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andrea

Tifoso Juventus
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Tutti i contenuti di andrea

  1. Bel centrocampo di M***A anche quest'anno spero in qualche colpo di fantasia di Giuntoli
  2. OT: ma che scenografia del menga è quella?
  3. Il suo grande successo sarà l'organizzazione degli Europei in Italia
  4. «Devo tutto a Trap Ero una scarpone che correva tanto La Juve? Che favola» Di Fabio Bianchi 1 lug 2023 La coincidenza è sorprendente: Geppetto intercettato “dentro” il suo mondo antico. «Ho appena finito di installare delle finestre». Moreno Torricelli di nuovo falegname, lavoro con cui da ragazzo si guadagnava da vivere nei dilettanti. E finì in cima all’Europa con la Juve. Una favola dei tempi moderni. Chiamato a ricordare, Torricelli riempie il racconto con risate ed entusiasmo. «La mia è una storia eclatante. Tanti giocatori sono cresciuti in grandi club, altri hanno fatto la gavetta. Io in un mese sono passato dalla Caratese, Serie D, al debutto con la Juve a Monaco con il Bayern per l’addio di Augenthaler». Come andò? ▶ «Mi volevano alla Pro Vercelli, che aveva vinto la D, ma già stavo parlando col Pavia in C1 e dissi di no. Un dirigente della Pro mi disse di aspettare e mi portò a giocare contro il Verona, in B. Marcai Fanna e feci una bella impressione: mi convocarono per fare un’amichevole con la Juve. Io pensavo contro la Juve. Invece… Per volere di Trapattoni ne giocai tre. E da lì è nato tutto. Era il giugno del ‘92». Com’era la storia della foto? ▶ Ride di gusto. «Ero ancora in prova e la Juve stava per andare in tournée in Giappone. Sapevo che Salvatore Giglio stava facendo le foto ai giocatori per il passaporto, se ti chiamava saresti partito e dunque eri nella rosa. Lo tormentavo ogni giorno: “Allora Salvatore, sai qualcosa, quando tocca a me? Mica poteva andare a chiederlo al Trap». La foto è arrivata, e anche il contratto. ▶ «In tournée ci andai senza. Lo firmai in bianco, dopo la classica Juve A-Juve B di Villar Perosa, sul cofano di una macchina dietro gli spogliatoi. Passai da un milione e 200 mila lire a 80 milioni. Ma a me interessava solo il sogno di giocare nella Juve». ▶ I campioni l’hanno accolta con la puzza sotto il naso? «All’inizio c’è stata questa paura. Dovevo entrare in questo nuovo mondo pieno, si diceva, di calciatori viziati e un po’ stronzi. Per tacere del passaggio da partite con massimo 200 tifosi a stadi da 60 mila. Qualche lacrima è scappata. Ma sono stato fortunato. Anche ora incontro persone che giocano nei dilettanti e che mi dicono di essersi ispirati a me: se ce l’ha fatta lui, posso farlo anch’io». Ma si deve trovare un Trapattoni, no? ▶ «Eh sì, San Giovanni. Un secondo padre. Poteva far giocare De Marchi, più pronto ed esperto e invece ha scelto me come titolare. Mi parlava in dialetto, mi chiamava legname. Ad allenamento finito, mi teneva a migliorare il sinistro perché avevo una zappa al posto del piede. Lo faceva anche con Conte». Ha vinto tutto con lui e con Lippi. ▶ «La Champions, che cavalcata fantastica. La finale con l’Ajax è stata la mia partita più bella. Sono stato tra i migliori in campo. E pensare che agli inizi con Lippi ho rischiato di chiudere. Mi ha beccato a fumare negli spogliatoi. Un’abitudine, ma non sapevo che erano cambiate le regole. Mi fa una sfuriata davanti a tutti: non la prendo bene, litighiamo. Per fortuna dopo ci fu la pace, stavo finendo alla Roma». ▶L’avversario-incubo? «A quei tempi in A