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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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711 messaggi

Che dire...

Incontestabile e condannabile la blasfemia dello striscione.

Altrettanto incontestabile la grettezza ed inutilità del commento di

quell'organo di partito noto come Pravda rosa-nerazzurra a memorie alterne.

la giustificazione del giorno, e cioè che pure i magistrati etc etc è ridicola come il loro giornale e la loro squadra del cuore. quello che devono dire è che le telefonate erano rilevanti per palazzi ma prescritte. questo semmai è quello che conta in ambito sportivo e facchetti attualmente è un intrallazzatore salvato dalla prescrizione

tra l'altro, poi come al solito appena si toccano i prescritti o si va contro la Juve si esalta la notizia, quando c'è da condannare le maglie -39 o i cori sul heysel, si minimizza

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VERGOGNOSA SCRITTA ESPOSTA AL SAN PAOLO NEL SETTORE DEGLI JUVENTINI

Terribile striscione contro Facchetti

di GABRIELLA MANCINI (GaSport 01-12-2011)

Uno striscione nerazzurro abominevole è apparso martedì sera al San Paolo

durante Napoli-Juventus: «Facchetti 48», c'era scritto, e nella smorfia

napoletana il numero 48 significa «morto che parla».

Pessimo gusto Una scritta di pessimo gusto di alcuni tifosi juventini rivolta

al grande ex presidente dell'Inter Giacinto Facchetti e ripresa dal sito

ReSport.it. Ma chiamarli tifosi sarebbe troppo. Scrivere una frase del genere

è ripugnante ed è anche sintomo di profonda ignoranza. Ci sono state delle

sentenze dopo Calciopoli, ed è stato provato, come ha confermato l'ex pm

Giuseppe Narducci, che le telefonate di Facchetti non avevano valore penale,

non c'entravano con la struttura di potere che governava il calcio.

Pubblico Detto ciò per gli smemorati, lo stadio è bello anche per il pubblico,

come insegna proprio la Juventus, che ha nei suoi tifosi il dodicesimo uomo

in campo, una cornice fantastica. E' divertente quando dagli spalti si

lanciano sfottò, alcune frasi sono esilaranti e geniali, fanno parte dello

spettacolo tanto che Striscia la notizia ci ha costruito una rubrica. Ma uno

striscione così becero, fotografato per caso da Franco Romano e finito su

Facebook, non può far parte del mondo dei tifosi autentici. Noi pensiamo che i

veri fan bianconeri prendano le distanze da un comportamento così ignobile.

Non ha nulla a che vedere con la Vecchia Signora.

Prenderne le distanze?Il fatto che sia morto non giustifica il fatto che non abbia parlato per intrallazzare(art.1 e 6).Ne avrei fatto uno più grande.

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Dacci sempre i nostri sconcerti quotidiani... ma anche no!

___

Juve e Inter, quale costo per la pace?

di MARIO SCONCERTI dal blog "Lo sconcerto quotidiano" 30-11-2011

Si fa più faticosa la strada per il tavolo della pace. Molti presidenti non lo

capiscono, anzi sospettano (“perchè pochi si riuniscono per discutere di

calcio? Il calcio è di tutti” dice per esempio Cellino). Altri, anche tra i

pochi invitati, vorrebbero capire meglio l’argomento. Cosa faranno i

presidenti riuniti? Si daranno la mano e ordineranno un caffè parlando di

calcio vario, o attaccheranno i temi duri come lo scudetto del 2006? E che

titoli avrebbe un tavolo privato per discutere argomenti che non fossero

quelli di una pace vera, quindi strette di mano e foto con brindisi di gruppo?

Nessuno sa niente se non che Petrtucci sta lavorando per aprire un dialogo che

non faccia fare a tutti cattiva figura. Il punto è cosa c’è dietro l’apertura

di Andrea Agnelli, cosa sifnifica cercare “chiarificazioni”. Ha davvero capito

l’importanza della pace è o un altro modo per continuare la guerra? Provare a

questo punto è necessario, anche se ha ragione Cellino, la prassi è molto

singolare e ai limiti della correttezza. Ma il rischio finisca tutto in una

volgarità definitiva è altrettanto grande.

___

Tavolo Juve, cosa c’entra l’Inter?

di MARIO SCONCERTI dal blog "Lo sconcerto quotidiano" 01-12-2011

Petrucci dice che non sarà un tavolo della pace perchè non ci sono guerre.

Non sarà una sede di giudizio perchè i giudizi sono già stati dati. Sappiamo

tutto quello che non sarà questo tavolo, ma non il contrario. Forse Petrucci

dovrebbe dircelo e soprattutto perchè solo pochi avranno posto a quel tavolo.

Calciopoli, nella sua vastità, toglieva a tutti per prendere lei sola, è

chiaramente una favola che il danneggiato sia stato solo l’Inter. Non potrebbe

essere. Negli undici anni di Moggi e Giraudo alla Juve, l’Inter è arrivata

solo tre volte seconda, cioè a distanza di lotta. Le altre è stata persa per

strada. Una volta è arrivata ottava, una settima, una sesta, una quinta, due

volte quarta, cioè molto lontano. In totale, in unidici campionati, non è mai

arrivata davanti alla Juve. Sono stati 132 i punti complessivi di distacco. La

Juve certamente brigava, probabilmente truffava sportivamente, ma la distanza

tecnica era comunque evidente. Ma se la Juve, come dicono i processi, ha

commesso frode sportiva attraveerso un illecito strutturale, sono stati molti

i campionati indecifrabili e molti i coinvolti che non hanno potuto mettere

bocca. Se agisco su una partita, i danneggiati collaterali sono molti più di

uno. Alcuni per la frode si salvano, altri retrocedono, altri perdono

qualificazioni, almeno l’Inter ha avuto uno scudetto. Perchè allora chiamare

solo pochissime società, le più importanti? Si cerca realtà o un’operazione

d’immagine? Petrucci sta facendo qualcosa di profondamente audace, ai limiti

del legale. Ha il dovere di dire perchè lo fa. E’ un esperimento? Un errore?

Un tentativo ingenuo di fare propaganda? Io credo che il capo dello sport

italiano avrebbe fatto meglio a chiedere prima al calcio come abbia potuto

definirsi incompetente sulla rilettura di una sentenza emessa dal calcio

stesso. Come può accadere? Era il pubblico ministero del governo del calcio

che aveva avanzato proposte e conclusioni. E su richiesta della federcalcio.

Come si può farlo lavorare fino ai limiti della prescrizione e poi dichiararsi

incompetenti? E’ questo che causa la guerra attuale. Prometterà allora il Coni

un nuovo giudizio che entri nel merito?

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la giustificazione del giorno, e cioè che pure i magistrati etc etc è ridicola come il loro giornale e la loro squadra del cuore. quello che devono dire è che le telefonate erano rilevanti per palazzi ma prescritte. questo semmai è quello che conta in ambito sportivo e facchetti attualmente è un intrallazzatore salvato dalla prescrizione

tra l'altro, poi come al solito appena si toccano i prescritti o si va contro la Juve si esalta la notizia, quando c'è da condannare le maglie -39 o i cori sul heysel, si minimizza

Ho sentito che il pullman della Juve è stato preso d'assalto dai tifosi napoletani che hanno rotto il cristallo anteriore.

Per caso, avete letto articoli di condanna della carta rosa sull'episodio?

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Ho sentito che il pullman della Juve è stato preso d'assalto dai tifosi napoletani che hanno rotto il cristallo anteriore.

Per caso, avete letto articoli di condanna della carta rosa sull'episodio?

già. ma vuoi mettere un tifoso isolato con un due aste con non so quanti motorini che con un attacco sicuramente premeditato gettano pietre contro il pulman mh

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Guerra e farsa

di ROBERTO BECCANTINI dal blog "Beck is back" 01-12-2011

Per dirla con il Fantozzi della Corazzata Potemkin, questo tavolo della pace

ha tutta l’aria di essere una «boiata pazzesca». Gianni Petrucci, il padrone

di casa, non sa chi invitare anche se finge di saperlo. Il menù prevede un

fritto misto di Calciopoli in salsa esotica e ipocrita. Da un lato, il buffet

delle associazioni a delinquere finalizzate alla frode sportiva (Antonio

Giraudo, Luciano Moggi, cioè la Juventus Football Club); dall’altro, la

relazione Palazzi che, senza prescrizione, avrebbe contemplato l’accusa di

illecito sportivo per l’Inter di Massimo Moratti e Giacinto Facchetti. In

mezzo, i risarcimenti richiesti in sede civile da Andrea Agnelli dopo la

sentenza di primo grado di Napoli (Moggi colpevole, Juventus no: un triplo

carpiato) e lo scudetto 2006, che Guido Rossi regalò all’Inter e

l’incompetenza delle istituzioni federali, piaccia o non piaccia, vada o non

vada in prescrizione l’etica, ma forse era l’edera, all’Inter ha lasciato.

Singolare l’ultima uscita di Moratti. A chi gli domandava se avesse pensato

di rinunciare alla prescrizione, ha spiegato che al quesito aveva già risposto

la procura napoletana, con l’assoluta irrilevanza penale delle «nostre

telefonate». Proprio per questo, nei panni di Moratti, avrei rinunciato alla

prescrizione e accettato il processo (sportivo): per rispetto di Giacinto e

dell’Inter tutta. Cosa avrei mai dovuto temere da banali colloqui o ingenui

pissi-pissi? Appunto. A meno che proprio banali o ingenui non fossero.

