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CRAZEOLOGY

Arcangioli & Auricchio News

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Spesso anche i cognomi: Subranni.

Ormai che il "papello"

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Beh, se le critiche a cui ti riferisci sono politiche io non le considererei nemmeno, qui stiamo parlando di pezzi dello Stato collusi con la mafia, pezzi di partiti al soldo di essa o quantomeno referenti, media che girano lo sguardo altrove, non penso ci sia spazio per le critiche politiche; chi si trova a discutere di questi argomenti, dovrebbe avere uno spirito critico e uno sguardo disincantato anche nei confronti di coloro i quali ha sempre avuto fiducia.

I nostri dipendenti non meritevoli li troviamo in tutti i partiti ed a tutti i livelli; certamente esistono degli ambienti dove essi godono di pi

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Tra mafia e Stato

di Lirio Abbate

Brusca rivela: Riina disse che il nostro referente nella trattativa era il ministro Mancino. Ma dopo l'arresto del padrino, i boss puntarono su Forza Italia e Silvio Berlusconi

E' la vigilia di Natale del 1992, Tot

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Il 22/12/09 il maggiore AURICCHIO

sar

Modificato da La Triade

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Fonte: Famiglia Cristiana. E non ridete sefz

Senza nominare direttamente il Provolone da' comunque spunti interessanti....

Buona lettura.

MAFIA

COSA NOSTRA E LO STATO. PARLA SALVATORE BORSELLINO, FRATELLO DI PAOLO

LA VERIT

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Grasso: "Capaci? C'

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Agenda rossa Borsellino non era in borsa il giorno strage

Palermo, 18 nov. (Apcom) - L'agenda rossa di Paolo Borsellino non

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Cassazione: "Agenda rossa mai stata in via D

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DOPO CAPACI E VIA D'AMELIO, SCOPPIA UN'ALTRA BOMBA (IN LIBRERIA): "IL CASO GENCHI" - PER LA PRIMA VOLTA I CONTENUTI DEL DISCUSSO ARCHIVIO, FINO A POCO TEMPO FA COPERTO DAL SEGRETO INVESTIGATIVO, VENGONO RESI PUBBLICI ED

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ragazzi scusate se posto qui...ma ho bisogno di una news... le intercettazioni di pairetto e facchetti sono state rilasciate dalla procura di Torino e NON da quella di napoli. Chi le ha fatte quelel intercettazioni ?

Qual'

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CAPITANO ULTIMO ESCE DALL

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ragazzi scusate se posto qui...ma ho bisogno di una news... le intercettazioni di pairetto e facchetti sono state rilasciate dalla procura di Torino e NON da quella di napoli. Chi le ha fatte quelel intercettazioni ?

Qual'

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Oggi dovrebbe essere il giorno della testimonianza del colonnello Provolone a Napoli, sempre che la moglie non ri-patorisca. Speriamo che radioradicale facia presto ad uppare.

Comunque bisogner

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..........La procura di Napoli chiede di fare delle intercettazioni sul mondo del calcio. Il SISDE guidato dal generale Mori, amico di Berlusconi (il fratello lavora in Mediaset) decide di affidare l?incarico ad Arcangioli e Auricchio (2 personaggi non propriamente trasparenti) che al termine delle intercettazioni decidono di passare il tutto alla procura di Napoli...........

.oddio

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..........La procura di Napoli chiede di fare delle intercettazioni sul mondo del calcio. Il SISDE guidato dal generale Mori, amico di Berlusconi (il fratello lavora in Mediaset) decide di affidare l?incarico ad Arcangioli e Auricchio (2 personaggi non propriamente trasparenti) che al termine delle intercettazioni decidono di passare il tutto alla procura di Napoli...........

.oddio

Anche Mori parrebbe non esattamente una persona trasparente....

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"Vittima" di De Magistris, ex giudice si toglie la vita

Era pg di Catanzaro, fu prosciolto dalle accuse ma non si è più ripreso. Si è fatto praticare la dolce morte a Basilea, forse fingendosi malato

Gian Marco Chiocci e Simone Di Meo - Domenica 14/04/2013

D'Amico era un magistrato per bene, una «toga buona» e fuori dai giochi di potere. Ma era diventato un altro dopo esser stato indagato eppoi prosciolto per una storia partorita da quel mostro giudiziario che va sotto il nome di «Poseidone». Una delle fallimentari inchieste-spettacolo condotte da Luigi de Magistris ai tempi in cui, vestendo la toga di pm d'assalto in Calabria, dava la caccia ai fantasmi dei poteri forti e della massoneria deviata.

