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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Joined: 08-Jul-2006
21389 messaggi

DE MAGISTRIS

ti voglio bene

Secondo un sondaggio è il sindaco più amato d’Italia. Napoli

è più pulita. In strada si vedono i vigili. La campagna sulla

legalità ha dato dei risultati. Ma di gaffe ne ha fatte tante

di EMILIANO FITTIPALDI & GIANFRANCESCO TURANO (l’Espresso | 26 gennaio 2012)

[...]

Ma per adesso il sindaco più amato del Paese sembra voler restare solo al

comando. Mal visto dal Pd, dai seguaci di Antonio Di Pietro, oltre che da una

parte dei movimenti che lo hanno sostenuto, i consigli li accetta solo dal

fratello Claudio, plenipotenziario all’organizzazione degli eventi culturali,

dalla portavoce Marzia Bonacci, trentenne romana considerata la pasionaria di

Palazzo San Giacomo, e dal capogabinetto Attilio Auricchio, l’ex carabiniere

che si occupò di Calciopoli.

[...]

Non intendo riportare tutto il pezzo.

Dico solo - e non smentisco - che sembra confezionato così come il piccolo

centro di Storybrooke in "Once Upon A Time".

solite s********e che dicevano di bassolino o di orlando a palermo

l'acqua scorre ma è sempre acqua

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Joined: 07-May-2009
2735 messaggi

Per di più ora è stato indagato anche per l'operazione "Why not", intercettazioni non autorizzate. Qualcuno ci ha passato un pò di guai, lui si è fatto il nome fino a diventare sindaco....hai capito come funziona?!!!????!!!!

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Joined: 14-Jun-2008
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Vicepresidenza

Preziosi in pole

ma il Coni fa paura

di MARCO IARIA (GaSport 23-01-2012)

I rilievi del Coni sulla ventilata elezione di Enrico

Preziosi a vicepresidente della Lega (oggi alle 12

l’assemblea) non sono passati inosservati. Più di un club

ritiene che non valga la pena aprire un altro fronte di

scontro con la massima istituzione sportiva, che considera

il patron del Genoa ineleggibile per due motivi: il

patteggiamento a 23 mesi per bancarotta fraudolenta e la

passata squalifica di 5 anni (più 6 mesi). Preziosi è

disposto a fare un passo indietro per evitare fratture

interne. Ma la Lega è convinta che non ci siano ostacoli

normativi alla sua elezione e, magari, potrebbe sfruttare

l’occasione per riaffermare la sua autonomia. Come

alternative circolano i nomi di De Laurentiis e Zamparini.

Fenucci (Roma) è invece sicuro di un posto da consigliere.

Non è escluso che, alla fine, si decida di rinviare le

elezioni.

___

Calcio scommesse

Sconto ai pentiti: squalifica di un solo anno

di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 23-01-2012)

ROMA - I pentiti del pallone avranno un consistente sconto di pena: un solo

anno di squalifica, anziché tre (o più) in caso di illecito. Applicando le

nuove norme, varate dopo lo scandalo di Calciopoli, la Federcalcio adesso sta

pensando di fissare un tetto, in modo da poter premiare chi collabora alle

inchieste e rompe così il muro di omertà, elemento considerato decisivo nella

lotta alla piaga delle scomesse. La decisione è stata presa dopo l´ultimo caso,

quello dell´ex giocatore del Bari Andrea Masiello, ora all´Atalanta, che

venerdì ha raccontato ai magistrati, e presto lo farà anche a Stefano Palazzi,

come erano state vendute lo scorso anno ben nove partite di serie A. Masiello

va tutelato, e per questo, se continuerà nella sua linea di collaborazione,

avrà soltanto un anno di squalifica dalla giustizia sportiva. Pugno duro, anzi

durissimo, invece, con chi insiste nel negare: per loro è prevista anche la

radiazione.

La nuova linea della Figc, con il presidente Giancarlo Abete particolarmente

colpito dal nuovo caso del Calcioscommesse, viene messa a punto in attesa che

il procuratore Palazzi possa iniziare, a pieno regime, la sua attività

istruttoria. Palazzi aspetta ancora una convocazione dalla Procura della

Repubblica di Cremona, per poter avere il via libera: c´è stato un (piccolo)

ritardo sui piani previsti ma la prossima settimana il procuratore Figc andrà

dal pm Di Martino. L´indagine della Federazione durerà più di un mese, perché

vanno sentiti almeno una quarantina di tesserati, e i processi (sportivi)

potrebbero iniziare, se tutto va bene, intorno ad aprile. Non si sa ancora se

le eventuali sanzioni verranno scontate in questa stagione o nella prossima:

ma c´è il rischio che i campionati, dalla serie A alla Lega Pro, possano

subire un terremoto proprio nelle battute conclusive. Meglio sarebbe - e

questa è la tesi sostenuta da alcune Leghe - penalizzare i club dalla prossima

annata. Per molti calciatori, invece, è prevista la radiazione. A meno che si

pentano. Sono ancora in tempo.

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Paolillo:

“Il calcio italiano ha bisogno di nuovi manager”.

E l’Inter si scopre vicina ai parametri Uefa

di GIOVANNI CAPUANO (Panorama.it 23-01-2012)

Quasi 700 milioni di euro bruciati in sei anni da Inter, Milan e Juventus.

Numeri da brivido che, inseriti nel contesto europeo in cui i club che

partecipano alle coppe hanno accumulato deficit per 2 miliardi di euro solo

nell’ultima stagione, collocano il calcio italiano in posizione di difficoltà.

Il Fair Play Finanziario serve soprattutto qui, in assenza di leggi che

consentono lo sfruttamento pieno di stadi e merchandising e con società che

litigano su tutto e faticano a costruire insieme una piattaforma comune per

uscire dalla crisi.

Da sette mesi la Lega Calcio di serie A è praticamente senza governance. Oggi

si proverà a mettere una pezza nominando Preziosi vice per evitare il

commissariamento da parte del Coni. Però per la sostituzione del presidente

Maurizio Beretta non ci si muoverà prima di giugno e i contrasti tra grandi e

piccoli, esplosi nei mesi scorsi sulla divisione della torta dei diritti tv, è

un fuoco che cova sotto la cenere e rende difficile il dialogo. “Servono nuove

regole e nuovi manager” dice Ernesto Paolillo, amministratore delegato

dell’Inter, l’uomo che Moratti invia in Lega ad occuparsi di politica

sportiva. E’ lui che si siede al tavolo con gli altri.

Con questa situazione difficile fare i passi avanti che servono?

“La Lega è ingessata con una guida precaria. L’esempio è l’Inghilterra che ha

preso manager esterni e reso la Premier League efficiente. Oggi invece da noi

ci si affida spesso a sensazioni”

Un manager esterno è anche l’identikit secondo lei del successore di

Beretta?

“Un manager esterno che inserisca altre figure manageriali. Voglio essere

chiaro: oggi ci affidiamo troppo a consulenti esterni per tutto, a partire

dalla vendita dei diritti tv, piuttosto che avere queste professionalità

all’interno con costi inferiori e benefici per tutti”

Intanto continuiamo ad accumulare ritardo: difficile ad esempio

pensare che ci sarà presto un altro stadio di proprietà per un club di

alto livello dopo lo Juventus Stadium?

“Manca la legge sugli stadi che permettere di capire quanto commerciale si

può fare intorno all’impianto. Senza è impossibile fare budget. La Juventus è

stata brava a non farsi sfuggire l’occasione di uno stadio regalato dal Comune,

altrove bisogna acquistare il terreno ed è impossibile muoversi senza sapere

qual è il budget”

Difficile che la faccia il governo Monti…

“Credo che abbia ben altre cose da fare e non è opportuno chiedere che venga

messa tra le priorità. Ma prima o poi ci aspettiamo che arrivi”

Eppure applicando le norme del Fair Play la situazione delle italiane

non è così. Quello che pochi sanno, ad esempio, è che il sistema

scritto dall’Uefa consente di non conteggiare tra le spese a bilancio

tutti i contratti antecedenti al giugno 2010. Per l’Inter significa,

per esempio, non conteggiare i vari Sneijder, Maicon, Julio Cesar e

tanti altri… Siete già dentro i parametri Uefa?

“Sterilizzandoli siamo vicini ai parametri. Le nostre politiche degli ultimi

anni sommati a queste regole ci hanno già portati vicini al rispetto del FFP.

E credo che valga per gli altri club italiani. I tifosi devono sapere che i

conti si faranno diversamente da come vengono letti sui giornali”

L’Inter ha un monte stipendi superiore a 150 milioni di euro. Quanto

deve tagliare?

“Dobbiamo abbattere il monte stipendi con cessioni, rinnovi che seguano

questa logica e inserimento di giovani. Non ci sono altre strade. Abbiamo tre

anni per arrivarci e lo faremo, però dobbiamo riuscire ad aumentare le voci

dei ricavi oltre a quelli derivanti dai diritti tv come avviene in Italia”

Dopo Ibrahimovic, Balotelli ed Eto’o continuerà a valere la regola di

una cessione pesante ogni estate?

“Non necessariamente. Si lavorerà sui rinnovi di contratto. Arrivando i

giovani e partendo gli anziani sta diventando un automatismo”

Il Milan ha scelto la strada dei rinnovi solo annuali per gli over 30.

Può essere un modello?

“Dipende. A volte la precarietà dei contratti porta a rendimenti diversi.

Resto convinto che si debba puntare su un gruppo anziano sicuro da affiancare

ai giovani”

Si corre qualche rischio in meno di mal di pancia a stagione in corso?

“No perché la situazione del mondo del calcio è nota anche a giocatori e

procuratori. Lo vedono anche loro che il mercato si è ristretto e si adeguano.

E’ inevitabile”

Quando il Fair Play Finanziario entrerà nelle seconda fase è probabile

che Platini non sarà più presidente dell’Uefa ma capo della Fifa. C’è

il rischio che il FFP non gli sopravviva?

“No. Il momento è troppo delicato e servono interventi. Lo voglio ripetere:

la strada che abbiamo intrapreso è irreversibile. Nessun ripensamento”.

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 23-01-2012)

Addio tessera del tifoso

Ecco quello che succederà

Addio tessera del tifoso. Finalmente una buona notizia: al Viminale stanno

pensando a novità importanti per la prossima stagione e dopo aver incontrato i

club di B, presto incontreranno anche quelli di A. Non ci sarà più la tessera

del tifoso (ora sono oltre 800.000) come è adesso, che per molti, e non a

torto, era diventata la tessera del Viminale, e qualche club l'aveva fatta

diventare anche la tessera-business (ma una sentenza del Consiglio di Stato ha

dato loro torto). Non si chiamerà più tessera del tifoso, e non sarà più

abbinata agli abbonamenti, cosa che aveva suscitato non poche proteste. Si sta

studiando qualcosa per regolamentare le trasferte (dove ormai vanno in pochi)

e soprattutto si vuole fare in modo che ci siano maggiore trasparenza e minori

disagi per i tifosi (perbene), a volte costretti ad autentiche peripezie per

andare allo stadio. E' soddisfatto, almeno in parte, l'avvocato romano Lorenzo

Contucci, difensore (anche) di molti tifosi: "Ma adesso bisogna abolire anche

l'articolo 9 della legge Amato. E' assurdo che impedisca ad un tifoso di avere

la tessera se ha avuto delle condanne da stadio, anche nel lontano passato. Lo

stesso Osservatorio del Viminale ha detto che va abolito. Sarebbe un ulteriore

successo, dopo quello sulla privacy e quello del business...". E' assurdo che

in curva si possano trovare pluripregiudicati per rapina (ci sono, come no) e

non abbia diritti ad avere il biglietto, o la tessera, chi magari ha acceso un

fumogeno cinque anni fa. Il ministro Annamaria Cancellieri si è insediata da

poco ma ha preso a cuore il problema. Tra l'altro, è una tifosa di calcio. Per

essere più precisi, è tifosa della Roma e suo figlio, come dirigente UniCredit,

ha avuto un ruolo importante nel passaggio del club dai Sensi agli americani.

Nuovo ministro e nuovo anche nuovo responsabile dell'Osservatorio. E' Roberto

Sgalla, che già conosce bene il mondo del calcio: "Il tifoso deve percepire lo

stadio come un luogo sicuro, dove si va con gli amici per godersi la partita e

non si rischia nulla. Noi stiamo lavorando per arrivare a questo". Presto

verranno rivelati i dati del girone d'andata: sono tutti estremamente

positivi. Meno incidenti, meno feriti, meno arresti e denunce. Risparmio di

uomini, mezzi e lacrimogeni. Un passo avanti notevole, anche se ancora molto

deve essere fatto.

