/11 ha consentito di raggiungere per la prima volta ricavi superiori ai 450 milioni €. La distanza tra i due, che l'anno scorso ammontava a circa 40 mln, è scesa a 29 mln quest' anno.

Inoltre, la sponsorship con Quatar Foundation porterà una ulteriore spinta ai guadagni 2011/12 dei blaugrana. Ma nonostante ciò il Real Madrid può ritenersi tranquillamente al primo posto anche l'anno prossimo. Certo è che ad incidere sul risultato economico delle due squadre saranno soprattutto le rispettive prestazioni in Champions League. Ne deriva che la mancata qualificazione del Manchester agli Ottavi di Champions porterà probabilmente il gap tra il club inglese e le spagnole a oltre 100 mln.

Ancora una volta i 20 club più ricchi fanno parte delle 5 grandi Leghe europee. Il paese più rappresentato è l'Inghilterra, con 6 club in classifica. L'Italia, con l'ingresso del Napoli, si piazza invece al secondo posto, rappresentata da ben 5 squadre. Seguono la Germania con 4 club, la Spagna con 3 e la Francia con 2.

A cedere l'ingresso alle nuove arrivate (Napoli, Valencia e Borussia Dortmund), sono state Atletico Madrid, Stoccarda e Aston Villa.

Focalizzando l'attenzione sul nostro paese possiamo notare che Milan e Inter resistono tra le Top 10 (l'Inter ha anche scalato la classifica di una posizione), mentre la Juventus scende dal 10° al 13° posto. In generale le tre italiane più scudettate hanno fatto registrare una perdita di fatturato, mentre Roma e Napoli oltre a scalare posizioni in classifica hanno visto aumentare i propri introiti.

Per quel che riguarda l'impatto delle nuove regole di Fair Play Finanziario sull'andamento economico del calcio europeo, Paul Rawnsley ha commentato: "L' impegno per una maggiore sostenibilità finanziaria futura non è mai stato così forte da 20 anni a questa parte, e sta indirizzando la maggior parte delle società ad operare in un'ottica di medio lungo periodo, che si traduce nella ricerca di come generare nuovi ricavi, in investimenti sulle giovanili e nella riduzione dei costi.

Deloitte Football Money League 2012

uk-sbg-dfml-2012-cover-150.jpg

February 2012

2 MB

Deloitte Football Money League 2012 (PDF)

Area: Football

Background

Welcome to the 15th edition of the Deloitte Football Money League, in which we profile the highest earning clubs in the world’s most popular sport. The Money League is published nine months after the end of the 2010/11 season, and is therefore the most contemporary and reliable analysis of clubs’ relative financial performance.

Key findings

Real Madrid head the Money League for the seventh successive year and require one more year in top position in order to match the dominance of Manchester United’s during the first eight years of the Money League. FC Barcelona complete a Spanish one-two for the third successive year, whilst the top six positions remain unchanged.

German club Schalke’s run to the semi-finals of the Champions League has allowed the club to claim a top ten position for the first time, climbing six places. We expect Manchester City to claim a top ten position in the next edition of the Money League. England retains the largest representation from any single country with six clubs, with the other 14 clubs from the other ‘big five’ European leagues. There are three new entries into this year’s top 20 in Borussia Dortmund, Valencia and Napoli.

Download

download.gifDeloitte Football Money League 2012 (PDF, 2 MB)

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Inter, Milan e Juve, fatturati in calo: Barca e Real sempre più lontane ma la serie A tiene

Giovanni Capuano Panorama.it 9.02.2012

top-ten-deloitte.jpg

Sorpresa. Anche in mezzo alla crisi il calcio italiano tiene dal punto di vista finanziario nel paragone con il resto d’Europa e, anzi, grazie alla scalata del Napoli guadagna anche una posizione alle spalle dell’Inghilterra che grazie alle sue grandi (Chelsea, Arsenal, Liverpool, Tottenham e i due Manchester) resta il movimento più rappresentato nei Top 20 per fatturati secondo la fotografia scattata dal report ‘Football Money League 2012′ pubblicato da Deloitte.