D'Amico rimase imbrigliato nella rete a strascico lanciata dall'attuale sindaco di Napoli e dal suo consulente Gioacchino Genchi per catturare le immaginarie talpe che si muovevano nei sotterranei della Procura calabrese. C'è una strana «forza» che interviene nelle mie inchieste, andava ripetendo in quei mesi de Magistris, convinto di essere inviso a forze occulte. Oltre a D'Amico, finirono sott'inchiesta a Salerno l'ex pg Domenico Pudia, il capo dei gip Antonio Baudi, il carabiniere Mario Russo e l'ex procuratore Mariano Lombardi, scomparso un paio di anni fa. Furono tutti prosciolti. «Insussistenza della notizia di reato», insostenibile «fattispecie associativa» e «lacunoso impianto accusatorio» furono i termini usati dal giudice per demolire il teorema della fuga di notizie orchestrata dai massimi vertici del distretto giudiziario di Catanzaro. Eppure, nonostante la riabilitazione da quell'infamia subita dopo oltre trent'anni di onorata carriera, Pietro D'Amico non si è più ripreso. È entrato in depressione.

Tra il disgusto e la rabbia agli amici aveva confidato: «Questa magistratura non mi merita», e si era dimesso. Era stato massacrato, ai tempi delle Grandi Inchieste di Giggino. Messo in croce sui giornali per un sospetto suffragato da indizi labili. Era finito nel tritacarne investigativo di de Magistris e Genchi (entrambi oggi sotto processo a Roma per l'acquisizione illegale dei tabulati telefonici di otto parlamentari) per aver fatto due telefonate. Una al presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti (suo collega magistrato) della durata di venti secondi. Cronometrati. E l'altra all'allora deputato-avvocato Giancarlo Pittelli. Ecco, i sospetti su D'Amico nacquero così: per aver chiamato due futuri indagati di de Magistris. Il nome del procuratore generale aggiunto fece capolino anche nella vicenda che vide coinvolto l'allora capitano dei carabinieri Attilio Auricchio, braccio destro di de Magistris ai tempi di Catanzaro e oggi suo fedele capo di Gabinetto al Comune di Napoli. Fu D'Amico, infatti, a ottenere che l'ufficiale dell'Arma fosse punito per aver sbagliato a trascrivere una intercettazione telefonica in cui, al posto della parola «provveditore», era stato annotato «procuratore», con l'aggiunta (che nella conversazione originale non esisteva) del nome Chiaravalloti. D'Amico impugnò l'assoluzione nel procedimento disciplinare di primo grado e trascinò Auricchio davanti al gran giurì del ministero della Giustizia che ribaltò l'assoluzione e gli inflisse la censura.

Ai pm che lo sentirono qualche tempo dopo, Auricchio rivelò che il ricorso di D'Amico era animato da «uno zelo “sospetto”». «Per l'allucinante inchiesta di Salerno, era entrato in una depressione nerissima», dice al Giornale l'ex governatore Chiaravalloti. «Era un buono, un uomo dolcissimo. Uno studioso, lontano dai giochi di potere. Visse quell'indagine come un torto personale che non è riuscito a superare». L'ex pg Domenico Pudia ricorda che D'Amico «da tempo, in seguito a quelle accuse, aveva perso il sorriso». Quell'indagine «finì come doveva finire, ma nonostante tutto lui non si è più ripreso. Ebbe una sorta di rigetto della magistratura e forse dei magistrati». «Finì nei guai perché parlava con me», sottolinea Giancarlo Pittelli. Che aggiuge: «De Magistris ha fatto del male a centinaia di persone che ho difeso. A me ha distrutto l'esistenza». Diceva di essere affetto da un male incurabile, D'Amico, così da poter ottenere il via libera al suicidio assistito. Ma più d'uno ne dubita. Il fratello ha saputo tutto solo a cose fatte, con una chiamata dalla clinica.

«Se n'è andato un magistrato onesto, una persona perbene», commenta il coordinatore cittadino del Pdl partenopeo, Amedeo Laboccetta. «Tante sono le vittime del de Magistris pubblico ministero, tante sono quelle del de Magistris sindaco di Napoli. Il suo fallimento politico è sotto gli occhi di tutti. Altrimenti, non avremmo raccolto 20mila firme per le dimissioni in poche ore. La città vuole liberarsene. Ormai, deve andare via».

http://www.ilgiornal...ita-906661.html

.penso

Il paese degli intrighi e degli strani suicidi...

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(ANSA) - PALERMO, 14 MAG - ''Qualcuno ha aperto la borsa di Paolo Borsellino, ha preso l'agenda e deciso, tradendo lo Stato, di farla sparire''. E' l'opinione di Giuseppe Ayala, sentito come teste al quarto processo per la strage di via D'Amelio.

Ayala ha detto di avere avuto, dopo la strage, per pochi istanti, la borsa e di averla passata a un ufficiale dei carabinieri in divisa. Tesi che smentisce il col. Giovanni Arcangioli che ha raccontato di avere avuto la valigetta e di averla aperta alla presenza di Ayala.

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http://www.19luglio1992.com

Scritto da AGI e ANSA Martedì 14 Maggio 2013 12:19
di AGI

MAFIA: PRESE CARTELLA BORSELLINO A VIA D'AMELIO, SFOGO CC IN AULA

Caltanissetta, 14 mag. - Sfogo in aula davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta questa mattina da parte del colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, chiamato a deporre nel processo "Borsellino quater". L'ufficiale, ripreso in vari filmati della sytrage di via D'Amelio con in mano la cartella del magistrato appena ucciso, e per questo indagato in passato, vivolto ai magistrati ha detto: "Da otto anni vivo in questa situazione che ha distrutto me, la mia famiglia. Da otto anni sono sui mass-media. Per voi e' la prima volta, per me no. Io sono distrutto dentro. Non so che ho fatto per meritarmi questo". Arcangioli era stato accusato di furto aggravato della cartella, ed era stato poi prosciolto con un "non luogo a procedere". In seguito era stato nuovamente indagato per l'ipotesi di false dichiarazioni al Pm e per questo reato, lo scorso 26 aprile, il Gip di Caltanissetta, ha archiviato la sua posizione. "A distanza di 20 anni -ha afferamato oggi in aula Arcangioli- mi vengono i brividi. Ho il ricordo di quando vidi i resti del procuratore Borsellino. Poi ho dei flash. Cose che possono essere inesatte. Ho detto che la macchina era bianca, questo era il mio ricordo. Poi ho visto che nelle foto era azzurra. Ho provato a ricostruire gli avvenimenti, cercando di ricostruire quello che non ricordavo e offrendo tutto il mio sostegno alla Procura", ha sottolineato l'ufficiale.

AGI


MAFIA: BORSELLINO; ARCANGIOLI, DA 8 ANNI VIVO UN INCUBO AL PROCESSO DEPONE UFFICIALE CC INDAGATO E PROSCIOLTO PER AGENDA
CALTANISSETTA, 14 MAG - ''Da 8 anni vivo un incubo. Sono distrutto dentro. Non so cosa ho fatto per meritarlo. E' distrutta la mia famiglia. E' stato distrutto il mio lavoro''. Comincia cosi' la deposizione del colonnello Giovanni Arcangioli, l'ufficiale dell'Arma citato al processo per la strage di via D'Amelio e precedentemente indagato per il furto dell'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino. Il colonnello, all'epoca in servizio al nucleo operativo, e' stato, pero', prosciolto. Arcangioli, visibilmente provato e scosso, sta raccontando i primi attimi in cui arrivo' in via D'Amelio. Al processo sono imputati i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Enzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
'Solo al ricordo di cio' che vidi mi viene la pelle d'oca. C'era l'apocalisse. Era uno scenario di guerra. Non dimentichero' l'odore, la distruzione. Vidi i resti del procuratoreBorsellino''. Lo dice il colonnello Giovanni Arcangioli, l'ufficiale dell'Arma citato al processo per la strage di via D'Amelio e precedentemente indagato per il furto dell'agenda del giudice Paolo Borsellino. Il colonnello, all'epoca in servizio al nucleo operativo, e' stato, pero', prosciolto. Il processo, in corso a Caltanissetta, vede imputati il boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Enzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
''Non ricordo come e perche' avessi la borsa del giudice Borsellino, ne' che fine abbia fatto''. Cosi' il colonnello Giovanni Arcangioli, l'ufficiale dell'Arma citato al processo per la strage di via D'Amelio e precedentemente indagato per il furto dell'agenda del giudice Paolo Borsellino, ha risposto al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari che gli ha mostrato una foto che lo ritrae con la valigetta del magistrato da cui scomparve il diario. L'allora capitano venne immortalato mentre si allontanava con la borsa dopo l'attentato. La valigetta venne ritrovata poi vuota nell' auto del giudice. Il teste, molto teso e provato, ha piu' volte detto di non ricordare i fatti e di temere di essere nuovamente indagato.
ANSA