Dal 2007-'08 anche in Italia ci sono gli steward: ne vengono impiegati circa

190.000 in una stagione. Il decreto dell'ex ministro Maroni del 28 luglio 2011

dà maggiori poteri agli steward: potranno anche perquisire gli spettatori con

la tecnica del pat-down, già in uso negli areoporti. Ma queste norme non sono

ancora in vigore, il Viminale sta mettendo a punto in questi giorni il

regolamento. L'obiettivo, come all'estero, è arrivare a stadi dove non si

vedono più poliziotti, dove non ci sono barriere. Dove si assiste alla partita

in piena sicurezza. Ma non facciamo, per favore, i soliti paragoni

(impossibili) col sistema inglese. La verità è che in Inghilterra non ci sono

più incidenti negli stadi ma fuori sì, anche se molto sovente vengono nascosti

all'opinione pubblica. La verità è che in Inghilterra è stato messo a punto,

dopo l'Heysel, un sistema repressivo durissimo e, alzando i prezzi dei

biglietti, i tifosi meno abbienti sono stati tenuti lontani dagli stadi (che

peraltro sono pieni). In Inghilterra gli impianti sono di proprietà dei club

che possono anche stabilire di escludere a vita (sì, avete letto bene: a

vita...) chi supera una mini-barriera e invade il campo magari solo per

esultare, non per picchiare l'arbitro. In Italia sarebbe possibile? No, per

fortuna. Guardiamo in casa nostra, senza ispirarci a un modo di vivere, una

mentalità e una legislazione che non ci appartengono. Gli stadi italiani

devono essere proprietà dei club ma la legge giace da un paio d'anni alla

settima commissione cultura e sport della Camera. Una vergogna per i nostri

politici: eppure si ricordano di mandare l'auto blu a ritirare i biglietti

(gratuiti, ovviamente) per la tribuna vip... La Juventus ha uno stadio di

proprietà, e lì i tifosi si sentono a casa: nessuno d'altronde si sogna di

distruggere i bagni a casa propria. Questa è la strada. Bisogna riportare

anche il folclore, l'allegria negli stadi: dove sono finite le bandiere? Gli

striscioni allegri, goliardici? Il calcio è anche sfottò. Se davvero è finita

l'emergenza, allora riapriamo le porte anche al tifo, ricordandoci che ultrà

non vuole dire teppista, ma solo un modo di ragionare e amare la propria

squadra. Fra gli ultrà ci sono delinquenti come ci sono fra i giornalisti e i

poliziotti (di recente alcuni sono stati rinviati a giudizio perché hanno

pestato un tifoso..), ma i delinquenti, di qualsiasi genere siano, vanno messi

in condizione di non nuocere. La caccia all'ultrà, la repressione, deve

finire.

Rai, a gonfie vele Novantesimo e Domenica Sportiva

Calcio-spezzatino e ascolti tv, ecco le trasmissioni Rai del week end: Stadio

Sprint 8,52%, 1.558.000; Novantesimo Minuto 12, 84%, 2. 652. 000; Domenica

Sportiva 11,46%, 1.721.000; 5' di recupero (intervistato il ct Prandelli) 16,

18%%, 4.580.000

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Calciopoli, si riparte dalle clamorose falle del processo!

dal blog di SIMONA AIUTI 23-01-2012

Un esposto/denuncia è stato depositato da Tiziano Pieri alla Procura della

Repubblica di Roma sul metodo delle indagini nel processo di Calciopoli e

forse qualcuno è stupito di questo? Dopo tutto, sappiamo che sono migliaia le

telefonate scomparse, poi tardivamente ritrovate, che hanno viziato l’esito

del processo . L’ex arbitro internazionale chiede che l’Autorità Giudiziaria

accerti quali furono i metodi utilizzati, verificando le eventuali condotte

penalmente rilevanti relative all’attività nel procedimento e non è poco.

A tal proposito non possiamo non ricordare Narducci, di cui credevamo d’aver

perso le tracce, e la sua linea di pensiero non si è spostata di un millimetro

dall’impostazione iniziale, conseguenza delle informative di Auricchio per noi

“strane”, e di lui si sono perse un po’ le tracce. Dunque Narducci ha

sorvolato sulle falle dell’indagine. Facciamo notare che Di Laroni ha chiarito

che fece tutto a mano, un lavoro amanuense, elaborando le da lui definite

“schifezze” fornitegli.

E se nella prima parte della sua requisitoria Narducci aveva elevato a rango

di supertestimone l’ex arbitro Nucini, nella seconda parte tale ruolo è

rivestito da Manfredi Martino. Egli chiarisce la vicenda della Fazi o crede di

farlo, dicendo che Fazi venne “fatta fuori” dietro insistenza di Moggi e

Giraudo, perché temevano che la signora avesse iniziato a intrattenere

contatti con Meani. La cosa curiosa di tutta la vicenda è che poi viene a

galla nelle migliaia d’intercettazioni “tralasciate”, che quello che

intratteneva rapporti con Meani era proprio Manfredi Martino.

Manfredi Martino dice a sua volta che si messaggiavano sempre, e Meani in una

delle tante telefonate dimenticate, o anche: “non mollate”, scrive lo stesso

Martino in un sms sempre a Meani dopo la sconfitta del Milan contro la

Juventus.

Interessante è poi la deposizione di Gianfelice Facchetti a Napoli e riguarda

un altro mistero di Calciopoli. Sappiamo che la verità potrebbe svelarla solo

Giacinto Facchetti, quindi non sapremo mai se egli registrò o meno le

confidenze di Nucini, anche se in molti lo sostengono.

Dopotutto però le intercettazioni ci sono e possono bastare, forse poco

aggiungerebbe sapere qualcosa sulle persone presenti al presunto incontro al

Concord. Se c’è un cd o se c’è mai stato, a parer mio non esiste più.

Gianfelice Facchetti, in Procura a Napoli ha parlato a ruota libera attingendo

ai ricordi e agli appunti del padre non firmati, e quando gli viene chiesto a

parer mio in modo banale, se avesse mai appreso dal padre che i colloqui

intrattenuti con Danilo Nucini fossero stati registrati all’insaputa

dell’arbitro, la risposta è stata negativa.

E’ vero però che uscì la notizia contraria sulla stampa e Facchetti senior

era ancora in vita e non ci fu né la smentita, né un’azione legale.

Quell’articolo lo scrisse Luca Fazzo. L’11 maggio 2006 a pagina 60 di

Repubblica erano presenti due articoli su Nucini e Facchetti: che parla

diffusamente di questo fantomatico cd sul quale Facchetti avrebbe registrato

un colloquio con Nucini. Luca Fazzo nel suo pezzo scrive: “Sta in un cd rom

registrato dal presidente dell’Inter Giacinto Facchetti l’ultimo tassello

andato ad aggiungersi al gigantesco puzzle delle rivelazioni sul lato oscuro

del calcio. Nel cd c’è la registrazione di un colloquio avvenuto un paio di

anni fa tra Facchetti e Danilo Nucini, allora arbitro di serie A e B”, poi

aggiunge che quel cd-rom è sparito e per noi è certo che nulla del genere sarà

mai trovato.

Tornando ai giorni nostri, direi che è stato davvero uno strano discorso

quello che ha fatto Petrucci, convinto dice lui, che il fenomeno Calciopoli

sia stato figlio di un clima di quel determinato periodo, che rappresenta il

periodo più oscuro del calcio italiano, ammette che gli organi federali

seguirono le logiche condizionate dal momento, bell’ammissione, adottando in

qualche caso secondo lui, a senso unico contro la Juve secondo noi,

provvedimenti che in circostanze diverse e con analisi più complete e

approfondite, avrebbero potuto essere diverse, ma guarda un po’? E noi

dovremmo consolarci così? Con un buffetto? E di risarcimento non si parla?

Quest’ammissione non basta per noi; dov’è la parte in cui ci comunica le

sanzioni per l’Inter e la riabilitazione per la Juve assolta a Napoli? E che

dire di Guido Rossi? Uomo vicino all’ambiente interista che infiocchettò due

scudetti per chi avrebbe dovuto subire una sentenza ben più severa di quella

della Juve! Forse non capiamo, o capiamo troppo bene il modo in cui s’indagò,

quando si esclusero indizi di prova per un processo decente. Rileggetevi

interrogatori in cui Bergamo all’Ufficio indagini, 8 giugno 2006 dice:

“Parlavo con tutti” facendo i nomi, e quel tutti non è il soprannome di Moggi.

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I_soliti_rospetti.jpg

Zeman a Vialli: «Proprio lui parla di energie sospette»

L'ex attaccante della Juve aveva scritto su Twitter: «Chissà

come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare

di così tante energie»

della redazione Tuttosport.com 23-01-2012

PESCARA - "Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a

sospettare di così tante energie". Firmato Gianluca Vialli su Twitter, in

riferimento allo stato di forma formidabile del Pescara allenato dal boemo che

vola in serie B. La lingua di Vialli batte sul dente Zeman dopo anni da quelle

denunce che portarono al processo per doping alla Juventus: era stato Zeman

che aveva parlato di 'esplosioni fisichè. Zeman è apparso piuttosto

infastidito dalle parole dell'ex attaccante, avrebbe preferito non replicare,

ma poi spinto dai giornalisti ha detto: "Credo che la sua sia stata una

battuta fuori luogo, e sicuramente infelice. A me non tocca più di tanto - ha

proseguito Zeman - perché ci sono fatti e cose vere e non vere. Io e i miei

ragazzi siamo sereni. Avrei preferito neanche parlare di questa cosa. C'è però

da meravigliarsi che questa battuta l'abbia fatta proprio lui (riferendosi a

Vialli, di cui non pronuncia mai il nome). Io sono tranquillo e non ho nessun

tipo di problemi. Gli altri non lo so".

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La polemica

Tensione in Lega A

presidenti contro Lotito

Zamparini e Cellino lasciano la riunione urlando: "Non c'è più legalità, non

c'è democrazia. A qualcuno va bene che non ci sia un nuovo presidente"

di TIZIANA CAIRATI (Repubblica.it 23-01-2012)

MILANO - Tensione in Lega Calcio. Il governo del calcio prima implode, poi

esplode. I motivi quelli che si trascinano da tempo. Il primo è il ruolo

criptico di Maurizio Beretta dimissionario da maggio ma non ancora sostituito.

Un presidente che si divide in corse affannate tra il ruolo in Lega e quello

in Unicredit. Carica doubleface che a diversi club di A va bene perché

permette in alcuni casi di svicolare tra le righe delle regole scritte. La

seconda ragione è Claudio Lotito inviso ad alcuni presidenti, per il suo modo

di accentrare su di sé ogni cosa e convogliare come meglio crede alcune

decisioni messe al voto durante le assemblee. Tutto grazie all'amicizia con

Beretta soprannominato, per l'appunto "Dimmi Claudio". Una delle ultime

questioni è quella relativa al contratto nazionale dei calciatori. Il Milan ad

esempio nel caso specifico avrebbe voluto l'avvocato Leandro Cantamessa a

trattare. Il legale rossonero uno dei maggiori esperti di diritto sportivo si

è tirato fuori dall'affaire a causa dell'incompatibilità nella visione della

questione. L'altro tema spinoso è l'onnipresente Claudio Lotito che -

implicato nel processo di Napoli e per le regole vigenti - non potrebbe

rappresentare la società in Lega. Ostruzione che raggira presentandosi in via

Rosellini in veste di Consigliere federale. Ruolo che gli permette di

presenziare alle assemblee delle società di serie A.

ESPLOSIONE IN LEGA - "Non c'è legalità, non c'è democrazia", urlano in coro

Maurizio Zamparini e Massimo Cellino mentre abbandonano per protesta la Lega

chiama ad eleggere il vice presidente, un consigliere e a gettare le basi per

la governance per le attività future. "Va ristabilita la legalità - prosegue

Zamparini - abbiamo un presidente che ha dato le dimissioni tempo fa. Qui si

continua a tirare avanti, decidano se vogliono un nuovo presidente piuttosto

che continuare questa vacatio".

Il presidente del Palermo è furibondo: "Non ritengo che in questa Lega ci sia

legalità, non ritengo ci sia democrazia. Mi dispiace di essere uno dei

fondatori della lega di serie A che non funziona, che non esiste. Io e Cellino

ce ne siamo andati e riteniamo di non ritornare fino a quando questa Lega non

torna a funzionare nella maniera dovuta secondo la legge". Zamparini prima di

salire in macchina ha voluto precisare che la loro posizione non riguarda né

l'elezione del vicepresidente (in programma per oggi) né le candidature

ventilate di Lotito e Preziosi. "A qualcuno va bene che questa lega sia senza

forza, è una situazione incredibile, è come se il Paese fosse senza governo e

non viene nominato".

PREZIOSI, IO FACCIO ALTRO - "Io non ho chiesto niente - dice Enrico Preziosi

prima di entrare all'assemblea in Lega - ringrazio chi ha fatto il mio nome

(come vice presidente al posto della Sensi). Non sono un problema, non è che

la notte non dormo per una carica. Io faccio un altro mestiere che mi prende

molto tempo soprattutto ora che c'è crisi internazionale. La Lega vuole

affermare un po' di autonomia, forse è questo il nodo: dare un contributo a

cambiare certe leggi obsolete".

Il presidente del Genoa ha sottolineato di essere stato "definito

bancarottiere, difficile che io possa rappresentare la Lega. Sono stato

l'unico a pagare nel calcio, con una squalifica di sette anni. Allora perché

sono dentro la Lega? Forse qualcuno pensa che io non sia un bancarottiere, al

contrario di un giudice spinto dal movimento popolare a Como. C'è molta

ipocrisia".

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Rai, a gonfie vele Novantesimo e Domenica Sportiva

Calcio-spezzatino e ascolti tv, ecco le trasmissioni Rai del week end: Stadio

Sprint 8,52%, 1.558.000; Novantesimo Minuto 12, 84%, 2. 652. 000; Domenica

Sportiva 11,46%, 1.721.000; 5' di recupero (intervistato il ct Prandelli) 16,

18%%, 4.580.000

Non è che dipende dal fatto che la Juventus sta in testa?