giocavano i migliori, non era mai facile. Nelle provinciali trovavi Hubner, Protti, pure Inzaghi all’Atalanta. Il più forte? Senz’altro Ronaldo. Impressionante. Con qualche stecca marcavi anche lui, eh, ma si vedeva la sua superiorità. Invece credo di essere stato l’incubo di Asprilla: fortissimo, ma con lui facevo prestazioni super». Dopo la Juve, Fiorentina e chiusura all’Espanyol. Scelte curiose no? ▶ «Per uno juventino, la Viola sì. Ci ho pensato un po’, avevo ancora due anni di contratto ma sapevo che la Juve puntava su altri e a Firenze c’era il Trap: glielo dovevo. Sono stato benissimo. Poi la Fiorentina è fallita e ho scelto un’esperienza diversa, molto positiva». Che giocatore era e a chi assomiglia? ▶ «Ero uno scarpone, tra virgolette, che correva tantissimo. Un giocatore normale che aveva la qualità di non mollare mai. Posso dire che mi piace tanto Di Lorenzo, che ha fatto una carriera a tratti simile alla mia ed è arrivato a traguardi importanti. E poi Dimarco, che all’Inter sta facendo grandissime cose». Archiviata la favola, cosa ha fatto? ▶ «Ho seguito il corso allenatori e ho guidato la Settignanese. Poi i giovani della Fiorentina e Lega Pro con Pistoiese e Figline Valdarno. Non andavo male, mi chiamò il Crotone, in B, ma poi ho avuto la disgrazia di mia moglie (morta di leucemia, ndr) e non me la son sentita di tormentare i miei tre figli con gli spostamenti. Ho scelto la famiglia. Poi diventa difficile rientrare, finisci nel dimenticatoio. Sono stato fortunato da giocatore e meno in altro. Ma è la vita e bisogna adeguarsi e reagire». E ora è di nuovo falegname? ▶ «Anche. Dieci anni fa mi son trasferito a Lillianes, vicino Gressoney, con la mia fidanzata Lucia. Tramite la Juve sono entrato in un gruppo della Ranstad, agenzia di formazione, che si chiama “Allenarsi per il futuro”. Si trattava di andare a parlare coi ragazzi nelle scuole e coi manager nelle aziende portando la metafora dello sport. Facevamo formazione, team building. Mi gratificava mandare messaggi positivi ai ragazzi, che sono il futuro. E la mia storia aiuta. Purtroppo, il Covid ha bloccato tutto. Ora stiamo ripartendo. Nel frattempo, aiuto un falegname del paese che mi ha chiesto una mano. Mi piace. E non ho dimenticato come si fa».
  5. L'imboscata di Andrea Bosco https://www.tuttojuve.com/il-punto/l-imboscata-nessuna-fiducia-in-proprieta-dirigenza-allegri-e-molti-giocatori-caro-elkann-la-storia-di-agnelli-non-si-cancella-e-se-il-tar-desse-ragion-649492
  6. andrea

    Timothy Weah

    Almeno con l'acquisto di Weah, che non conosco, abbiamo dimostrato un po' di fantasia, evitando uno dei soliti cavalli di ritorno spompati
  7. «Da piccolo volevo diventare Rivera, poi ho giocato con il re Platini» di Sebastiano Vernazza MILANO · 26 giu 2023 Questa è la storia di un numero 10 bravo e sfortunato, “vittima” di una concorrenza spietata e impareggiabile. Beniamino Vignola è stato un numero 10 nella Serie A degli anni Ottanta, quando il Napoli si godeva Diego Maradona, la Juve aveva Michel Platini e l’Udinese si concedeva il lusso Zico. Vignola che oggi giocherebbe fisso in Nazionale - veniva dagli Anni 60 e 70, segnati da un altro numero 10. «Da bambino ero milanista e mi ispiravo a Gianni Rivera. A Verona, dove sono nato e cresciuto, mi chiamavano il Rivera dell’Adige (il fiume che attraversa la città, ndr)». Con Rivera il giovane Vignola condivideva una vaga somiglianza e il taglio dei capelli con la riga, come d’uso all’epoca. Milanista in riva all’Adige: era al