-
Numero contenuti
11984 -
Iscritto
-
Ultima visita
Tipo di contenuto
Profilo
Forum
Calendario
Tutti i contenuti di pie
-
formazione ??
-
caceres ci ha giocato in quel ruolo e ha fatto abbastanza ca**re
-
secondo me in alcune partite è meglio cambiare modulo sinceramente presentare sugli esterni de ceglie e caceres non è il massimo della vita
-
ju29ro.com Processo Calciopoli: la sentenza scivola al 10 dicembre - Avrebbe dovuto essere la penultima tappa del processo d'Appello di Napoli su Calciopoli, invece ne occorreranno altre due prima che il collegio giudicante possa giungere a sentenza. Ieri nell'aula 315 del Tribunale di Napoli, intorno all 10.30 è iniziata un'udienza molto intensa, con le arringhe dei difensori di alcuni tra gli imputati principali. Ha iniziato il secondo difensore dell'ex arbitro Antonio Dattilo (che ha rinunciato alla prescrizione e per il quale il pg ha chiesto un anno e tre mesi); è poi toccato al legale di Paolo Bertini: la richiesta del pg per lui è di due anni e 5 mesi, anch'egli ha rinunciato alla prescrizione perché "questo processo - ha detto il difensore - non può finire con la prescrizione, perché sarebbe una macchia che Bertini non vuole. Bertini vuole passare per quello che, è una persona innocente". Ha poi preso la parola l'avv. Bonetto, in difesa dell'ex designatore Pierluigi Pairetto, accusato dal pg di essere uno dei promotori dell'associazione a delinquere (come l'ex collega Paolo Bergamo e l'ex vicepresidente federale Innocenzo Mazzini), ruolo che in primo grado era stato attribuito al solo Moggi: la richiesta del pg è di tre anni; come per Bergamo, anche in questo caso il legale ha ribadito che quella di chiamare i designatori era una pratica diffusa, con l'avallo federale. Dopo i legali dell'ex assistente Puglisi e di Gennaro Mazzei (designatore degli assistenti), ha preso infine la parola dell'avvocato Gallinelli, difensore dell'ex arbitro Massimo De Santis (due anni e 5 mesi la richiesta di pena, ha rinunciato alla prescrizione). La cronaca dell'interessante udienza è sul nostro blog. Si torna in aula il 3 dicembre con la difesa dell'avvocato Prioreschi e spontanee dichiarazioni di Moggi. Il 10 dicembre l'avvocato Trofino e le repliche del PG e poi i giudici entrano in camera di consiglio. La sentenza slitta quindi ancora di una settimana.
-
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di Morpheus © in Stagione 2013/2014
si è sentito chiaramente dalla tv il coro "siete un pubblico di m***a" -
io metterei vucinic e marchisio dal primo minuto
-
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di FeroceSaladino in Stagione 2013/2014
chi chi chi ??? -
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di FeroceSaladino in Stagione 2013/2014
p***o boia !! -
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di FeroceSaladino in Stagione 2013/2014
ma qualcuno sta impazzendo ?? o è impazzito ?? -
dal blog di ju29ro http://blog.ju29ro.com/ Al Tribunale di Napoli è prevista oggi, mercoledì 27 novembre, la ripresa dell'appello del processo penale di calciopoli. Seguiamo, come sempre, l'udienza ?retta dall'aula 315, grazie al nostro Francesco (frales). Le precedenti udienze si sono svolte il 24 maggio, il 3 luglio, il 1° il 15 e il 29 ottobre, il 5 e il 19 novembre. Oggi sono previste le arringhe dei difensori di alcuni imputati: Pairetto, Puglisi, De Santis, Bertini, Dattilo, Foti. La prossima udienza è fissata per il 3 dicembre, con le arringhe degli avvocati difensori di Moggi e, presumibilmente, la sentenza. Vi ricordiamo che su JuventinoVero.com, nello Speciale Calciopoli, è possibile seguire (a cura del nostro Stefano Abruzzese) l'analisi dei capi d'imputazione per i quali i giudici hanno condannato Luciano Moggi in 1° grado. http://ju29ro.com/archivi/articoli/farsopoli.html Ore 10.45 Inizia l'udienza. Avvocato difensore Dattilo: Nel riportarmi alle conclusioni rassegnate nell’atto di appello, mi soffermo sul capo a e cioè l’associazione a delinquere. Sono nefandezze compiute nell’ambito di una vicenda cristallizzata in una sentenza che è l’immagine fedele di quello che è successo: la violazione delle garanzie processuali di un imputato di un reato così grave. Dovrebbe esserci una prova rigorosa sia sul fatto soggettivo che sull’elemento psicologico del reato. Abbiamo assistito ad evoluzioni di acrobati che hanno trasformato carenze investigative in deduzioni logiche, arrivando a farle diventare prova dell’esistenza del reato. Sono solidale col tribunale che si è trovato in imbarazzo, basta leggere la sentenza. Se avessimo letto la sentenza prima delle motivazioni avrei pensato che Dattilo srabbe stato assolto in quanto viene detto che si pone come motivo e prova della sussistenza del sodalizio, il reato fine. Ma il fatto è che l’associazione a delinquere deve essere finalizzata a qualcosa non il contrario. Vengono accantonati alcuni elementi (la scheda straniera) perché non era sostenibile l’accusa tenendo conto di quei dati. Non ci sono contatti tra la scheda di Dattilo e quella di Moggi! Altro elemento dell’attività associativa accantonata dal tribunale sono le intercettazioni: quella tra Moggi e Giraudo, dopo la partita, quando è finita. E da quella intercettazione si evince che Giraudo non ha guardato la partita, ma Inter-Parma, guarda solo gli ultimi 20 minuti e come avrebbe fatto un qualunque tifoso, commenta favorevolmente l’espulsione di Jankulovsky. La seconda conversazione è quella tra Moggi e Baldas commentatore del processo di Biscardi. Ma in quella interecttazione non parlano di Udinese Brescia ma di Livorno-Chievo! Il tribunale non poteva sostenere la tesi con questi elementi. Allora ha violato il principio dell’onere della motivazione da parte dell’accusa ed ha ragionato: poichè Dattilo avrebbe aiutato la Juve in Udinese – Brescia, automaticamente sarebbe un sodale. