Esatto, precisamente quella delle prestazioni frustranti della Roma in europa è storia antica. Questo è l'esordio de "Mai 'na Gioia" è un po' lungo ma si capiscono un sacco di cose.
Primo aprile 1970, data che definire evocativa è quantomeno eufemistico. Sul prato dell'Olimipco scendono Roma e Gornik Zabrze per contendersi l'accesso alla finale di Coppa delle Coppe.
Ma andiamo con ordine e facciamo un piccolo passo indietro.
La roma edizione 1969-70 non è certo quello che può definirsi uno squadrone, anzi.
Oddio, Ciccio Cordova i piedi li avrebbe pure e la fantasia non gli manca, Ginulfi non è un fenomeno ma il suo lo fa eccome, la difesa imperniata su Spinosi, Bet e Santarini sarebbe pure un reparto decente ma il problema della squadra di Herrera, si proprio quell’ Helenio Herrera è che non segna, manca di una vera e propria punta tanto che ne Peirò e Cappellini due fedelissmi che Herrera si è portato da Milano ma che ormai sono a fine carriera ne l’onesto mestierante Landini riescono a concretizzare le idee offensive dell’ex mago nerazzurro. Così finisce che spesso e volentieri le catagne dal fuoco è costretto a tirarle fuori l’elemento tecnicamnete piu’ dotato del gruppo che però punta non è. Il giovanotto, è un friulano scoperto dal genio visionario di un ex elettricista di Portomaggiore che all'anagrafe fa Mazza Paolo ma che a Ferrara e dintorni è sinonimo di SPAL.
Il ragazzotto, che di strada ne farà parecchia, è uno di quelli che ha una visione anticipata dell'azione, gioca la palla con maestria ed essenzialità pennellando calcio per il campo con la postura impettita di chi ha ingoiato uno sci. Il “ragazzotto” che arriva a Roma da Pieris, via Ferrara, si chiama, ormai avete indovinato, Fabio Capello.
La squadra in campionato stenta parecchio, ma in europa di strada ne fa eccome. I giallorossi di Herrera cominciano sbarazzandosi dei modesti nordirlandesi dell' Ards e continuano eliminando con molta fatica e fra mille polemiche il PSV di Eindhoven. Doppio confronto nervoso ed equilibratissimo. Un rigore rabbiosamnete contestato segnato da Willy van der Kuylen pareggia in tutto e per tutto l’altro rigore con il quale Capello aveva dato la vittoria di misura ai giallorossi. Risultato bloccato e neanche i trenta minuti dei supplementari riescono a dirimere la questione, ragion per cui l’arbitro, il magiaro Emsbergher si mette una mano in tasca.
Eh si, calcisticamente siamo ancora negli anni sessanta, di “lotteria” dei rigori se ne riparlerà esattamente un anno dopo, in quel preciso momento storico il sistema considerato più che congruo per decidere l'esito finale di una contesa era affidarsi al lancio di una moneta. Democratico, asettico ed imparziale, casualità allo stato puro o se volete solo c**o.
L’imparziale ed asettica monetina dell’arbitro ungherese decide che sarà la Roma a disputare i quarti di finale.
Prossima fermata Smirne. Avversaria non certo temibile è il Goztepe andata all’Olimpico dove Cappellini e Landini confezionano il 2 – 0 che sommato al pareggio in riva all'Egeo consente agli allievi del mago di arrivare li dove nessun romanista era giunto prima: le semifinali di una coppa europea.
Qui ovviamente, siamo nelle semifinali, le cose si complicano un pochino e non pottrebbe essere diversamente. Oltre alla Roma nell'urna ci finiscono anche il Manchester City, lo Schalke 04 e i polacchi del Gornik Zabrze. Dato che il buon senso suggerisce che tedeschi ed inglesi è sempre meglio evitarli, i desiderata della Roma giallorossa si concentrano sui semisconosciuti “dilettanti” del Gornik.
La dea bendata che aveva accarezzato il volo della monetina ad Eindhoven ci mette nuovamnete lo zampino e quando dall'urna svizzera esce il Gornik Zabrze sono in molti quelli che vanno in agenzia a prenotare un viaggio a Vienna.
