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andrea
Tifoso Juventus-
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
"Il Napoli vince a Bergamo e ipoteca mezzo scudetto e che cosa fa la giornalaccio rosa? Se ne esce con il titolo "DIAVOLO CHE JUVE"! Manco fosse Tuttosport. Urbano Cairo non si smentisce mai: dopo avere trasformato quel che resta del Torino nell'agnello sacrificale della Juventus, nelle vesti di editore è riuscito nell'impresa di trasformare quel che resta della giornalaccio rosa (un tempo la bibbia dello sportivo) in "Hurrà Juve". -
[ Serie A enilive ] JUVENTUS - MILAN 2-0 (59’ Mbangula, 64’ Weah)
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Live Juve
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LA JUVE FRENA PER TOMORI E CAMBIA OBIETTIVO Il milanista non è convinto, ai bianconeri vengono dubbi Si tratta col Newcastle per il jolly mancino. C’è pure Veiga di Fabiana Della Valle TORINO · 20 gen 2025 Motta a colloquio con Thuram La notte ha portato consiglio e anche qualche nome nuovo per il mercato della Juventus. Dopo la convincente vittoria sul Milan, importante per la classifica ma anche per il morale in un momento molto caldo della stagione bianconera, Cristiano Giuntoli è tornato a concentrarsi sullo shopping invernale, con l’obiettivo di regalare a Thiago Motta due difensori prima della fine della sessione: uno più esperto e l’altro più di prospettiva. Le quotazioni di Fikayo Tomori, il candidato forte degli ultimi giorni, sono date in netto ribasso. La trattativa con il Milan è in una fase di stallo per i tentennamenti del giocatore ma anche perché nel frattempo si è acceso l’interesse per Lloyd Kelly, jolly 26enne del Newcastle. Il difensore è in uscita dal club inglese ed è stato offerto alla Signora, che sta valutando la fattibilità dell’operazione. Resta in corsa anche Kevin Danso del Lens, così come piace Renato Veiga del Chelsea. Dietrofront Tomori Lo scenario è cambiato nelle ultime ore per diversi motivi. Tutto sembrava avviato verso la chiusura dell’affare Tomori, con il Milan disposto a cederlo per una cifra vicina ai 30 milioni e i bianconeri propensi ad accontentarlo, ma la Juventus ha frenato, facendo sapere di non essere più convinta come prima. Il motivo? Prima di tutto la volontà del giocatore, che ha comunicato a entrambi i club di non essere intenzionato a cambiare maglia. Così anche l’interesse di Madama nei confronti del centrale del Diavolo si è raffreddato, anche perché la prova offerta dal milanista all’Allianz Stadium non è stata delle più convincenti. A spingere la Juventus a mollare definitivamente la presa è stata una chiacchierata tra il giocatore e il tecnico bianconero, fatta per sondare le sue intenzioni. Tomori ha ribadito il suo legame con il Milan e la volontà di restare in rossonero, cosa che aveva già fatto con la sua dirigenza, e la Juventus ha scelto di non insistere: Motta vuole solo giocatori convinti e motivati e il club preferisce investire su chi crede nel progetto piuttosto che attendere e provare a convincere chi tentenna. Il jolly inglese In più c’è stato l’inserimento di Kelly, che intriga di più Motta perché può fare sia il centrale sia il terzino. Fisico ed esperienza, il difensore mancino del Newcastle può fare al caso della Signora, che deve sostituire gli infortunati di lungo corso Bremer e Cabal. Il Newcastle lo ha messo sul mercato ma punta a venderlo, la Juventus è disposta a mettere sul piatto un prestito con diritto/obbligo di riscatto ma a cifre più basse rispetto a quelle richieste dal club inglese (intorno ai 30 milioni). Giuntoli lo seguiva già ai tempi del Napoli ed è pronto a imbastire una trattativa con gli inglesi. Kelly è inglese e pur essendo extra Ue può essere tesserato dalla Signora, perché il regolamento consente l’acquisto di un solo calciatore britannico oltre ai due extracomunitari. Tra Danso e Veiga Nel frattempo l’uomo mercato di Madama lavora anche su altri fronti: tra i papabili c’è Danso, difensore austriaco che in estate è stato vicinissimo a giocare in Serie A: il suo trasferimento alla Roma è infatti saltato dopo le visite mediche. Anche in questo caso si parte da un prestito che può trasformarsi in un’acquisizione a titolo definitivo in estate. Occhio anche al portoghese Veiga, più giovane (21 anni) ma con grande margine di crescita. Il Chelsea ha aperto a una cessione ma su di lui ci sono pure diversi club stranieri. I giovani di prospettiva Non uno, ma due difensori: è quello che serve alla Juventus in questa sessione di mercato per rinfoltire la rosa e allungare la panchina, soprattutto in vista dei tanti impegni che attendono i bianconeri in questa stagione (con la coda del Mondiale per club tra giugno e luglio). Per questo si stanno valutando anche giovani che militano già nel campionato italiano da poter prendere in prestito. Operazioni last minute e low cost su cui Giuntoli e i suoi collaboratori stanno lavorando con costanza contestualmente a tutto il resto. Tra quelli che hanno attirato l’attenzione del club bianconero c’è Saba Goglichidze, 20 anni, georgiano dell’Empoli di piede destro che in questa stagione ha collezionato 18 presenze in Serie A. Le stesse di Diego Coppola (più una in Coppa Italia), 21 anni, difensore del Verona che nelle ultime due stagioni ha giocato con una certa continuità. Un altro profilo che piace è quello di Thomas Kristensen, 23 anni, danese dell’Udinese forte in marcatura e nel gioco aereo.
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«Divenni l’eroe della Ddr, ma scappai oltre il Muro Per la maglia di Tardelli rischiai di essere cacciato» Il calciatore che segnò alla Germania Ovest: la libertà è tornata in pericolo Di Walter Veltroni · 25 nov 2024 ” Destino In squadra c’erano spie, ne sono certo. La Stasi controllava tutto. Io lì non potevo più stare, sarei impazzito. La fuga? Fu indescrivibile Tutto accadde al settantasettesimo. Fin lì c’era stato un equilibrio perfetto, si profilava uno zero a zero che avrebbe fatto tirare un sospiro di sollievo ai residui sostenitori della Ostpolitik, quella strategia di relazioni tra le due Germanie di cui Willy Brandt era stato fine e coraggioso tessitore. Scherzando si potrebbe sostenere che Brandt, intuendo nettamente cosa sarebbe avvenuto un mese mezzo dopo, il 22 giugno del 1974, decise di dare le dimissioni il 6 maggio. Non fu in realtà lo scandalo Guillaume, il suo collaboratore che si scoprì essere una spia della Stasi, a decretare la fine del cancellierato di Brandt, ma la previsione del gol di Jürgen Sparwasser, centrocampista offensivo della Ddr, con il quale la Germania Est prevalse su quella dell’ovest in una partita che, pur essendo ambedue le squadre qualificate al girone successivo dei Mondiali del 1974, aveva però assunto palesi significati storici. Riviviamo con le parole di Günter Grass l’impresa di Sparwasser in quel settantasettesimo minuto allo stadio di Amburgo che ammutolì: «Accalappiò il pallone con la sua testa, se lo portò sui suoi piedi, corse di fronte al tenace Vogts e, lasciandosi persino Höttges dietro, lo piantò alle spalle di Maier in rete». Diventò subito eroe nazionale, mito del socialismo realizzato, icona, con la foto del gol, di generazioni severamente educate ai valori del socialismo. Eppure anche lui, l’eroe di Amburgo, nel 1988 decide di mandare tutto all’aria. Aria che era diventata, anzi era sempre stata, irrespirabile. In un Paese in cui c’era una spia ogni cinquantanove cittadini, in cui tutto era sotto l’asfissiante controllo della Stasi, Jürgen Sparwasser decise di fuggire, con sua moglie, approfittando di una partita di Vecchie Glorie che si svolgeva a Ovest. Non fu il solo. Prima di lui Lutz Eigendorf, altro giocatore di fama. Ma per Eigendorf il destino fu diverso. Dopo la fuga, sua moglie fu raggiunta da un uomo che piano piano si infilò nella vita della donna fino a convincerla a rompere il matrimonio. Era un agente della Stasi. Il regime agonizzante non perdonò a Eigendorf un’intervista televisiva critica verso l’est rilasciata proprio davanti al Muro. Si dice che durante una cena fu drogato, messo in macchina e mandato a sbattere contro un palo. Basta andare a Berlino, al Museo della Stasi, per rendersi conto che allora queste pratiche, in nome del comunismo, erano abituali. Sparwasser, lei allora aveva tredici anni. Come fu vissuta la costruzione del Muro? «Fu uno choc, nessuno si aspettava che nel cuore della città fosse eretto un muro di separazione. Il sentimento che regnava all’epoca era di grande ansia. Ci sono stati casi inconcepibili. Cittadini che quel giorno erano andati a lavorare e che non poterono rientrare nella loro casa. Famiglie spezzate letteralmente in due, persone che non poterono rivedere i loro cari per molto tempo. Sentivate la pressione della Stasi? «Il sentimento era quello di un ossessivo, permanente controllo. Sapevamo che membri della Stasi o dei servizi sovietici esercitavano una osservazione costante, bisognava stare attenti a tutto quello che si faceva. Si potevano subire attacchi costruiti ad arte da parte dei membri dell’apparato. L’ossessione del regime era evitare tentativi di fuga a Ovest: era facile essere fermati e costretti a lunghi interrogatori e la catastrofe era se si veniva arrestati. Potevi sparire nel nulla». Ma c’erano spie anche nelle squadre in cui lei ha militato? «Di sicuro ce n’erano, ma non mi interessava. Lo so per certo, ma non ho mai voluto sapere chi fossero. Anche oggi, quando ci ritroviamo, non ne parliamo. E io non voglio sapere chi tra i miei compagni, quelli con cui mi allenavo e giocavo, con cui ho condiviso vittorie e sconfitte, avesse firmato un atto di appartenenza alla Stasi». Sua figlia allora era incinta e dovette restare dall’altra parte... «Sì, venne più volte interrogata e la minacciarono di toglierle la casa in cui viveva. Ha subìto il controllo telefonico e i pedinamenti. La pressione su di lei era forte. Per questo io, dopo la fuga, non ho mai espresso pubblicamente critiche al regime dell’est. Avevo paura per lei. Questo credo l’abbia protetta da rischi di ritorsione. Altri familiari di persone fuggite hanno subìto conseguenze molto pesanti». Lo scambio della sua maglia con Marco Tardelli scatenò un inferno... «Eravamo nel 1977. Una direttiva del regime stabiliva che era vietato scambiarsi le maglie con i giocatori che rappresentavano squadre provenienti dal regime capitalistico. Così avevano deciso. Ma io Marco Tardelli lo conoscevo già e quando lui mi ha chiesto la maglia io non potevo certo dirgli che non potevo dargliela per una circolare governativa. Così l’ho scambiata e tengo la sua con me. Vista la scena, da Berlino fu chiamato subito il capodelegazione. Minacciarono di cacciarmi dalla squadra e di togliermi il permesso di andare all’estero. Poi non se ne è fatto nulla. Non volevano capire che lo sport è lo sport e la politica ne dovrebbe star fuori». Ha mai incontrato Honecker? «No, mai. Credo che le autorità nazionali non si sarebbero mai aspettate che vincessimo quella partita. Al ritorno ci fu grande risonanza del mio gol, divenni un eroe nazionale. Ho avuto però, insieme, fama e problemi. Molte persone erano contro il regime e quel gol era diventato un simbolo della propaganda del partito. Compagni o avversari con i quali giocavo me lo rimproveravano. Ma non era colpa mia. Io avevo solo segnato un gol. Avevo fatto il mio dovere di giocatore, di sportivo». Che fine hanno fatto, nella fuga, i suoi cimeli sportivi? «Qualche maglia l’ho portata con me, per non perdere la memoria. Ma io sono partito non dovendo far capire che sarei fuggito, quindi avendo solo l’essenziale. Ho lasciato una casa, un’auto, la leggendaria Trabant, tutto quello che avevo. Con mia moglie, quando decidemmo di andare via, ci dicemmo proprio questo: che la nostra vita ricominciava da zero. E così è stato». Ci descrive la paura del giorno in cui è fuggito? «È indescrivibile quello che ho provato quel giorno. Sono decisioni dalle quali dipende il destino tuo e di tutta la tua famiglia. Se avessi scelto di restare sarei impazzito. Feci quello che ritenni giusto. Il rischio fu altissimo, ma ero talmente disperato per il nostro futuro e per le prospettive del paese, che alla fine mi risolsi a fare quello che era più difficile, ma più giusto. Sono stati giorni angosciosi, pieni di paure. Ma non avevamo altra possibilità. E questo era il dramma collettivo di quel popolo». Come seppe della caduta del Muro? «In quei tempi allenavo i giovani dell’Eintracht Francoforte. Al termine di una sessione, stavo tornando a casa, sentii alla radio quello che stava accadendo. Ho fermato la macchina per ascoltare quegli eventi che si succedevano con una velocità impressionante. Tanto il Muro era venuto su in breve tempo, tanto in poche ore fu buttato giù per restituire a tutti noi la libertà perduta». Cosa significa per lei la parola libertà? «Libertà è una parola della quale noi, nella Ddr, non conoscevamo il significato, non l’avevamo mai incontrata. La libertà è il piacere di vivere la propria vita, di poter scegliere che strada imboccare, che libri leggere, che pensieri pensare. La libertà è la bellezza di vivere insieme e insieme cercare la felicità. Oggi provo grande paura nel vedere che in molte parti del mondo è tornata la guerra, che tanti esseri umani conoscono l’orrore dei bombardamenti e delle distruzioni. Spero che la diplomazia, e non la forza, riesca a trovare la via per ricostruire la pace. Lo dobbiamo alle nuove generazioni». Come si spiega che in Germania oggi crescono movimenti neonazisti? «L’AFD sta conquistando molto consenso nei lander dell’est ma si sta estendendo anche a Ovest. Questi movimenti proliferano per l’insoddisfazione a livello sociale e per il diffondersi dell’antipolitica. Queste posizioni sono un pericolo, tanto più in vista delle prossime elezioni. Mi auguro che la politica democratica riporti un senso di normalità che è l’antidoto alla politica delle grida e della rabbia».
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Ormai è più napoletano di San Gennaro
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https://x.com/DataMB_/status/1880696135666311467?t=ugvZhXgUeYDqewyrbqfXag&s=19
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[ Serie A enilive ] JUVENTUS - MILAN 2-0 (59’ Mbangula, 64’ Weah)
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Live Juve
Scandaloso anche che nessuno abbia contrastato Theo Hernandez- 1174 risposte
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Thiago Motta, mister X della Juventus
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Dato molto interessante https://x.com/CalcioDatato/status/1880208457334206569?t=yI0Xz2fI26cAveKXbS43Lw&s=19 -
Qua si era giocato il 2 https://x.com/marcen3774381/status/1880329261879570921?t=cmPYE2ys_tnbdSLMNVRKYw&s=19
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Ufficiale: Kolo Muani è un nuovo giocatore della Juventus
andrea ha risposto al topic di wannabe in Archivio Calciomercato
Non è che all'ultimo ce lo ritroviamo in una squadra di Premier League?- 777 risposte
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(e 2 altri)
