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Vinicio Verza

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VINICIO VERZA 1977-78 JUVENTUS | Juventus, Calcio

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Vinicio_Verza

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Boara Pisani (Padova)
Data di nascita: 01.11.1957

Ruolo: Centrocampista
Altezza: 178 cm
Peso: 75 kg

Nazionale Italiano Under-23
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1977 al 1981

Esordio: 31.08.1977 - Coppa Italia - Juventus-Verona 4-2

Ultima partita: 28.05.1981 - Coppa Italia - Juventus-Roma 0-1

 

60 presenze - 11 reti

 

2 scudetti

1 coppa Italia

 

 

Vinicio Verza (Boara Pisani, 1º novembre 1957) è un ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista.

 

 

Vinicio Verza
Vinicio Verza - Milan AC 1984-85.jpg
Un esultante Verza al Milan nel 1984-1985
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 178 cm
Peso 75 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Centrocampista
Termine carriera 1992
Carriera
Giovanili
19??-19??   Lanerossi Vicenza
Squadre di club
1976-1977   Lanerossi Vicenza 22 (2)
1977-1981   Juventus 60 (11)
1981-1982   Cesena 24 (4)
1982-1985   Milan 81 (15)
1985-1988   Verona 67 (8)
1988-1989   Como 16 (0)
19??   Arzignano ? (?)
1991-1992   Treviso ? (?)
Nazionale
19?? Italia Italia U-23 5 (1)

 

Biografia

Durante l'attività agonistica ha avuto un piccolo ruolo, nei panni di se stesso, nel film Il volatore di aquiloni di Renato Pozzetto (1987). Al termine della stessa, è diventato agente immobiliare a Vicenza.

Caratteristiche tecniche

Ha giocato come ala destra e rifinitore.

Carriera

170px-Vinicio_Verza_-_Juventus_FC_1980-8
 
Verza alla Juventus nella stagione 1980-1981; sullo sfondo, Liam Brady.

 

Cresciuto nelle giovanili del Lanerossi Vicenza, esordì diciannovenne coi biancorossi nella stagione 1976-1977, in Serie B, vincendo alla fine dell'anno il torneo e conquistando la promozione in massima categoria.

Accasatosi durante l'estate seguente alla Juventus quale riserva di Franco Causio, debuttò in maglia bianconera il 26 febbraio 1978, potendosi fregiare a fine stagione del titolo nazionale. Non trovò molto spazio nelle quattro stagioni trascorse a Torino, anche se a lui la Juventus deve il gol decisivo (pur con deviazione di Guidetti) nella sfida-scudetto contro il Napoli (1-0) alla penultima giornata del campionato 1980-1981. Lasciò il club piemontese con due scudetti e la Coppa Italia 1978-1979.

Trasferitosi nel 1981 al Cesena, nel suo unico anno in Romagna riuscì a conquistare la salvezza a scapito anche del Milan, dove proprio la stagione successiva fu chiamato dal suo presidente ai tempi di Vicenza, Giussy Farina. In quella che fu la sua miglior annata sottorete, nel torneo cadetto del 1982-1983 contribuì con 10 gol a riportare i rossoneri in Serie A, rimanendo per altri due campionati a Milano prima di passare, nel 1985, al Verona fresco vincitore dello scudetto, che lo acquistò per 2,5 miliardi di lire.

 

220px-Serie_A_1986-87_-_Juventus_vs_Vero
 
Verza (al centro) in azione al Verona nel 1987, nella morsa degli juventini Manfredonia, Bonini e Scirea.

 

Con i gialloblù disputò altre tre stagioni in massima categoria, segnalandosi per un gol realizzato in Coppa Italia partendo dalla propria area di rigore. Successivamente si trasferì al Como, sempre in Serie A, dove chiuse la carriera professionistica nel 1989 con una retrocessione. Da qui in avanti, disputò ancora dei campionati a livello dilettantistico, prima nell'Arzignano e quindi nel Treviso, in Interregionale, appendendo gli scarpini al chiodo nell'annata 1991-1992.

Ha totalizzato complessivamente 198 presenze e 24 reti in Serie A, e 53 presenze e 13 reti in Serie B.