Quattordici dicembre: il sommergibilista Petrucci a capotavola, poi

PilatoAbete e CainoAgnelli, monsignor Moratti, Cappuccetto Della Valle,

Galliani senza preservativo (Meani). Sempre che, in extremis, qualcuno non

oscarwildeggi: desolato non poter onorare vostro invito per impegno preso

successivamente. E prenoti un ristorante più serio.

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Joined: 14-Jun-2008
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Ho sentito che il pullman della Juve è stato preso d'assalto dai tifosi napoletani che hanno rotto il cristallo anteriore.

Per caso, avete letto articoli di condanna della carta rosa sull'episodio?

Un misero accenno, mi pare.

Mo' ritrovo l'articoletto.

Ecco

___

PRIMA DELLA PARTITA

Assalto al bus

dei bianconeri

Nessun ferito

di G.B.OLIVERO (GaSport 30-11-2011)

NAPOLI Paura per la Juve prima dell'arrivo allo stadio. Quando ormai mancava

poco al San Paolo il pullman della squadra bianconera è stato assalito da

tanti tifosi del Napoli che si sono resi protagonisti di un fitto lancio di

uova contro la parte anteriore del bus e quel che è peggio di pietre e bastoni

contro la parte posteriore. Il pronto intervento delle forze dell'ordine che

scortavano il pullman ha evitato il peggio, ma non ha potuto impedire che i

teppisti mandassero in frantumi uno dei finestroni sulla sinistra del mezzo.

Per fortuna non ci sono stati feriti e i giocatori hanno potuto proseguire la

loro marcia verso lo stadio. Appena arrivato al San Paolo e una volta

scaricata la squadra, l'autista ha provveduto a eliminare i pezzi di vetro

rimasti pericolosamente attaccati ai telai dei finestroni e a pulire l'interno

dai detriti. Il bus poi però all'interno del San Paolo è stato oggetto di

altri atti vandalici, durante la partita, mentre era incustodito. Bilancio

finale: tre vetri rotti. Il pullman con il quale la Juve ha affrontato questa

trasferta è quello ufficiale ed iper-tecnologico che non sempre viene

utilizzato lontano da Torino e che questa volta aveva accompagnato la squadra

da Roma a Napoli.

___

Praticamente, la fredda cronaca, freddissima.

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 01-12-2011)

Lotito e c. restano sospesi

almeno fino a gennaio

Continua il braccio di ferro sul famoso articolo 22, quello che ha portato

allo sospensione di Lotito, Mencucci, Andrea Della Valle, Foti e Massimo De

Santis, tutti condannati in primo grado per Calciopoli dal tribunale di

Napoli. Oggi la Cgf (corte giustizia federale) della Figc non ha dato il suo

parere sulla materia ma ha preso tempo sino al 9 gennaio: alla Cgf si è

rivolta la Figc ma anche, a sorpresa, la Lega di serie A. Ora, entrambe,

dovranno produrre documenti in vista della decisione di gennaio: in Figc sono

piuttosto seccati perché sembra che sia uno scontro fra loro e la Lega

maggiore, mentre Giancarlo Abete ha chiesto solo un parere interpretativo di

una norma della Federcalcio. Di conseguenza, comunque, Lotito e c. resteranno

sospesi almeno sino al consiglio federale che si terrà (a gennaio ma non si sa

quando) solo dopo la decisione della Cgf. Ma non è detto che venga recepito il

suo parere. La Figc già disattese ad esempio il parere sulle radiazioni di

Moggi e c., che per la corte di giustizia dovevano essere automatiche. Quindi,

il prossimo consiglio federale, previsto per il 20 dicembre, non deciderà

nulla in merito all'articolo 22 delle Noif, non se ne parlerà nemmeno: Lotito,

pur sospeso come presidente della Lazio, potrà comunque partecipare alla

riunione del governo del calcio.

Non è sicuro affatto comunque che la norma venga modificata: dopo il parere

della Figc, l'ultima parola, come noto, spetta al Coni ed eventualmente

all'Alta corte di giustizia. C'è davvero il rischio che i dirigenti sospesi lo

restino sino a settembre 2012, quando il loro reato, frode sportiva, sarà

prescritto. Maurizio Beretta, presidente della Lega di A, aveva scritto una

dura lettera ad Abete chiedendo che l'argomento venisse preso in esame nel

prossimo consiglio di dicembre e minacciando addirittura di portare la

Federcalcio in tribunale. Tutto inutile: se ne parla, come si è visto, a

gennaio. Ma dalla Lega di A, a parte l'articolo 22, non una parola sul tavolo

della pace mentre gira una lettera, proposta da Massimo Cellino, per una

raccolta di firme. Alcuni presidenti (ma quanti non si sa ancora. . . )

protestano perché non sono stati invitati da Giovanni Petrucci alla riunione

del 14 dicembre. Il presidente del Coni l'ha detto:"L'agenda la decido io e

non me la faccio imporre da nessuno". Nessuna riunione quindi fra le "sette

sorelle", come anni fa: ci saranno infatti solo Andrea Agnelli (Juve), Moratti

(Inter), Diego Della Valle (Fiorentina), Adriano Galliani (Milan), forse De

Laurentiis (Napoli). Quindi, 4-5 società al massimo. Più ovviamente i vertici

di Coni (Petrucci e Pagnozzi) e Figc (Abete). Beretta non sarà invitato. Ma

alla Lega, d'altronde, Calciopoli interessa poco o nulla. Interessa solo

l'articolo... Lo scontro con la Figc è molto pesante, eppure Abete fu sin

troppo buono, e disattese anche le norme: quando i consiglieri di Lega

(Cellino e Lotito) disertavano le riunioni del consiglio federale, in base

alle regole delle Noif dovevano essere dichiarati decaduti. Ma allora vinse il

buonismo: ecco i risultati.

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Joined: 07-Nov-2011
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beccantini mi sorprende,non ha capito che la richiesta danni ci sarebbe stata a priori,non c'entra napoli

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Praticamente, la fredda cronaca, freddissima.

senza stigmatizzare

neanche un po'

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non so se è stato postato http://corrieredelme...380099339.shtml

8123809--190x130.jpg

Tra un po' sbrodola pure assieme agli amichetti dell'ANM

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Striscioni-e-sfott%C3%B2-anti-Quagliarella-Numero-di-maglia-71.jpg

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CALCIO & CALCI

Aldo Biscardi: 32 anni sotto “Processo”

“LA MIA VITA È TUTTO UNO SGUUB”

di MALCOM PAGANI (Il Fatto Quotidiano 02-12-2011)

E poi c’è un’altra cosa che non la sa nessuno”. In un’agitata ora e mezza,

Aldo Biscardi lo ripete almeno venti volte. A 81 anni: “Ma io non dico mai

l’età, solo la data di nascita: 26 novembre 1930” con i capelli ramati e la

gamba rapida, riordinare i ricordi è una sbornia. Aldo si ubriaca. E poi beve

ancora: “Se me continui a dà del lei, me fai proprio incazzà”. Imita gli

interlocutori di mezzo secolo di professione, modula la voce, scatta dalla

poltrona. Mostra libri, reliquie e certificati: “Guardi il Guinness dei

primati: ‘Al signor Biscardi, l’autore della trasmissione più longeva della

storia della tv’”. Poi infila l’illuminata galleria degli accenti che tra

“Juvendini”, “Brogessi” “Denghiu” e “Sguub” hanno riscritto la neolingua di un

molisano di ventura che dava del tu ai presidenti della Repubblica e

all’assurdo: “Dove giocherà Roberto Baggio l’anno scorso?” o anche: “Parlate

uno alla volta, massimo due”. Il suo processo al pallone, ora alla

trentaduesima curva su La 7 Gold, dura da decenni, indifferente alle

migrazioni dell’etere, ai caratteri, alle comparse. In una casa romana

circondata dal verde, tra scrivanie, piante e divani rosso fuoco, Aldo innesca

le bombe e mente ancora: “Questa, le giuro, la dico solo a lei”.

Biscardi, come iniziò?

Studiavo a Napoli ma avrei dovuto fare l’avvocato a Larino dove non c’era

niente e passavo il tempo rubando i fichi ai contadini. Mi presentai alla

redazione di Paese Sera e mi fecero scrivere un pezzo. Assunto subito, il

giorno dopo. Mio padre era disperato.

Convincerlo fu un’impresa?

Andai dal caporedattore e lo implorai. ‘Compà, a papà mio digli che guadagno

il triplo’. Addio Giurisprudenza.

L’esperienza a Paese Sera?

Come al luna park. Ci rimasi 30 anni. Nel ’57 andai con Pasolini in Russia.

Con Pasolini?

Avevamo la stessa interprete, Tatiana. Giravamo il Paese. Le campagne. Le

città. Un giorno da una dacia uscì un bambino. Pier Paolo impazzì. Si

intenerì. Lo baciò ovunque, anche sul pisellino. Poi rientrando in macchina

virò altrove: ‘Aldo, questi paesaggi sono straordinari’.