Bentegodi nella domenica della fatal Verona, l’HellasMilan 5-3 del maggio 1973 che costò lo scudetto al Diavolo? «Certo, mio papà faceva la maschera allo stadio e io, da tesserato del vivaio, potevo entrare gratis. Ricordo una grande prestazione di Franco Bergamaschi, un’ala di talento, tanto è vero che il Milan in estate lo acquistò. Ero deluso, ma non troppo, da giocatore dei Giovanissimi gialloblù sentivo un certo orgoglio Hellas. E poi lo scudetto della stella milanista lo vissi da vicino, nel 1979: entrai in campo nel Verona che perse per 2-1 a San Siro (partita quasi decisiva a tre giornate dalla fine, ndr)». Il Verona e poi l’Avellino, all’epoca in Serie A. Un’esperienza segnante: ricorda dov’era domenica 23 novembre 1980? «Nel pomeriggio noi dell’Avellino avevamo battuto l’Ascoli per 4-2 al Partenio e verso sera ero a casa assieme a degli amici. Guardavamo il secondo tempo di una partita di Serie A, mi pare fosse Juve-Inter. All’epoca il calcio lo vedevi così, alla Rai, tra 90° minuto, la sintesi di una gara e la Domenica Sportiva. Intorno alle 19.30 si scatenò il terremoto che tanti morti avrebbe provocato (quasi tremila, ndr). Scappammo in strada, molti palazzi venivano giù, la gente urlava. Vidi le prime vittime e i primi feriti, e per due giorni, come altri, dormii in macchina. Qua e là rientravo nell’appartamento per prendere quel che mi serviva. Poi l’Avellino ci portò via, in ritiro. Avevamo davanti due trasferte di fila, le preparammo in Toscana. Da lì in avanti giocammo alla grande, capivamo di essere l’unica oasi di svago per migliaia di terremotati e ci salvammo alla grande nonostante la penalizzazione (5 punti per il calcio scommesse del 1979-80, ndr)». Ci dice la verità sul «mito» del tunnel del Partenio, lo stadio di Avellino? «Era lungo e stretto, poco illuminato, le luci fioche venivano spente in coda a certe partite burrascose. C’erano delle persone che accompagnavano le squadre e bastava una scintilla per far scoppiare l’incendio. Volava qualche ceffone. Una zona franca, senza telecamere, ma all’epoca era abbastanza normale che al Sud le cose funzionassero così, faceva parte del gioco». Il suo divorzio con Antonio Sibilia, padrepadrone di quell’Avellino, fu burrascoso. «Andai in sede per chiedergli del mercato, mi voleva il Milan. Lui tentò di colpirmi con uno schiaffo, che io scansai. Un episodio increscioso, ma lo superammo, sapevo quanto mi volesse bene. Troppo affetto, diciamo. Poi nel 1983 mi cedette alla Juve, assieme a Tacconi, per 4 miliardi di lire». E alla Juve si trovò davanti sua maestà Michel Platini. «Trapattoni aveva 11 titolari più due jolly, io e Prandelli. Sulla carta avevo pochissimo spazio, di fatto me lo ritagliai. Il Trap mi impiegava spezzoni sempre più ampi, anche perché giocare con Platini, Boniek, Rossi e fuoriclasse vari mi migliorava. A un certo punto diventai pure titolare, con il numero 7. Mi muovevo alle spalle di Platini, gli permettevo di essere più libero e nella finale della Coppa Coppe 1984, a Basilea contro il Porto, segnai il gol dell’1-0 (la Juve vinse per 2-1, ndr). Platini era un fenomeno, un mago di colpi incredibili, per lui le punizioni erano come rigori. A fine allenamento ci divertivamo a tirare e io imparavo. Poi ho saputo che era stato lui, Michel, a “sponsorizzarmi”, perché mi aveva visto nell’Avellino». La Juve, una parentesi al Verona, ancora la Juve, l’Empoli, il Mantova e a poco più di trent’anni il ritiro. «Decisi con mia moglie, farmacista. Aprimmo una farmacia a Verona, tuttora