Non è però il caso di festeggiare perché l’analisi dell’andamento dei fatturati per l’anno 2011 segnala che solo Roma e Napoli - tra le cinque italiane presenti nella lista - hanno fatto segnare un incremento: da 123 a 144 milioni di euro per la Roma (occupa la 15° posizione) e da 92 a 115 milioni di euro per il Napoli (new entry al 20° posto). Inter, Milan e Juventus invece perdono complessivamente 73,4 milioni di euro e vedono allargarsi la forbice con i padroni del mercato europeo.

REAL E BARCELLONA SEMPRE PIU’ LONTANE - Preoccupa che l’andamento negativo delle nostre big arrivi in una stagione in cui i Top 20 hanno generato introiti per 4,4 miliardi di euro con un tasso di crescita del 3% che - come sottolineano gli esperti di Deloitte - è in alcuni casi doppio rispetto a quello dell’economia dei paesi rappresentati. In cima alla lista resiste per il settimo anno consecutivo il Real Madrid, ormai vicino a sfondare la soglia del mezzo miliardo di euro di fatturato: 479,5 milioni di euro.

Anche per gli analisti finanziari, però, siamo alle prese con una riedizione del ‘clasico’ che sta infiammando Liga e Champions League. Alle spalle del Real, infatti, cresce il Barcellona: 450,7 milioni di euro contro i 398 di un anno fa e senza poter ancora conteggiare la mostruosa sponsorizzazione garantita dalla Qatar Foundation che nei prossimi mesi dovrebbe consentire il soprasso. La classifica di Deloitte assomiglia in fotocopia a quella dell’ultima Champions League. Barcellona, Manchester United e Real Madrid sul podio come a maggio e complessivamente 6 delle 8 squadre classifica nei quarti presenti anche nella Top 10 di Deloitte (diventano 9 sulle 16 degli ottavi di finale).

LA CLASSIFICA DELLA TOP TEN - Dietro le due spagnole, isola felice in un movimento altrimenti in crisi come testimonia la presenza di un solo altro club nella classifica (il Valencia che è 19° appena prima del Napoli), c’è il solito Manchester United (367 milioni di euro con un incremento di 17,2),Bayern Monaco (321,4), Arsenal (251,1) e Chelsea (249,8). Poi arriva la prima italiana che, proprio come un anno fa, è il Milan (235,1 con un calo di 8,9 milioni di euro) seguita da vicino dall’Inter (211,4 in regresso di 13,4 milioni di euro). La Juventus, penalizzata dalla mancata qualificazione alla Champions League, è 13° e perde tre posizioni oltre a 51,1 milioni di euro di fatturato con la consolazione di essere la prima italiana con lo stadio di proprietà e la prospettiva di aumentare sensibilmente i ricavi da biglietteria che nel 2011 si sono fermati a poco più di 11 milioni di euro. Al contrario la promozione della Roma (da 18° a 15°) è dovuta proprio al ritorno nell’Europa che conta, mentre la new-entry Napoli è l’esempio di come le società italiane alle spalle delle big hanno benefici dalla legge sulla vendita centralizzata dei diritti televisivi.

SEMPRE TROPPO DIPENDENTI DALLA TV - Con l’eccezione del Milan, l’unica ad avere un’incidenza di ricavi proveniente dai diritti tv al di sotto del 50% (46% con 107,7 mln euro), le nostre squadre non riescono a invertire la tendenza e rimangono troppo ancorate ai soldi delle pay tv. Siamo ben al di sopra della media europea: Inter 58%, Juventus 57%, Roma 64% e Napoli 51%. Qualche esempio di come dovrebbe funzionare per avere una corretta ripartizione degli incassi? Real Madrid e Barcellona, che pure monopolizzano i diritti tv spagnoli, si fermano rispettivamente al 38% e al 41%. Le inglesi - che hanno un sistema centralizzato simile al nostro - non raggiungono in media il 40%. Il paradiso gestionale è il Bayern Monaco: 56% da merchandising, 22% da diritti tv e 22% da biglietteria. Siamo lontani anni luce.

I NUOVI RICCHI - Il rapporto non manca di sottolineare i cambiamenti in atto nel mondo del calcio che stanno spostando rapidamente il centro del business dall’Europa a nuovi palcoscenici. C’è l’emergente Russia che non è ancora rappresentata nella Top 20 ma i cui club stanno incrementando i fatturati e viaggiano ora con una media intorno ai 40 milioni di euro destinata a crescere per il nuovo sistema di distribuzione della Uefa che privilegia l’ingresso di rappresentanti da diversi campionati nella fase finale della Champions League.

