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ClaudioGentile

Tifoso Juventus
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  1. SandroSca ‏@SandroSca @fdr985 violazione clausola compromissoria non c'è perché 1. esperiti tutti i gradi di giudizio; 2. scontata pena Juventibus.com ‏@juventibus 11h11 hours ago La Juve aveva tutto il diritto di chiedere al Tar un risarcimento economico al termine dei giudizi sportivi, come ha fatto. #JvtbLegal Juventibus.com ‏@juventibus @juventibus Non c'è alcuna violazione del vincolo di giustizia, che peraltro, se anche si fosse verificato, sarebbe scattato al momento del ricorso,non della decisione. Tesi della penalizzazione è quindi fantasiosa logicamente, oltre che giuridicamente #JvtbLegal
  2. IL PUNTO SOTTOBOSCO - Tutto quello che vedrete e non vedrete nel film "Bianconeri. Juventus Story". Calciopoli e la faccia di Elkann: non è finita. Ecco da chi doveva difendersi Moggi. Tavecchio può riaprire processo. Il sigillo di Allegra Agnelli Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “giornalaccio rosa dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera. L'incipit sullo schermo nero, più che una informazione, è una dichiarazione di guerra. La Juventus ha 300 milioni di tifosi nel mondo. !3 milioni in Italia. Con una società del genere, tutti devono fare i conti. Inevitabilmente. Una scritta bianca su un fondale nero. Un altro schermo nero e altre scritte, alla fine, immediatamente prima dei titoli di coda, concluderanno con orgoglio e una punta di ironia, una vicenda leggendaria. Quella di una società calcistica indissolubilmente legata ad una famiglia: gli Agnelli . Tredici milioni: un abitante su sei, in Italia, tifa per la Signora degli scudetti. Trentadue per la pelosa contabilità della Federazione Italiana Gioco Calcio. Trentaquattro, stampati a caratteri cubitali all'ingresso dello Juventus Stadium, vinti sul campo. Rivendicati da quanti quegli scudetti conquistarono. Intangibili per la dirigenza e per la tifoseria. Concessi dagli avversari. Con una sola eccezione: l'Inter. La tenutaria dello “scudetto di cartone" . DA BRADY A PIRLO Comincia così il bellissimo film di Marco e Mauro La Villa “Bianconeri: Juventus Story". Un lavoro a più mani. La “famiglia" (Lapo e Ginevra Elkann), la collaborazione di Ennio Moricone, le interviste ( Buffon, Mauro, Vialli, Vidal, Del Piero, Pirlo, Chiellini, Bonucci, Nedved, Andrea Agnelli e John Elkann). La voce fuori campo è quella di Giancarlo Giannini. Un “narratore” che emoziona. Che seguendo la trama che gli è stata consegnata, ci mette la sua arte: la sua capacità di recitare. Nelle pause, nel tono, nelle sospensioni che sottintendono molto di più di quanto le parole non dicano. Due parole guida: Famiglia e Casa. La famiglia è quella degli Agnelli che dal 1923 è proprietaria della Juventus. Casa significa la villa avita di Villar Perosa. E significa Stadium: la nuova dimora della Fidanzata d'Italia. La scelta dei due registi, che vivono negli Stati Uniti è precisa: si parte dal 1981 per arrivare al 2012. Dalla rete di Brady a Catanzaro che vale lo scudetto, fino allo scudetto numero 30, conquistato, con Conte in panchina, a Trieste . Liam Brady quando colloca la palla sul dischetto a Catanzaro sa già che nella stagione successiva verrà rimpiazzato da Michel Platini. Liam Brady non è uno qualunque. In Italia il suo grande valore non è stato probabilmente del tutto percepito. Neppure dagli juventini. Ho avuto la fortuna di pranzare anni fa a Mantova al Festival della Letteratura, con Nick Horby, il romanziere inglese “malato“ di Arsenal. Uno uomo intelligente e spassoso con una grande passione per il calcio. Gli chiesi, quale a suo parere fosse il più grande giocatore del mondo. Pensavo mi avrebbe risposto che era Pelè, o Maradona, o Platini. Senza un secondo di esitazione, Horby mi disse: “Liam Brady : un genio del pallone, un giocatore dalle intuizioni e dalle giocate scientifiche". Confesso che rimasi senza parole. Ma nel tempo mi sono rivisto alcuni match di Brady, nella Juventus e nell'Arsenal. Aveva ragione Nick: dare la palla a Liam Brady era metterla in banca. La “teneva” e la faceva “fruttare”. Gran giocatore, grande professionista, grande uomo. La storia dei fratelli la Villa comincia da lì. Un poco, seguendo il film ci rimani male. Perché la Juventus del quinquennio anni Trenta è citata di sfuggita. Quella degli anni Cinquanta di Boniperti e John Hansen la intuisci. Quella di Umberto