Però.

Poi andammo a cena da Kruscev. Nikita ci venne vicino, ci ingozzò di caviale.

‘Tovarich, hush kush’. Mangiate compagni. E noi mangiammo.

Primo Mondiale nel ’58.

In Svezia. Con Brera facevamo spesso tardi. Dormivamo nell’albergo del

Brasile. Una notte rientrando io e Gianni ascoltiamo le urla in portoghese

provenire dalla stanza dell’allenatore, Vicente Feola. Un paisà lucano col

quale di solito dialogavamo in italiano.

E cosa fate?

Non capendo una parola svegliamo un giornalista della Gązzetta di San Paolo.

Così scopriamo che Feola sta proponendo a Nilton Santos di cambiare ruolo. Lui

ringhia. Insulta il tecnico: ‘Gringo de mierda’. Minaccia. La mattina seguente

incontro Feola al bar. Gli racconto tutto. Lui sbianca: ‘L’avete detto al

collega vostro? Maronna santa, tra un quarto d’ora o‘ sape tutt ’o Brasile’.

Vent’anni dopo, sbarcò in tv.

L’idea fu di Biagio Agnes. Il titolo lo presi da un lampo di Gianni Rodari che

scrisse che io parlavo di calcio con un tono da processo.

Fu un successo.

Litigi, gaffe, vallette... Ne ho avute quasi 40. Non mi hanno mai sorpreso con

nessuna di loro.

Lentezza dei fotografi?

Non mi hanno mai beccato.

Nel processo dei primi anni c’era anche Carmelo Bene.

E la provocazione era la regola. Con Vera Slepoj parlammo dell’opportunità che

i calciatori facessero sesso prima della partita. Lei si disse contraria e

Carmelo la aggredì: ‘Scusa Slepoj, ma che ne sai? Scopi con loro?’.

Con Pertini come andò?

Il Presidente rimase tre ore in diretta da Selva di Val Gardena. Ero

preoccupato: ‘Oddio mò questo me muore in diretta’. Gli chiesi se fosse del

Genoa e lui pronto: ‘Biscardi, tu mi vuoi fregare davanti agli italiani ma io

non ci casco, tiè’. Fece il gesto dell’ombrello. Uno sgub.

Il ring tra Zico e Mosca?

Maurizio pubblicò un colloquio a tutta pagina sulla Gązzetta dello Sport, così

quando li ebbi entrambi in trasmissione legai il filo: ‘Zico, qui c’è anche la

persona che l’ha intervistata per prima’. Lui iniziò a urlare: ‘Non me lo

faccia vedere, è un cialtrone, io con quel signore non ho mai parlato’. Mosca

era imbarazzato. Il suo giornale lo licenziò in tronco.

A volte è scivolato anche lei.

Tante volte. A Piacenza, anni fa, imbastii un collegamento con una pornostar

legata a un calciatore. Nella fretta mi lasciai andare: ‘La sequenza non è

pronta, la stanno ancora montando’.

C’era dolo?

Neanche un po’. Era il clima, l’adrenalina, la fretta. Un’altra volta, Mosca

sostenne che i ragazzi della Nazionale si dovevano sfogare sessualmente e io

domandai la soluzione per quelli che non erano fidanzati.

E Mosca?

‘Che trovino un mignottone’.

E la sua biografia del Papa?

L’unica autorizzata di Woityla. Un miracolo.

Non sia blasfemo.

È la verità. Ai tempi dell’attentato, il Vaticano mi chiese il moviolone per

rivedere la sequenza di Agca e glielo prestai. Poi incontrai il segretario di

Giovanni Paolo II, in Piazza Indipendenza. Trovammo un accordo. Un giorno,

mentre aspettavo di entrare nelle stanze del Santo Padre, sentii un tonfo.

Pensai al peggio.

Invece?

Erano i cardinali che si gettavano a terra in preghiera, tutti nello stesso

istante.

Sacro e profano. Lei era amico di Moggi. Lo agevolava...

Facevo finta, è diverso. Lui mi chiamava per lamentarsi degli arbitri e io lo

assecondavo. Lo facevo sfogare con la segretaria.

Chiedeva orologi in regalo.

Macché. Mi promise un Rolex per anni fino a quando non persi la pazienza.

‘Lucià, insomma, ‘st’orologio me lo dai o è tutta un’invenzione?’.

E con Berlusconi?

Lo conosco dal ’92, dai tempi del caso Lentini. Gli chiesi lumi sul passaggio

di Gigi tra Milan e Torino e lui, in stile, fu secco: ‘Il Milan non è

colpevole di nulla e adesso lo vado a dire anche ai nipotini di Stalin del

Tg3’.

Altre collisioni?

Mi propose di passare a Mediaset, ma rifiutai. Negli ultimi sei anni è

intervenuto due volte e solo per telefono. Annunciò ‘in nome dell’antica

amicizia’ che Kaká non sarebbe stato ceduto.

Uno sgub al contrario.

Che ci vuole fare? L’uomo è versatile. Come Achille Lauro.

Lei l’ha conosciuto bene.

Benissimo. Teatro puro. Una volta a bordo campo eravamo insieme. Napoli-Juve.

Segna Bertucco, il Napoli vince 1-0 e Lauro sviene. Dopo un quarto d’ora si

riprende. L’avevano ripulito tutto. Derubato. La domenica dopo si votava. Il

Roma uscì con un titolo chiaro: ‘Con lui si vince’.

E le elezioni?

La capopopolo di Forcella, laurina doc, si chiamava Nanninella ‘a chiattona.

Voleva che Lauro le regalasse un chiosco per le angurie in pieno centro. Lauro

le aveva promesso l’acquisto, ma non poteva mantenere il patto. ‘Ti pago il

doppio, ma il chiosco non te lo posso far avere ’. Lei si arrabbiò: ‘Siete uno

spergiuro’ e si iscrisse al Pci. Il comizio di chiusura di Lauro era previsto

a Forcella. Il commendatore era spaventato e puntualmente ritrovò Nanninella

in prima fila. Pronta a contestare. Lauro partì: ‘Il nostro amato sovrano deve

tornare da re e non da profugo’, lei aspettò la fine e poi urlò: ‘E certo,

come no, torna a cavallo d’o C***O’. (Ride)

Altro giro. L’hanno criticata spesso.

Mai chiamato un giornalista per rispondere, lamentarmi o ringraziare. Non

replicai neanche a Beppe Grillo che diceva che giravo con la lasagna in testa.

Aldo Grasso fu duro.

Mai parlato con lui. Qualche problema ci fu con Gianni Brera. Gli chiesi di

Grasso e lui, feroce: ‘L’unico Aldo Grasso che conosco è un gelataio di

Catania’. ‘Ma no Gianni, Aldo Grasso, il grande critico’.

E Brera?

Ah, ho capito, quello è un pirla.

Michele Serra scrisse che lei aveva una passione per il superlativo e

per l’enfasi complimentosa.

Aveva perfettamente ragione. Se una cosa me piace, me piace. Maradona per

esempio.

Era spesso da lei.

Pazzo di una prosperosa conduttrice, stava sempre col naso tra le tette: ‘Aldo,

non sai quanto me la vorrei fa’.

Lei era contenta?

E vabbè. Maradona è sempre Maradona.

Tra dieci anni dove si vede?

Ma che ne so? Non me fa toccà. Mai fatto conti su domani. Portano sfiga e

accorciano la vita.

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L´ombra della combine sul gol salvezza di Negro

Ancora calcioscommesse: l´ex difensore al centro di una tentata estorsione per 200mila euro

di FEDERICA ANGELI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 02-12-2011)

A un certo punto della gara, gli investigatori ne sono convinti, Negro fa un

visibile cenno verso alcuni giocatori della Lazio. Sui tabelloni del Franchi

si legge che a Catania il Chievo sta perdendo: il Siena invece sta pareggiando

1-1, per rimanere in serie A ha bisogno di un gol. È l´86´. Vergassola prende

la palla, la difesa della Lazio si blocca all´improvviso, assist proprio per

Negro improvvisato centravanti e rete d´anticipo su un goffissimo tentativo di

scivolata di un difensore biancoceleste. Due a uno, Chievo condannato, Siena

salvo. Almeno fino ad oggi, perché, adesso, quella partita della stagione

2007-2008 è finita in una tempesta il cui esito - giudiziario ma soprattutto

sportivo - è ancora tutto da scrivere.

Il punto di partenza è l´informativa inviata dagli investigatori della

squadra mobile di Roma agli uomini dello Sco, e poi da questi inoltrata agli

investigatori della procura di Cremona, capitale - insieme a Napoli - della

lotta al Calcioscommesse (nei prossimi giorni riceverà anche gli atti

provenienti dalla procura di Bari relativi all´inchiesta, anticipata ieri da

Repubblica sulle partite sospette dello scorso anno). Tutto ruota intorno alle

sorti dell´Olgiata Sporting Club un centro sportivo del quale sono soci di

minoranza Luigi Barelli (fratello di Paolo, senatore di Pdl) e ad altri

imprenditori "vicini" al sindaco di Roma Gianni Alemanno, e soci di

maggioranza Paolo Negro, il pilota Ferrari Giancarlo Fisichella, e i due ex

calciatori Francesco Dell´Anno e Luigi Di Biagio. Il club non va benissimo, è

sempre in rosso, alcuni soci vogliono abbandonare la nave, ma prima occorre

procedere a un´importante ricapitalizzazione.