Il trasferimento di Nicolas Anelka nella Chinese Super League ha acceso invece i riflettori sulla realtà di Pechino e dintorni con un mercato televisivo potenziale in forte espansione. E, infine, la nuova primavera del campionato brasiliano: i giovani talenti partono con meno frequenza (Ganso, Neymar e Lucas per fare qualche nome) e dal 2010 si sono moltiplicati i campioni che hanno fatto ritorno in patria: Luis Fabiano (San Paolo), Adriano (Corinthians), Ronaldinho (Flamengo),Juninho Pernambucano (vasco de Gama), Deco (Fluminense) e il prestito di Robinho.

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I NUMERI

Calcio, cresce il fatturato dei 20 club più grandi

Raggiunti i 4,4 miliardi di euro ( 3% rispetto all'anno precedente). Il Real primo in classifica. Cinque italiane tra le prime 20 squadre

Redazione online- Corriere della Sera Economia 09.02.2'12

MILANO - I primi venti club calcistici al mondo hanno toccato in un anno il fatturato complessivo di 4,4 miliardi di euro. Una cifra in crescita del 3 per cento rispetto a quella dell'anno precedente. Questi i numeri contenuti nell'ultima edizione dello studio Football Money League 2012 pubblicato da Deloitte. Per il quarto anno consecutivo, rivela il rapporto, la composizione delle prime sei posizioni della classifica è rimasta invariata: il Real Madrid si conferma, sulla base dei ricavi, il club calcistico più grande del mondo. Seguono poi Barcellona, Manchester United, Bayer Monaco, Arsenal e Chelsea.

LA LISTA - Cinque le squadre italiane presenti tra le prime 20: insieme a Milan, Inter, Juventus e Roma si unisce, per la prima volta, il Napoli. Nella top 20 l'Inghilterra è rappresentata da sei club, la Germania da quattro, la Spagna da tre e la Francia da due club. La distanza tra Real Madrid e Barcellona si riduce a 28,8 milioni da 41 milioni. La distanza tra i due club spagnoli e il Manchester, sul podio ma nel gradino più basso, supera i 100 milioni. Mentre Arsenal e Chelsea hanno mantenuto le loro posizioni, restando rispettivamente al quinto e al sesto posto, il Liverpool, dopo il primo anno senza Champions, è scivolato di un'ulteriore posizione passando dall'ottavo al nono posto.

LE ITALIANE - Tra le italiane, Milan e Inter rientrano nella top ten, guadagnando rispettivamente la settima e l'ottava posizione. La Juventus invece, perdendo tre posizioni, si posiziona al tredicesimo posto, la Roma guadagna tre posizioni arrivando quindicesima mentre per la prima volta il Napoli entra nella prestigiosa classifica europea. Solo due club italiani però hanno registrato una crescita dei ricavi. Il Milan si conferma prima squadra del Belpaese con 235,1 milioni (-3,7%) di ricavi, segue l'Inter con 211,4 milioni (-6,2%). La squadra che ha registrato il maggior calo dei ricavi è la Juventus con un -24,9%. Roma e Napoli, al contrario, hanno visto crescere i propri ricavi rispettivamente del 17% e del 25% rispetto al 2009/10.

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CALCIOPOLI

Primo: restituire lo scudetto 2004-05 alla Juve

di ALVARO MORETTI (Tuttosport 10-02-2012)

E SE IL TAVOLO della Pace vera lo rimettesse in piedi la giudice Casoria? Ci

si può sedere attorno alle 558 pagine vergate dalla presidente della nona

sezione del tribunale di Napoli e scoprirvi una via d’uscita per il calcio

italiano, buona per molti e accettabile per qualcuno. Quelle pagine pur tra

mille contraddizioni sanciscono la colpevolezza di Moggi, ma sciolgono la Juve

(la Grande Danneggiata) dal peso più grave degli addebiti e liberano la

stagione 2004-2005 dal fardello di “stagione interamente taroccata e vergogna

del calcio italiano”. Proprio questi fondamentali della sentenza Calciopoli -

con salti logici evidenti, tante contraddizioni, attenuazione degli addebiti e

bacchettate pesanti agli inquirenti - possono far guadagnare un passo avanti

nell’impasse che è culminata nel meritorio tentativo di Gianni Petrucci, lo

scorso 13 dicembre. Perché una via d’uscita - buona per tutti - la leggiamo

proprio nelle pagine pubblicate lunedì.