Agnelli con Sivori e Charles è ridotta a due fermo immagine. E quella coraggiosa e tenace di Heriberto Herrera, quella soffiò lo scudetto sul filo di lana all'Inter mondiale di Helenio Herrera: beh di quella indimenticabile squadra operaia, proprio non c'è traccia. Si parte da Brady che viene congedato e da Michel Platini che ancora non è Le Roi, ma che ha fatto invaghire l'Avvocato, per quei piedi divini che sanno far gol, che aprono il campo anche da quaranta metri, per quell'attitudine del francese di origini piemontesi ad esserci quando serve. GIANNI AGNELLI: L'ULTIMO PRINCIPE Si parte da Michel Platini e dal protagonista dominante di questa storia: Gianni Agnelli che tutti chiamano l'Avvocato. E' un uomo speciale, dal fascino, dal carisma speciali. L'ultimo principe d'Italia. A lungo vero ministro degli esteri italiano nel mondo. L'uomo che siede - rispettato ed ascoltato - al tavolo dei Kennedy e di Henry Kissinger. L'uomo che frequenta le donne più affascinanti del pianeta ma sulle quali non ha mai detto una sillaba. L'uomo che ha imparato il mestiere da Vittorio Valletta e che ha la responsabilità di guidare la Fiat, l'azienda più importante del Paese. E contemporaneamente anche la società calcistica più amata e più detestata d' Italia: la Juventus . Spiega efficacemente Lapo Elkann in un insert del film: “La Juventus è amata ed odiata come i Lakers o gli Yankees“ . Gianni Agnelli, la famiglia, la Fiat, la Juventus: storie indissolubili. Legate. Storie di grandi successi sportivi. E insieme di grandi dolori. Storie di gioie e di tragedie. Gli scudetti, le coppe, i giocatori forniti alla Nazionale. E i lutti: Edoardo il patriarca fondatore, morto in un incidente aereo. Le vittime dell'Heysel, la malattia devastante di Giovannino, l'erede designato, il suicidio di Edoardo, figlio di Gianni. La scomparsa prima di Gianni e poi di Umberto, il tornado Calciopoli. Si chiese un giorno l'Avvocato. “Sono curioso di vedere se arriveremo prima noi a trenta scudetti o gli altri a venti“. Terza stella: ci hanno pensato gli eredi, Andrea Agnelli e John Elkan a soddisfare la curiosità di quel grande tifoso che un giorno confessò “di emozionarsi, ogni volta, leggendo una parola che cominciasse con la J" . TRENTA E PIU' SCUDETTI Trenta e più scudetti: per come stanno messe le cose, la curiosità dell'Avvocato andrebbe aggiornata. Prima la Juventus a quaranta (4 stelle) o gli altri a venti? Già, gli “altri“. Che il film dei La Villa riduce a due: Milan (Berlusconi) e Inter (Massimo Moratti). Non c'è traccia né della Roma, né del Napoli. Ma c'è traccia della Lazio, il cui ultimo scudetto coincise anche con la più grottesca delle gare mai disputate in Italia. Un Perugia – Juventus, sospesa per diluvio dopo il primo tempo per 71 minuti. E ripresa con modalità da pallanuoto sotto la direzione di Pierluigi Collina. Una sconfitta che ancora fa discutere. Già, la Lazio. Responsabile anche di quella atroce beffa, all'ultima di campionato, ai danni dell'Inter. Un 4-2 che consegnò lo scudetto alla Juventus contemporaneamente vittoriosa ad Udine. Era un 5 di maggio. “Ei fu" recitano i versi del poeta. Morte sportiva. Spiega Nedved chiamato a raccontare quella domenica: “Avevamo rapidamente vinto la nostra gara ad Udine. Ma in classifica l'Inter ci sopravanzava. Dalle radioline non si capiva alla fine cosa stesse succedendo. Mi dissero chi aveva segnato. E io chiesi: Poborsky? Gioca con me in nazionale e non segna mai. Non ci posso credere che ne ha fatti due“ . BERLUSCONI E MORATTI Già, Poborsky: quelle due clamorose reti, una alla Garrincha, in una difesa interista molle come il burro, non gli evitarono a fine stagione la cessione. Chissà mai perché. O forse, probabilmente per un perché. La disamina del film è corretta. Berlusconi: denaro (tanto) , campioni e idee innovative. L'Avvocato aveva capito che quell'imprenditore lombardo avrebbe cambiato il mondo del calcio. Ma la grande differenza tra produrre automobili e fare l'editore televisivo con il supporto di immensi proventi pubblicitari è che (se contemporaneamente possiedi anche una società di calcio) prima viene la catena di montaggio e poi l'asso del pallone. Ci fu una stagione nella quale la Juve fece il “mercato” acquistando i modesti Traspedini e Volpi: con gli operai della Fiat in cassa integrazione, investire nel calcio sarebbe stata cosa (per il Paese) inaccettabile. “Noi non facciamo come Berlusconi – dice l'Avvocato , nel film – non spendiamo tanto. Piuttosto diamo fiducia ai giovani". Il Cavaliere spendeva e spandeva. Voleva il tetto del mondo e l'ottenne: arando in Italia, in Europa e nel mondo, ogni terreno altrui. Poi arrivò Massimo Moratti, figlio di Angelo, l'uomo che aveva costruito la famosa Inter che anche i non interisti snocciolavano a memoria: Sarti, Burgnich, Facchetti ecc.“. Moratti junior: un petroliere che ha la medesima disponibilità economica di Berlusconi, qualcuno sostiene, persino maggiore. Moratti tritura giocatori e allenatori come un macinino tritura la carne per le polpette. Spende moltissimo, Moratti: compra i migliori, una stagione “il migliore“ dell'epoca. Ronaldo il Fenomeno. Spende ma non vince. Comincia ad avere cattivi pensieri. E qualche giornale comincia a pensarla come lui. La Famiglia da tempo ha messo la Juventus nella mani di due manager: Antonio Giraudo (amministratore delegato) e Luciano Moggi (direttore generale). Li affianca una bandiera della Juventus: Roberto Bettega. La triade si autofinanzia: ha idee, potere, arroganza. Moggi, soprattutto è il mago del mercato che controlla giocatori, allenatori e ha confidenza con i designatori. Dice nel film John Elkann: “Moggi si era montato la testa: quando si vince bisogna restare calmi. Quando si perde non ci si deve disperare". IL POTERE DI MOGGI Luciano Moggi gode in quel periodo di un grande potere. Più che averlo, il mondo del calcio reputa ce l'abbia. E lui fa di tutto per dare corpo a questa convinzione metropolitana. L'uomo è simpatico, ma duro. Il mestiere lo ha imparato da Italo Allodi, direttore generale prima nell'Inter di Angelo Moratti e poi nella Juventus di Boniperti e infine a Napoli con Ferlaino. A Napoli, quello di Maradona, c'è anche lui : quello che tutta Italia chiama Lucianone. Luciano Moggi è uno che “sa come si fa“ . E visto che ha cominciato a guadagnarsi il pane facendo il casellante in un piccolo scalo ferroviario, sa come conservarselo, il pane. Moggi è abile, furbo, spietato in un mondo dove abbondano i lupi. C'è una cosa che il film omette: dopo Calciopoli, dopo che nel 2006 la Juventus ha pagato per tutti, quando,nel 2010 si scopre (il film fa sentire le telefonate di Bergamo con Moratti e Facchetti) che tutti parlavano con il designatore, Moggi (radiato dalla giustizia sportiva, condannato in tre gradi di giudizio per associazione per delinquere, reato prescritto) rivela che lui “quelle cose“ (le telefonate ai designatori n.d.r) ha dovuto farle per difendersi". Parlare con i designatori, allora, non era vietato: tutti lo facevano. E dunque da cosa doveva difendersi Moggi? Il film non ne fa menzione. Lo ipotizzo io. Da un arbitro (Pierluigi Collina, quello della pallanuoto di Perugia) che all'una di notte incontrava nel parcheggio della trattoria dell'addetto agli arbitri del Milan, dentro ad un'auto, il deus ex machina rossonero, Adriano Galliani. Immagino non per parlare di olio e salumi. Si doveva difendere, Moggi, da chi (Inter) tesserava giocatori (Recoba) con passaporti falsi, li faceva giocare, ma per il reato non subiva sanzioni dalla giustizia sportiva. Da chi presentava fidejussioni false (Roma) ma non subiva sanzioni, sempre dall'ineffabile giustizia sportiva. Da chi si iscriveva al campionato fuori tempo massimo (Roma) ma egualmente veniva fatto partecipare. Da chi mandava a Natale agli arbitri e agli assistenti (Roma) Rolex d'oro ma egualmente veniva perdonato dalla giustizia sportiva. Da chi (Genoa) veniva beccato con una valigia di dobloni per truccare una partita, ma (incredibilmente?) non veniva radiato. Da chi presenziava con i propri ultras (Lazio) in rivolta (con sassi, biglie, spranghe, molotv e razzi) davanti alla Federazione ed egualmente dalla giustizia sportiva non veniva punito. Mi fermo qui: ci vorrebbe la guida telefonica. I comportamenti di Moggi punibili al massimo - data l'impossibilità di leggere rapidamente la montagna di carte processuali (lo afferma Giannini nel racconto del film ) con qualche punto di penalizzazione e con una sanzione pecuniaria - fanno viceversa precipitare la Juventus in serie B con penalizzazione. Quel processo dura solo due settimane senza possibilità di difesa alcuna. La giustizia sportiva non lo prevede. Non siamo nell'Urss di Stalin, siamo in Italia. Ma così vanno le cose per quanto attiene alla giustizia sportiva: il procuratore espone, accusa, chiede le pene. E l'accusato non può difendersi. La sua difesa è irrilevante. Il tribunale sportivo giudica e raramente disattende le