MAFIA: BORSELLINO; ARCANGIOLI, IN BORSA NIENTE DI RILEVANTE
PALERMO, 14 MAG - ''Nella borsa di Borsellino non c'era nulla di rilevante se non un crest dei carabinieri. Vi guardai dentro, forse insieme al giudice Ayala. E' proprio perche' non vi avevo trovato nulla di interessante investigativamente che non ricordo cosa feci della borsa dopo''. Cosi' il colonnello Giovanni Arcangioli, l'ufficiale dell'Arma citato al processo per la strage di via D'Amelio e precedentemente indagato per il furto dell'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, ha risposto al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari. Arcangioli venne fotografato mentre si allontanava con la valigetta in direzione opposta al luogo dell'attentato. Secondo gli investigatori, dentro, il magistrato teneva l'agenda sui cui scriveva i suoi appunti e che non e' mai stata ritrovata. La borsa, invece, dopo essere stata presa da Arcangioli fu ritrovata vuota nell'auto del giudice. Qualcuno quindi la rimise in macchina. ''All'inizio - ha aggiunto - pensavo che dell'inchiesta sull'eccidio ci saremmo occupati noi carabinieri, in particolare il Ros, poi seppi che invece l'avrebbe seguita la polizia''.
ANSA

MAFIA: BORSELLINO; SCOPERTO NUOVO FILMATO SU DOPO ATTENTATO
CALTANISSETTA, 14 MAG - Spunta un filmato, inedito, sui momenti che seguirono la strage in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino: le immagini sono state scoperte dalla Procura di Caltanissetta che ha istruito il quarto processo sull'eccidio. I fotogrammi immortalano il colonnello Giovanni Arcangioli, indagato e prosciolto per il furto dell'agenda rossa del giudice, che parla accanto alla blindata di Borsellino con due persone in abiti civili. Altre immagini lo ritraggono, piu' distante, mentre parla con alcuni sottufficiali dell'Arma. Il video e' stato mostrato ad Arcangioli che sta deponendo al processo. Il teste, seppure con molte incertezze, ha riconosciuto i sottufficiali, mentre non ha riconosciuto la persona in abiti civili. Nel video Arcangioli da' la valigetta di Borsellino a uno dei sottufficiali.

ANSA

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Gli va di c**o che Andreotti se ne è andato senza aver mai rivelato nulla.

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CHI HA SISDE-MATO L’AGENDA ROSSA DI BORSELLINO? IN QUESTE FOTO L’UOMO CHE L’HA RUBATA

Il procuratore capo Lari è sicuro: “Non è stata rubata dalla mafia. Qualcuno all’interno delle istituzioni sa dov’è finita l’agenda di Paolo” - Passati al setaccio i filmati di quel giorno, nel mirino le immagini tra le 17 e 15 e le 17 e 30 - All’interno dettagli e spunti sulla “trattativa”?

Attilio Bolzoni e Salvo Palazzolo per "la Repubblica"


Stanno cercando una faccia, stanno inseguendo un uomo. Quello che ha rubato l'agenda rossa di Paolo Borsellino. È lì, in un vortice di immagini girate in mezzo a carcasse di auto in fumo. È lì, fra la folla, qualche minuto dopo la strage.

L'ultimo mistero sulla famosa agenda che il procuratore Borsellino teneva sempre con sé si nasconde probabilmente in un video di una decina di minuti che gli investigatori della Dia e della polizia scientifica hanno consegnato ai magistrati di Caltanissetta. Un filmato fatto di frammenti messi insieme incastrando riprese di operatori televisivi di Rai, Canale 5, emittenti private e anche di qualche videoamatore.

«Tutto quello che esiste come immagini di quel pomeriggio adesso ce l'abbiamo e siamo certi che qualcosa troveremo», dice il procuratore capo della repubblica Sergio Lari. Aggiunge poi il procuratore: «Non è stata rubata dalla mafia. Qualcuno all'interno delle istituzioni sa dov'è finita l'agenda di Paolo».