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leOpinioni

SI’, AL CALCIO SERVONO I PENTITI

SCOMMESSE: «TUTELARE» I PENTITI

SE SI VUOLE ROMPERE L'OMERTA'

di FRANCO ARTURI (GaSport 22-01-2012)

ANDREA_MASIELLO.jpg

Un metaforico e poderoso calcio nel di dietro ma poi anche un grazie e una

pacca sulla spalla. Li indirizziamo ad Andrea Masiello, difensore egregio, per

averci tolto le poche illusioni che potevamo ancora nutrire, mettendo a fuoco

molte partite manipolate quand'era al Bari. Anche la Serie A è infettata dal

virus mortale delle scommesse. Abbiamo bisogno di tutti i pentiti che hanno da

raccontare verità sporche.

Non cerchiamo di trasformare Masiello (nella foto Rastelli) in un eroe

positivo: è giusto sottolineare anche la convenienza personale di una scelta

che potrebbe salvargli il molto che resta della sua carriera. Ma in questioni

che mimano, come successe in Calciopoli, le tortuose lotte alla criminalità

organizzata, la giustizia sportiva può uscirne solo sfruttando il desiderio di

parlare di queste persone. E' uno scambio non cinico, ma realistico: o così o

non muoviamo passi importanti.

La priorità del calcio italiano non è la legge sugli stadi ma la questione

morale. Lo sosteniamo da anni e l'opinione si rafforza uno scandalo dopo

l'altro. La perdita di credibilità etica del sistema è molto più dannosa di un

deludente accordo televisivo: entra nella testa della gente come un gas

tossico. E produce distacco e disaffezione, cioè anche danni economici.

L'unico modo conosciuto per guarire da queste patologie sociali (perché questa

è la malattia del calcio italiano) è una dose massiccia di verità. Il livello

di omertà in questo ambiente è impressionante. Vorremmo sentirlo confermare

dal presidente Abete una buona volta. Vedremo, per esempio, se il nostro

Masiello sarà emarginato per la sua scelta; se suoi compagni vigliacchi e

cialtroni troveranno facilmente squadra e lui avrà difficoltà. Vedremo se la

Federazione lo «proteggerà» come deve fare lo Stato con i pentiti veri.

Vedremo se i richiami della Uefa su questa materia saranno seguiti.

Per ora non ci pare di vedere una straordinaria mobilitazione. Al contrario,

quando si parla di questi argomenti in pubblico la parola d'ordine di quasi

tutti gli addetti ai lavori è l'invito a «non generalizzare», vale a dire di

minimizzare. Nemmeno a noi piacciono i processi sommari e abbiamo sotto gli

occhi un'infinità di storie umane di passione e di lealtà. Ma proprio per

questo è il momento di sapere fino a dove si estende la materia necrotizzata.

Si sente l'esigenza di un De Falco anche qui, cioè di qualcuno che si assuma

la responsabilità di urlare lo sdegno di un Paese e qualche ordine eccezionale.

Una sanatoria di qualche mese per chi vuota il sacco? Un richiamo all'ordine

per quei dirigenti e quegli allenatori che vivono accanto al calcio malato e

non se ne accorgono? Una serie di interventi simbolici per portare al centro

lo sport e il fair play? Le proposte potrebbero essere tante, ma l'essenziale

è che il calcio diventi protagonista di questa battaglia e non spettatore

sballottato da una Procura all'altra. Ad ogni passaggio in tribunale

l'emorragia di interesse si aggrava. E' una questione vitale.

Grazie... ma vąffanculo!

di MARIO PIROVANO dal Blog di JUVENTINOVERO.COM 23-01-2012

Ci potrebbe pure stare un neologismo per definire i redattori della Gȧzzetta

dello Sport che, secondo me, sono una razza mista tra giornalisti e

gazzettari: i Gazzalisti. Una categoria a se stante che, volendo, potrebbe

anche essere al di sopra dell'Ordine dei Giornalisti (caro Mario Monti, ma

sopprimerlo no?) per come e per quello che scrivono.

Per abitudine redazionale lasciamo commentare gli "Orrori di stampa" al sito,

ci son volte che, però, chi prima arriva meglio alloggia. E allora come non

commentare il recente articolo del gazzalista Franco Arturi su Scommessopoli,

"Masiello e il pentitismo"? Un elogio con tirata d'orecchie, un grazie

preceduto o seguito, a scelta, da un vąffanculo che verrebbe più o meno così:

Grazie Masiello, ma vąffanculo.

Una confessione nero su rosa dove in giornalaccio rosa finalmente ammettono di far

finta di essere garantisti: "Nemmeno a noi piacciono i processi sommari", non

fosse che l'ho già scritto prima e cadrei in un'ossessiva ripetizione, quasi

quasi un altro vąffanculo ci starebbe tutto.

Ma i gazzettari pensano forse che dopo 5 anni e il titolo virtuale di

campioni d'inverno gli juventini, o meglio gli juventiniveri, si siano

rincoglioniti?

Ma davvero Franco Arturi vuole che gli riempia la casella mail delle prime

pagine della Gȧzzetta dal 2006 in avanti?

Ma davvero pensano di prendere in giro tutti? Forse ai Gazzalisti non

piaceranno i processi sommari (certo, certo) però gradiscono, e parecchio,

collaborare alle indagini preliminari, in modo da ricavarne notizie in

esclusiva da gridare ai quattro venti per vendere qualche migliaio di copie in

più, ma soprattutto per giustificare e orientare i processi sommari.

Ma dov'era Franco Arturi nel 2006? E nel 2007? Dove era nel 2008, 2009 e

2010? E l'anno scorso che faceva? I graffiti con le bombolette? O si è

improvvisamente risvegliato dopo il botto della Costa Concordia per reclamare

a gran voce (parole sue, eh) un De Falco anche per il calcio italiano? Ma il

cognome Coppola non andava bene come chiacchierone? O non andava bene

quello che diceva? E poi si lamentano che non vendono più copie come una volta.

Ma perché non provate con le favole per bambini? Ci guadagnereste anche un

colore; quando non è rosa, è azzurro!

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Moratti, la Juve e le cose da restituire

di RIO PALADORO (Il Foglio 24-01-2012)

Massimo Moratti ha ragione. La Juve è “ridicola” quando

chiede che le venga restituito lo scudetto del 2006. Lo

sanno tutti: ovunque giocasse erano favori. Basta

ricordare il 15 gennaio 1995. Stadio delle Alpi. Si gioca

Juventus-Roma e arbitra il pesarese Stafoggia. Il

guardalinee sotto la tribuna è il modenese Manfredini.

Poco dopo la mezz’ora del primo tempo il brasiliano Aldair

s’incarica di effettuare una rimessa con le mani.

Manfredini gli si avvicina e lo spinge (proprio così). La

rimessa diviene un assist per Ravanelli che infila

facilmente la porta della Roma. Giannini e Mazzone

reclamano l’annullamento del gol. Invano, però. Così

andavano le cose prima del 2006. E Moratti dovrebbe

restituire lo scudetto? Sarebbe ridicolo. Anche perché,

subito dopo, toccherebbe a lui restituire tante cose, a

cominciare dal 2-1 di Inter-Lazio dell’altro ieri.

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La polemica L’ex giocatore insinua sulle prestazioni del Pescara, il tecnico replica: «Parla proprio lui...»

Vialli-Zeman: il doping e i soliti sospetti

di ALESSANDRO PASINI (CorSera 24-01-2012)

MILANO — Non si sono mai amati, non lo faranno mai. Gianluca Vialli e Zdenek

Zeman entrarono in rotta di collisione nel 1998, quando la denuncia del

tecnico boemo, allora alla Roma, aprì di fatto l'inchiesta doping che si

chiuse nel 2005 con l'assoluzione della Juventus. La fine della vicenda

processuale però non ha mai cancellato rancori e vecchi dispetti, che sono

riemersi in questi giorni.

«Il Pescara gioca bene, vince e corre moltissimo. Chissà come si sentirebbe

Zeman se qualcuno cominciasse a sospettare di così tante energie», aveva

scritto Vialli (nome di battaglia @glvlondon) su Twitter domenica. Un

riferimento alle grandi prestazioni della squadra del boemo, terza in

classifica in serie B, con la solita formula tutta attacco e dinamismo che non

a caso fa degli abruzzesi il migliore attacco della categoria (50 gol in 23

partite).

Vialli, alle prime critiche piovutegli addosso dai tifosi pescaresi su

Twitter, ha minimizzato («Twitto quello che mi passa per la testa. E poi una

battuta me la potrò permettere, no? A me sono 15 anni che le fanno»), per poi

aggiungere: «Comunque mi scuso con i tifosi del Pescara che si sono

arrabbiati».

L'uscita, ovviamente, non è piaciuta affatto a Zeman, che ha replicato a

Vialli: «Credo che la sua sia stata una battuta fuori luogo e sicuramente

infelice. A me non tocca più di tanto perché ci sono fatti e cose vere e non

vere. Io e i miei ragazzi siamo sereni. Avrei preferito non parlare neanche di

questa cosa. C'è però da meravigliarsi che questa battuta l'abbia fatta

proprio lui. Io sono tranquillo e non ho nessun tipo di problema. Gli altri

non lo so».

La vicenda cominciò nell'estate 1998 con la famosa accusa di Zeman: «Il

calcio deve uscire dalle farmacie. Ho visto esplosioni muscolari che credevo

possibili solo con anni di culturismo. Uno sbalordimento che comincia con

Gianluca Vialli e arriva fino ad Alessandro Del Piero». Il procuratore di

Torino Raffaele Guariniello aprì l'inchiesta e nel maggio 2000 vennero

rinviati a giudizio l'a.d. bianconero Antonio Giraudo e il medico Riccardo

Agricola con l'accusa di aver somministrato farmaci dannosi alla salute dei

giocatori nel periodo '94/98 (quello di Lippi in panchina, dei 3 scudetti,

della Champions e della coppa Intercontinentale).

Al processo le testimonianze dei giocatori (tra i quali Del Piero, Baggio,

Peruzzi, Zidane, Ferrara, Ravanelli) furono piene di reticenze e vaghezza e in

primo grado Agricola fu condannato a 1 anno e 10 mesi. Il 14 dicembre 2005

però, nel processo d'appello, Agricola e Giraudo vennero assolti.

___

Vialli-Zeman, rieccoli

Botta e risposta sul doping, 14 anni dopo

L'ex juventino: «Il Pescara ha tanta energia...».

L'allenatore boemo: «Parla proprio lui»

di SEBASTIANO VERNAZZA (GaSport 24-01-2012)

Ci risiamo. Vialli contro Zeman, un classico della fine degli anni Novanta. La

grande guerra del doping presunto (e mai dimostrato) della prima Juve di Lippi.

Il candelotto è stato riacceso via Twitter.

Il tweet Su Twitter, Gianluca Vialli - nome in codice «glvlondon» - ha 20.219

persone che lo seguono. Domenica ha «twittato» questa frase: «Il Pescara gioca

bene, vince e corre moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno

cominciasse a sospettare di così tanta energia...». Una maligna allusione, che

scatena reazioni. Un «follower» chiede se ancora gli rode. E Vialli, senza

nascondersi: «E' ovvio che rodo ancora (ma molto meno che in passato)». Un altro

è perentorio: «Vergognati». Risposta: «Di che cosa? Non togliermi la

possibilità di fare una battuta... A me sono 15 anni che le fanno!». Da

Pescara un tweet pesante: «Un'illazione bella e buona. Hai un'intera città

contro. Fidati!». Anche a Foggia, dove il Boemo ha lavorato nella scorsa

stagione, non l'hanno presa bene: «Siamo neri. Strano senso dell'umorismo». E

poi: «Ti devi scusare, Zeman è un uomo libero e onesto». E qui Vialli chiude

il discorso: «Non era una affermazione, ma solo una battuta. Comunque mi scuso

con i tifosi del Pescara che si sono arrabbiati». Concetto rafforzato ieri

durante una telefonata alla giornalaccio rosa: «Ho il massimo rispetto per il lavoro di

tutti, per la società Pescara, per i suoi giocatori e per la città. Non ho

nulla contro di loro. Era soltanto una battuta. Posso permettermi di farne una

ogni 15 anni?».

La replica Zdenek Zeman ha risposto a Vialli nel tardo pomeriggio di ieri:

«Battuta fuori luogo e infelice, visti i suoi precedenti (di Vialli, ndr). Non

mi tocca, si può dire tutto: ci sono cose vere e non vere. Magari uno si può

meravigliare che certe cose le dica lui. Io sono rilassato, non ho problemi. I

problemi li hanno gli altri. E' una battuta infelice. Io e i miei ragazzi

siamo sereni».

Le interviste La grande guerra del doping comincia nell'estate del 1998, con

due interviste a Zeman. Nella prima, rilasciata al Messaggero alla fine di

luglio del '98, il Boemo, all'epoca allenatore della Roma, dice: «Io vorrei

che il calcio uscisse dalle farmacie e dagli uffici finanziari e rimanesse

soltanto sport e divertimento». Nella seconda, col settimanale L'Espresso ai

primi di agosto, Zeman mette il carico da undici: «E' uno sbalordimento che

comincia con Gianluca Vialli e arriva fino ad Alessandro Del Piero. Io che ho

praticato diversi sport pensavo che certi risultati si potessero ottenere

soltanto con il culturismo, dopo anni e anni di lavoro. Sono convinto che il

calcio sia tutto un altro tipo di attività. Almeno il mio calcio». E a

seguire: «E' sempre più difficile resistere alla tentazione della pillolina

magica. Sono certo che molti giocatori di A, forse anche nella stessa Roma,

non sappiano rinunciare a certe sostanze». Bum! Si scatena un inferno di

reazioni, querele, minacce. A Torino il magistrato Raffaele Guariniello apre

un'inchiesta.