richieste del procuratore. Per la cronaca, in quel processo, uno dei componenti il collegio giudicante (Sandulli) affermerà, successivamente: “Giudicammo sull'onda del sentire popolare" . PALAZZI: PERCHE'? Il film di questo non fa menzione. Al pari dell'immonda canea montata dai giornali, una idrovora nella quale finì persino l'accorato appello di un monsignore a Moggi, in favore di due cittadine moldave che cercavano lavoro come donne delle pulizie. Senza il livore di troppi media ascari di questa o quella società sportiva, Calciopoli avrebbe avuto un altro indirizzo. Senza i media amici dell'Inter, il tribunale ( penale) di Napoli non avrebbe potuto costruire un castello di teoremi. Non avrebbe potuto permettere al capo investigatore Auricchio, capitano dei Carabinieri, di trincerarsi dietro a tanti “non ricordo“ quando gli fu chiesto conto di come le intercettazioni telefoniche fossero state selezionate. Del perché ce ne fossero 40 di Moggi e non ci fossero quelle relative all'Inter, pur segnalate come rilevanti dai suoi aiutanti con tanto di baffi rossi. Senza la connivenza dei media che misero il silenziatore alla notizia, le telefonate incriminanti dell'Inter (che avrebbero potuto portare alla retrocessione della società milanese), avrebbero avuto ben altro risalto. Senza l'affetto dei mille comici interisti, quelli che raccontavano che “perdere è bello“, i media nazionali avrebbero chiesto la testa del procuratore Stefano Palazzi. Il procuratore che incredibilmente presentò una relazione che ipotizzava per l'Inter la violazione dell'articolo uno del regolamento sportivo, punibile con la retrocessione. Si fosse trattato di un'altra società, (una che non avesse ricevuto scudetti a tavolino da un commissario straordinario ex consigliere di amministrazione dell'Inter, una che non si autodefinisse “onesta”) giornali e troupe televisive si sarebbero accampati per un mese fuori dalla casa di Palazzi per chiedergli conto di quel documento presentato un paio di giorni dopo che il reato era caduto in prescrizione. Media degni di questo nome avrebbero chiesto a Palazzi conto dei suoi incomprensibili ritardi nelle indagini. Relativamente al dossier sul quale il suo predecessore, Saverio Borrelli, ex Capo del pool “Mani Pulite“ lo aveva pubblicamente invitato “a continuare ad indagare e ad andare a fondo". Argomenti che il film tocca di striscio. Ma che Calciopoli sia una ferita ancora aperta lo dimostrano le parole di John Elkann: “Ero molto giovane all'epoca e non riuscivo a valutare a pieno la situazione. Fu una enorme guerra contro la Juventus: soffrimmo le pene dell'inferno". La faccia di Elkann nel film non è la faccia di uno che che considera chiusa la vicenda. Carlo Tavecchio si faccia proiettare in sala riservata la pellicola: Tar o non Tar trarrà dalla visione del film, elementi istruttivi. Perché, a Torino hanno la memoria lunga. Ricordano chi è restato nel momento più terribile della storia della società (Buffon, Del Piero, Nedved, Chiellini, Trezeguet ) e chi invece se ne andò nottetempo: da Ibra ,a Cannavaro, a Zambrotta. Alcuni pur avendo (Capello) ancora un anno di contratto. Hanno la memoria lunga a Torino. Rammentano chi aveva predetto che la Juventus dopo Calciopoli non avrebbe mai più vinto. Rammentano gli errori societari e i settimi posti. Fino al Rinascimento: la Juventus che da società familiare e padronale, diventa una vera società per azioni. Una azienda che sa produrre trofei assieme ad utili finanziari. Una mosca bianca in un mondo dove è normale chiudere i bilanci con il segno meno. E dove - senza sanzioni - è possibile continuare a partecipare senza pagare a fine mese gli stipendi ai giocatori . E' in questo modo che arriva (grazie al lavoro di Agnelli, Marotta, Paratici, Nedved e alle decine di persone sconosciute al grande pubblico che quotidianamente lavorano per la Juventius), grazie ad un programma e a un progetto lo scudetto della terza stella: quello di Trieste. Grazie a questi uomini e alla disponibilità dell'azionista di maggioranza Elkann, la Juventus sta diventando un colosso di dimensioni mondiali. Quanto a organizzazione, risorse, fatturato, qualità. Questa Juventus ha eguagliato con un quinquennio di scudetti quella mitica degli anni Trenta. Ma visto che anche nel film , Giampiero Boniperti, dalla panchina degli studenti fondatori rammenta che “vincere non è importante, ma che alla Juventus è l'unica cosa che conta" ha messo le basi per diventare la migliore. Non solo in Italia. Con idee, conti in ordine, impianti ed iniziative di altissima qualità, staff selezionatissimo, giocatori di assoluta affidabilità, un vivaio che è in crescita. Oltre al film visibile il 10-11-12 ottobre nelle sale italiane, presto i tifosi avranno a disposizione anche un libro sulla leggenda della Vecchia Signora. TAVECCHIO BATTA UN COLPO Mentre chiudo queste note, Madama ha allungato in classifica sul Napoli. Io lo so cosa frulla nella testa di quelli di Torino. Li conosco. Credo lo sappia anche Tavecchio. Rivogliono gli scudetti. La loro bulimia rappresenta un manifesto: vincere sempre per costringere la Federazione a riaprire il processo sportivo. Tantissimi anni fa Alfredo Binda fu pagato per non partecipare al Giro d'Italia. Carlo Tavecchio non ha le risorse per indurre la Juventus a non partecipare al campionato. E quand'anche le avesse, la Juventus rifiuterebbe. Ma ha la possibilità, Tavecchio, di riaprire il processo sportivo, agendo finalmente con equanimità. Rendendo giustizia a chi fu a suo tempo condannato con pene esorbitanti, rispetto al reato commesso. Si faccia Tavecchio, una domanda: c'è il pericolo di una dittatura bianconera? Si dia una onesta risposta. E poi si chieda: vale la pena essere tanto “sordi” per un cartone ? Il peso di Tavecchio nel Consiglio Federale va oltre la sua carica di presidente . Si faccia proiettare il film, Tavecchio. E legga cosa propone prima dei titoli di coda. Sul fondo nero scorrono tre blocchi di parole in bianco.. Il primo: Berlusconi sta cedendo il Milan ad investitori cinesi Il secondo: Moratti ha ceduto l'Inter ad investitori indonesiani e cinesi Il terzo: La famiglia Agnelli è sempre proprietaria della Juventus e continua a guidarla. ALLEGRA: LA SIGNORA Tutto all'americana, con grandi documenti, grandi fotografie, grandi interviste (la maggior parte in inglese), grandi momenti di calcio. Il titolo bellissimo di un giornale dopo il suicidio di Edoardo, “E' morto un uomo buono". E un pre-finale che a me è parso anche il sigillo della storia: la signora Allegra (mamma di Andrea) che onora il suo nome, regale nella sua matura bellezza, jeans e maglietta, che balla e canta allo Stadium insieme ad una nipotina l'inno della Juventus. Chi conosce il peso di Allegra Agnelli nella famiglia sa che nessuno più di lei incarna i tratti della Signora. “Storia di un grande amore" recita il titolo dell'inno della Juve. E per amore si è disposti a fare qualsiasi cosa. Carlo Tavecchio farà bene: a non dimenticarlo. http://www.tuttojuve.com/il-punto/sottobosco-tutto-quello-che-vedrete-e-non-vedrete-nel-film-bianconeri-juventus-story-calciopoli-e-la-faccia-di-elkann-non-e-finita-ecco-da-chi-doveva-340002
  3. La critica da parte degli juventini di Juventibus (dove scrive tra gli altri anche Massimo Zampini) e' buona Community 7 ottobre 2016 Juventibus 0 Bianconeri Juventus Story: la Famiglia Agnelli e la terza stella, tante storie d’amore Dylan Dog e la Juventus, nel segno del trenta. Nella stessa settimana vado alla conferenza stampa su Dylan Dog e all’anteprima stampa del film Bianconeri Juventus Story dei gemelli italoamericani Marco e Mauro La Villa. Location diverse (la Mondadori di Piazza Duomo, la sala conferenze dello Juventus Stadium), colleghi diversi, stili diversi. Eppure qualcosa in comune c’è: il numero. Trent’anni di Dylan Dog, trenta scudetti della Juventus. Il film, non a caso, pur citandoli, si arresta nel maggio del 2012 con la conquista del trentesimo titolo: non della terza stella, negata dalla Federazione a causa dei titoli 2005 e 2006 ingiustamente tolti da Calciopoli (quella sarà cucita sulla maglia solo l’anno scorso, dopo trentatré scudetti). Del resto il personaggio a fumetti creato da Tiziano Sclavi nasce editorialmente in un anno particolare: il 1986 segna la fine del primo periodo di Trapattoni allenatore, durato un decennio, e l’ultimo scudetto da lui vinto con la Juve (quello del suicidio della Roma con il Lecce). Spiegano i registi Marco e Mauro La Villa: “Nati Juventini, abbiamo avuto l’idea di realizzare ‘un film’ sulla nostra amata Juventus in onore di nostro padre, Rosindo La Villa, bianconero sfegatato. Ci siamo tuffati immediatamente nella ricerca per trovare ‘una storia’ che potesse comunicare al mondo chi è davvero la Juve. Dopo la prima fase di ricerche, era chiaro che la famiglia Agnelli sarebbe stata protagonista: c’è un legame tra gli Agnelli e la squadra che non esiste in nessun’altra parte del mondo e