Fra quelle mille facce che compaiono e scompaiono in pochi attimi dal filmato, gli inquirenti sono convinti di individuare il ladro dell'agenda rossa. I loro sospetti si sono concentrati su un funzionario degli apparati di sicurezza che era lì, sul luogo della strage. Dal quartiere generale dell'intelligence italiana sono stati spediti alla procura di Caltanissetta alcuni album con i volti degli agenti in servizio a Palermo nell'estate del 1992, le loro foto saranno confrontate con quelle degli uomini che si vedono nel filmato ricostruito dalla Scientifica.

È questa adesso l'ultima pista per tentare di scovare il ladro dell'agenda rossa. Dalle carte dell'inchiesta sull'uccisione di Paolo Borsellino, i procuratori hanno ripescato un verbale di interrogatorio di un poliziotto della «squadra volanti» arrivato fra i primi in via Mariano D'Amelio dopo l'esplosione. Una testimonianza che non risale al 1992, ma a soli alcuni anni fa.

Ha dichiarato l'ispettore Giuseppe Garofalo: «Ricordo di avere notato una persona, in abiti civili, alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza nei pressi dell'auto. A questo proposito non riesco a ricordare se la persona menzionata mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l'ho vista con la borsa in mano, o comunque nei pressi dell'auto del giudice».

E ancora: «Di sicuro, io ho chiesto a questa persona chi fosse, per essere interessato alla borsa del giudice. Lui mi ha risposto di appartenere ai servizi. Posso dire che era vestito in maniera elegante, con la giacca, di cui non ricordo i colori».

È lui, l'uomo che stanno cercando. L'agenda rossa di Paolo Borsellino - un regalo dell'Arma dei carabinieri - era dentro una borsa di pelle, il giudice l'aveva sistemata dietro il sedile del suo autista, sulla Croma blindata. La borsa del procuratore è stata recuperata con tutti gli oggetti personali, tutti tranne l'agenda rossa.

La prima relazione di servizio sul ritrovamento di quella borsa risale a cinque mesi dopo la strage, è firmata da un altro ispettore della «squadra volanti» della polizia, Francesco Paolo Maggi, lo stessoche nel pomeriggio del 19 luglio l'ha portata alla squadra mobile e consegnata al dirigente Arnaldo La Barbera. È un altro dei «gialli » della strage.

Perché tutto questo tempo per redigere un verbale sulla borsa? Le nuove indagini dei procuratori di Caltanissetta hanno ristretto l'arco di tempo in cui è stata rubata l'agenda. Prima le indagini si erano concentrate tra le 16.58 - l'ora dell'esplosione - e le 17.20 - il momento in cui la borsa di pelle è stata vista, fotografata e ripresa dalle telecamere fra le mani di un ufficiale dei carabinieri - ma adesso tutta l'attenzione è dedicata ai
quindici minuti che vanno dalle 17.15 alle 17.30. Uno spostamento per polarizzare l'investigazione sulle immagini raccolte nel video della Dia e della polizia scientifica.

Alle 17.20, infatti, l'allora capitano Giovanni Arcangioli viene ripreso con la borsa di Paolo Borsellino mentre cammina in via Mariano D'Amelio e si dirige verso via Autonomia Siciliana. L'ufficiale è inquisito in un primo momento per avere rubato l'agenda rossa (raccontò di averla avuta da due magistrati, che però lo smentirono), ma poi è stato prosciolto: non c'è prova che in quel momento l'agenda rossa si trovasse ancora nella borsa. Questo ha scritto un giudice, e la Cassazione ha confermato. Ieri, Arcangioli
è stato ascoltato al processo Borsellino quater. E ha ribadito la sua versione: «Non so nulla di quell'agenda rossa, nella borsa non c'era alcun elemento utile per le indagini».

Ora l'indagine è tutta intorno ai cinque minuti precedenti all'immagine che fissa la borsa nelle mani di Arcangioli e sui dieci successivi, quando la zona di via D'Amelio viene recintata. Chi, prima o dopo di quell'ufficiale, ha prelevato e trasportato la borsa del procuratore ucciso? L'agenda rossa è stata prelevata prima o dopo delle 17.20?

Così da qualche settimana è ripartita l'inchiesta - con questo video - sulla scomparsa di quello che viene considerato il documento- chiave non solo della strage di via Mariano D'Amelio, ma anche della strage di Capaci. A esplorare i misteri del 19 luglio è un pool, con Lari anche Nico Gozzo, Gabriele Paci e Stefano Luciani.