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
Sandro Gozi presidente https://x.com/sandrogozi/status/1880170023643459863?t=qUHF0_3gBggvxy6tCPqIcQ&s=19 -
Andrea Cambiaso rinnova il suo contratto con la Juventus fino al 2029
andrea ha risposto al topic di ManRay in Archivio Calciomercato
Haaland ha appena rinnovato fino al 2034 Il City dalle accuse si difende -
Attesa per Araujo Si torna a sondare per Tomori e Danso Juve al dentro o fuori per il blaugrana L’inglese e l’austriaco restano i piani B di Filippo Cornacchia · 17 gen 2025 L’uruguaiano è il preferito della Juve, ma il Barcellona aumenta il pressing per farlo rinnovare Giuntoli punta a un secondo difensore: in pole Goglichidze, piace anche Mosquera Non solo Hancko. La Juventus, a maggior ragione in caso di ricco incasso sul fronte Cambiaso, ha in programma una rivoluzione in difesa. Un rinforzo per sostituire l’infortunato Gleison Bremer (operato al crociato) e probabilmente un altro più di prospettiva. La priorità resta il centrale “esperto” e in questo momento il dt Cristiano Giuntoli, al netto di Hancko che corre da solo, sta giocando su tre campi: Barcellona (Araujo), Milano (Tomori) e Lens (Danso). In Catalogna gioca il primo nome della lista bianconera, quel Ronald Araujo fresco di successo da protagonista in Supercoppa di Spagna. L’uruguaiano (con passaporto spagnolo) è reduce da un grave infortunio e ha il contratto in scadenza nel 2026. Il Barcellona, a maggiore ragione dopo il ko di Inigo Martinez, non vorrebbe privarsi di Araujo e nelle ultime ore ha alzato il pressing per convincere il centrale a rinnovare il contratto. «Voglio tenerlo», ha detto il presidente Laporta nei giorni scorsi. Ieri i dirigenti catalani hanno convocato Araujo e il suo agente in sede per proporgli un prolungamento fino al 2029. Una mossa importante, forse decisiva. La Juventus aspetta notizie definitive da Barcellona: Giuntoli non si illude, ma al tempo stesso non perde le speranze. In caso di rottura Araujo-Barça, i bianconeri sono pronti a tentare gli spagnoli con una offerta importante. Le alternative La sabbia della clessidra, però, continua a scendere e la sirena di chiusura del 3 febbraio si avvicina. Ecco perché Giuntoli da un lato non abbassa la “marcatura” su Araujo, ma intanto continua a lavorare su più tavoli e sulle alternative. A partire da Fikaio Tomori del Milan e Kevin Danso del Lens. I discorsi con il Milan sono iniziati prima di Natale, del cambio in panchina tra Fonseca e Sergio Conceicao e del recente infortunio di Thiaw. Tomori, tornato titolare con il nuovo allenatore, ha fatto capire di voler restare in rossonero, però il Milan non ha ancora interrotto del tutto i contatti con la Juventus. Alla Continassa sarebbero pronti a investire circa 25 milioni per l’ex Chelsea. Il Milan vorrebbe incassare di più, ma in ogni caso prima di una eventuale cessione dovrebbe garantire a Conceicao un difensore di pari livello. Intanto domani le due squadre si affronteranno in campionato e il match dell’Allianz Stadium sarà l’occasione per un “terzo tempo” di mercato. I dirigenti bianconeri hanno un canale aperto anche con il Lens per Danso, in estate scartato dalla Roma dopo le visite mediche. L’austriaco in Francia sta giocando con continuità (14 presenze), tanto che il Lens non prende in considerazione il prestito e valuta il giocatore 25 milioni di euro. Il raddoppio giovane Tra Araujo, Tomori e Danso – e dopo l’acquisto del giovane terzino destro Alberto Costa – alla Continassa insistono anche per un secondo colpo al centro della difesa, ma più di prospettiva. In cima alla lista resiste il 20enne georgiano Saba Goglichidze (Empoli), seguito a ruota dal coetaneo colombiano (con passaporto spagnolo) Mosquera del Valencia.