Si però, se sti polacchi sono arrivati fino li tanto tanto scarsi non devono poi essere. Il dubbio è legittimo anche perchè , vai a vedere meglio e scopri che per arrivare alle semifinali hanno lasciato per strada Rangers Glasgow e Levski Sofia e poi saranno pure dilettanti ( se dilettanti, come no) ma in rosa di gente che sa giocare al calcio ce n’è eccome. A parte una manciata di nazionali capeggiati dal portiere Hubert Kostka e dal gigantesco stopper Jerzy Gorgon la star indiscussa dei biancorossi è Włodzimierz "Włodek" Lubański ossia il Boniek versione 70s da noi molto meno noto di quanto sarà in seguito il rosso di Bydgosz ma solamente perchè, ricordiamolo, siamo all'nizio degli anni settanta e l'informazione non era così globalizzata come oggi soprattutto per ciò che riguardava quello che avveniva dietro la cortina di ferro, tanto che, molto spesso incontrare le squadre dell'est europeo significava giocare al buio e rimediare figure barbine.
E siamo tornati all'aprile 1970, il mondo calcistico guardava agli imminenti mondiali messicani, il resto guardava in alto con giustificata apprensione all'equipaggio dell'apollo 13 intento a segnalare a Houston che…si avevano un problema.
Primo aprile quindi ma il gol con il quale Jan Banas dopo 23’ porta il Gornik avanti non è per niente uno scherzo. A raddrizzare la baracca è Salvori che pareggia al settimo della ripresa, ma l’1 – 1 finale consente alla Roma solo di salvare il risultato ma guadagnarsi la qualificazione adesso è impresa ardua almeno quamto quella di riportare a terra l’equipaggio dell’Apollo. In ogni caso la stada per Vienna passa per Katowize, si perché lo stadio del Gornik è piccolino e quindi per le partite importanti la squadra di Zabrze si trasferisce armi e bagagli a Katowize.
A Katowize è battaglia vera, la partita non è bella, e non può esserlo, ma la Roma c'è ed il classico “se po' ffa” comicia a fare capolino nelle teste dei tifosi romanisti che stanno vedendo la partita in TV e quando Nando Martellini annuncia che l'arbitro....concede un rigore ai giallorossi le cose sembrano mettersi per il meglio.
Sul dischetto va Capello ma Kostka che nel frattempo avrà pensato “tanto li tira tutti a destra” intuisce il piattone e respige la ciabattata, riflesso felino del biasiaco che si avventa sul pallone e porta i suoi in vantaggio. E’ il nono minuto del primo tempo.
Adesso per andare in finale basterebbe resistere per i restanti ottantuno minuti ai reiterati assalti del Gornik sospinto dagli 80.000 invasati assiepati sulle tribune dello Śląski. La Roma ne resiste ottanta ovvero fino a quando l’arbitro, lo spagnolo Ortiz de Mendebil ravvisa una scorretezza in area e assegna il rigore al Gornik. Ginulfi che un anno prima aveva parato un rigore niente meno che a Pelè, non riesce a bissare il miracolo su Lubanski e l’1 – 1 di Katowize fa scopa con quello dell’Olimpico. Risultato? Supplementari.
Ne passano solo quattro di minuti quando ancora Lubanski entra in area sulla destra Spinosi fa il suo spingendo l’asso polacco verso il fondo ma Włodek si inventa un diagonale maligno
che sorprende colpevolmente Ginulfi sul suo palo. Allo Slaski è bolgia vera.
Il copione dei successivi venricinque minuti è scontato quanto drammatico con la Roma costretta per forza di cose ad attaccare e a scoprirsi e con il Gornik a cercare in contropiede il gol della sicurezza.
Quando sullo schermo tv appare l'enorme orologio mandato in onda dalla TV polacca manca un minuto alla fine dei supplementari ,Capello va a rimettere in gioco sulla trequarti polacca, la palla giunge in area dove Jerzy Gorgon dall’alto del suo metro e novantadue calamita l'ennesima palla e la respinge di testa verso il limite dell'area dove Scaratti si inventa un po’ per incoscenza un po’ per disperazione un tracciante che si infila nell’angolino alla destra di Kostka.