operativa, lì lavorano le mie figlie». Ma la sua attività è un’altra. «Mio cognato ed io dirigiamo Vetrauto e Vetrocar, aziende nel settore dei vetri per automobili: parabrezza, lunotti, finestrini. Alcuni centri sono nostri, altri in franchising. Possiamo definirci i numeri due del settore, in Italia». Si rivede in qualche giocatore di oggi? «Diciamo che mi piaceva molto Andrea Pirlo e che anche Jorginho cattura la mia attenzione. Se giocassi ora, non credo che farei la mezzala numero 10. Mi impiegherebbero come regista davanti alla difesa. Adesso la velocità e la forza si impongono, la tecnica non è più il valore primario o unico a meno di non essere Maradona o Messi, però credo che allenato con i metodi attuali potrei giocarmela». Chi è il centrocampista che le piace di più? «Modric mi entusiasma. Fatte le debite proporzioni, mi rivedo in quel tipo di giocatore. Modric si muove con razionalità suprema, gestisce la palla, insegna calcio». Da Rivera a Modric, passando per Platini e Vignola. L’evoluzione dei numeri 10.
  8. La Juve tira un mezzo sospiro di sollievo, la giustizia sportiva fa flop Umberto Zapelloni · 22 giu 2023 Milano. Non è ancora chiaro se sia soltanto una buona notizia. Ma intanto la procura di Torino ha richiesto l’archiviazione per Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici, Marco Re, Stefano Bertola e Stefano Cerrato. Dietro alle operazioni di mercato incriminate non c’era nessuna intenzione di fregare il fisco, ma al massimo quella di dare al bilancio un colore differente. “E’ emersa la finalità prevalentemente bilancistica e non fiscale delle operazioni di scambio contestate. Queste operazioni risultano neutre, a somma zero, sotto il profilo finanziario, tese solo a consentire di registrare un ricavo immediato, spalmando i costi negli anni successivi”, la spiegazione che chiude il primo fronte del processo alla società bianconera. La Juve ha comprato e venduto giocatori senza un corrispondente scambio di denaro. Una prassi consolidata nel calcio e non solo in quello italiano (ma tranquilli… in futuro interverrà l’uefa che attribuirà i valori dei singoli giocatori!). Non lo ha fatto però per ottenere un vantaggio fiscale e dribblare le tasse, ma solo per dare una sistemata al bilancio da tenere sempre d’occhio in anni di Financial fair play. “Anche ritenendo artificiali i valori contrattuali, la Juventus non ha avuto alcun concreto vantaggio fiscale da queste operazioni”, scrivono dalla procura sottolineando che tali operazioni avevano l’obiettivo di “celare l’erosione del capitale sociale e raggiungere gli obiettivi imposti dal Financial fair play”. Che a ogni modo non è una bella cosa dal punto di vista sportivo. La Juve andrà comunque a processo, ma adesso è venuto a cadere uno dei quattro capi d’imputazione che l’hanno portata in tribunale: false comunicazioni sociali di società quotata in Borsa (per i bilanci 2019/20/21), ostacolo agli organi di vigilanza, false fatturazioni e manipolazione del mercato. Il reato di false fatturazioni cade, mentre restano in piedi quello del falso in bilancio e gli altri. Non si può dire che la posizione si sia alleggerita del tutto, le imputazioni restano. La decisione della procura torinese accende piuttosto una volta di più i riflettori sulla giustizia sportiva che ha colpito senza approfondire più di tanto. Il problema di una giustizia a due velocità resta. Quella sportiva ha fretta di decidere, quella ordinaria ha molta meno fretta, ma molte più possibilità di