in nessun altro sport. Per questo nelle parole dell’avvocato Gianni Agnelli abbiamo trovato in fondo una delle chiavi del nostro film: ‘La vera gara tra noi e le squadre milanesi -spiegava- sarà tra chi arriverà prima: noi a mettere la terza stella, loro la seconda’. Partendo nel 1981 con la grande squadra di Trapattoni e Liam Brady, la storia della Juve continua con tutti i suoi alti e bassi e le svolte inaspettate verso quella terza stella che sembrava irraggiungibile! Lavorare per gli ultimi cinque anni direttamente con la società, i giocatori e la famiglia Agnelli è stato impegnativo ma soprattutto meraviglioso: speriamo di aver portato a termine nel modo migliore l’obiettivo che ci eravamo prefissati: portare questa epica storia d’amore sul grande schermo per il pubblico Juventino in Italia e nel mondo.” E infatti le due chiavi del film sono la terza stella e la famiglia Agnelli, proprietaria della Juventus dal 1923: tante interviste all’Avvocato (in genere condotte da Giovanni Minoli, juventino dichiarato), al fratello Umberto, ma anche all’ultima generazione, il Presidente Andrea Agnelli e gli Elkann, John, Lapo e Ginevra, e gli interventi dei giovani rampolli sono quasi tutti in inglese con sottotitoli (buono il loro inglese, davvero british l’accento di John, Ginevra sembra sempre sovraeccitata quando parla di Juve, quando le donne sono tifose lo sono davvero). Del resto Lapo (che era all’anteprima stampa assieme ai registi) è fra i produttori del film, con Ginevra, e infatti ci sono tantissimi suoi interventi nel film. Va detto, però che il film non tace le tragedie familiari, dalla morte di Edoardo Agnelli, padre dell’Avvocato, ucciso dall’elica di un aereo, alla scomparsa prematura per tumore di Giovannino Agnelli nel 1997, alla tragica esistenza di Edoardo, il figlio dell’Avvocato, dall’arresto a Malindi, in Kenya, per possesso di eroina, al suicidio nel 2000. Fedele alla sua chiave narrativa, Il film quasi sorvola sulle conquiste europee (anche se ovviamente ha spazio la tragedia dell’Heysel) citando solo en passant la splendida Coppa Uefa del 1993 (trionfo di Roby Baggio che per quel trofeo – all’epoca la Uefa era spesso più difficile della Champions, dove si qualificavano solo le vincitrici dei campionati – vinse il Pallone d’Oro) o la Champions del 1996 (che speriamo possa presto essere seguita da altre) e ignora le sconfitte in finale (meno male) . Bianconeri Juventus Story, nei cinema solo il 10-11-12 ottobre distribuito da Nexo Digital e Good Films (l’elenco dei cinema su www.juvestory.it) vale la pena di essere visto (so che è la domanda che qualunque lettore fa al recensore)? Obiettivamente sì. Certo, si poteva partire da prima del 1981 (anche se per noi, nati nei Settanta, la Juve del Trap dalla seconda stella in poi è la prima conosciuta), un commentatore assiduo di Juventibus lo detesterà visto che è incentrato sulla famiglia Agnelli, le critiche di Lapo all’arroganza di Moggi (“vinceva con arroganza”) possono non essere condivise, ma indubbiamente trasuda juventinità. È narrato dalla splendida voce di Giancarlo Giannini, che riserva stoccate ironiche alle milanesi, in primis a Moratti, non ignora Calciopoli-Farsopoli (dall’assurda retrocessione in B e gli scudetti negati, al ritrovamento delle intercettazioni – ben più gravi di quelle di Moggi – che coinvolgevano l’Inter) ed è ricco di interventi e immagini esaltanti: il Trap, la prima Juve di Lippi (che giocava davvero bene, ogni riferimento ad Allegri non è del tutto casuale), lo storico, emozionante 5 maggio 2002 con lo scudetto vinto anche grazie al suicidio dell’Inter, gli interventi di Ravanelli, Buffon, Del Piero dello stesso Andrea Agnelli (davvero belle le sue dichiarazioni), ci sono filmati d’epoca poco noti. Sarebbe stato possibile prima di Calciopoli-Farsopoli? Probabilmente no, l’essere piombati (ingiustamente) nell’Abisso ha creato una nuova consapevolezza nel tifoso bianconero. E il film nasce da un atto d’amore dei tifosi per la Juve e racconta altre storie d’amore, quella degli Agnelli per la Juve e quella dello stesso scudetto per la Signora: perché quelle con Milan e Inter sono solo relazioni di poco conto, con Roma, Napoli e Lazio scappatelle occasionali, lo scudetto ama solo la Juve. di Stefano Priarone http://www.juventibus.com/juventus-story/?utm_content=buffer296d8&utm_medium=social&utm_source=twitter.com&utm_campaign=buffer
  4. L'IMBOSCATA - Allegri coltiva nuova idea tattica. I nomi sotto osservazione per gennaio, in Italia e all'estero. Calciopoli, si può riaprire processo sportivo. Agnelli, l'interista Tavecchio e i simboli coperti: trattativa in corso? Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “giornalaccio rosa dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera. INFINITA CALCIOPOLI Come è noto il Tar non ha ritenuto di essere competente per quanto attiene alla richiesta danni presentata dalla Juventus adversus Federazione, relativamente alle sentenza del processo sportivo. I legali della Juventus stanno esaminando le motivazioni del Tar. Ma, semplificando, alla Juventus rimangono ancora due strade: il Consiglio di Stato e il tribunale dei diritti Umani di Strasburgo. Ho già scritto come la penso in proposito. In Italia la Juventus non troverà mai un giudice in grado di sentenziare in modo equo. Calciopoli da evento strettamente sportivo è diventata nel corso di un decennio, un affaire politico-finanziario. Solo anime semplici possono ritenere che Calciopoli abbia avuto un unico manovratore (Moggi, radiato dalla Federazione, condannato in tre gradi di giudizio per Associazione per Delinquere, pena finita in prescrizione). L'idea della “ cupola”, consacrata dai pm di Napoli, alla luce di quanto è emerso in questi dieci anni è una idea bizzarra, sorretta da teoremi più che da fatti concreti. Ma le sentenze vanno rispettate, anche se appaiono poco attinenti alla realtà. Una riforma della giustizia ( penale e sportiva ) appare indispensabile. Ma nessuno vuole mettere mano alla questione: governo in primis. Un dirigente della Federazione ha sostenuto che le parti ( Juventus e Federazione ) stanno cercando una via extragiudiziaria per mettere la parola fine a Calciopoli. Francamente non riesco ad ipotizzare dove- attraverso la via indicata dal dottor Uva- si possa arrivare. Il nodo della questione è lo scudetto a tavolino graziosamente elargito dal Commissario Straordinario Guido Rossi all'Inter. Per sanare questa situazione, la Federazione dovrebbe riaprire il processo sportivo, togliendo il titolo assegnato via fax all'Inter e restituendolo alla Juventus. Ma una azione del genere equivarrebbe ad un sasso foriero di una valanga. Moratti si opporrebbe (come si oppose nel famoso tavolo della pace imbandito dall'allora presidente del Coni, Petrucci ), alla revoca dello scudetto di cartone. Revoca che metterebbe sul tavolo inevitabilmente anche il secondo scudetto scippato alla Juventus. Trofeo senza un padrone per una stagione mai indagata. Né dalla giustizia sportiva , né da quella penale. Ma se una strada per risolvere il problema la stanno trovando: benvenuta. Oggi, la situazione appare davvero delicata . Per la gara della Nazionale contro la Spagna, la Federazione ha imposto alla Juventus , di coprire lo scudetto con il numero 34 che campeggia gigantesco all'entrata dello Juventus Stadium. Cosa che ha fatto imbufalire (così come è accaduto in passato) la maggior parte degli juventini . Se coprire il simbolo di rivendicate stagioni sportive sia giusto o non giusto, io non saprei dire. Reputo, tuttavia, che due realtà tanto distanti tra loro non possano convivere. Non ci può essere una simbologia che vale per i tifosi e la società, durante il campionato e la Champion's. E una seconda che vale ( persino in sala stampa dove sono state oscurati i quadri della Juventus) per la Federazione. Ma soprattutto non ci può essere un presidente Federale, che impone le cose che ho appena descritto e che gira con una pochette nel taschino con i colori dell'Inter. La Juventus deve risolvere questo problema una volta per tutte. La maggior parte dei tifosi juventini detesta Tavecchio, così come detestava il suo predecessore Abete. La maggior parte dei tifosi juventini odia Guido Rossi: il responsabile della faida in atto. Le cose sono note. Oscurare i simboli che rivendicano quanto è stato conquistato sul campo, pone la Juventus in una posizione equivoca rispetto al sentimento dei tifosi. Le parole di Andrea Agnelli, in quella famosa conferenza nella quale annunciava una serie di azioni legali verso la Federazione per il diverso trattamento subito nel 2006 rispetto ad altri, non sono state dimenticate. Personalmente ho nel cuore la Nazionale. E' la squadra del mio Paese e il mio sentimento al netto della mia passione sportiva è quello di sostenerla sempre. Ma conosco molti tifosi che al pensiero di sostenere la “ Nazionale di Tavecchio “ vengono presi da colite. E' una situazione che la Juventus, ma