Nell'agenda rossa il procuratore aveva registrato tutto ciò che era accaduto dalla morte di Giovanni Falcone. Poi qualcuno l'ha rubata. Perché? «Sono convinto che la scomparsa sia strettamente collegata ai misteri della trattativa fra alcuni pezzi di Stato e Cosa nostra», dice il capo dei pubblici ministeri di Caltanissetta. Sergio Lari lancia un appello: «Chi sa, parli. Non è tollerabile che dentro le istituzioni qualcuno stia zitto».

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/chi-ha-sisde-mato-lagenda-rossa-di-borsellinoin-queste-foto-luomo-che-lha-rubata-55825.htm

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Inviato (modificato)
'A Caltanissetta un indegno spettacolo'
Editoriali - Editoriali
Scritto da Salvatore Borsellino
Martedì 14 Maggio 2013 22:19


Stamattina il post "Ciao Agnese" ha superato il milione di visualizzazioni.
Il pensiero di quanta gente sia emotivamente coinvolta dal coraggio e insieme dalla dolcezza con cui questa donna ha saputo affrontare il martirio degli ultimi suoi anni di vita già sconvolta da quella strage in cui ventuno anni fa era stato massacrato suo marito e il padre dei suoi figli, Paolo Borsellino, mi ha aiutato a superare l'indegno spettacolo a cui ho dovuto assistere oggi nell'aula bunker di Caltanissetta.
Due testimoni di quella strage, il colonnello Giovanni Arcangioli e l'ex magistrato Giuseppe Ayala che hanno continuato a disseminare di ostacoli la strada della Verità e della Giustizia su quella strage costellandola dei macigni dei loro "non ricordo", delle contraddizioni rispetto alle testimonianze degli altri testi e delle loro stesse testimonianze rese in passato arrivando all'assurdo, nel caso di Ayala di bollare come "clamoroso errore di verbalizzazione" una testimonianza da lui stesso resa e, ovviamente, regolarmente sottoscritta, come unica via per negare una incontrovertibile contestazione del Pubblico Ministero.
Per tacere degli squallidi tentativi di Giovanni Arcangioli di sollecitare la benevolenza della Corte con parole come queste: "Da otto anni vivo in questa situazione che ha distrutto me, la mia famiglia. Da otto anni sono sui mass-media. Per voi e' la prima volta, per me no. Io sono distrutto dentro. Non so che ho fatto per meritarmi questo".
Forse dimenticando di parlare davanti a chi da oltre venti anni vive una situazione che ha distrutto ben più di una famiglia. Da oltre venti anni è spesso attaccato o addirittura dipinto come insano di mente dai mass media solo perchè continua a chiedere Verità e Giustizia. Da chi ha sentito per troppe volte menzogne spacciate per verità. Da chi non può più accettare di sentire descrivere l'orrore di quello che c'era il 19 luglio in via D'Amelio per giustificare quelle che sempre più appaiono non come amnesie ma come evidenti menzogne. Se tante persone descrivono gli stessi momenti, le stesse situazioni, gli stessi gesti in maniera così assolutamente differente tanto da far credere di parlare di posti e di momenti diversi, pur ammettendo che almeno uno di loro dica la verità non che una sola possibilità, CHE TUTTI GLI ALTRI, O FORSE ANCHE TUTTI, MENTANO.

Salvatore Borsellino (14 maggio 2013)


http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=7173:oggi-un-indegno-spettacolo-a-caltanissetta&catid=2:editoriali&Itemid=4
Modificato da CRAZEOLOGY

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Fu D'Amico, infatti, a ottenere che l'ufficiale dell'Arma fosse punito per aver sbagliato a trascrivere una intercettazione telefonica in cui, al posto della parola «provveditore», era stato annotato «procuratore», con l'aggiunta (che nella conversazione originale non esisteva) del nome Chiaravalloti. D'Amico impugnò l'assoluzione nel procedimento disciplinare di primo grado e trascinò Auricchio davanti al gran giurì del ministero della Giustizia che ribaltò l'assoluzione e gli inflisse la censura.

Ai pm che lo sentirono qualche tempo dopo, Auricchio rivelò che il ricorso di D'Amico era animato da «uno zelo “sospetto”»

Zelo sospetto? SI CHIAMA DIGNITA'!!! Quella dignità personale che scatta dentro ogni essere umano normale, quando accusato ingiustamente!!!

INDEGNO!!! NON SAPRAI MAI DI COSA SI PARLA PERCHE' NON SAI COSA SIA LA DIGNITA'!!!!!!!!

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