andare in profondità. Una volta di più resta in bocca una certa amarezza, provocata dal fatto che sembra sempre di più che la giustizia sportiva abbia agito per accontentare il sentimento forcaiolo che prendeva corpo là fuori contro la Juve e i suoi dirigenti. A questo punto sarà curioso vedere che cosa deciderà il Tar a cui si è rivolto proprio l’altro giorno, in zona Cesarini sulla scadenza dei termini, l’ex presidente bianconero Agnelli, appellandosi contro la decisione del Collegio di garanzia dello sport del Coni che gli aveva comminato due anni di squalifica per la vicenda plusvalenze. Dal processo intanto escono puliti anche i sindaci: “Né dai documentisotto sequestro, come le mail, né dalle intercettazioni, è emerso il minimo coinvolgimento dei sindaci nelle condotte illecite descritte con riguardo alla seconda manovra stipendi è emersa chiaramente la volontà dei dirigenti juventini di non rendere pubblico alcunché in ordine alle trattative con i giocatori”, scrivono i pm. Non ci sarebbero insomma elementi “per addebitare al collegio il falso in bilancio che deriva dalle manovre stipendi”. I tre ex sindaci del club bianconero non erano a conoscenza di manovre stipendi, delle famose side letter (gli accordi privati con i calciatori), o della famosa carta segreta da 19 milioni di euro di Cristiano Ronaldo. La procura di Torino ha chiesto e ottenuto l’archiviazione per i tre ex componenti del collegio sindacale. Loro non sapevano. Al contrario dei revisori che hanno curato i conti della Juventus nel triennio 2018-’21 e che restano tra gli imputati. L’assoluzione degli ex sindaci non aiuta gli altri dirigenti bianconeri. Loro sapevano e hanno architettato il tutto. Non lo hanno comunicato come avrebbero dovuto. Da queste accuse sarà più complesso venirne fuori con un’assoluzione. Ma questa è un’altra faccia di un processo penale che deve ancora entrare nel vivo. Si deve ancora conoscere la decisione della Cassazione sulla competenza territoriale: proseguire a Torino o trasferirsi altrove, magari a Milano dove ha sede la Borsa (la Juve, ricordiamolo è società quotata).
  9. Articolo di Christian Belli https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0aJ7hqRVADZYgtSKQ7GDt5nFjMNr96Fm4CMiE3cJUyKN2f6cpfijx5jJZFDj9ZD3cl&id=100081455592449
  10. Le società tendono a privilegiare sempre più gli abbonati https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/prima-39-abbonato-nbsp-squadre-calcio-aumentano-privilegi-357633.htm
  11. I migliori giocatori Nba per classi di stipendio (e altre statistiche) https://hoopshype.com/lists/nba-global-rating-best-players-salary/
  12. Io penso che non lo vogliono perché è un cadavere
  13. I cadaveri non li vogliono, quelli che vanno in Arabia almeno sono degli zombie
  14. Mattarella contro la "giustizia creativa" https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mattarella-fa-c**o-toghe-presidente-repubblica-lancia-357214.htm
  15. Forse lo conoscete già sito che parla di calcio giovanile https://www.sprintesport.it/
  16. https://www.instagram.com/reel/CtcbS2zLvM0/?igshid=NTc4MTIwNjQ2YQ==
  17. A proposito di Malago': ma quei maiali, membri del Coni, che insultavano la Juve sui social sono ancora tutti al loro posto?
  18. Quando Donadoni andò al Milan, invece di venire da noi, il calcio non fu più lo stesso https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/arrigo-sacchi-piange-ldquo-rsquo-amico-geniale-rdquo-berlusconi-356640.htm
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