anche la Federazione conoscono. Far finta che non ci sia può alla lunga risultare pericoloso. Perché molti tifosi si sentono presi in giro. Oscurare i simboli che da dieci anni la Juventus rivendica, ottemperando al diktat di una Federazione ambigua e tiranna è cosa , per la maggioranza dei tifosi juventini, intollerabile. Andrea Agnelli ha sempre agito per il bene della società. Ma questo episodio lo dovrebbe far riflettere. O con la Federazione si tratta (si sta trattando?) e allora bisogna dirlo ai tifosi. Bisogna dire quali sono i termini della trattativa. Qualsiasi risultato questa (eventuale?) trattativa porterà, i tifosi vanno informati . Passo dopo passo. Oppure con la Federazione non è possibile trattare e allora una gara della Nazionale allo Stadium forse non vale la “ dignità “ della società Juventus. La sua storia. Concordo con quanto scritto da Massimo Pavan: oscurare i simboli dell'orgoglio bianconero ha il sapore della resa. Ha il sapore di una sconfitta. Ha il sapore di una “inevitabilità“ alla quale nessun tifoso bianconero è disposto a piegarsi . Si sta trattando? Si dica su quali basi. Non c'è trattativa? E allora la Nazionale giochi ovunque, magari anche a Torino, nell'Olimpico sede del Torino. Ma non allo Stadium. Il presidente Tavecchio è un interista dichiarato. E da interista si è comportato e si sta comportando. Da presidente della Federazione è stato visto esultare in tribuna al Meazza per la vittoria dell'Inter sulla Juventus . Non ho memoria di esultanze di Tavecchio per una vittoria della Juventus, o del Milan, del Napoli o della Roma. Reputo non ci sia altro da aggiungere. http://www.tuttojuve.com/il-punto/l-imboscata-allegri-coltiva-nuova-idea-tattica-i-nomi-sotto-osservazione-per-gennaio-in-italia-e-all-estero-calciopoli-si-puo-riaprire-processo-sporti-339640
  5. E pure sono convinto che AA qualcosa per calciopoli la fara' in un modo o nell'altro. Il fatto che finora non abbia ancora detto nulla significa che stara' studiando qualcosa
  6. Corsport - La Juve vuole impugnare la sentenza del Tar Come riporta il Corsport questa sera, in occasione di Italia-Spagna, i vertici federali hanno organizzato una cena di gala con la delegazione iberica al Museo Egizio di Torino. Ospite di Tavecchio e del dg Uva sarà anche Andrea Agnelli. Al momento, i rapporti Juve-FIGC sono di rispetto. Tra le parti esiste un certo dialogo, anche in considerazione della recente sentenza del Tar sulla richiesta danni bianconera da 443 mln alla Federazione. Una vicenda tutt'altro che chiusa. Infatti, stando a quanto trapela da Torino, i legali della Juventus sarebbero già al lavoro per impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato. Ci sono 60 giorni di tempo, si sta valutando il modo migliore per proseguire l'iter di una causa che per il club campione d'Italia non è solo una questione economica. http://www.tuttojuve.com/altre-notizie/corsport-la-juve-vuole-impugnare-la-sentenza-del-tar-339371
  7. Si, sono abbastanza in vena stasera, mi stanno facendo divertire in trasmissione da Napoli su Canale 21. Ti ho mandato il link, stanno dando addosso a Sarri nel programma di Ivan Zazzaroni, "Il Bello del Calcio."
  8. Bellusci vergognoso due volte ieri e Mazzoleni peggio di lui che fa finta di non vedere nulla ️ Bellusci almeno due volte da rosso: qui su Pjanic (condotta violenta) e poi dopo il fischio finale su Bonucci.
  9. Non dimentichiamoci che Del Neri col verona in b ci ha battuto, si avevamo gia' vinto lo scudetto pero' non fa mai piacere perdere una partita specie poi con certe squadre e certi tifosi. Quindi, mi raccomando di stare concentrati e di non fare troppi complimenti o sottovalutare gli avversari in questo caso l'Udinese.
  10. E' forte quel bastardo di Gonzalo "Silvio" (per via delle escort) Higuainne
  11. Lo so, lo so, era per modo di dire, una formazione che vorrei vedere io, per togliermi un dubbio, anche perche' col passar del tempo vorrei che provassimo Pjaca al posto di Cuadrado (Pjaca-Dybala) o con Cuadrado (Cuadrado-Pjaca) dietro Higuain... Edit: Sarebbe un 4-2-3-1, come quello provato nel secondo tempo contro la Dinamo Zagabria
  12. Secondo me il pesante sarebbe questa qua: Buffon Dani Alves Bonucci Chiellini Alex Sandro Khedira Hernanes Pjanic Dybala Cuadrado Higuain Maro' che cosa sarebbero le catene di destra e di sinistra e con Higuain unico finalizzatore Mazzate, doppie mazzate, e triple mazzate!
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