Nell´ambito della gestione di questa crisi finanziaria matura un tentativo di

estorsione ai danni di Negro, denunciata dallo stesso calciatore e poi

ricostruita dagli agenti attraverso numerose intercettazioni telefoniche. Per

almeno un mese durante l´estate Negro era stato infatti minacciato da una

persona che sosteneva (millantando) di essere legata ad alcuni clan calabresi.

Voleva 200mila euro: se non li avesse avuti avrebbe scritto una lettera ai

giornali raccontando la storia di Siena-Lazio. L´informazione su quella

partita l´aveva avuta da una "fonte attendibile".

Come detto, Negro denuncia tutto. Così, il 20 ottobre scorso, il giorno

fissato per la consegna dei soldi, all´appuntamento con gli estorsori in un

bar del centro di Roma, si presentano gli uomini della Mobile. In arresto

finiscono il sedicente "amico dei calabresi" (una piccola pedina della

malavita romana) e il cognato di Francesco Dell´Anno (subito rilasciato perché

incensurato), la cui posizione è ora al vaglio del pm Minisci e dell´aggiunto

Saviotti.

«Non conosco nemmeno le regole della briscola e del tresette, figuriamoci se

gioco per soldi - ha detto Negro qualche settimana fa, quando un articolo del

Messaggero aveva anticipato parte del contenuto dell´inchiesta - Ho sempre

svolto la mia professione con passione, orgoglio, dignità e attaccamento alle

maglie indossate e non tollero in alcun modo che si possa mettere in

discussione la mia condotta». Nonostante le parole di Negro, però, qualche

dubbio sul corretto svolgimento di quella gara gli investigatori ce l´hanno,

eccome. E non solo per il cenno di Negro (autore di un gol all´86´, ma anche

del fallo da rigore su Rocchi per il momentaneo pareggio della Lazio), ma

anche perché hanno in mano una conversazione telefonica intercettata piuttosto

eloquente. Da un capo del telefono, un personaggio misterioso che gli

inquirenti identificano come un pezzo grosso. Dall´altra un altro

pregiudicato: «Guarda che Negro c´entra eccome, a questo gli togliamo un sacco

di soldi se non vuole casini».

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Mi pare che...

Juve prima perché è la più forte

Da Auricchio parole stonate...

di LUCIANO MOGGI (Libero 02-12-2011)

Riflessioni dopo dodici giornate, ce n’è abbastanza per dire che la classifica

rispecchia i valori visti in campo. Juve su tutte, a seguire Milan, Udinese e

Lazio. Il quadro è più o meno quello che avevamo indicato in estate, la Juve

ha fatto di più, di più anche l’ Udinese, dopo aver fatto trasmigrare Sanchez,

Inler e Zapata, il Milan un po’ meno. Ma i punti di differenza sono solo due.

La lotta sarà dura e lunga. Tra le candidate al titolo c’è chi fa un elenco

largo rispetto a chi, come noi, indica quelle che sembrano realmente in corsa

(Milan e Juve), a fronte di quelle che potranno dare solo fastidio (Lazio e

Udinese). Il Milan è quello più attrezzato. Non crediamo comunque che la Juve

si spaventi, non si recupera un secondo doppio svantaggio a poco più di venti

minuti dal termine, come accaduto a Napoli,se non si ha consapevolezza della

propria forza. La gente si domanda, perché Conte e la Juve si ostinano a

giocare a nascondino? Semplicemente perché riconoscono i propri limiti, e tra

questi i buchi in difesa verificatisi anche al San Paolo. Nonostante ciò la

Juve ha potuto raggiungere il 3-3 sfiorando la vittoria. A questo punto è

caduto il velo sulle ambizioni della squadra. L’onore del comando arriva

meritato dopo dodici turni intensi, e conta naturalmente l’imbattibilità,

unica squadra che può fregiarsene. In quanto alla mancanza delle gare di coppe,

era il vantaggio atteso a fronte del rammarico di non esserci.

Comunque qualcosa di meglio nella lotta al vertice lo capiremo già stasera, il

Milan va a Marassi contro un Genoa in piena bagarre: Preziosi ha smentito le

voci di un esonero di Malesani, ma la situazione non è tranquilla.

Fulvio Bianchi su “Spy calcio” dice che al famoso tavolo della pace del 14

dicembre non si parlerà dello scudetto 2006. Se così fosse sarebbe giusto

chiedersi il perché di questa riunione al Coni. Petrucci dice che Moratti è

sereno perché sa quello che lui dirà. Mi chiedo se lo sa anche Agnelli e se

Moratti è sereno per quello che Bianchi ha ora rivelato. È vero che Petrucci

non lo ha mai chiamato tavolo della pace ma «un incontro per discutere le

vicende del calcio di vertice», ma non saranno parole paludate a nascondere la

sostanza del problema. Abete disse che l’etica non andava in prescrizione.

Chiarisse a quel tavolo perché non ha applicato questo principio per ricavare

un minimo di giustizia dalla relazione di Palazzi che accertò l’illecito

sportivo a carico dell’Inter e dei suoi dirigenti. Fermo il seguito per

prescrizione, l’etica avrebbe dovuto fare giustizia di uno scudetto

indebitamente appeso nella bacheca dell’Inter. Se Abete invitò Moratti a

rinunciare alla prescrizione ricevendone un no arrogante, significa che il

presidente della Federcalcio sa benissimo che l’Inter si attribuisce uno

scudetto che non le spetta. Abete spieghi questo al tavolo del “calcio di

vertice”. Diversamente e senza che Petrucci si offenda il tavolo della pace

sarà il tavolo delle beffe.

Ma veniamo adesso ad Auricchio. Dice “Giù le mani dalla Juve”: «l’Italia è

forse l’unico Paese in cui è possibile che un ufficiale dei Carabinieri, in

aspettativa per espletare un incarico di natura politica, rilasci interviste

su indagini da lui stesso svolte ad un periodico il cui titolo, tradotto in

italiano, è “la Fiera della vanità”. La libertà di pensiero vale per tutti, ma

che senso ha commentare i lusinghieri risultati conseguiti con le provvisorie

sentenze di condanna, evidentemente per Auricchio la presunzione di innocenza

è solo un dettaglio. Quando poi ipotizza la sussistenza di altri reati, il

tutto con un elegante «non escluderei», considerato che le indagini non le

facevano altri, ma lui diretto interessato, questa è una vergogna! Auricchio

dovrebbe invece spiegare perché migliaia di telefonate con indici di gravità

(i “baffi rossi”), siano state messe da parte. E parla ancora di «avanzamenti

di carriera» per gli arbitri, mentre sono stati lui e Narducci a raccogliere i

frutti derivati dalla notorietà della vicenda e sbarcare in politica. Presto

comunque uscirà qualcosa che permetterà a tutti di sentire e capire la

differenza che esiste tra un’intercettazione integrale e la stessa taroccata.

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PICCOLE MA TOSTE

Cellino guida la rivolta

«No al tavolo della pace»

Avvertimento a Petrucci: «Se parla del futuro del calcio deve farlo con tutti»

di FABIO RUBINI (Libero 02-12-2011)

Il prossimo 14 dicembre Juve, Milan, Napoli, Fiorentina e Inter, si

apparecchieranno attorno al “tavolo della pace” convocato dal presidente del

Coni Gianni Petrucci. L’iniziativa però ha suscitato la reazione delle società

escluse dagli inviti, che non hanno gradito né il metodo né gli argomenti che

verranno trattati nell’incontro “riservato”.

Sono in tanti quelli che protestano, un po’meno quelli che si espongono

apertamente. Tra questi ultimi c’è il sanguigno presidente del Cagliari

Massimo Cellino. «Ma non chiamatemi frondista. Io sono uno che rispetta le

regole. Gli altri no», sbotta il numero uno sardo, furioso con chi lo ha

additato come ribelle del calcio e con Petrucci e il Coni per la convocazione

del “tavolo della pace” che, parola di Cellino «non si capisce nemmeno a cosa

serva ». E non è finita qui perché la compagine delle società che non hanno

gradito l’iniziativa del presidente del Coni (su invito di Andrea Agnelli, va

ricordato) si allarga ora dopo ora. Quasi tutte le società che non sono state

invitate al banchetto sono pronte a firmare una lettera aperta da inviare

proprio a Gianni Petrucci.

Presidente Cellino, cosa c’è scritto in quel documento?

«Me ne hanno letto una bozza al telefono, non sono io l’ideatore di questa

iniziativa, ma la trovo giusta e ho dato la mia disponibilità a firmarla».

E c’è scritto...

«In sostanza si dice che se il presidente del Coni vuol parlare del futuro del

calcio, lo deve fare con la Lega che rappresenta tutte le società, non solo

con le quattro o cinque che lui ha deciso di invitare. Altrimenti si fa

discriminazione. E noi non ci stiamo ».