L’assunto principale sull’intera vicenda, al netto delle feroci critiche agli

inquirenti accusati di parzialità, di aver mirato sul Moggi tutte le

attenzioni che potevano essere sparse anche altrove, come hanno testimoniato

telefonate ritrovate e baffi rossi trascurati a targhe alterne, è che non ci

sono prove che campionato 2004-2005 sia stato condizionato, inquinato alla

radice, frodato dall’inizio alla fine. E che per le singole frodi scelte come

architravi dell’accusa di associazione per delinquere sono solo tentativi o

addirittura «intenzioni di...». La giustizia sportiva ha deciso di infliggere

all’intero calcio italiano la pena più dura e infamante: il campionato

2004-2005 per radicale inquinamento è stato cancellato, con lo scudetto

revocato alla Juventus. Un buco insopportabile per la storia del football

nostrano, che però è lì e lì era stato messo come ammonimento. Tutto ciò

perché chi ha giudicato nel 2006 lo ha fatto sulla base delle informative del

maggiore Auricchio e dalla prima frettolosa chiusura delle indagini dei pm

Narducci e Beatrice, suggestionata da sorteggi asseriti come taroccati (altro

niet posto dalla Casoria), ammonizioni mirate (anche qui niente emerge), dal

rapimento inventato di Paparesta (che nel processo di Napoli manco ci è

arrivato, smontato in precedenza dala Procura di Reggio Calabria).

Il fatto è - ora - che se la Juve vorrà percorrere la via della revisione del

processo sportivo ex articolo 39, forte (anzi, fortissima) anche della

scissione sancita a Napoli tra la figura di Moggi e la sua operatività in

esclusiva chiave juventina, non si potrà non rivedere e revisionare

quell’enorme articolo 1 che ha generato il mostro di un illecito sportivo

senza prova di partite alterate e quindi di vantaggio.

La sanzione principale per la Juventus fu quella gravata sulla classifica

della stagione 2005-2006 con la retrocessione in B: se adottassimo oggi il

criterio di giustizia ordinaria a quello sportivo, sarebbe evidente

l’attenuazione del profilo di colpa attribuibile al club («Né può essere

trascurato il dato del ridimensionamento della portata dell’accusa che deriva

dalla parzialità con la quale sono state vagliate le vicende del campionato

2004-2005, per correre dietro soltanto ai misfatti di Moggi, dei quali sono

state accertate modalità, quanto alle frodi sportive, al limite della

sussistenza del reato di tentativo, con conseguente ulteriore difficoltà di

aggancio alla responsabilità del datore di lavoro», scrive la Casoria). E se

pure si volessero punire le responsabilità di Giraudo, l’ex ad, e andare

pesanti su quelle di Moggi, non si andrebbe ad incidere su due stagioni ma

solo su quella in cui s’è indagato a livello sportivo. Come s’è fatto e si

farà per Scommessopoli.

E allora ecco il “Lodo Casoria”: percorrere la strada dell’articolo 39 per

riconsegnare alla Juventus lo scudetto (unico effetto pratico ancora possibile)

per una stagione - la 2004-2005 - che la stessa Casoria dichiara avvelenata

dal chiacchiericcio telefonico su griglie e dalle cene, ma anche dalla

incredibile parzialità dell’indagine, come la relazione Palazzi certifica

all’esito della lettura delle telefonate nuove e dei baffi trascurati per i

fortunati (sic!) prescritti di Calciopoli.