Palmarès

Club

 
 

 

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verza%2Blazio.jpg

 

 

 

«Quando gioco con la maglia bianconera vengo rapito dall’esaltazione. La mia unica preoccupazione è quella di essere utile ai compagni, le soddisfazioni personali vengono dopo quelle legate al collettivo. Voglio essere all’altezza dei colori che vesto: consapevole che non è facile, perché la Juve è il massimo. La Juve ti offre tanto, ma ti chiede, giustamente, di essere degno della sua tradizione e del suo stile. L’influenza della Vecchia Signora non si arresta al terreno di gioco, ma concerne altri aspetti, anche extracalcistici. Alla Juventus non è assolutamente sufficiente fornire lo stesso tipo di apporto agonistico e comportamentale che potrebbe risultare graditissimo in altri club. Alla Juventus occorre tendere alla perfezione, perché la Juventus tende alla perfezione».
Nato a Boara Pisani (Padova) il 1° novembre 1957, comincia a mostrare le sue doti al termine della Scuola Media (Vigliano Biellese) quando, trasferitosi a Borgo San Martino in quel di Casale Monferrato, gioca prima nel San Carlo e in seguito nella Junior.
Molti osservatori restano colpiti dalla sua bravura, ed è la Juventus a ingaggiarlo, accogliendolo tra gli Allievi di Viola, i Beretti di Grosso per trovare degno inserimento nella Primavera: «All’epoca, guadagnavo 25.000 lire al mese, ma dovevo regolarmente restituire 5.000 lire per le multe che la società mi dava, per le marachelle che combinavo con Marangon e Marocchino. Niente di grave, ovviamente; magari, marinavamo la scuola e facevamo tardi, perché attratti da qualche bella ragazza».
Il tempo passa e giunge il momento di una diversa maturazione, passando attraverso esperienze più complete; insieme a Paolo Rossi, raggiunge Vicenza per farsi le ossa che, proprio in quell’anno, riprende il suo posto fra le grandi della Serie A. Rientra a Torino, integrato nell’organico della squadra titolare, nell’estate del 1977.
«Meraviglioso è stato l’esordio al Comunale, ero imbarazzato per quello che mi attendeva, temevo di venir meno alle aspettative dei tifosi della curva Filadelfia. Dopo l’infortunio di Bologna, temevo di non farcela più a guarire e giocare, avevo esempi di tanti giocatori che avevano dovuto scrivere la parola fine alla carriera e mi disperavo. Non mi preoccupavo tanto per il posto in prima squadra, quanto per la carriera nella quale volevo dare tanto, tutto me stesso per la mia Juventus».
Giocatore di buon talento, in possesso di stile e di ottima tecnica individuale, sa andare a bersaglio con tiri di rara precisione. Buonissimo centrocampista, con qualche limite di personalità, il buon Vinicio lascia la firma sullo straordinario scudetto 1980-81, nella decisiva partita della penultima giornata (a Napoli); subentrato a Marocchino, Verza effettua al 64’ il tiro che, deviato dal napoletano Guidetti, finisce alle spalle di Giaguaro Castellini, regalando alla Juventus due punti che ne valgono sei.
La Juventus come maestra di vita: «Ho imparato tante cose e tante ne imparerò; quando gioco voglio esprimere sempre nuovi aspetti della mia personalità guardandomi con occhio critico e, devo ammettere, che non sempre tutto è andato liscio come l’olio, ma ho anche avuto la soddisfazione di essermi sentito determinante in alcune azioni da goal. Se sono stato in grado di far perforare la rete avversaria, ebbene, quella segnatura mi ha dato lo stesso immenso piacere che avrei provato se la palla l’avessi calciata io stesso alle spalle di Castellini o di Terraneo».
Il ruolo ricoperto: «Sono un giocatore eclettico e la prova l’ho data tra le file del Lanerossi ricoprendo quel ruolo che a molti piace indicare con la parola jolly. A me, personalmente, importa una sola cosa: giocare, ho desiderio, voglia e necessità di giocare perché intendo dissipare ogni dubbio sul mio rendimento; dalla panchina o dalla tribuna, posso solo dar prova di maturità accettando disciplinatamente gli ordini e le direttive del Mister».
Nella Juventus, chiuso dai vari Tardelli, Benetti e Furino, si ferma per tre stagioni: totalizza 60 presenze, realizzando 11 goal e contribuendo agli scudetti 1978 e 1981 e alla Coppa Italia 1979.
Nell’estate del 1981 è ceduto al Cesena, poi si trasferisce al Milan: «Andai al Cesena, perché voluto da Gibì Fabbri, che mi faceva giocare con il numero 5, definendomi il nuovo Falçao; così, mi ritrovavo a dover marcare gente come Tardelli e Bagni. Che fatica! A metà campionato, subentrò Lucchi e passai velocemente dalla polvere all’altare. All’ultima giornata di quel torneo incontriamo il Milan, a San Siro; sono espulso per aver picchiato Novellino e mi becco 4 giornate di squalifica. Ma, ironia della sorte, l’anno successivo sono acquistato proprio dai rossoneri. Certo, non sono mai stato un bell’esempio per i giovani!».
Dopo un triennio in rossonero approda per la stagione 1985-86 al Verona, dove lo attende il compito di far dimenticare Fanna, anche lui ex bianconero.
Un ultimo campionato con il Como e poi il ritiro, a soli 31 anni. «In quel calcio non mi riconoscevo e non mi divertivo più; non era una questione di stress, con tutti i soldi che danno ai calciatori, è comico addurre a certe giustificazioni. Ma a Como, dopo una partita proprio con la Juventus, mi ritrovai immeritatamente fuori squadra, nonostante dei trascorsi di buon livello; la cosa mi diede parecchio fastidio, come il prolificare degli avversari che scendevano in campo con il solo scopo di picchiare. Dissi basta una volta per tutte e senza rammarico».