A questo punto scoppia un vero psicodramma.
Nando Martellini nell'euforia del momento pare non ricordare bene il regolamento dei gol in trasferta, nella confusione dimentica che a pesare sono solo i gol segnati nei tempi regolamentari e fatti due conti al volo annuncia urbi et orbi che la Roma va in finale grazie al due a due in trasferta.
L'annuncio fa il paio con quello con il quale Orson Wells annunciava l'atterraggio dei marziani. Quando ci si accorge dell’errore è troppo tardi , in città sono già partiti i clackson ed i caroselli in direzione Circo Massimo per festeggiare un qualcosa che in realtà non si è ancora verificato.
Sono romanisti, può succedere e a Roma non sarà la prima volta
Insomma, la Roma non solo non è in finale, ma c'è da giocarsi uno spareggio in campo neutro per andare ad affrontare il Manchester City che nel frattempo si era già liberato agevolmente dei tedeschi.
Strasburgo 22 aprile 1970, da quattro giorni il mondo ha tirato un sospirone di sollievo i tre paracaduti rossi che sbocciano nel cielo sopra l'oceano pacifico sono il segnale che i tre dell'Apollo sono tornati sani e salvi dopo un naufragio spaziale durato 87 ore.
In confronto a questo il compito di Helenio Herrera di portare la sua navicella a Vienna sembra una passeggiata.
Il Mago non trascura nulla, neanche l'aspetto scaramentico, in Francia si porta solo la muta da trasferta, quella divisa bianca che secondo lui è l’irrinunciabile portafortuna della squadra. E’ talmente fiducioso il mago che arriva ad affermare che “Si se bate el Kornic se vinse la copa all’otanta por ciento” Alla faccia della scaramanzia, perché in genere ste dichiarazioni portano di una sfiga….
E spareggio sia.
La Roma senza Cordova e Liguori batte il calcio d’inizio ma dopo soli trenta secondi l’impuanto d’illuminazione dello Stade de la Meinau si spegne improvvisamnete, Siamo in Francia, può succedere.
Dopo ventiquattro minuti torna la luce, si gioca per una decina di minuti quando arriva un altro backout. Altri venti minuti al buoi e poi si riprende, stavolta definitivamente. Il primo tempo scivola via senza grosse emozioni se si eccettua una palla mal trattata da Cappellini ed un paio di uscite di Ginulfi sul solito Lubanski.
Il quale Lubanski, in gran spolvero, decide di dare il via alle danze, recupera una palla a centrocampo si libera lungo la strada di due difensori giallorossi ed infila Ginulfi dal vertice sinistro dell’area. Si va al riposo con il Gornik avanti 1 – 0.
La Roma raddrizza la barca al dodicesimo, Florenski stende Petrelli in area di rigore e Capello ingaggia l’ennesimo duello di nervi con Hubert Kostka.
Anche stavolta il portierone polacco si butta sulla destra “tanto li tira tutti li” ma stavolta Capello lo frega cambia lato ed insacca sulla sinistra.
Il risultato non cambierà piu’ neanche dopo l’ennesimo supplementare ed anche stavolta l’arbitro, il francese Machin mette la mano in tasca.
Le immagini un po’ sfuocate in bianco e nero mostrano un capannello di gente nel quale si intavedono i due capitani, la terna arbitrale ed un nugolo di fotografi, addetti ai lavori e passanti vari.
Che Machin lanci la monetina si intuisce solamente, quello che si vede sono delle maniche bianche che si alzano verso il cielo. No non sono le maniche bianche della divisa “fortunata” sono quelle dei gicatori del Gornik, che grazie ad una moneta democratica asettica ma soprattutto fortunata staccano il biglietto per Vienna.
Per la cronaca e ,nel caso della Roma, per ironia della sorte, dalla stagione successiva anche i gol in trasferta segnati nei tempi supplementari avranno valore nella definizione del punteggio.
L’anno dopo anche la monetina andò in pensione quando la FIFA ratificò che in caso di parità il passaggio del turno sarebbe stato deciso da una serie di cinque rigori per parte.
Insomma…mai ‘na gioia.