La Figc riguadagnerebbe alla correttezza sostanziale un anno di storia del

calcio italiano, quello che preludeva al Mondiale 2006. Il tutto senza urtare

sensibilità interiste, visto che su quella stagione (almeno) Moratti non ha

avuto nulla a pretendere. La questione dello scudetto cosiddetto di cartone,

quello 2006, in ogni caso è devoluta - ormai - ai tribunali statali sui due

versanti del Tar e della Corte d’appello civile. Ma anche qui un’altra fonte

del diritto superiore, il Coni, ci ha consegnato una riforma della giustizia

sportiva che vuole cancellare per il futuro strade erronee come quella scelta

dal consiglio federale della Figc con la «non competenza», spazzata via da

apposito articolo dei nuovi principi di giustizia sportiva. Sarebbe un Lodo,

questo, che non risarcisce e non sana. D’altronde, proprio alla vigilia della

valanga di Scommessopoli 2, ripensare ad un campionato in cui s’è accertata

solo l’intenzione fraudolenta e il pericolo di inquinamento figlio di

telefonate da Processo del Lunedì fa sorridere leggendo atti e riscontri delle

Procure di Cremona e Bari relative agli ultimi tre campionati di A, B e Lega

Pro. Se non riabilitiamo il campionato non frodato 2004-2005, che dovremmo

fare con quelli finiti in mano a zingari, bookmaker asiatici e ad una

pattuglia nutrita di calciatori di livello?

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ITALIA ED ESTERO CAMBIAMENTI PER A, CHAMPIONS, EUROPA LEAGUE E NAZIONALE

Beretta e Platini studiano

novità per i calendari

di ANTONELLO CAPONE (GaSport 10-02-2012)

La Lega Serie A si riunirà oggi in commissione tv e assemblea: discuterà anche

di emergenza maltempo nonostante l'ordine del giorno sia sull'offerta Rai per

il calcio in chiaro già definita «indecente» da numerosi presidenti. I

prodotti saranno spacchettati, già il canale in chiaro di Sky, Cielo, ha

aperto lo slot. Oggi la Lega prende 25 milioni (la Rai ha offerto meno della

metà), per il futuro punta ad un minimo di 22-23. Mentre Mediaset tira a

prendersi la Coppa Italia che anche l'altra sera con 9,3 milioni di audience e

il 30% di share per Milan-Juve ha mostrato tutto l'appeal.

Lega A-Uefa insieme Ma torniamo al maltempo e a chi sta lavorando sodo

a fari spenti per una nuova formulazione del calendario in modo da diluire

diversamente gli impegni. Il presidente Maurizio Beretta, il direttore

generale Marco Brunelli e il delegato per i rapporti internazionali Giovanni

Pifarotti hanno mandato il sì di massima della Lega italiana all'Uefa che sta

studiando un calendario europeo che armonizzi con la Fifa tutte le

manifestazioni. L'Italia ritiene positivo studiare con Platini e lavora in

seno al movimento delle Leghe europee affinché l'assenso alla discussione sia

unanime, nell'interesse di tutti: molti ok già arrivati, sono un po' restii

gli inglesi che come in Europa tengono a battere moneta propria.

Cosa si guadagna Il piano prevede il via dalle stagioni 2014-15 e 2015-16.

Ripetibile sempre a due a due. La Lega guadagnerebbe in due anni tre mercoledì

liberi nei quali far giocare la Serie A e un turno domenicale in più a fine

maggio. Infatti Platini si è impegnato con l'Italia a fissare nelle ultime

date possibili di maggio le finali di Champions League ed Europa League, in

modo che i campionati possano concludersi con più fiato. L'inizio sarebbe in

agosto, meglio con due turni. E l'Uefa proporrà alla Fifa di diminuire

nell'arco delle due stagioni i rilasci dei calciatori per le squadre nazionali

da 12 a 9. Ma attenzione, non si tratterebbe di tagliare gli impegni

dell'Italia e degli altri team, quanto di riorganizzarli. Non più rilasci per

singole partite, spesso amichevoli, che in questo ingolfamento di date creano

seri problemi. Ma accordo per rilasci dal lunedì al mercoledì della settimana

successiva, quindi per dieci giorni, per doppi impegni delle nazionali, che

siano ufficiali o amichevoli. Quanto alla composizione delle squadre, fino al

2015 la A sarà sicuramente a 20 squadre: diritti già venduti. Le 18? I

problemi verrebbero dalla B e dalla Pro che avrebbero promozioni dimezzate.

-------

SVOLTA DATE GANDINI (CLUB EUROPEI)

«Dai campionati alle nazionali

Si cambierà così»

«Alle Leghe tre mercoledì e un weekend in più per i calendari»

di ANTONELLO CAPONE (GaSport 11-02-2012)

Umberto Gandini, lei è primo vice presidente dell’Eca, l’Associazione

dei club europei. Abbiamo scritto che la Lega A è favorevole a

cambiare i calendari con la regia di Uefa e Fifa. . .