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https://x.com/mirkonicolino/status/1880178522326802595?t=09TjRo7luTC0JHHLM5ptYg&s=19
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sondaggio Andrea Cambiaso dovrebbe essere ceduto al Manchester City?
andrea ha risposto al topic di zlataniere in Juventus Forum
In Senegal sono contrari https://x.com/JuventuSenegal/status/1880040386867126456?t=LVjr_4NBNZhkLuPggqfkHg&s=19- 454 risposte
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Andrea Cambiaso rinnova il suo contratto con la Juventus fino al 2029
andrea ha risposto al topic di ManRay in Archivio Calciomercato
Ma il City non dovrebbe temere la retrocessione, la penalizzazione, l'esclusione dalle Coppe? -
« Due gol al Liverpool, fu la mia Supercoppa Sì, ero bello di notte ma anche di giorno...» L’ex campione polacco ricorda la finale sotto la neve del 16 gennaio di 40 anni fa: «Grazie a me Platini ha vinto tre volte la classifica cannonieri. L’Heysel tragedia a livello umano e dolore sportivo» di Andrea Di Caro · 16 gen 2025 L’Amburgo ci negò tre Coppe di fila Il mio grande rimpianto non è stato Roma-Lecce, ma Italia-Polonia «Sono passati 40 anni, ma certi momenti rimangono per sempre ed è sempre un’emozione ricordarli». Quel 16 gennaio 1985, “il bello di notte” fu addirittura bellissimo. Zibì Boniek riavvolge il nastro : «Faceva un freddo cane, aveva nevicato tanto, si riuscì a spalare il campo con l’aiuto dei tifosi, ma intorno era tutto bianco. Il Comunale di Torino però era pieno lo stesso. Supercoppa europea Juventus-Liverpool, gara secca. Gli inglesi erano forti, avevano vinto la Coppa dei Campioni contro la Roma l’anno prima, noi la Coppa delle Coppe col Porto. Giocammo con un pallone rosso anche per esigenze televisive: prima erano bianchi con tasselli neri e rischiava di confondersi con il bianco della neve. Vincemmo 2-0 e segnò una doppietta un giocatore polacco che queste partite non le sbagliava quasi mai...». Non a caso l’Avvocato Gianni Agnelli la chiamava il bello di notte... «I grandi giocatori non sono quelli che decidono le partitelle di allenamento il giovedì, ma le gare importanti, come le finali. E quelle quasi sempre si giocavano la sera. In quattro finali europee contro Amburgo, Porto e due volte il Liverpool, la Juve segnò cinque gol, tre furono miei e causai io il rigore all’Heysel, anche se il fallo subito era fuori aerea. Ma lasciatemi dire una cosa...». Prego... «Io ho giocato sei stagioni in Italia, quattro volte sono finito nella top 11 finale della serie A. E si giocava alle 15. Io sono stato bello anche di giorno…». Alla Juve ha vinto un campionato, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa, una Coppa dei Campioni. Soddisfatto o si poteva fare ancora meglio? «Soddisfatto anche se sono certo che se quella Juve avesse giocato dieci volte la finale con l’Amburgo ad Atene nel 1983, sette volte avrebbe vinto, due pareggiato e una perso. Purtroppo uscì proprio quella partita su dieci... Eravamo molto più forti. Se avessimo vinto sono certo che avremmo alzato tre Coppe dei Campioni di fila e qualche Intercontinentale. Non mi so spiegare invece cosa accadde». Anche in A quell’anno la Juve era favorita: c’era il blocco azzurro che vinse i mondiali di Spagna più Boniek e Platini. Ma la spuntò la Roma. «Sulla carta eravamo più forti, tanto è vero che battemmo la Roma sia all’andata sia al ritorno. Ma dall’altra parte c’erano Falcao, Conti, Pruzzo, Di Bartolomei, Vierchowood.... Era una grande squadra anche quella e vinse meritatamente». Dopo la Supercoppa incontraste nuovamente il Liverpool nella finale della Coppa dei Campioni all’Heysel il 29 maggio 1985: una ferita che non si rimarginerà mai. «Una partita che fummo costretti a giocare per permettere di riorganizzare la sicurezza intorno allo stadio. Non volevamo disputarla. In quei casi, se vinci sei stato cinico, se perdi non hai onorato le vittime. L’atmosfera era surreale. Quando la palla andava fuori, c’erano i poliziotti a bordo campo con i cani, una curva era crollata. Ma giocammo tutti e 22 senza