Il processo Le indagini di Guariniello non finiscono nel nulla. La Juve viene

processata per doping e anche Vialli, attaccante bianconero tra il '92 e il

'96, è interrogato in aula dal giudice Casalbore: «Alcuni giocatori che sono

stati trovati positivi al controllo antidoping hanno dimostrato che hanno

assunto sostanze senza esserne consapevoli». Dopo tre gradi di giudizio la

Juve è assolta dall'accusa di doping. Rimane sospesa la questione dell'abuso

di farmaci: nel magazzino della Juve il professor Gian Martino Benzi,

consulente dell'accusa, «censisce» 281 tipi di medicinali («La dotazione di un

piccolo o medio ospedale»). Qui, secondo la Cassazione, potrebbe configurarsi

il reato di frode sportiva, però la prescrizione chiude la vicenda.

___

La polemica

Vialli, provocazione su twitter

dieci anni dopo contro Zeman

di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 24-01-2012)

A volte, la vendetta è un piatto che non si serve freddo, ma surgelato. Dopo

oltre dieci anni, riecco una polemica che sa di modernariato, attuale come un

tavolo di fòrmica o un bel divano in finta pelle. Gianluca Vialli versus

Zeman. Ricordate quella vecchia e brutta storia di doping sospetto o

sospettato? Ricordate il processo alla Juve? Ricordate, soprattutto, Vialli e

Zeman?

Ecco, loro. L´ex centravanti bianconero, e opinionista televisivo storico, ha

dato la prima unghiata al boemo su Twitter, dove si cinguetta di qualunque

cosa. Parole avvelenate, scritte con la stessa malizia di quando si trattava

di buttare la palla in rete. Queste: «Il Pescara gioca bene, vince e corre

moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno cominciasse a

sospettare di così tante energie». Vale a dire: si può correre come forsennati

anche senza pastiglie. Oppure, se si sospetta di qualcuno, tanto vale dubitare

anche di altri.

La memoria, risvegliata di colpo come in piena notte, corre a quella

tumultuosa stagione del nostro calcio, quando Zeman si mise contro Moggi e

parlò di strane esplosioni fisiche dentro la Juve. Fu la scintilla di un

incendio che portò il procuratore Raffaele Guariniello ad aprire il ben noto

fascicolo, e condusse la società bianconera in tribunale. Dopo alcuni anni di

eclisse, Zeman è tornato d´attualità con il suo mirabolante Pescara,

protagonista in B, e qualche nemico di allora prova a ripagarlo con la stessa

moneta. Se ne sentiva la mancanza?

L´allenatore, ovviamente, ha replicato, con ogni probabilità dopo uno dei

suoi lunghi, eloquenti silenzi. «Credo che la sua sia stata una battuta fuori

luogo, e sicuramente infelice. A me non tocca più di tanto, perché ci sono

fatti, cose vere e non vere. Io e i miei ragazzi siamo sereni. Avrei preferito

neanche parlare di questa cosa. C´è però da meravigliarsi che questa battuta

l´abbia fatta proprio lui. Io sono tranquillo e non ho nessun tipo di

problemi. Gli altri non lo so».

Nella sua replica da «senti chi parla», Zeman non ha neppure pronunciato il

nome di Vialli, il quale, al contrario, lo aveva nominato eccome. Succede a

volte che dalle scarpe - in questo caso, da gioco - ci si tolga qualche

proverbiale sassolino, magari delle stesse dimensioni di qualche pillola.

Perché, è evidente, certe ferite non smettono mai di sanguinare. Tra sentenza

di primo grado e Cassazione, una a favore della Juventus e l´altra contro,

quelle vicende non furono mai del tutto chiarite, e un decennio non serve a

placare gli animi. Però, ragazzi, se parlassimo di calcio?

___

La buona battuta di Vialli

di STEFANO OLIVARI dal blog "Guerin Sportivo.it 24-01-2012"

Zdenek Zeman è lo juventino meno amato dai tifosi juventini, oltre che

allenatore detestato da mestieranti e ‘uomini di calcio’ nell’accezione

peggiore dell’espressione. Per questo la twittata di Gianluca Vialli non

sorprende: dallo scherno nei confronti del perdente, quando Zeman passava da

un esonero all’altro, ai sospetti verso chi sta facendo bene il passo è

brevissimo. La differenza fra Vialli e le truppe cammellate (anche

giornalistiche) del mondo moggiano è che Vialli è una persona intelligente,

indipendente e senza favori da restituire. Di più: la sua carriera non è

legata solo a ‘quella’ Juventus, dove comunque ha alzato il trofeo più

importante (la Champions League 1995-96), ma a quasi vent’anni di calcio da

protagonista, . Quindi quella che apparentemente è stata solo una battuta

velenosa sul Pescara di Zeman (”Il Pescara gioca bene, vince e corre

moltissimo. Chissà come si sentirebbe Zeman se qualcuno comuinciasse a

sospettare di così tanta energia…”) è in realtà molto di più. Cioè

l’indicatore di un risentimento covato per quasi 15 anni, da quell’estate 1998

in cui l’allenatore boemo denunciò l’abuso di sostanze chimiche da parte dei

giocatori professionisti, parlando anche della Roma (!!!) al tempo da lui

allenata. Oltre che dell’ingrossamento fisico, visibile a occhio nudo, dei

vari Vialli e Del Piero. Inutile ricordare l’iter giudiziario seguito a quelle

accuse, con la prescrizione (ci mancano i commenti dei web-giuristi della

domenica, ammettiamo di averlo scritto apposta) a chiudere la vicenda, più

interessante è la verita storica. E qui non si può negare a Vialli il diritto

di rispondere colpo su colpo, almeno dal punto vista mediatico: la sua storia

di campione solo per un breve periodo ha incrociato le strade di Agricola e

Ventrone. Ricordando che la sua Juve è circostritta a due anni (dal 1994 al

1996) e che di fatto era la Juve costruita da Boniperti con l’aggiunta di

Lippi in panchina e, per citare solo quelli ‘veri’, di Ferrara, Deschamps e

Paulo Sousa in campo. Conclusione? La battuta ci sta e non c’era nemmeno

bisogno delle goffe precisazioni (ascoltate a Sky) seguite alle reazioni

stizzite arrivate da Pescara, Foggia, Roma, eccetera. Questo è il calcio, da

sempre parodia della guerra: non si possono pretendere i complimenti degli

avversari.

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Il caso Tempestosa assemblea dei club di A con la tentata aggressione dell’azionista della Lazio all’a.d. dell’Inter, Paolillo. Beretta rischia la sfiducia

Lotito manca il blitz anti-Coni:

Preziosi bocciato per 4 voti

di FABIO MONTI (CorSera 24-01-2012)

MILANO — Il blitz tentato dall'azionista di maggioranza della Lazio, Claudio

Lotito, con la sponsorizzazione silenziosa, ma concreta dei vertici della Lega

di A, è fallito. Enrico Preziosi, n. 1 del Genoa, non è stato eletto alla

carica di vice-presidente, che risulta vacante dal 1° luglio, dopo l'uscita di

scena di Rosella Sensi. Servivano 14 voti; ne sono arrivati solo 11. Era stato

Lotito a lanciare la candidatura di Preziosi, come un nuovo atto di sfida al

Coni. Il presidente del Genoa risulta ineleggibile, in base all'art. 29 dello

Statuto («possono essere eletti o nominati alle cariche. . . coloro che non

siano stati colpiti negli ultimi dieci anni, salva riabilitazione, da

provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione o squalifica

complessivamente superiore ad un anno, da parte della Figc...»). Preziosi era

stato sospeso per cinque anni nel 2005, per l'illecito di Genoa-Venezia.

L'art. 10 delle Noif chiarisce che devono essere equiparati a dirigenti

federali «i dirigenti delle Leghe che svolgono uguali funzioni nel rispettivo

organismo». L'art. 50 del Regolamento di Lega segnala che «per tutto quanto

non previsto dalle presenti norme, trovano applicazione le disposizioni

sull'ordinamento interno della Figc».

Lotito ha voluto sfidare il Coni, che lo considera decaduto da consigliere

federale, dopo la condanna in primo grado a Napoli per frode sportiva. Il

presidente Beretta ha spiegato che «il parere dei nostri legali era che

Preziosi potesse essere eletto». Resta il fatto che la candidatura non è

passata.

Che la Lega sia paralizzata dalla contrapposizione fra società è apparso

evidente quando Cellino e Zamparini, urlando, hanno abbandonato l'assemblea di

Lega. Zamparini aveva chiesto che, prima di votare il vice e un consigliere

(al posto di Garrone), l'assemblea si esprimesse sul sistema di governo della

Lega ovvero chiarisse (a scrutinio segreto) se Beretta, che occupa un incarico

di altissimo livello in Unicredit, dovesse continuare a guidare la Lega almeno

fino a settembre. Lotito si è opposto, spiegando che la questione non era

all'ordine del giorno e trovando un alleato nel medesimo Beretta. Così

Zamparini: «Va ristabilita la legalità all'interno della Lega, abbiamo un

presidente che ha dato le dimissioni alcuni mesi fa, ma qui si continua a

tirare avanti. Decidano se vogliono un nuovo presidente o se continuare con

questa vacatio. Io e Cellino non torneremo in Lega fin quando questa non sarà

tornata a funzionare nella giusta maniera e secondo la legge. C'è da

vergognarsi, perché esiste un'accozzaglia di gente messa lì che non sa cosa

fare. È l'immagine del nostro Paese e dell'inefficienza: se la Lega fosse

commissariata comincerebbe a funzionare».

Finita la votazione, Lotito ha persino tentato di aggredire l'a.d. dell'Inter,

Paolillo, accusato di essere il regista del tentativo di votare la sfiducia a

Beretta, che continua a dirsi disponibile alle dimissioni, ma che vuole

evitare «una crisi al buio». Una storia che va avanti da mesi, per motivi fin

tropo chiari. Ma la prossima assemblea dovrà votare anche sulla governance

della Lega. Altrimenti arriva il commissario (art. 9 dello Statuto della

Figc).

___

IL CASO VICEPRESIDENZA

Preziosi k.o.

Inter e Napoli dicono no

E il Coni gode

di MARCO IARIA (GaSport 24-01-2012)

È la Lega delle geometrie variabili, si sa. Ed ecco che, tra i fulmini

minacciati dal Coni e gli interessi divergenti, la candidatura a

vicepresidente di Enrico Preziosi, sostenuta da Lotito e avallata da Galliani,

è evaporata pur in assenza di un'alternativa, almeno ufficiale. Va da sé che,

per com'è disegnata dallo statuto la struttura di via Rosellini, la poltrona

di numero 2 conta davvero poco: tutto passa dall'assemblea. Però, nei giochi

dei pesi e contrappesi politici un qualche significato deve pur avercelo se,

nella segretezza dell'urna, per quello che abbiamo potuto ricostruire,

Preziosi non ha raccolto i voti, oltre che del Siena, di Napoli e Inter. De

Laurentiis e Paolillo hanno fatto capire che, dopo l'uscita di scena della

Sensi 7 mesi fa, la vicepresidenza spetta comunque a una big, magari a uno dei

due.

Conti Nelle tre votazioni Preziosi si è fermato rispettivamente a quota 10,

10 e 11, di fronte al quorum di 14 (i due terzi di 20) che — secondo il

regolamento — non è cambiato con le assenze di Fiorentina (per protesta contro

lo stallo della sospensione di Della Valle e Mencucci per Calciopoli) e Roma

(Fenucci influenzato) e dei rivoltosi Palermo e Cagliari, perché si basa sugli

aventi diritto e non sui presenti. Questo significa che, a parte Inter, Siena

e Napoli, almeno altre due società si sono opposte. Avrà influito anche la

questione dell'ineleggibilità di Preziosi, sollevata preventivamente del Coni,

visti il patteggiamento per bancarotta fraudolenta e la squalifica sportiva a

5 anni (più 6 mesi). Lo scontro istituzionale è stato evitato, magari

involontariamente, visto che Beretta ha precisato: «I nostri legali ci hanno

detto che Preziosi era eleggibile perché la vicepresidenza di Lega non è una

carica federale. Comunque non sarebbe stato un atto di sfida al Coni ma un

problema di chiavi di lettura». Il presidente del Genoa aveva messo le mani

avanti: se c'è qualche disagio, rinuncio tranquillamente. Poi dirà: «Per il

momento continueremo a non avere un vicepresidente. Il calcio è comunque

salvo». Rinviata, di conseguenza, anche l'elezione di Fenucci a consigliere.

Varie Sono state varate le linee guida per avviare la trattativa con l'Aic

sulla convenzione promo-pubblicitaria e il d. g. Brunelli ha ricevuto il

mandato dall'assemblea a finalizzare l'accordo con Tim per il rinnovo della

sponsorizzazione principale. Via libera, infine, all'intesa con Figc e le

altre leghe sulla mutualità: la A devolverà 182 milioni al sistema nel biennio

2010-12.