MASSIMO BURZIO, DA “HURRÀ JUVENTUS” DEL NOVEMBRE 1987
Piede magico, tiro bruciante, invenzioni a gogò. E ancora: bel dribbling, incedere elegante, ottima struttura fisica, grinta e voglia di lottare. E anche buona classe, intelligenza e fantasia. Eppure.
Eppure questa non è la scheda di un brasiliano che ha iniziato a toccare il pallone sulle bianche spiagge di Rio de Janeiro per poi approdare al mitico Maracana. È la descrizione delle caratteristiche calcistiche di Vinicio Verza che non è nato in Brasile ma in provincia di Padova.
Con il che si dimostra che da noi nascono buoni, anzi ottimi giocatori. Gente che non avrà il cognome che finisca in “ha” o in “ho” o ha due nomi propri come “family name”. E come se non bastasse Verza (che fosse di laggiù si sarebbe chiamato Verzinho) è decisamente un giocatore di caratteristiche sudamericane. Lo era un tempo e lo è anche oggi, anche se la sorte l’ha portato a militare tra le riserve del Verona operaio di Osvaldo Bagnoli.
Nell’estate del 1977 il ventenne Verza si vede recapitare la raccomandata di convocazione della Juve. Purtroppo per Verza i titolari sono Tardelli, Benetti e Furino. Un tris di campioni inamovibili e insostituibili a cui il bravo Vinicio fa da scudiero, cercando di trovare spazio e occasioni.
Un ruolo, il suo, che nella storia juventina è intermedio. Non uno dei big ma neppure uno dei tanti, per un centrocampista dalle spiccate attitudini offensive e dalle tante qualità. Qualità che in una Juve attenta come quella costruita in quegli anni dalla sagacia di Trapattoni, non ebbero grande spazio, anche se l’allenatore soleva spesso dire che: «Vinicio è mezzo brasiliano, tant’è la sua fantasia e inventiva in campo».
Insomma Verza è un calciatore bravo e divertente. Ha raccolto molto meno di quanto doveva nella Juve, ma ha avuto la gioia di vincere in maglia bianconera ben due scudetti e una Coppa Italia.
Già, la Juve. Una squadra, un periodo di vita a cui Verza ripensa spesso. Una volta mi disse: «Ti ricordi che Juve, quella Juve?».
Si riferiva alla squadra dei suoi tempi e aveva ragione. Fu una grande Juventus, fu un team di assoluto valore, anche perché ogni tanto entrava in campo un brasiliano nato in Veneto: Vinicio Verza.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/11/vinicio-verza.html

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