fare nessun accordo, ognuno col suo stato d’animo, provando a vincerla». Il fallo da rigore che regalò la vittoria fu commesso su di lei, ma un metro fuori area. «Sì e mi dispiacque molto. Se non fossi stato falciato avrei segnato io, ero solo davanti a Grobbelaar, con la porta spalancata. Andavo a cento all’ora, potevo mettere la palla dove volevo. Quella è una partita di cui nessuno può andare orgoglioso e mi ha lasciato un enorme dolore per la tragica morte di 39 persone, ma anche un grande dispiacere dal punto di vista sportivo perché io volevo vincere, in una gara normale, quella Coppa dei Campioni ed esserne fiero. Sono certo che ci saremmo riusciti perché avevamo calciatori e un modo di giocare ideali per fare male al Liverpool e alla loro statica difesa a quattro». Si discusse sull’opportunità di alzare la Coppa al rientro, scendendo le scalette dell’aereo. «Io già non c’ero più. Dopo la partita, la mia ultima con la Juve, presi un aereo privato per raggiungere a Tirana la Polonia impegnata nelle qualificazioni Mondiali. Non voglio giudicare gli altri, ricordo solo che devolsi tutto il mio sostanzioso premio vittoria alle famiglie delle vittime». Quell’estate passò alla Roma, mantenendo una promessa fatta al presidente Viola, e divenne il secondo polacco più famoso della Capitale dopo Papa Wojtila... «Non scherziamo, lui è stato un gigante della Storia. Furono tre anni bellissimi anche se vinsi solo una Coppa Italia, perdendo lo scudetto del 1986 nella famosa gara col Lecce. Partimmo male, poi rimontammo la Juve grazie a un calcio straordinario, il più bello che abbia mai giocato. In mezzo al campo c’erano Conti, Ancelotti, Cerezo, Boniek, in attacco Graziani e Pruzzo…». A cui lei fece tanti assist. «Si dice spesso che, alla Juve, Platini facesse fare i gol a me. Era vero il contrario. Grazie a me Michel vinse tre volte di fila il titolo di capocannoniere dal 1983 al 1985. Poi sono andato alla Roma e, guarda caso, nel 1986 lo vinse Pruzzo… Io ero più centrocampista che attaccante ed ero altruista, ne ho fatti fare di gol». ► Roma-Lecce è stato il grande rimpianto della sua carriera? «Mi consenta una premessa. Sento sempre parlare del gol annullato a Turone a Torino con la Juve e mai di quello regolarissimo annullato contro il Lecce sull’1-0 per noi. Sul 2-0 il Lecce non avrebbe mai vinto. Detto questo, il grande rimpianto è stato un altro: aver saltato la semifinale del Mondiale ‘82 Italia-Polonia per una ingiusta squalifica». ► L’Italia era intrisa di magia, c’era la favola di Rossi: pensa che con lei sarebbe andata diversamente? «Le giro la domanda, ma immagini il contrario: io in campo e Rossi in tribuna, è sicuro che avrebbe vinto l’Italia?». Lei è rimasto a vivere a Roma e si è spesso dichiarato romanista. Negli anni il suo rapporto con la Juventus si è rovinato, tanto che le è stata tolta la Stella col suo nome allo Stadium. «Per tre anni ho dato tutto alla Juve. Pago qualsiasi cifra se si trova una mia dichiarazione contro la Juventus società, i giocatori, i tifosi. Io ho contestato solo l’operato di chi l’ha gestita in certi anni: Moggi e Giraudo. Della Stella tolta non deve chiedere a me ma ad Andrea Agnelli, decise lui». ► Si consoli così: molti non sanno tutti i nomi dei giocatori a cui è stata assegnata, ma tutti sanno che a Boniek, che la meritava, è stata tolta. «Ha ragione… Ma poi non è così importante. Quel che ho fatto con la Juve resta. Con o senza Stella»
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Arkadiusz Milik e il recupero che oramai non esiste più
andrea ha risposto al topic di Crimson Ghost in Juventus Forum
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Ho visto in un filmato che prende la palla
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Nefandezze mediatiche e antijuventinismo vario
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
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Thiago Motta, mister X della Juventus
andrea ha risposto al topic di Homer_Simpson in Juventus Forum
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