Ma questo tavolo a cosa dovrebbe servire? Agnelli vuol parlare dello

scudetto del 2006, Moratti non ci pensa nemmeno e punta lo sguardo al

futuro...

«Ecco questo è un altro punto importante. Noi non abbiamo capito perché questo

tavolo è stato convocato. Se Petrucci avesse la bontà di spiegarcelo... perché

sa non è che i precedenti siano incoraggianti...».

Si spieghi meglio.

«Dall’ultima iniziativa di questo genere (le famose sette sorelle, ndr) venne

partorita la scelta del doppio designatore Bergamo- Pairetto e tutti sappiamo

come è andata a finire...».

Con l’inchiesta di Calciopoli e una brutta figura per il nostro calcio.

«E invece proprio noi siamo quelli che devono dare il buon esempio. Io sono

uno che rispetta le leggi, sia quelle sportive che quelle civilistiche. Da

sempre».

Un primo tavolo, proposto da Della Valle venne sdegnosamente respinto

da Moratti. Ora invece il presidente dell’Inter si siederà a quello

del Coni.

«Sono rimasto sorpreso dalla decisione di Moratti che io stimo più di ogni

altro. Le dirò di più: lo vorrei come presidente di tutti noi, perché lui è

l’unico al di sopra di ogni sospetto. Un galantuomo come lo era Facchetti».

Dopo le prime critiche il presidente Petrucci se l’è presa e ha

avvisato: «il tavolo è mio e invito chi voglio io». Questa lettera

vuole essere una risposta a questo sfogo?

«Assolutamente no. Lui può fare quello che vuole e invitare chi ritiene

opportuno. Però non mi sono piaciute le sue repliche. Io lo stimo, ma Petrucci

deve rispettare chi non la pensa come lui».

Chi firmerà il documento?

«Dovrebbero firmarlo tutti quello che non sono stati convocati. Dobbiamo dare

un segnale forte, altrimenti si rischia la delegittimazione totale della Lega

e questo è un prezzo che non possiamo correre il rischio di pagare».

Come detto Cellino non è il solo a dire no al tavolo della pace. Anzi,

l’iniziativa della lettera aperta non sarebbe partita da lui, ma dal

presidente genoano Enrico Preziosi, che spiega così la sua presa di posizione:

«Delle beghe tra Juve e Inter ne abbiamo piene le scatole. Non ci frega nulla.

Noi vogliamo capire se questo tavolo può essere esteso a tutte le componenti

del calcio. Perché se si parla del nostro futuro vogliamo essere presenti. Se

invece sarà limitato a pochi intimi allora non ci sta bene. L’iniziativa della

lettera aperta - prosegue Preziosi - è nata dal fatto che tutti noi ci siamo

sentiti messi da parte». E un risultato, secondo il presidente genoano, questa

iniziativa l’ha già raggiunto: «abbiamo trasmesso un messaggio. Speriamo

arrivi a destinazione...». Più tranchant un altro “passionale” del nostro

calcio, Maurizio Zamparini numero uno del Palermo: «Il tavolo e la lettera

aperta? È tutta una vicenda tipicamente italiana».

E in serata del tavolo è tornato a parlare anche Andrea Della Valle:

«Vogliamo tutti un discorso costruttivo, ma ce ne è ben poco», ha detto

commentando le esternazioni di Moratti. «Io al tavolo non ci sarò. Sono

sospeso e non voglio dar adito a polemiche. Ci andrà mio fratello Diego. Ma

serve serenità, altrimenti non si va da nessuna parte».

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Il tavolo del Coni Parla la Fiorentina

Della Valle a Moratti

«Non sei costruttivo»

di ALESSANDRO BOCCI (CorSera 02-12-2011)

MILANO — Il tavolo della pace perde un protagonista. Andrea Della Valle (foto)

, patron e presidente onorario della Fiorentina, declinerà l'invito di Gianni

Petrucci. «Non voglio alimentare altre polemiche e, in qualità di sospeso

dall'incarico, preferisco non partecipare». In attesa del vertice, previsto

nella mattinata del 14 dicembre al Palazzo H del Coni, il clima resta teso. Il

giovane Della Valle non ha gradito l'uscita di Massimo Moratti. «Le premesse

per ritrovare serenità nel calcio ci sono, ma non dobbiamo stare sulla

difensiva. Nelle ultime dichiarazioni del presidente dell'Inter c'è davvero

poco di costruttivo. Parlare di ‘‘coltelli sotto il tavolo'' non va bene e non

fa bene a nessuno, soprattutto a chi ha subito tanto come la Fiorentina».

La posizione di Andrea è anche quella del fratello Diego, che all'incontro di

Roma ci sarà. Il Coni aspetta sereno. Anche se le posizioni restano lontane,

la riunione sarà seria. In ballo c'è il futuro del calcio italiano. Sette gli

invitati. Altri due sono in sospeso: Aurelio De Laurentiis e il presidente

della Lega Maurizio Beretta. Petrucci parlerà con entrambi nei prossimi giorni,

poi deciderà.

Intanto slitta la decisione sulla modifica dell'articolo 22 bis delle Noif

(le norme organizzative interne della federazione) che consentirebbe a Lotito,

Andrea Della Valle e Mencucci di tornare a occuparsi delle rispettive società

(Lazio e Fiorentina). La Corte di giustizia federale, alla quale si era

rivolto Abete chiedendo un parere, ha ritenuto di chiedere un approfondimento

istruttorio allo stesso presidente federale e al presidente della Lega Beretta,

autorizzando la presentazione di memorie e, casomai, la richiesta di

un'audizione. Una procedura insolita. La decisione slitta al 9 gennaio e i

tempi si allungano. Al prossimo consiglio federale, il 20 dicembre,

l'argomento non sarà affrontato. Lotito, però, potrà partecipare da

consigliere: visto che la Corte di giustizia non ha fornito il parere, Abete

non intende commettere passi falsi.

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Accuse La minaccia degli scandali e degli hooligans. Federazione a rischio di azzeramento

Corruzione, il calcio polacco nella bufera

di FABIO MONTI (CorSera 02-12-2011)

KIEV — Secondo l'ultima ispezione dell'Uefa, la situazione in Polonia è così

delineata: i quattro stadi sono quasi pronti al 100%; gli aeroporti al 90%; le

infrastrutture legate ai trasporti all'80%. «I tempi sono quelli dell'Europeo

2004 in Portogallo, in leggero ritardo rispetto a quanto avevano fatto

Svizzera e Austria quattro anni fa». In questo momento, però, il problema per

la Polonia è politico, all'interno della Federcalcio nazionale (Pzpn),

investita da pesanti accuse di corruzione. Mercoledì è stato licenziato il

segretario Zdzislaw Krecina, figura storica, coinvolto in una vicenda (con

tanto di intercettazioni, trasmesse da TVN24), che tocca anche il presidente,

Gregor Lato, uno dei simboli della nazionale polacca terza al Mondiale '74,

dietro a Germania e Polonia. Il ministro dello Sport, la signora Joanna Mucha,

vorrebbe azzerare il vertice della Federcalcio, ma c'è il rischio di

interferenze statali nell'ordinamento sportivo, mentre in base a un sondaggio,

il 52% dei polacchi interpellati chiede addirittura lo scioglimento della

federazione.

È dal 2005 che gli scandali si succedono: 600 fra giocatori, arbitri e

dirigenti sono stati condannati o sono in attesa di processo per episodi di

corruzione. Resta poi un problema legato agli hooligans, valutati intorno ai

5.000, che rappresentano una minaccia concreta per Euro 2012. Nel 2011 sono

stati protagonisti di tre momenti di scontro con la polizia: a Kaunas, in

Lituania, in marzo, per un'amichevole; a Bydgoszcz per la finale di Coppa di

Polonia, in maggio; a Varsavia, l'11 novembre, per la sfilata destinata a

celebrare l'anniversario dell'indipendenza polacca. Anche l'Uefa è mobilitata,

così come le polizie europee, per isolare e smantellare questi gruppi e quelli

di altri Paesi europei prima che si cominci a giocare.

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La strana storia del dottor f.

di DAVIDE FUMAGALLI (JUVENTINOVERO.COM Venerdì 02 Dicembre 2011 01:46)

Un dettaglio del ricorso al TAR presentato dalla Juventus ha colpito

l'attenzione dei più solerti interessati. Come rilevato anche da Massimiliano

Nerozzi de 'La Stampa', che ha commentato aggiungendo "Cattivi pensieri?" dopo

la notizia, un nome presente in quel ricorso attira l'attenzione: Stefano

f.. Nelle ultime pagine del ricorso leggiamo:

"La Società ricorrente […] ritiene necessario acquisire le seguenti fonti di

prova testimoniale volte ad accertare le ragioni e le modalità del

comportamento gravemente colposo ed illegittimo della F. I. G. C e dei suoi

Organi coinvolti nella fattispecie in esame.

In particolare, si richiede di escutere come testimoni o in sede di

interrogatorio formale:

[...]

10. il Sig. Stefano f., quale responsabile per la sicurezza della

Società controinteressata Football Club Internazionale Milano s. p. a.

All’uopo, si deducono i seguenti capitoli di prova testimoniali:

[...]