«Abbiamo avuto riunioni con l’Uefa e le Leghe di tutta Europa. Nell’assemblea

del 27-28 l’Eca chiederà di portare una nuova organicità nei calendari e

speriamo che il 5 marzo l’Uefa riesca a convincere le altre Confederazioni che

il cambiamento conviene a tutti. Riguarderebbe a due a due le stagioni

2014-15/2015-16 e 2016-17/2017-18. Poi per il Mondiale Qatar 2022 si vedrà».

Qual è la conquista più importante?

«Più ordine all’impiego dei giocatori da parte delle nazionali. I club li

darebbero per 10 giorni 9 volte in 2 stagioni per impegni ufficiali o

amichevoli o stage. Oggi i rilasci obbligatori sono 12, ma ci sono quelli di

48 ore per le amichevoli singole che sono deleteri per tutti».

L’Uefa fisserebbe le finali Champions ed Europa League a fine maggio,

dando più tempo...

«La Lega A e le altre Leghe avrebbero un turno in più a maggio e in 2 anni 3

mercoledì liberi per campionato o coppe nazionali. Non poco».

Avete coinvolto i calciatori? Cosa pensano?

«Sì, a diverse riunioni ha partecipato anche il sindacato internazionale dei

calciatori Fifpro. Le risposte sono positive, il tema è sentito».

Chi bisogna ancora convincere?

«Qualche Confederazione sta ancora ragionando, ma si renderà conto che in

Europa giocano i migliori di tutto il mondo, per cui i ritorni positivi sono a

favore di tutti i continenti».

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JUVE E MILAN SI FANNO I DISPETTI

SAREBBE ANCHE ORA DI SMETTERLA

Umberto Zapelloni - Gasport 10.02.2012

Non è importante stabilire con esattezza chi abbia cominciato. Se è stato Adriano Galliani che aveva "previsto" due e non tre giornate di squalifica per Ibra dopo lo schiaffo ad Aronica oppure Beppe Marotta che domenica aveva alzato la voce per chiedere la protezione di un arbitro internazionale per la Juve dopo il rigore non visto da Peruzzo contro il Siena. Oppure se ancora prima aveva cominciato chi aveva ottenuto di non giocare a Parma o chi aveva domandato il rinvio della partita con il Napoli. Piuttosto è importante finirla subito, riporre le armi e le parole prima che gli animi si scaldino troppo e gli scherzett/dispetti si trasformino in guerre più calde che fredde.

Non è stato bello e neppure educativo vedere Ibrahimovic mettere il suo ditone sulla faccia di Storari alla fine di una partita che era stata dura al punto giusto da una parte e dall'altra. Ma non è stato bello e neppure educativo sentire poi Chiellini chiedere di far ricorso alla prova tv per squalificare lo svedese, soprattutto dopo che lo stesso Storari aveva minimizzato con un intelligente "Sono cose che capitano".

Botta (di Ibra) e risposta (di Chiellini) potevano bastare. Ma a sottolineare come la temperatura intorno a Milan-Juventus stia salendo oltre i limiti di sicurezza tanto da allertare la protezione civile, è poi arrivato Massimo Ambrosini che non ha perso l'occasione per buttare un po' di benzina sul fuoco prendendosela con Chiellini: "Non mi sembra simpatico andare in sala stampa ad invocare la prova tv...". Un intervento da capitano, fatto per cercare di smorzare un po' i toni e che, complice l'uscita serale di Adriano Galliani ("Chiellini mi ha molto deluso"), potrebbe invece avere l'effetto contrario.

Tra Juve e Milan c'è di mezzo uno scudetto che comincia ad avere un sapore antico, il profumo di una rivalità che da anni non si respirava più, ma che adesso sta esplodendo nonostante il massimo rispetto tra le due società. La posta in palio è troppo importante per tutte e due le squadre. Per il Milan significa confermarsi, staccare l'Inter nella conta degli scudetti cittadini, avvicinarsi alla seconda stella, restare sul trono per due anni di fila come non capita dai tempi di Capello. Per la Juve di Andrea Agnelli vorrebbe dire completare la resurrezione, inaugurare la prima stagione nella nuova casa con il trofeo più ambito, riprendere quel percorso bruscamente interrotto da calciopoli ritornando in Champions con un triangolino tricolore sul cuore. Nessuno vuole mollare proprio ora. Proprio adesso che sul campo, complici gli infortuni a catena che hanno decimato la rosa di Allegri, il sorpasso sembra già avvenuto. Ma una cosa è giocarsi una partita alla morte, darsele anche di santa ragione in mezzo al prato (prato? beh, quello di San Siro andrebbe chiamato in altro modo), un'altra è scambiarsi punzecchiature davanti ad ogni microfono. Siamo contrari al silenzio stampa, apprezziamo anche i sani sfottò, ma il rumore dei nemoco a tutti i costo, come predicava Mourinho, non ci piace. E ne facciamo volentieri a meno.