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laPassione

La mia conversione

dalla Juve alla Roma

Roberto Cotroneo, scrittore, giornalista e critico

letterario ha 50 anni. L’ultimo libro, uscito l’anno

scorso, s’intitola «E nemmeno un rimpianto. Il segreto di

Chet Baker», dedicato a una delle grandi figure del jazz

di ROBERTO COTRONEO (GaSport 24-01-2012)

C’è una vecchia storia della mia città, di Alessandria, di quando ancora

Gianni Rivera indossava la maglia dei grigi. Lui, ragazzino già di grandissimo

talento, giocava con una raffinatezza che i tifosi commentavano sprezzanti in

questo modo: «accademia». Sono nato in una città calcisticamente così. Gente

ruvida, che amava calciatori concreti. E non tipi dai piedi buoni, capaci di

dosare un passaggio come fosse una prodezza balistica. Per tutti i miei anni

giovanili il mio rapporto con il calcio rimase quello. Maglie grigie prima,

bianco e nere dopo; che un po’ fa lo stesso, il bianco con il nero, mescolati,

fanno il grigio. Juventino non praticante, insomma: per vicinanza geografica,

per simpatie torinesi. E anche un po’ per quel fenomeno letterario, prima

ancora che calcistico, che di nome faceva Platini. Capace di giocare come se

il pallone obbedisse più alla consecutio temporum piuttosto che alla forza di

gravità. Poi ho dimenticato il calcio. La Juventus rimase un ricordo dei miei

anni piemontesi. A malapena sapevo come finivano i campionati. Finché non sono

arrivato a Roma, 25 anni fa. Roma è tutto meno che grigia. Città esagerata,

ironica, sfottente, magica. Maglie giallorosse e due figli romani,

appassionati di calcio: entrambi nati con Totti che già indossava la maglia

numero 10. Ho ricominciato a guardare le partite con loro e ho scoperto un

mondo. Che non era quello della mia infanzia, di quei campi brumosi e un po’

grigi, di quel solido buon senso del calcio, di quel Rivera che era andato al

Milan. Grande campione, certo, ma un po’ accademico, ecco. Ma era invece il

calcio della Roma, dell’Olimpico, di cieli blu, di un manto erboso che alla

luce della città sembra più verde che altrove, dei colpi di tacco di Totti.

La fede calcistica spesso ha qualcosa di arcaico. È un’appartenenza tribale

prima di essere una scelta sentimentale. Ogni volta che racconto che sono

diventato romanista, da juventino latente, vengo guardato dal mondo dei tifosi

con un misto di sospetto e una certa accondiscendenza. Cos’è uno che cambia

squadra? Uno che di calcio non capisce niente. E invece rivendico

l’appartenenza non tribale, ma quella sentimentale. In un certo senso è come

innamorarsi. Accadde il 6 maggio 2001 a Torino. Juventus-Roma, campionato

dello scudetto: da 2-0 a 2-2. Comincia da lì, e va bene così. In questo calcio

di casacche che cambiano e di cinismo imperante si può cambiare seguendo la

passione. E pazienza se le tribù primitive del calcio pensano che non si possa

fare. Gente senza fantasia: tribali e non passionali. Passionali come Rivera o

come Francesco Totti: due che il calcio lo hanno quasi inventato.

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MASSACRATI

Brutta, vecchia e straniera:

la Fifa stronca la Serie A

Dati ufficiali impietosi: solo Cipro peggio di noi per età media, 50% di giocatori

importati, nessuna fiducia nei baby. Ci restano solo le bandiere come Di Natale

di DOMENICO SECONDI (Libero 24-01-2012)

LA%20SERIE%20A%28nziana%29.jpg

Anziana, troppo esterofila e con poca qualità. Il centro studi della Fifa

(Cies) fa a pezzi la Serie A e fa riflettere sulle tendenze(chiamateli pure

errori) del nostro calcio. Confrontando i dati delle 33 leghe iscritte alla

Uefa (500 squadre e oltre 12mila calciatori), l’osservatorio autorizza i

critici a definire “ospizio” il nostro campionato. Il Milan torna la squadra

più vecchia del Continente (30 anni l’età media) riprendendosi il titolo dalle

mani dell’Inter, solo 10ª quest’anno (28,78). Non sono però i nerazzurri i

vice-vecchietti italiani, bensì i giocatori della Lazio (29,7 anni di età):

seconda piazza alla pari dell’Apoel Nicosia. E c’è anche una quarta formazione

nostrana nelle primi 15: il Napoli (12°). Certo, anche all’estero ci si affida

ad alcuni senatori (come Giggs e l’ex pensionato Scholes nel Manchester United),

ma in questa classifica le uniche altre squadre dei campionati che contano

sono il Levante ricco di ex bolliti (gli spagnoli sono settimi) e gli inglesi

dello Stoke City (8°). E viene quasi da sorridere guardando ai 20,94 anni medi

dei ragazzini dell’University College di Dublino, squadra più giovane del

Continente.

È inutile infierire sulla scarsa fiducia data ai giovani (solo il 7,4% dei

giocatori sono cresciuti nel vivaio della loro squadra), anche perché la Serie

A è ovviamente ultima ma in una classifica non onorevole per nessuno (solo 33

club anno almeno il 50% dei giocatori cresciuti in casa). È più interessante

quantificare i giocatori “internazionali” nei singoli campionati. Domina la

Premier League (in cui il 41% dei calciatori gioca per la propria nazionale),

ma stupisce il terzo posto della Russia dietro alla Germania. In due anni i

talenti nella Russian Premier League sono cresciuti del 17% a forza di super

investimenti sulla scia di Eto’o. E l’Italia? È quinta (25,1%), superata di

poco anche dalla Francia. Un dato sconfortante, soprattutto considerando che

la Serie A continua a comprare giocatori stranieri (48,7 del totale, +6,7%) a

differenza del resto d’Europa (-0,4% e totale a 34,9%).

E allora ai tifosi non resta che consolarsi con le loro bandiere protagonisti

dell’ultimo turno: l’immortale Totti, il redivivo Rocchi, il sorprendente

Calaiò (primo centravanti italiano nella classifica cannonieri) e il

bi-capocannoniere Di Natale. Clonateli!

___

L’Italia del calcio? Un Paese per vecchi

In Serie A la media dell’età è di 27 anni

Il Milan è la più "anziana" d'Europa con un’età media di

30 anni, seguito al secondo posto dalla Lazio e dai

ciprioti dell’Apoel Nicosia con 29,7 anni. Al decimo posto

l’Inter con 28,78 , e al dodicesimo il Napoli con 28,76

di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 25-01-2012)

L’Italia è un Paese per vecchi. Anche nel calcio. Lo certifica l’ultima

analisi demografica dell’Osservatorio dei calciatori professionisti del Cies

(Centro internazionale di studi sportivi) in collaborazione con l’università

di Neuchatel, in Svizzera. Dal loro ultimo rapporto Demographic Study 2012,

che analizza in dettaglio i 12.410 calciatori professionisti delle oltre 500

squadre che partecipano nella massima serie dei 33 campionati nazionali

europei, risulta che la Serie A è il secondo campionato più vecchio di Europa,

con una media di 27,54 anni per giocatore. Se la media europea è di 25,82 anni,

in questa poco onorevole classifica in testa si trova la First Division di

Cipro, dove l’età media dei calciatori è di 28, 23 anni, poi l’Italia e poi

via via tutti gli altri 31 campionati europei. Le altre quattro ‘top league’ –

ovvero la Premier League inglese, la Liga spagnola, la Ligue 1 francese e la

Bundesliga tedesca – si trovano rispettivamente al quarto, all’ottavo, al

quindicesimo e al diciannovesimo posto.

Dallo studio condotto da Raffaele Poli, Roger Besson e loïc Ravenel,

emerge poi come il Milan sia la squadra più vecchia di Europa, con un’età

media di 30 anni, seguito al secondo posto dalla Lazio e dai ciprioti dell’Apoel

Nicosia con un’età media di 29,7 anni. Al decimo posto troviamo l’Inter con

28,78, e al dodicesimo il Napoli con 28,76. Su oltre cinquecento squadre. Una

simile analisi era stata condotta dal Cies anche lo scorso autunno, analizzando

le rose delle 32 squadre iscritte alla Champions League, la più importante

competizione continentale. Anche allora il Milan era risultato la squadra più

vecchia (età media 29,69) seguita da Apoel Nicosia, Inter (28,04), Zenit San

Pietroburgo e Napoli (27,66). Mentre le due squadre che hanno vinto tre delle

ultime quattro Champions League, Manchester United e Barcellona, si trovavano

rispettivamente al 18 posto con 25,58 anni di media e al 22 posto con 25, 22.

Anche perché una squadra anziana non è necessariamente esperta. Analizzando

infatti la media-presenze dei calciatori in rosa in Champions League il Milan

scivola al 2 posto, dietro al Chelsea. Terzo è il Barcellona (nonostante la

giovane età media), quarta l’Inter. Il Napoli, quinta in assoluto per età, è

la ventisettesima per media presenze e quindi esperienza.

Piuttosto mortificante per la Serie A italiana è anche il dato relativo

al funzionamento dei settori giovanili, ottenuto analizzando il numero di

“club-trained players” presenti in rosa che abbiano giocato anche solo un

minuto quest’anno. Secondo i criteri stabiliti dall’Uefa, il club-trained

player è un giocatore che, nella fascia di età compresa tra i 15 e i 21 anni,

ha giocato per almeno 3 anni nel club di appartenenza. Ovvero sia cresciuto

nel settore giovanile della squadra in cui gioca. In questo caso la media

europea è di 22,2% di club-trained player per ogni squadra. E l’Italia è

ultima in questa classifica con il 7,4%. Prendendo in considerazione

solo i cinque campionati più importanti si nota come la Spagna sia prima con

il 24,7%, (con in testa le lodevoli realtà basche – Real Sociedad 62.5%, Athletic

Bilbao 54.2%, Santander 44% – seguite dal Barcellona di Guardiola, in cui il

42,9% della prima squadra è composto da giocatori provenienti dal settore

giovanile). In Francia sono il 22,9%, in Inghilterra il 16,2%, in Germania il

16%. In Italia appunto il 7,4%. Addirittura, secondo questo studio, ben 7

squadre della serie A non hanno in rosa nemmeno un giocatore cresciuto nel

settore giovanile che abbia giocato nella stagione 2011/12 . Questi club sono

Lazio, Genoa, Palermo, Udinese, Parma Chievo e Novara. Mentre Catania, Siena e

Napoli ne hanno uno solo.

Per Raffaele Poli – fondatore del Cies Football Observatory e uno degli

autori di quest’analisi demografica – quest’ultimo dato deve essere messo in

correlazione con il continuo aumento di stranieri nei nostri club. Dal 42%

della stagione 2009/10 al 48,7% della stagione 2011/12. Un fenomeno comune

solo ai campionati dell’Europa dell’est come Russia, Ucraina, Polonia e

Ungheria e alle serie minori delle altre nazioni. Mentre nel resto dei massimi

campionati europei la tendenza è quella di diminuire l’acquisto di giocatori

stranieri. In Inghilterra, da sempre il campionato con più stranieri in

assoluto, si registra una forte diminuzione dal 58,9% di due stagioni fa al 54,

6% della stagione in corso. In conclusione, la serie A italiana è il secondo

campionato più anziano d’Europa (il primo se comparato agli altri quattro più

importanti). Il numero di calciatori provenienti dai settori giovanili per

ogni squadra è in assoluto il più basso d’Europa. E, in controtendenza

rispetto al resto d’Europa, e continua ad aumentare l’arrivo di calciatori

stranieri. Questo, secondo Raffaele Poli: “E’ un chiaro segno che in Italia è

necessario un rinnovamento concertato tra i club, la Lega e la Federazione.

Questi dati sottolineano soprattutto la mancanza di una linea comune. In

Germania per esempio ci sono stati accordi specifici tra le tre componenti per

lavorare sui giovani e per avere così un aumento di manodopera specializzata

disponibile per i club e la nazionale”.

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Il triste primato dei nostri club: trascurano i vivai e fanno il pieno di stranieri

Vecchio ed esterofilo

il calcio italiano tradisce i vivai

Uno studio commissionato dalla Fifa offre una fotografia desolante: siamo l’unica grande lega

in cui aumentano gli stranieri e i nostri giovani sono i più trascurati. Il futuro non è in serie A

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 28-01-2012)

Il calcio italiano è per «vecchi», soprattutto continua ad essere malato di

esterofilia. L’istantanea che esce dallo studio della Fifa sull’Europa del

pallone ci consegna un movimento in cui a fronte dell’aumento di giocatori

stranieri crolla la quota di ragazzi che riescono a fare il salto dai nostri

vivai alla serie A. Nella classifica dell’età media più alta solo il

campionato di Cipro ci supera e ben quattro sono i posti occupati dai nostri

club fra le quindici società meno giovani.

Viaggiare per l’Europa con la carta d’identità di club e giocatori è

un’avventura con poche soddisfazioni e molti imbarazzi, sì da condannare il

calcio italiano ad uno spread quasi impietoso. A guidarci fra curve, grafici,

numeri è lo studio del Centro Internazionale per gli Sport (CIES), un rapporto

consegnato in queste ore alla Fifa, massimo organismo del calcio mondiale, e

che ha preso in esame ben 500 formazioni e 12 mila 400 calciatori.

L’eccezione cipriota non può consolarci. Tra i campionati grandi e medi siamo

i matusalemme, con quattro squadre fra le prime 15 del Vecchio Continente -

Milan al primo posto, Lazio al secondo, poi Inter al decimo e Napoli al

dodicesimo - nella classifica dell’età media più alta. Il resto viene di

conseguenza, o quasi: il culto dell’esterofilia (il 49 per cento dei tesserati

in serie A viene da oltreconfine) e il mal di pancia verso i giovani (solo il

7,2 per cento di chi gioca in A arriva dal vivaio dei nostri club).

L’Italia del calcio è svogliata, o timida, quando si tratta di aprirsi alle

scommesse. Una riflessione a cui eravamo abituati da tempo, ma che adesso

trova supporto statistico in un dettagliato dossier demografico. «Il nostro -

spiega Raffaele Poli, uno dei tre curatori del testo - è un lavoro che deve

offrire un valido sostegno alla governance del calcio mondiale. Le più

immediate riflessioni che emergono dal dossier? In termini generali, c’è un

sistema Russia in notevole crescita in Europa. Se le osservazioni devono

invece limitarsi al caso-Italia, colpisce la tendenza sui giocatori che

importiamo. Di questo passo diventeremo il meno nazionalista fra i cinque

tornei più importanti.. . ». Il trend è presto illustrato: in Italia la

percentuale di giocatori stranieri in due anni è aumentata di ben sette punti,

mentre in Inghilterra è diminuita di quattro (da 58 per cento a 54), in

Germania di quasi cinque (da 49,6 per cento a 44,8), in Francia di due (da 29,

3 a 27,2 per cento) e in Spagna è rimasta immutata (37,5 per cento). «Colpisce

poi l’ultimo posto in classifica del campionato italiano in fatto di presenze

di giocatori cresciuti nei vivai dei rispettivi club: lo spazio per le novità

evidentemente è molto limitato...».

Dai numeri del CIES, sede a Neuchâtel, esce un’Europa del pallone dominata dai

«piccoli» del Barcellona, club più basso (177,48 cm l’altezza media), e non

così sensibile alla crisi economica, visto che la congiuntura non ha frenato

la giostra dei trasferimenti. «Undici sono di media i cambi di maglia per club

- racconta Poli -, con una maggiore mobilità nelle nazioni meridionali, ovvero

più 8% rispetto a un anno fa e più 16% rispetto al 2009». E la Russia? «Paese

in forte crescita e non solo per gli arrivi di giocatori del calibro di Eto’o

o Criscito. In Russia - continua il curatore del rapporto demografico - il 29%

dei calciatori che militano in quel campionato hanno disputato almeno una

partita con la maglia delle rispettive nazionali nel 2011: nella stagione

2009-10, la percentuale era ferma all’11%. Il merito di questa ascesa continua

è nella solidità di progetti come quello dello Zenit di San Pietroburgo o del

Cska Mosca...».

Europa in movimento, Italia del pallone ferma. A invertire la rotta dovrebbe

provvedere la base, ovvero i club, responsabili di politiche discutibili. Non

tutti, ovviamente, ma la gran parte. Basta una considerazione a fotografare

l’andazzo: nelle cinque leghe più influenti, solo il Levante per la Spagna e

lo Stoke City per l’Inghilterra si guadagnano un posto fra i quindici club con

l’età media più alta. Morale: i nostri cugini ricchi se la passano meglio.

«Noi senza coraggio

l’Europa va altrove»

6
domande a
Arrigo Sacchi

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 28-01-2012)

Arrigo Sacchi, era informato dei risultati del dossier

Fifa sul calcio europeo?

«Conoscevo il lavoro, le riflessioni e le analisi sul nostro

calcio. . . ».

Lei è il responsabile delle nostre nazionali, dall’Under

21 in giù. Quale effetto le fa leggere di un’Italia

all’ultimo posto nella classifica dei paesi che in

campionato danno spazio ai ragazzi cresciuti nei vivai?

«L’effetto è negativo e non può lasciarci indifferenti anche se

è da tempo che le dinamiche dei nostri club sono note. Siamo un

Paese antico, di gente che ragiona troppo all’antica».

Perché manca il coraggio di investire sulle novità, anche

se giovani?

«Non diamo spazio ai nostri ragazzi proprio perché ci manca

coraggio e la voglia di rischiare. Ma, così, siamo in

controtendenza rispetto all’Europa».

Dalla paura a scommettere sui meno famosi alla corsa

sempre più sfrenata per cercare il colpo straniero. Ci

manca autostima?

«Quasi la metà dei giocatori del nostro campionato arriva

dall’estero. Siamo ai primissimi posti in una classifica che,

ormai, vede gli altri grandi tornei d’Europa aver imboccato la

strada opposta. Avete visto l’Inghilterra? Erano i più

esterofili, adesso hanno cambiato strategia. E la Germania? O la

Spagna e la Francia? Siamo fuori tempo...».

Eppure a livello di nazionali, c’è l’Under 21 di Ciro

Ferrara che sta ottenendo risultati ben al di là delle

aspettative. . .

«Risultati ottimi con un ottimo gruppo di ragazzi. Il materiale

umano a disposizione del nostro calcio c’è ed è di notevole

livello. Manca tutto il resto».

Riusciremo ad invertire la tendenza nel breve periodo?

«Non lo so. Oggi i numeri dicono il contrario. Abbiamo club con

un’età media alta, ben quattro nelle primissime posizioni: è

arrivata l’ora di muoversi con più forza e staccarci dal

passato».
Modificato da Ghost Dog

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IL GENOANO ERA STATO FERMATO PRIMA DELLA PARTITA CON L’INTER

Il gip: “Liberate il tifoso del Genoa

la versione della polizia non regge”

L’arresto allo stadio «illegittimo»: fu ammanettato privo di conoscenza

di GIOVANNA TRINCHELLA (LA STAMPA 24-01-2012)

Arresto illegittimo. Il giudice per le indagini preliminari di Milano,

Gianfranco Criscione, dopo l’interrogatorio avvenuto in ospedale dove era

piantonato, ha scarcerato Massimo Moro, il 38 enne tifoso genoano finito in

prognosi riservata dopo essere stato fermato dalla polizia. L’uomo, ubriaco,

era stato bloccato ai tornelli di San Siro poco prima della partita di Coppa

Italia Inter-Genoa del 19 gennaio. Il gip ha applicato la speciale causa di

non punibilità prevista dall’articolo 393 bis del codice penale che prevede

una reazione legittima ad atti arbitrari. Non ci sarebbe «alcuna significativa

contraddizione» tra i fatti avvenuti e quanto poi riportato a verbale dagli

agenti, ma se è vero che le dichiarazioni dei testi sono «compatibili» con

quella ricostruzione, è anche vero che negli atti non compare quello che

descrive uno dei medici dell’infermeria dello stadio Meazza: ovvero che il

tifoso era a terra «in un lago di sangue e vomito dal forte odore alcolico».

Per il giudice il fatto viene incasellato nella possibilità che la non

menzione sia stata «una mera disattenzione» e anche «leggerezza» piuttosto che

«indice dell’ideologica falsità degli atti in questione».

Quella sera, secondo la ricostruzione della Questura di Milano, il tifoso era

stato portato al posto di polizia perché era apparso «fuori controllo»: tanto

che tre agenti lo avevano ammanettato e nel trambusto l’uomo, che aveva

battuto la testa con violenza, era caduto. Moro, che era stato fatto

inginocchiare e che si era rifiutato di consegnare le sue sciarpe, era stato

ricoverato in condizioni molto gravi. Le sue condizioni sono poi migliorate

fino a permettere ieri mattina l’interrogatorio da parte del giudice.

Per il gip non è credibile che il fermato abbia continuato a essere violento

anche dopo aver battuto la testa – come invece raccontano gli agenti – perché

era aveva una grossa ferita alla testa ed era poi svenuto; inoltre le lesioni

(quattro giorni, ndr) riportate dai poliziotti fanno dubitare della «violenta

caratura della resistenza» dell’uomo. Infine secondo quanto dichiarato da un

altro medico dell’infermeria dello stadio, Moro era stato ammanettato anche

quando era privo di sensi e quindi inoffensivo: «Indice di una condotta

connotata perlomeno da scarsa attenzione per l’incolumità personale

dell’arrestato» chiosa il giudice.

Il magistrato in assenza di querela degli agenti feriti ha quindi deciso di

non convalidare l’arresto come richiesto dalla Procura cui sono stati

trasmessi gli atti per le valutazioni del caso. «Per il momento non

procederemo a una denuncia», fa sapere l’avvocato Riccardo Lamonaca, legale di

Moro e della famiglia. Subito dopo il ricovero la sorella del tifoso, che

aveva ricevuto la visita in ospedale di Domenica Ferrulli figlia dell’uomo

morto durante un complicato controllo di Polizia a Milano la scorsa estate,

aveva chiesto chiarezza: «Io non cerco colpevoli, ma solo che mio fratello

possa uscire da questa situazione».

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Le telecronache di Bergomi

fanno arrabbiare Moratti

L´Inter protesta con Sky. San Siro, allarme campo

di ANDREA SORRENTINO (la Repubblica 24-01-2012)

E´ dal 10 dicembre che l´Inter vince sempre: la striscia si è allungata fino a

otto vittorie consecutive, di cui sette in campionato. Eppure Moratti ha un

sassolino nella scarpa, chiamato Sky. O meglio: più che Sky nel suo complesso,

il presidente dell´Inter non gradisce le telecronache di Fabio Caressa e Beppe

Bergomi. La faccenda è tornata d´attualità negli ultimi tempi, ma ci sono dei

precedenti che risalgono almeno all´anno del Triplete: dopo un Roma-Inter 2-1,

l´Inter si lagnò assai per un commento ritenuto troppo filoromanista, e ci

furono polemiche. Ora si replica, e la cosa bizzarra è che uno dei due

"colpevoli", Bergomi, è una delle più grandi bandiere della storia nerazzurra.

Eppure all´Inter non hanno gradito le valutazioni sugli episodi arbitrali

nelle ultime due partite contro Milan e Lazio. E voci di corridoio raccontano

persino di una lagnazione che il club avrebbe espresso ai vertici di Sky, in

forma più o meno ufficiale, perché alla base di tutto ci sarebbe la

convinzione di una disparità di trattamento: i commenti alle partite di Milan

e Juventus sarebbero più carezzevoli, mentre con l´Inter i telecronisti

andrebbero giù pesanti.

Inizia tutto col derby del 15 gennaio, quando a Thiago Motta viene annullato

un gol valido. Moratti, che è a casa, si arrabbia perché i telecronisti

parlano di fuorigioco "dubbio", anziché dire chiaramente che la posizione di

Thiago Motta è regolarissima. Un commento "scandaloso", pare che dica Moratti

lì per lì. Già quella sera parte una prima lamentela dell´Inter con

l´emittente, anche se a fine partita, nell´euforia della vittoria, il

presidente concede proprio a Sky un´intervista sotto la propria abitazione

(gli citofonano, lui scende e parla). Ma pochi giorni dopo racconterà di una

telecronaca "incredibile, che mi ha fatto girare le scatole". Per Inter-Lazio

Moratti è allo stadio, ma nel dopopartita ascolta le valutazioni sul

fuorigioco di Pazzini nel 2-1 e sul rigore non assegnato alla Lazio per un

braccio di Lucio, e dato che secondo Caressa&Bergomi l´arbitro ha sbagliato a

favore dell´Inter, Moratti si arrabbia di nuovo: Dias dova essere espulso dopo

un minuto e non lo dice nessuno, sostiene Moratti. Infatti ieri dichiara: «Se

le proteste della Lazio sull´arbitraggio mi hanno fatto arrabbiare? No, più

che altro quelle della stampa», e il riferimento è proprio a Sky. Insomma,

Inter contro la tv, quella tv matrigna che paga profumatamente per trasmettere

le gare di campionato ma che impone anche calendari pesanti, con troppe

partite in notturna nei mesi invernali. Ecco perché il campo di San Siro, dopo

quattro gare in una settimana, in Inter-Lazio era un vero disastro, pieno di

buche e sconnesso, quasi impraticabile. E proprio per motivi di telegenia, si

è ancora ricorsi al vecchio trucco della vernice per farlo sembrare bello in

tv, come ha rivelato proprio Cambiasso a fine partita, a Inter Channel: «Sono

stati bravi a pitturare bene il campo di verde, sicuramente da sopra sembrava

un tappeto magnifico… Ma sotto era un disastro».

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La polemica

Vialli, provocazione su twitter

dieci anni dopo contro Zeman

di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 24-01-2012)

A volte, la vendetta è un piatto che non si serve freddo, ma surgelato. Dopo

oltre dieci anni, riecco una polemica che sa di modernariato, attuale come un

tavolo di fòrmica o un bel divano in finta pelle. Gianluca Vialli versus

Zeman. Ricordate quella vecchia e brutta storia di doping sospetto o

sospettato? Ricordate il processo alla Juve? Ricordate, soprattutto, Vialli e

Zeman?

.................................

.......

Nella sua replica da «senti chi parla», Zeman non ha neppure pronunciato il

nome di Vialli, il quale, al contrario, lo aveva nominato eccome. Succede a

volte che dalle scarpe - in questo caso, da gioco - ci si tolga qualche

proverbiale sassolino, magari delle stesse dimensioni di qualche pillola.

Perché, è evidente, certe ferite non smettono mai di sanguinare. Tra sentenza

di primo grado e Cassazione, una a favore della Juventus e l´altra contro,

quelle vicende non furono mai del tutto chiarite, e un decennio non serve a

placare gli animi. Però, ragazzi, se parlassimo di calcio?

Perchè lui, che dovrebbe essere un giornalista sportivo, sta parlando per caso di calcio?

Modificato da totojuve

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La polemica

Vialli, provocazione su twitter

dieci anni dopo contro Zeman

di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 24-01-2012)

[...]Però, ragazzi, se parlassimo di calcio?

Perchè lui, che dovrebbe essere un giornalista sportivo, sta parlando per caso di calcio?

Crosetti è sinonimo di giornalista anti-sportivo, infatti.

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Il vicepresidente Coni

Pancalli: «È difficile che lo scudetto

non lo vinca una big che spende tanto»

di PINO TAORMINA (Il Mattino 24-01-2012)

Ingaggi folli, dalla Premier League sino all’Italia. Uno schiaffo a Michel

Platini che vuole il fair play finanziario. «Non credo che ci siano strade

diverse da percorrere. Anche se difficilmente da noi nei prossimi anni una

squadra diversa da Juventus, Inter e Milan potrà vincere lo scudetto». A

parlare è Luca Pancalli, vicepresidente del Coni ed ex commissario

straordinario della Figc ai tempi di Calciopoli.

Insomma, chi più spende più vince?

«Per fortuna non è sempre così. Ovvio che c’è una connessione diretta tra le

due cose, ma non è questa la regola. Può anche capitare che un gruppo di

undici meravigliosi solisti strapagati possa essere messo ko da una formazione

di orchestrali di periferia. La differenza possono farla tanti elementi».

L’Udinese e il Napoli sono, per esempio, due eccezioni.

«Esatto. Sarà pure una fortunata coincidenza ma due club che adottano

strumenti finanziari assai rigorosi e che tra si sono dotati di un salary cup

sono comunque tra le società nell’elite italiana. E questi sono elementi di

speranza».

Ma il calcio ce la farà a cambiare?

«Penso di sì: quando sono stato commissario ho trovato un mondo molto rigido,

ma tutti devono fare un passo indietro e ritrovare i valori autentici, che non

sono solo quelli del business. Il calcio è uno sport e la gente lo vuole

vivere come tale: un divertimento».

Sembra molto simile al programma di Michel Platini, paladino del

calcio che non è solo business?

«Sono con lui al cento per cento. La Uefa fa bene a cercare di mettere un

freno alle spese pazze dei club e a spiegare che non si spendere più di ciò

quello che si guadagna. Però io non sono un moralizzatore».

In che senso?

«I club restano proprietà di privati. Quindi chi vuole spendere di più è pur

sempre libero di farlo. Anche se c’è la crisi».

Nel ’78 quando il Vicenza pagò alle buste con la Juve per Rossi 5

miliardi di lire l’allora presidente della Lega Carraro si dimise per

lo scandalo.

«Un’altra epoca. Ora nessuno si scandalizza più di niente. E forse questo il

vero problema. Probabilmente per normalizzare questo sistema occorrerebbe una

sorta di governo di salute pubblica».

Cosa fare per prima cosa?

«Progetti seri e impianti nuovi. La legge contro la violenza negli stadi, per

esempio, funziona bene. Bisogna andare avanti su questa strada. Senza paura

dei cambiamenti».

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IL NEOVIOLA

Amauri avverte

«Juve mi toglierò

tanti sassolini...»

«Ho maggior voglia di rivincita dell’anno scorso,

desidero solo cancellare questi mesi. L’addio a una

squadra in testa al campionato? Nessun rimpianto»

di BRUNELLA CIULLINI (Tuttosport 24-01-2012)

FIRENZE. Visite mediche stamani verso le 10,30, incontro in sede per la firma

sul contratto che lo legherà alla Fiorentina fino a giugno per un milione di

euro, primo allenamento agli ordini di Delio Rossi al Centro sportivo viola

alle 14,30 poi, a metà pomeriggio, la presentazione ufficiale al Franchi.

Salvo cambiamenti dell’ultima ora, è questo il programma del primo giorno

viola di Amauri che Cesare Prandelli, il ct che gli ha regalato in un passato

ormai lontano la gioia di vestire la maglia azzurra, definisce l’acquisto

giusto per questa Fiorentina. Amauri ovviamente ha una gran voglia di

dimostrarlo per sentirsi di nuovo protagonista e anche per mettere a tacere

tutti coloro che hanno smesso di credere in lui relegandolo in un angolo. In

questa prima intervista a Tuttosport da neo giocatore della Fiorentina fa

capire di avere davvero tanti sassolini da togliersi che riguardano anche

naturalmente la Juventus.

Buongiorno Amauri, sta per cominciare la sua nuova avventura. Come si

sente?

«Bene, non vedo l’ora. Finalmente è tutto a posto. Sto arrivando a Firenze,

domani (stamani ndr ) farò gli esami medici eppoi comincerò questa nuova

avventura. Almeno lo spero (sorride)».

Ha un messaggio d’addio da rivolgere alla Juventus?

«Non è questo il momento, quando questo arriverà parlerò, dirò tutto quello

che penso, risponderò a tutto. Ora sto pensando solo a venire a Firenze, a

conoscere la ma nuova squadra, a iniziare a lavorare con Rossi e i miei nuovi

compagni».

Ma da uno a dieci, quanto è arrabbiato con la sua ormai ex società?

« Io sono tranquillo. Ormai mi sono buttato tutto alle spalle e voglio

guardare soltanto avanti. Mi preme solo questo. Voglio fare bene e continuare

a dimostrare il mio valore».

Era più animato dalla voglia di rivincita l’anno scorso oppure adesso?

«L’anno scorso ne avevo tanta ma adesso ne ho ancora di più, dopo tutto

quello che ho passato questa voglia è ancora più forte, voglio cancellare

questi mesi. La mia fame di rivincita è ancora maggiore rispetto ad una

stagione fa».

La Juve intanto si è laureata campione d’inverno: neppure un piccolo

rimpianto?

«No, nessun rimpianto. E come detto, al momento opportuno parlerò di tutto,

risponderò a tutto».

Intanto cosa risponde alle voci secondo cui dietro al rinvio del suo

trasferimento a Firenze c’era lo zampino del Milan?

«Voci infondate, non c’è nulla di vero. Una volta detto sì alla Fiorentina e

dopo l’accordo con la Juve il mio arrivo non è stato mai in discussione.

Parlerò presto anche di quello che non mi è piaciuto in questa vicenda.

Comunque ribadisco che ci sono stati soltanto dei motivi familiari dietro a

questo slittamento, motivi di cui ho informato subito la società viola».

A proposito, come sta sua moglie?

«Meglio. Tanto che stiamo anche valutando se far nascere la bambina a Firenze

(la coppia ha già due figli ndr ). Dobbiamo organizzarci, verificare ancora

tante cose ma è un’eventualità che non escludo. Vediamo, comunque è tutto a

posto».

La Fiorentina ha un gran bisogno di gol e punti: se la sentirebbe di

scendere in campo già domenica per il derby con il Siena?

«Certo. Fisicamente sto bene, mi sono sempre allenato con un preparatore, mi

manca solo il ritmo-partita, però mi sento pronto. Ho così tanta voglia di

respirare di nuovo l’erba del campo, di sentirmi di nuovo utile. Tutto questo

mi è mancato tanto. Mi è mancato davvero troppo. Ma ora finalmente il passato

è alle spalle, voglio solo guardare avanti».

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Celo manca, le figurine che ci hanno fatto sognare

Giorgio Morini, il jolly finito in tribunale

di ROBERTO PERRONE (CorSera - Milano 24-01-2012)

Giorgio Morini era quello che un tempo si definiva «jolly». C'erano nomi ora

dimenticati, nel calcio di quegli anni: terzino, stopper, ala, mediano. Chi

poteva ricoprire più ruoli era il «jolly». Giorgio Morini, ala, centrocampista,

il 23 marzo 1980, Milan-Torino, faceva lo stopper: Bet era infortunato. Era

un Milan un po' così. I giocatori rossoneri avevano tutti il nome stampato

sulla maglia, omaggio alla stella conquistata l'anno prima. «Forse per

identificarli meglio» sfotteranno poi i tifosi delle altre squadre. Quella

domenica finirà 2-0 per il Torino e Giorgio Morini, con Albertosi e il

presidente Felice Colombo, finirà nel cellulare della guardia di finanza.

L'accusa: aveva portato a Roma 20 milioni (del presidente), avvolti in carta

da giornale (a quei tempi erano veramente utili), per chiudere la bocca a

Trinca e Cruciani, i due scommettitori «pentiti», o meglio arrabbiati, da cui

scaturì il primo e ancora oggi insuperato scandalo scommesse. Morini, come

tutti gli altri, non avrà conseguenze penali. Un anno arrivò dalla giustizia

sportiva. Quel 23 marzo giocò la sua ultima partita in serie A, dopo quattro

stagioni, uno scudetto storico, una Coppa Italia, 107 presenze e 7 gol in

maglia rossonera. Fece bene alla Pro Patria, dove conquistò la promozione in

serie C1 e chiuse la sua avventura al Chiasso. Dopo una lunga stagione da

allenatore delle giovanili, nel campionato 1996-97 è sulla panchina del Milan,

con Tabarez direttore tecnico, ma non dura. L'anno dopo è assistente tecnico

di Capello II. Del grande «mascellone» è sempre stato amico. Del calcio

italiano, nel bene e nel male, è stato sicuramente un protagonista.

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L’allenatore fucilato dai nazisti

di CARLO MARTINELLI dal blog "Palle di carta 24-01-2012"

La sua immagine campeggia nel retro di copertina di questo romanzo delicato,

inattuale, sorprendente. Giusto ricordarlo pensando al 27 gennaio, a quel

Giorno di cui fare sempre Memoria. Lui è Géza Kertész, ungherese, allenatore

di calcio: dell’Atalanta, della Lazio, della Roma, della Salernitana, del

Catania. Gli eventi della seconda guerra mondiale portarono all’interruzione

del campionato italiano: Kertész decise quindi di tornare in patria dove

costituì un’organizzazione resistenziale che salvò un centinaio tra ungheresi

ed ebrei dai campi di sterminio nazisti. Kertész fu però arrestato nel 1945,

dopo che un delatore riferì alla Gestapo che nascondeva un ebreo in casa, e

morì fucilato. C’è anche lui in questo romanzo dove si ritrova l’Italia di

oggi, con la sua scuola disastrata eppure ricca di risorse e di slanci, con il

suoi tifosi comunque non rassegnati all ineluttabilità della combine. Questo è

un romanzo lieve lieve, il racconto di un piccolo grande uomo nella tempesta,

la storia di un professore – insegna italiano in un liceo di Jesi -, che vive

con la mamma, ama il suo lavoro, ancora aspetta di vivere l’innamoramento che

ti rapisce, stravede per l’ Atalanta. E’ bergamasco l’autore, Stefano Corsi,

insegnante in quel di Lodi e al quale è impossibile non voler bene, per quel

suo poetico aggirarsi tra le scritture di sport e di vita quotidiana, fedele

ai colori dell’Atalanta ma anche ad un decoro, esistenziale e civile, che

dovrebbe essere la cifra dei brav’uomini. Ecco, il suo professor Caudano è una

bella persona. Lo scoprirà chi dovesse leggere il romanzo, lo riscoprirà chi

avesse già conosciuto Caudano ai temi del primo romanzo, edito a suo tempo da

Limina.

Si legge, ad un certo punto del romanzo: “Forse, in questo ventisette gennaio

aveva solo voglia di scrivere e di fantasticare sul volto umanissimo di Géza

Kertész, ed è contento di averlo fatto. Anche se non servirà a nulla perché

nessuno leggerà quel tributo di affetto al più sfortunato degli allenatori

passati da Bergamo e dall’Atalanta. Alla sua promozione persa sul filo e alla

sua esistenza persa per niente”. Ed invece va letto, quel tributo. Perché il

professor Caudano è un mite e silenzioso insegnante di lettere di mezza età,

pingue nel fisico e competente nelle sue discipline. Ma all’ umbratile

professore della provincia italiana, il semplice resoconto di un anno

scolastico e di un campionato (quello di serie B 2010-2011, conclusosi con la

promozione dell’Atalanta e insieme con l’esplosione dell’ennesimo scandalo

legato alle scommesse illecite) finisce per offrire uno spaccato della nostra

vita pubblica e di un piccolo rovello privato. Caudano attraversa l’una e

l’altro con l’umile pazienza dei solitari coscienziosi.

Stefano Corsi

Il campionato del professor Caudano

Curcu & Genovese, 160 pg., 12 euro

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ESCLUSIVA JULIVE24- Cobolli Gigli:”Se fossimo andati al TAR, ci avrebbero estromesso dal calcio giocato” Scritto da Gaetano Cantarero Lunedì 23 Gennaio 2012 20:09

E’ stato il presidente degli anni “caldi e particolari”, con calciopoli e la serie B per la Juventus. Giovanni Cobolli Gigli in carica come presidente della Juventus dal 2006 al 2009 ha rilevato la triade vincente con un compito davvero durissimo: rifondare la Juventus dopo che era stata distrutta. Julive24.it ha incontrato in esclusiva l’ex presidente bianconero:

Giovanni Cobolli Gigli, da due anni e mezzo non è più il Presidente della Juve. Quanto le manca il mondo bianconero?

Io ho vissuto tre anni e mezzo intensissimi nell'ambiente Juve e di sono stato molto bene però la mia abitudine, come in amore, è che quando un amore finisce giro pagina e guardo avanti. Quindi ho un ricordo importante ma non mi manca nulla.

Nel periodo in cui lei era presidente arrivavano molte critiche dai media per il mercato. Se potesse tornare indietro farebbe delle scelte diverse?

Certamente se avessi la possibilità di tornare indietro non rifarei alcune cessioni, come Criscito e Nocerino. Inoltre avrei cercato di trovare un ruolo a Giovinco, anche se la sua partenza è stata successiva a quando io ho lasciato la presidenza. Avrei puntato di più su dei brillanti giovani italiani che insieme a Marchisio, che adesso è diventato una stella, confermavano la bontà del nostro vivaio.

Nel 2006 la vecchia società aveva lasciato in eredità una squadra fantastica. All'epoca avevate preventivato di cedere magari i migliori calciatori, come Ibra, in prestito per poi riportarli a Torino dopo l'anno in Serie B?

Le posso dire con assoluta franchezza che noi abbiamo fatto di tutto per trattenere Ibrahimovic, aiutati anche da Nedved che ha provato in tutti i modi a convincerlo. Lui in realtà ha fatto una scelta di libertà, in sintonia con il suo procuratore, e coerente con il suo modo di fare, perché adesso abbiamo visto come dall'Inter è andato al Barcellona e poi al Milan. È un giocatore a cui piace fare esperienze differenti.

Da poco più di un anno Andrea Agnelli è diventato presidente della Juve. Come valuta l'operato del numero uno bianconero, soprattutto in relazione al capitolo Calciopoli?

Io credo che sulle base di ciò che è emerso recentemente riguardo i processi sportivi e in particolare riguardo al fatto che allora non era stata fornita tutta la documentazione relativa alle intercettazioni telefoniche, poiché l'allora procuratore Narducci e Auricchio decisero di fornirne solo una parte, Agnelli ha fatto bene ha sollevare la questione e spero che faccia valere i diritti che ritiene di vantare anche se credo che sia una sfida difficile. Se poi lo giudico come presidente di una squadra di calcio, a prescindere da Calciopoli, devo che l'anno scorso non ha avuto fortuna ma quest'anno ha fatto scelte importanti e, da tifoso, sono soddisfatto non solo dei risultati ma soprattutto dal gioco e dalla mentalità che la squadra esprime in campo.

Come mai, nel 2006, la società da lei presieduta, decise di non proseguire la battaglia legale?

Sostanzialmente ci rendemmo conto che il mondo della giustizia legata al calcio, in particolare la UEFA, ci avrebbero estromesso definitivamente dal calcio giocato se noi avessimo continuato con il ricorso al TAR. In più c'erano alcune sentenze di quell'epoca del tribunale amministrativo che ci fecero capire che non potevamo ottenere la sospensiva della decisione che ci aveva spediti in Serie B. E quindi, dopo un lungo CDA, decidemmo di restare nell'ambito della giustizia sportiva.

Analizzando la Juve che lei costruì al ritorno dalla Serie B, l'uomo che doveva guidare la ribalta bianconera era Claudio Ranieri. Perché si scelse di allontanarlo dalla Juve a due giornate dal termine del campionato?

Io ho molta stima di Ranieri come uomo e come allenatore. All'epoca lui aveva ricevuto dei messaggi chiari dalla proprietà, cioè dall'ingegner Elkann, che in una serie di dichiarazioni aveva sollevato forti dubbi sul futuro di Ranieri. Indubbiamente le ultime gare della Juve non furono brillanti e allora decidemmo di lasciare il rapporto con Ranieri. Io giudico la scelta corretta anche se riconosco al mister un ottimo lavoro alla Juve, compresa la sfida di Champions contro il Chelsea dove uscimmo dalla competizione dopo due sfide tiratissime ed equilibrate.

La Juve adesso, dopo due anni difficili, sembra rinata. Quanti meriti ha Antonio Conte?

Rilanciare giocatori che la scorsa stagione erano giudicati mediocri, come Pepe, vuol dire che è cambiato qualcosa al timone della squadra. Del Neri non è un allenatore da Juventus, Conte invece sta dimostrando di meritare la panchina di una grande squadra.

La Juve quest'anno sta esprimendo un bel calcio. Domina la gara, fa possesso palla e vince. Dove può arrivare questa squadra?

Io credo che un rinforzo in difesa e uno centrocampo, visto anche che Marchisio mancherà per un po'. Se arriverà un giocatore come Caceres dietro e centrocampista, oltre a Borriello che ha sistemato l'attacco, la squadra potrà lottare fino alla fine con la stessa mentalità e la stessa grinta.

Quanto fa paura il Milan, con il talismano Ibra che vince sempre lo scudetto da 8 anni?

Io ho molta stima del Milan e dei suoi dirigenti, tanto che io auguro ai rossoneri di andare più avanti possibile in Champions e magari di vincerla così forse può perdere un po' di concentrazione in campionato. Credo che Conte non si nasconda più, ormai la Juve ha il diritto e il dovere di provare a vincere lo scudetto. Se non sarà primo posto almeno secondo, ma credo che la Juve ha dimostrato di potercela fare ed inoltre in questo girone di ritorno, tranne la sfida con il Milan a San Siro, gli scontri diretti li giocherà tutti in casa.

Quanto conta la "bolgia" che si vive allo Juventus Stadium sui giocatori bianconeri?

lo stadio è un elemento molto importante. In primo luogo perché è quasi sempre esaurito e poi perché, e chi c'è stato lo sa, oggi più che mai per l'atmosfera che si respira i tifosi sono davvero il dodicesimo uomo in campo.

Secondo lei nel mercato di gennaio le trattative in uscita, Krasic su tutti, possono essere determinanti per gli acquisti?

Non si quale sia il valore di tutte le trattative che la Juve farà in uscita certo è che Krasic nella passata stagione aveva un valore invece adesso, visto che non gioca, ne avrà un altro che non può non essere inferiore. È giusto che la società faccia le proprie scelte e secondo ciò che ha dettato Conte è giusto cedere Krasic e altri.

Domani c'è la sfida di Coppa Italia conto la Roma. La Juve, che non vince un trofeo importante da 6 anni, potrebbe iniziare a riprendere confidenza con la vittoria magari grazie alla coppa Nazionale?

Vincere la Coppa Italia potrebbe valere molto. Quando io ero presidente volevo raggiungere questo traguardo e mi dispiacque parecchio quando Ranieri non riuscì a superare il turno contro la Lazio. Credo che la Coppa Nazionale sia di fondamentale importanza

Modificato da huskylover

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TROPPA OMERTÀ I BUONI ESEMPI DI FARINA E PISACANE SONO ANCORA ISOLATI

Quelle partite accomodate

a cui è vietato sottrarsi

Tanti indagati, pochi disposti a parlare.

Eppure di storie dell’orrore ne circolano tante...

di FRANCESCO CENITI & ROBERTO PELUCCHI (GaSport 25-01-2012)

A Simone Farina e Fabio Pisacane eravamo fermi. E ancora fermi a quei due nomi,

a quei due esempi, siamo. Forse perché tracciare una strada è più facile che

ripercorrerla. La Procura di Cremona ha indagato, da giugno a oggi, 120

persone, in gran parte calciatori di Serie A, B e Lega Pro in attività. Fatta

eccezione per Andrea Masiello, che si è presentato spontaneamente dai

magistrati anche grazie ai consigli dell’avvocato Pino, e ricordando coloro

(da Micolucci a Parlato) che hanno patteggiato nel processo sportivo di agosto,

approfittando degli strumenti introdotti dal 2007 nel codice di giustizia

sportiva (articolo 24, collaborazione degli incolpati), nessun altro

calciatore schiacciato dalle recenti accuse di Gervasoni & C. si è ancora

messo una mano sulla coscienza fissando un appuntamento con investigatori e/o

Procura federale.

Più pentiti Nessun passo in avanti neppure da coloro che rischiano soltanto

l’omessa denuncia, per aver visto, saputo, ma aver chiuso un occhio, o

entrambi. Il più classico dei comportamenti italiani, quello di farsi i fatti

propri, nel contesto di un ambiente— quello del calcio—che incoraggia l’omertà

e le bugie già nella culla. Se ci fossero altri Masiello, altri Micolucci, le

inchieste di Cremona, Napoli e Bari potrebbero fare il salto di qualità e il

calcio darsi una ripulita in tempi brevi, senza rischiare che a pagare siano

soltanto alcuni. Non necessariamente i piùmarci, sicuramente i più stupidi.

Sono sempre di più, infatti, le partite nominate dagli indagati che sarebbero

state combinate per esclusive esigenze di classifica, e non (o non solo) per

le scommesse.

Si fa così Negli ambienti calcistici circolano storie di orrori, tutte in

attesa o in corso di verifica investigativa. Per esempio, in una di queste

partite sospette si sarebbe svolto il seguente siparietto. Nel finale, a

pareggio già «sicuro», l’allenatore di una delle squadre effettua un cambio e

mette in campo un attaccante, che in un sussulto d’orgoglio avrebbe detto: «Se

entro, segno ». La replica del tecnico sarebbe stata questa: «Tu fai quello

che ti diciamo noi». L’attaccante entra e non segna. Ma alla ripresa degli

allenamenti sarebbe avvenuto il secondo cazziatone, davanti ai compagni, nello

spogliatoio: «Se è stato deciso che la partita deve andare in un cert omodo,

tu esegui. Devi fare quello che ti dicono società e allenatore». Verità o

leggenda metropolitana? Chi indaga ha gli strumenti per capirlo. Ma se tutto

ciò fosse vero, vuol dire che nessuno dei giocatori che ha ascoltato quella

bella lezione di etica calcistica ha avuto poi la forza di ribellarsi, di

denunciare. Chi per paura, chi per convenienza, chi perché le cose vanno così

e non si possono cambiare. Invece, la voce di tanti ragazzi che potrebbero

essere rimasti impigliati, loro malgrado, in questa e altre presunte combine,

servirebbe a fare chiarezza sul delicatissimo tema del coinvolgimento delle

società. Nel frattempo, restiamo fermi a Farina e a Pisacane e a qualche

pentito fondamentale come Micolucci, Parlato e Masiello. Resteranno soltanto

loro, se il calcio li lascerà soli.

___

Masiello, la trasferta più dura

il pentito a Bari sotto protezione

Scommesse, minacce all´ex che torna per testimoniare

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 25-01-2012)

In una città di un´altra provincia. A un orario che verrà ufficializzato

soltanto nella mattinata di oggi. Nascosto come un collaboratore di giustizia,

braccato e protetto come fosse un pentito di mafia ma in realtà stranito e

stordito com´è normale che si senta un terzino in una situazione del genere,

Andrea Masiello (ora all´Atalanta) verrà ascoltato nella tarda mattinata di

oggi dai pm della procura antimafia di Bari. Sono pronti a raccogliere la sua

verità il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati e il suo sostituto Ciro

Angelillis. Pronti a verbalizzare cosa è accaduto nello scorso campionato di

serie A i carabinieri del Reparto operativo di Bari. Due le domande

fondamentali: chi e quali partite sono state truccate. E con quali soldi sono

state organizzate le combine.

Non sarà un interrogatorio al buio. Gli investigatori baresi hanno in mano

una serie di prove. Intercettazioni telefoniche e movimenti bancari che

dimostrano come sia stata truccata Bari-Livorno di Coppa Italia del dicembre

del 2010. Intercettazioni su Bari-Chievo. Il racconto del pentito asiatico su

Bari-Brescia. Intercettazioni per Bari-Parma. Riscontri dalle celle

telefoniche (e un´informativa sugli Zingari della polizia ungherese) per

Bari-Sampdoria, dichiarazioni di Gervasoni e dell´infermiere che portava il

denaro ai calciatori per Bari-Palermo. Sospetti vari su Bologna-Bari. Un

quadro considerato «completissimo». Ma che potrebbe diventare ancora più

chiaro se Masiello decidesse di collaborare, come già ha fatto a Cremona, dove

ha parlato della combine sulla partita con il Palermo e ha accennato ad altre

gare.

Da Bari i pm si aspettano risposte precise però su quei personaggi che

gravitavano la scorsa stagione attorno allo spogliatoio biancorosso e che

facevano girare il denaro. Per i magistrati erano uomini del clan Parisi, che

da tempo ha investito sul calcio così come sul traffico di sostanze

stupefacenti: controllano agenzie di scommesse internazionali, hanno

dimostrato le indagini, e per arrotondare probabilmente hanno cominciato anche

a scommettere. Il meccanismo era oliato: i giocatori fornivano l´imbeccata. E

scommettevano. Ad anticipare il denaro era però il clan: in caso di vittoria,

veniva pagata la vincita. Se si perdeva, invece, i giocatori erano tenuti a

ripagare i boss. «Una scommessa sicura» fanno notare gli investigatori. Che

proprio vista la delicatezza della questione stanno trattando il caso Masiello

con grande attenzione. Dopo la prima confessione a Cremona, e la possibilità

di uno sconto dalla giustizia sportiva per chi collabora con la giustizia, i

tifosi del Bari hanno cominciato a individuare in Masiello «il nemico pubblico

numero uno». «Il traditore», «il mercenario» che lo scorso anno «ha venduto le

partite del Bari». Ora, secondo gli investigatori Masiello era soltanto uno

dei protagonisti della combine (tra gli indagati ci sono il portiere Padelli,

i difensori Parisi e Rossi, il centrocampista Bentivoglio). Ma è l´unico che

ha mostrato un atteggiamento collaborativo verso la giustizia. Per questo va

premiato. I tifosi non sono sulla stessa linea. Da qui la necessità di una

protezione: da una parte c´era chi annunciava un´«accoglienza calda» in

aeroporto (il giocatore è arrivato in auto con il suo avvocato e alloggia in

una città fuori dalla provincia di Bari dove domani sarà ascoltato).

Dall´altra c´è il timore che dietro la furia dei tifosi sportivi, ci sia la

voce della mala che ha tutti gli interessi che Masiello non dica quello che

sa. «Per questo deve essere chiaro - conclude in investigatore - che chi non

sta dalla parte del calciatore, sta da quella della mafia».

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