9. “Vero che il Sig. s. f. nelle stagioni 2004-2005 e 2005-2006 fu

dipendente o collaboratore della Società controinteressata Football Club

Internazionale Milano s.p.a., in qualità di responsabile per la sicurezza”;

10. “Vero che il Sig. s. f. nelle stagioni 2004-2005 e 2005-2006

ha percepito un compenso notevolmente superiore a quello percepito nelle

stagioni successive”.

Oltre alle persone note cui la Juventus chiede di fornire spiegazioni in

merito alle ben note vicende dell’assegnazione dello scudetto relativo alla

stagione 2005-2006, in quanto ritenute responsabili anche di aver omesso prove

e provvedimenti nel corso degli ultimi cinque anni, compare un nome nuovo.

Quello di s. f., dipendente Inter che, ricorso alla mano, pare

abbia percepito proprio nelle due stagioni “incriminate” 2004-05 e 2005-06 un

“compenso notevolmente superiore” rispetto ai successivi.

Cerchiamo di capire meglio di chi si tratta, senza voler lanciare accuse

infondate, senza costruire castelli - abitudine che non ci appartiene e che

lasciamo volentieri ad altri - ma facendo emergere le perplessità che hanno

fatto storcere il naso ai legali stessi della società bianconera.

Nato a Roma il 18 ottobre 1959, è laureato in Giurisprudenza ed ha iniziato

la carriera in polizia: nel 1991 è stato inviato a Londra ad indagare sulla

morte di Roberto Calvi. Nel 1992 è entrato nei quadri della Direzione

investigativa antimafia. Nel 1995 il suo ritorno in Toscana, dove ha lavorato

alla Digos, poi nel pool di poliziotti a disposizione di Pierluigi Vigna e

indi alla squadra mobile di Lucca, che ha diretto. Sempre nel 1995, segue un

corso in FBI. Nel 2000 è diventato inoltre Security manager del Comune di

Firenze, voluto dal sindaco Dominici, e consulente dell'Associazione Nazionale

Comuni d'Italia. Quindi è ritornato a Roma, come Portavoce del Capo della

Polizia De Gennaro. È docente ai Master di specializzazione presso la facoltà

di Scienze della Comunicazione dell'Università Cattolica di Milano, nonché

consulente ONU per il programma IPO (organizzazione e sicurezza di grandi

eventi) e, dal 30 marzo 2010, è il nuovo vice presidente incaricato per le

Relazioni esterne, Comunicazione e Marketing dell' Associazione Industriali

province della Sardegna meridionale.

A Milano arriva il 26 novembre 2003, in qualità di responsabile sicurezza del

gruppo Saras (la holding della famiglia Moratti) e, successivamente, come

responsabile delle relazioni esterne. Alla carica di Direttore delle Relazioni

Esterne che f. ricopre in Saras si è da subito affiancata quella di

responsabile per la sicurezza e i rapporti istituzionali all’Inter, come si

evince anche da questo articolo della Gązzetta dello Sport datato 15 aprile

2005. Per l’Inter, dunque, prosegue l’abitudine al riciclo interno di

dirigenti nelle varie aziende del gruppo. Il settore comunicazione e sicurezza,

inoltre, si conferma strategico per la vecchia sede di via Durini: dopo gli

anni di Calciopoli, anni caratterizzati da pedinamenti ai danni di tesserati

FIGC e da intercettazioni telefoniche, e dopo la scomparsa di Giacinto

Facchetti, arriva la promozione a Vice direttore Generale per il dottor

f.. L’ex poliziotto, a partire dal 21 novembre 2006, va infatti ad

affiancare il DG Ernesto Paolillo, con delega al coordinamento della

Comunicazione Societaria e dell’Ufficio Stampa, alla Sicurezza ed alla

Protezione del Brand (da fonte Saras, tuttavia, pare che la carica di Vice DG

risalga all’anno stesso dell’assunzione da parte della società milanese).

s. f., inoltre, a seguito dello stravolgimento dell’organigramma

nerazzurro, si ritroverà persino a far parte del Comitato Strategico

dell’Internazionale, organismo centrale che sottostà direttamente al solo CDA

dell’Azienda milanese, al fianco dei Moratti (Massimo, Angelomario e Milly),

di Ghelfi e di Paolillo. Nessun altro. Le sue competenze e la sua attività

possono più facilmente essere prese in considerazione da parte dei quadri

aziendali, le sue prestazioni hanno un peso nelle scelte decisionali

dell’intera società. Un’ascesa sfavillante per un responsabile alla sicurezza,

sebbene dal curriculum invidiabile. Che poi la domanda sorge spontanea: ma che

diavolo ci fa un responsabile alla sicurezza in una società di calcio? E

perché si occupa contemporaneamente di relazioni esterne? Probabilmente

l’Inter voleva capire cosa accadeva intorno a sé, temeva qualche attacco,

temeva di essere vittima di un intero sistema. Queste considerazioni sono

analoghe a quelle fatte riguardo all’affaire Telecom: a cosa servivano quei

dossier (Como, Ladroni, spionaggi di tesserati, ecc…)? La storia, del resto,

fornisce un prezioso assist alle nostre deduzioni: attività Telecom dal

2002-2003, insediamento di responsabili alla sicurezza dal 2003 e… promozioni

nel 2006! Inoltre: quante società calcistiche hanno analoghe cariche deputate

alla sicurezza? Con tutta probabilità, per quello che sappiamo noi, l’Inter

non solo era l’unica ad averle, ma è stata la prima società italiana a

preoccuparsi di istituire un settore apposito. Ma restiamo alla cronaca, ché

ancora molto resta da raccontare di questa faccenda.

Sì, perché il dottor f., una volta giunto nel mondo del calcio non si è

fermato alla Bicocca, il suo cuore lo ha riportato nella sua città natale:

Roma. In data 11 luglio 2007, infatti, è stato nominato dal presidente della

Federcalcio, Giancarlo Abete, coordinatore nazionale dei delegati alla

sicurezza, grazie al suo notevole background nell’ambito dell’ordine pubblico.

In pratica, è l’uomo che coordina l’attività degli stewards, come da accordi

tra Ministero degli Interni, CONI e FIGC. Inoltre, f. è indicato

nell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive come rappresentante

FIGC, insieme ai vertici delle forze dell’ordine, dello sport e della

protezione civile.

Un ruolo non certo privo di implicazioni “politiche”, grazie ai possibili

contatti con il palazzo e le istituzioni calcistiche e non; si può parlare di

conflitto di interessi? f. può intervenire nelle decisioni relative alla

sicurezza degli stadi, all’organizzazione dei match, e, contemporaneamente,

lavora nella security nerazzurra, organo, come abbiamo visto, non defilato e

marginale, ma assolutamente centrale nell’organigramma interista.

Non è una novità che le "prese di potere" avvengano anche inserendo propri

rappresentanti nei posti giusti, quelli che devono esercitare controlli e

prendere decisioni. E il tutto all'oscuro di Moggi, che nel frattempo parlava

con Baldas e Biscardi.

Ma ora, direte voi, cosa c’entra Luciano Moggi con i fatti di quattro anni fa?

C’è un episodio curioso, risalente al 2003, che riguarda - manco a farlo

apposta - il dottor Stefano f.: per qualche mese è stato un membro

dell’Ufficio indagine della Federcalcio.

Nessuna prova su un ruolo attivo del signor f. nelle vicende note come

“Calciopoli”, anche perché si è dimesso una volta giunto al cospetto di

Moratti: questo atto, tuttavia, conferma il ruolo attivo, alle dipendenze del

procuratore Stefano Palazzi, di un dirigente che di lì a poco avrebbe fatto

parte dell'organigramma interista. Non conosciamo le reali motivazioni di tale

provvedimento (celate dietro la necessità di integrazione di personale), ma la

cronologia è curiosa: il 28 aprile 2003 è firmato l’accordo f.-FIGC e a

novembre viene assunto dall’Inter, nel pieno dell’attività presso la Procura

federale.

Sembra che la società di Massimo Moratti, tra il 2002 ed il 2003, sia stata

particolarmente interessata alla propria sicurezza: dalla fine del 2002 si può

collocare l'attività di Giuliano Tavaroli, altro responsabile della sicurezza,

sponda Telecom, rivolto ai dossieraggi illegali di tesserati (come emerso dal

processo Telecom in corso a Milano); poi, dalla fine 2003, un altro

super-poliziotto giunge in società (f., appunto, sponda Saras-Inter). E

ci si chiede come mai, non ancora Vice Direttore Generale nerazzurro,

percepisse uno stipendio superiore a quello che avrebbe preso dopo la

promozione. Questo è il "cattivo pensiero", citando Nerozzi, che potrebbe

essere balenato nella testa dello staff legale bianconero?

Se i sospetti si fermano qui, i dubbi e le perplessità avvolgono ogni tifoso

di calcio che criticamente si interessa anche di quello che non è calcio

giocato, ma che assume un’importanza assoluta se visto in un’ottica attuale

fatta di poteri e di tavoli.

Rivediamo la cronistoria sportiva di f., dopo la sua “scesa in campo”:

- aprile 2003: Ufficio Indagini FIGC;

- novembre 2003: responsabile sicurezza e relazioni esterne in Saras e Internazionale;

- novembre 2006: promozione a Vice DG dell’Internazionale;

- luglio 2007: coordinatore nazionale degli stewards.