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SPY CALCIO

di Fulvio Bianchi (Repubblica.it - 10-12-2012)

Caos in Lega di A, 8 club

contro Beretta: "Dimettiti"

Caos in Lega Calcio: otto club (su venti) chiedono la convocazione di un'assemblea straordinaria per costringere l'attuale presidente, Maurizio Beretta, a dimettersi. E' dal marzo scorso che Beretta ha annunciato le dimissioni ma è sempre restato al suo posto perché i presidenti non si sono mai messi d'accordo su un suo sostituto (sinora sono circolati i nomi di Carraro, Camiglieri, Cardinaletti, Simonelli, ecc.) Ora la "rivolta" di Inter, Palermo, Cagliari, Bologna, Novara, Siena, Cesena e Lecce. Nel caso non venisse convocata l'assemblea straordinaria, gli otto club, che sostengono di poter arrivare a quota 12 voti, chiederebbero alla Figc di commissariare la Lega di serie A per mancato funzionamento. Insomma, un caos totale in una Lega già nel mirino, da tempo, di Coni e Federcalcio. Massimo Cellino, n.1 del Cagliari e consigliere federale, ha attaccato il presidente Maurizio Beretta, accusandolo di "immobilismo" e di aver "romanizzato" la Lega. "Non ho nulla da dire su Beretta, ma rappresenta l'immobilismo, è immobile - ha detto il presidente del Cagliari in radio - Ha un altro lavoro? Lavoro è una parola molto grossa, ha un hobby a Unicredit e un altro in Lega, e, come diceva qualcuno (Totò, ndr), io pago...". E ancora: "L'ultima cosa che si vuole è lavorare, abbiamo romanizzato la Lega. A chi lavora a Roma bisognerebbe dare il Tapiro d'oro... Se posso, a Roma nemmeno ci dormo, i politici hanno tutti la scorta e ogni volta che c'è un problema si forma una commissione". E, con il collega del Palermo Maurizio Zamparini in collegamento radiofonico, Cellino ribadisce che "se in Lega non ripristinano le regole io non ci torno, gli altri sono sull'Aventino. Serve un presidente che ci coordini e porti avanti dei programmi, invece Beretta non riunisce i consigli di Lega, non legge i programmi e porta avanti quelli di qualche singolo che gli mantiene il posto". Una battuta anche su Preziosi e Lotito e le recenti modifiche al codice etico approvate dal Coni: "Quando ti siedi al tavolo del poker, sai che il poker batte il full e devi rispettare le regole".

Coni: via ai bandi dei concorsi letterari

Il Coni ha rinnovato la propria tradizione culturale con l'emissione dei bandi del 46° Concorso Letterario e del 41° Concorso del Racconto Sportivo. Il Concorso più antico, che ha contribuito negli anni alla produzione letteraria di contenuto sportivo e dato nuovo impulso agli studi specializzati in materia di sport, offre la possibilità agli autori italiani di partecipare, entro il 16 aprile, con le opere editate nel 2011 in tre sezioni: 1) Narrativa - libri di poesie, romanzi o raccolte di racconti di pura creazione con argomento sportivo; 2) Saggistica - monografie, studi storico-letterari, biografie e simili, sempre di argomento sportivo; 3) Tecnica - studi specializzati in materia di sport. Il Racconto sportivo si propone di promuovere e divulgare un genere narrativo sempre più diffuso. Confermato quest' anno, dopo il successo dell'esordio, il premio 'Under 18', riconosciuto all'autore del miglior racconto sportivo scritto da un giovane nato dopo il 1 gennaio 1993.

(10 febbraio 2012)

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