Vi immaginate cosa sarebbe successo se Moggi o il suo uomo di fiducia fossero

stati scelti dalle strutture giudicanti della Federcalcio?

Di cosa stiamo parlando ancora? Delle tre telefonate in croce che fanno

sorgere dubbi sull’integrità morale dei dirigenti juventini? E su queste

vicende non una parola che sia una.

Un uomo che segue attivamente Saras, Confindustria, settore sportivo e

dirigenziale dell’Inter, che ha rapporti con istituzioni, ruoli in FIGC e

persino all’interno di organismi ministeriali. Se non è conflitto di interessi,

poco ci manca.

E pensare che la guida dovrebbe essere proprio la FIGC. Recita, infatti, lo

statuto federale (art.3-m): “Al fine di promuovere e disciplinare il giuoco

del calcio, la FIGC esercita, in particolare, le seguenti funzioni:[…] la

disciplina delle situazioni di conflitto di interessi; ”. E, ancora, l’art. 29

(requisiti e incompatibilità delle cariche federali): “5. Sono altresì

incompatibili con la carica che rivestono e devono essere dichiarati decaduti

coloro che vengono a trovarsi in permanente conflitto di interesse per ragioni

economiche con l’organo nel quale sono eletti o nominati. Qualora il conflitto

d’interessi sia limitato a singole deliberazioni o atti, il soggetto

interessato non deve prendere parte alle une o agli altri. 6. I regolamenti

federali disciplinano gli altri casi di conflitti di interesse e stabiliscono

le relative conseguenze o sanzioni.”.

Si verifichi il rispetto di queste norme, si verifichi il motivo dello

stipendio stranamente elevato tra il 2004 ed il 2006, ma il problema etico

rimane: l’etica è il modo di agire secondo coscienza, è il rispetto delle

leggi, scritte e non, che dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento e

istituzione.

Ed invece troviamo mani in pasta ovunque, in settori strategici

dell’industria, della politica, del calcio, in quel settore, quello della

sicurezza, al centro di vicende note, che solo la Federcalcio (si ricordino, a

tal proposito, l’archiviazione di Palazzi e la censurabile risposta

all’avvocato di Vieri) non ha voluto vedere. Perché, se le vedi, non puoi poi

questionare sulle pagliuzze altrui.

A proposito, in FIGC l’etica non si prescrive. Anch’essa è stata archiviata

da tempo.

Modificato da Ghost Dog

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Unione calcistica

Anche il calcio europeo verserà

lacrime e sangue per sopravvivere

Il fair play finanziario voluto da Platini ricorda l'entrata in vigore dell'euro. Problemi e vantaggi

di FRANCESCO CAREMANI (Il Foglio.it 02-12-2011)

Il fair play finanziario ricorda un po’, negli annunci e nei principi,

l’entrata in vigore dell’euro. Secondo il presidente dell’Uefa, Michel Platini,

e il suo segretario generale, Gianni Infantino, l’obbligo del pareggio di

bilancio aiuterà le società a risanare i propri conti, a ripianare i debiti

accumulati in questi anni, a rendere più solido e sostenibile il sistema

calcio, a investire più e meglio in infrastrutture e settori giovanili.

Lacrime e sangue per un futuro migliore, proprio come con l’euro, e visto come

sta andando con la moneta unica c’è di che essere preoccupati, soprattutto per

l’atteggiamento di chi pensa che le sanzioni alla fine non saranno poi così

dure come promesso, sbagliandosi clamorosamente com’è successo ai governi

europei con le proprie finanze.

Il fair play finanziario entrerà in vigore dal 2013-14 e già da questa

stagione si deve guardare più ai conti che al campo, due i parametri

principali: pareggio di bilancio e limite di ricapitalizzazione fissato a 45

milioni di euro in tre esercizi consecutivi, che diventeranno 30 per il

trimestre 2015-2018. Cosa rischiano i club che non saranno in regola? Molto, a

seconda dei casi potrebbero essere sospesi dall’attività, esclusi dalle coppe

europee (l’elemento su cui Michel Platini ha insistito di più), perdere punti

nei rispettivi campionati, divieto assoluto di acquistare nuovi giocatori. Il

presidente dell’Uefa, per adesso, è inflessibile: non ci saranno proroghe, il

fair play finanziario è partito e non si torna indietro, chi sgarra pagherà,

affrettandosi poi a dichiarare che tutto questo è stato fatto per proteggere i

club e non per danneggiarli. Diplomazia a parte, se l’ECA, l’associazione che

racchiude i 190 club europei più importanti, presieduta da Karl-Heinz

Rummenigge, ha accettato all’unanimità le proposte di Platini, nonostante la

refrattarietà di quelli inglesi, evidentemente la preoccupazione di

un’implosione economica del calcio continentale (quindi dell’Uefa) è sentire

comune.

Le cifre sono impietose. Un miliardo e 200 milioni di euro i debiti

accumulati dalle squadre di tutti i massimi campionati europei, 53 tornei per

732 club; nel 2010 le spese sono aumentate del 10 per cento, il doppio degli

introiti, e in un anno le perdite sono lievitate dell’85 per cento; nel 2008 i

costi operativi erano di 12.100.000.000 euro, 578 milioni le perdite con un

aumento del costo del lavoro (leggi stipendi calciatori) del 18, 1 per cento,

20 miliardi il valore del patrimonio complessivo e 18,2 quello delle passività

(fonte futebolfinance.com). Nelle ultime cinque stagioni (2006-07/2010-11) i

cinque massimi campionati del Vecchio Continente hanno speso per le campagne

acquisti 10.108.298.000 euro: Premier League 3.612.770.000, Liga 2.170.417. 000,

serie A 2.144.483.000, Ligue 1 1.132.103.000, Bundesliga 1. 048. 525. 000. Il

campionato francese in tre stagioni su quattro ha registrato un saldo positivo

per un totale di 171.185.000 euro, la Bundesliga solo in questa stagione ha

registrato un più 1.480.000, gli altri sono tutti negativi con i rispettivi

picchi: Premier League meno 448. 120. 000 (’07-08), Liga meno 278. 560. 000

(’07-08), serie A meno 228.237. 833 (’08-09), Bundesliga meno 109. 835. 000

(’09-10), Ligue 1 meno 61.771.000 (’09-10).

Il fair play finanziario nasce da uno studio approfondito della situazione

del calcio europeo, dove Infantino rappresenta la parte tecnica e Platini

quella decisionale: una giornata intera per spiegare alle squadre inglesi il

progetto e cinque minuti per approvarlo dopo l’arrivo di Roi Michel, perché

nel calcio funziona così e un grande ex difficilmente perde la stima e il

rispetto dell’intero movimento. Più curioso semmai che uno come Platini,

l’esempio dell’aristocrazia per eccellenza (quasi un alter ego dell’Avvocato

ai tempi della Juventus), punti tutto o quasi sulla democratizzazione del

football: dalla Champions League ai bilanci. Secondo l’Uefa, infatti, questa

situazione ha aumentato il gap tra grandi e piccole, un po’ di numeri: l’88

per cento dei soldi derivanti dai diritti televisivi è generato dai cinque

maggiori campionati europei; i primi quattro club di ogni torneo hanno un

fatturato superiore a tutti gli altri, in media 3, 9 volte; le prime dieci

squadre europee hanno creato un divario con le altre attualmente

immodificabile.

Per raggiungere l’obiettivo ci vorrà, però, anche l’aiuto della Fifa, perché

non sarà più permesso, tra le altre cose, acquistare un giocatore all’estero

(Sudamerica, per esempio) senza pagarlo, saldandolo solo una volta ceduto a

una terza società. Difficile, anche perché Platini sta iniziando a smarcarsi

da Blatter (che è stato uno dei suoi grandi elettori). Un esempio? Michel ha

bocciato la proposta del 6+5 (6 indigeni e solo 5 stranieri in campo), anche

perché non ha alcuna intenzione di andare alla guerra contro l’Unione europea,

che ha salutato di buon grado il fair play finanziario ma che ancora nicchia

sulla specificità del calcio.

Analogie. Se il fair play finanziario ricorda a larghi tratti l’entrata in

vigore dell’euro, alcuni elementi della crisi economica globale e di quella

che sta colpendo il calcio si sovrappongono. Uno su tutti il mancato ricambio

generazionale e il dato è impressionante: considerando i 732 club dei 53

massimi campionati europei solo il 22 per cento dei giocatori in rosa ha meno

di 22 anni, segno evidente che qualcosa a livello di settore giovanile non

funziona. E non funziona sia in fase di formazione che di mercato.

Più che modelli nazionali, francese a parte (che ha mostrato crepe importanti,

sulle quali, però, stanno già intervenendo), esistono quelli legati ai

singoli club, Barcellona e Arsenal su tutti e con risultati molto differenti;

la realtà degli ultimi anni, inoltre, ci suggerisce che spesso si preferisce

acquistare un giovane extracomunitario (africano, più spesso, o sudamericano)

già formato che costruirlo in casa, dove per vari motivi (vuoi anche la

presenza dei procuratori all’età di 14-15 anni) alla fine costa di più. Senza

considerare che, in Italia, c’è un ostruzionismo atavico da parte dei club

professionisti a pagare il premio di formazione a quelli dilettanti. In un

primo momento il sistema calcio si sentiva al sicuro dalla crisi grazie ai

contratti (sponsor e diritti televisivi in testa) spalmati su più anni, c’era

addirittura chi aveva previsto la fine della stessa e quindi messo al riparo

il movimento da qualsivoglia scossa, ma come abbiamo visto i contratti possono

anche essere messi in discussione.

In Europa 608 club su 732 non hanno lo stadio di proprietà (83 per cento), di

questi il 65 per cento è preso in affitto dallo stato o dalle amministrazioni

locali e in più di metà dei campionati gli spettatori sono diminuiti: 196

società europee di serie A hanno una media poco superiore ai 10.000. Il valore

immobiliare dei club si aggira intorno a 5,2 miliardi di euro, ma ben il 64

per cento è riconducibile a sole 20 società. Ergo il fair play finanziario

potrà anche risolvere i problemi economici del calcio, ma difficilmente

metterà in atto un’opera di democratizzazione. I due paesi che guardano a

tutto questo dall’alto sono al momento la Francia e la Germania, il perché è

semplice: se a fine campionato ci sono dei debiti a Parigi o si saldano subito

o si retrocede, a Berlino si retrocede senza nemmeno passare dal via. E non è

un caso che proprio i tedeschi, da tempo, abbiano messo mano ai bilanci delle

società di calcio trasformando il movimento e riportando tanta gente allo

stadio.

In fondo il football gode di un grande privilegio: è un vettore quanto mai

prezioso e ricercato d’immagine e pubblicità. Per questo il flusso di soldi è

continuo, sia in termini di sponsorship che diritti televisivi, senza contare

gli incassi da stadio, marketing e merchandising (dove il falso andrebbe

combattuto con maggiore severità). Elementi che condannano invece che

assolvere le dirigenze, capaci, nonostante tutto, di accumulare milioni di

debiti, colpa anche di un costo del lavoro (stipendi dei calciatori e aumento

esagerato del numero di addetti) sempre più elevato, ma Platini si è detto

contrario a qualsiasi forma di salary cap. Ugualmente alla crisi globale anche

in quella calcistica i grandi hanno travolto a domino i piccoli, come? Be’,

nel momento in cui le squadre più forti e più ricche sono andate in crisi il

mercato dei calciatori è rallentato e movimenti come quello francese e belga,

per esempio, che facevano dell’export una voce importante, hanno rischiato il

collasso. Per non parlare di quelli sudamericani (con uno spostamento

significativo verso l’Est Europa che paga con i petroldollari), africani e

asiatici.

La globalizzazione ha cancellato qualsiasi utopia autarchica e per un mondo

nuovo ci vogliono regole nuove: saprà il calcio, geneticamente conservatore,

stare al passo coi tempi? Secondo Michel Platini è obbligato se non vuole

chiudere (l’Uefa trema al solo pensiero) e, tra le altre cose, richiama a una

maggiore attenzione verso un management avveduto e preparato, nei grandi ma

soprattutto nei piccoli club. Intanto il Manchester City ha speso 45 milioni

di euro per Aguero e 27,5 per Nasri, il PSG 43 per Pastore, l’Atletico Madrid

40 per Falcao, il Real Madrid 30 per Coentrao e il Barcellona 29 per Fabregas;

per fortuna, verrebbe da dire, l’Arsenal ha raggiunto il pareggio di bilancio,

ma le altre?

Michel Platini crede nel mercato e il fair play finanziario, a occhio e croce,

certificherà il neoliberismo che in questi ultimi anni è diventato il motore

del calcio patinato, quello da Champions Legue per intendersi, con un pareggio

di bilancio in più e qualche debito in meno. Per le Roi chi avrà 10 potrà

spendere dieci, chi 5 cinque e chi 1 uno, ecco la democratizzazione, ognuno

secondo le proprie possibilità. Con un dato evidente a tutti: un Chievo non

potrà mai avere la forza economica dell’Inter, così i nerazzurri saranno

sempre tra le prime e i veneti a pelo d’acqua. E il prossimo step? Ovvio, la

Superlega.

___

Anche il calcio europeo ha un modello

tedesco e vuole i suoi Eurobond

di FRANCESCO CAREMANI (Il Foglio 02-12-2011)

Roma. Ridurre la Liga, il campionato di calcio spagnolo, dalle attuali 20 a 16

squadre e allargare la Champions League, fino alla realizzazione di una

Superlega europea. Sandro Rosell, presidente del Barcellona (489 milioni di

euro di debiti) ha posto la questione in Qatar, in una delle ultime riunioni

dell’Eca, European Club Association, la potente lobby delle società di calcio

presieduta dal tedesco Karl-Heinz Rummenigge. Rosell, in verità, ha auspicato

che tutti i campionati nazionali, entro il 2014, arrivino ad avere una serie A

a 16: “Con la speranza di poter giocare Barcellona-Manchester United anche di

sabato”.

L’intento del numero uno blaugrana è abbastanza chiaro. La bolla immobiliare

ha messo in ginocchio i club spagnoli, pieni di debiti e morosi nei confronti

dei giocatori, otto società su venti rischiano di fallire, il campionato è

iniziato con una giornata di sciopero e l’epilogo è scontato: Real o Barça

saranno campioni a fine stagione. La Liga perde credibilità e appeal per i

diritti televisivi all’estero, niente a che vedere con la Premier League.

Perché, quindi, sprecare energie e risorse in casa, quando si possono

guadagnare tanti più soldi giocando le supersfide della Champions? O di una

Superlega? Insomma anche il calcio, per non implodere, chiede gli Eurobond. Se

fosse un gioco da tavolo potremmo definire l’Eca, figlia legittima del G14, il

Gruppo di Francoforte del football, l’Uefa prenderebbe il posto dell’Unione

europea (l’allargamento della Champions era nel primo programma elettorale di

Platini) e il fair play finanziario le misure imposte ai club se vogliono

continuare a giocare le coppe. Il pareggio di bilancio è una di queste,

proprio ciò che è stato chiesto a Grecia e Italia, che potrebbe addirittura

inserirlo nella Costituzione. Guarda caso, anche nello sport più popolare il

modello preso ad esempio è quello tedesco: attenzione ai bilanci, stadi di

proprietà, marketing, merchandising, valorizzazione dei settori giovanili e

media spettatori invidiabile. Un progetto partito da lontano che ha permesso

alla Germania di superare l’Italia nel ranking Uefa e soffiarci una squadra in

Champions. Restano alcune difficoltà di ordine pubblico, ma il rischio default

è scongiurato da un pezzo. Lo stesso che ha spinto Rosell a dire che anche la

Premier League dovrebbe avere 16 squadre, dimenticando lo storico anti

europeismo degli inglesi. Richard Scudamore, presidente esecutivo del

campionato inglese ha subito replicato: “Le nostre squadre non hanno alcuna

intenzione di giocare le coppe nel fine settimana. Prendiamo atto della

proposta, ma questa esprime una visione blaugrana del football”. Perché la

Premier dovrebbe rinunciare alla propria ricchezza? Un’equa ripartizione dei

diritti televisivi e un movimento capace di produrre profitti come pochi altri,

fino a pensare una giornata extra da giocare in giro per il mondo, tanto è

l’appeal del calcio d’oltremanica. Inizialmente gli inglesi erano contrari

anche al fair play finanziario, ma visto l’indebitamento crescente hanno

chinato la testa di fronte alle pressioni di Platini. Ivan Gazidis, ceo

dell’Arsenal, ha addirittura messo in dubbio l’ineluttabilità della Champions

per la sostenibilità dei club. La società, nella sua stagione peggiore dal

1953, ha raggiunto il pareggio di bilancio: “Abbiamo un modello finanziario

stabile e completo, tale da garantire la nostra sopravvivenza anche se non ci

qualificassimo”, ha detto Gazidis. Chi ha un sistema economico solido e capace

di reggere la crisi non vuol sentire parlare di sussidiarietà, chi invece

annaspa si aggrappa al treno europeo, chiedendo di trasportarlo oltre la

recessione. Tra l’Uefa e i club c’è poi un terzo soggetto, le federazioni, che

rischiano di perdere sempre più peso e con loro le rappresentative nazionali,

costrette già a pagare ai club i giocatori convocati per Europei e Mondiali.

In tutto questo diventa sempre più periferica l’Europa League, che

nell’eventualità della Superlega potrebbe anche scomparire, come accaduto alla

Coppa delle Coppe. In fondo, se De Laurentiis punta molto sul Napoli europeo

un motivo ci sarà, ed è esclusivamente economico. Sull’attuale modello

l’Inghilterra ha costruito il proprio business calcistico, la Germania un

vivaio invidiabile, la Francia la Nazionale campione del Mondo e d’Europa,

come la Spagna, ma al catalano Rosell questa suggestione poco interessa. Il

fair play finanziario incombe (l’Uefa non tornerà indietro), basterebbe

rispettare le regole e tenere a bada gli stipendi dei calciatori, invece si

cerca una via di fuga in avanti per evitare di pagare dazio. Saprà il calcio

europeo fare meglio della politica?

Modificato da Ghost Dog

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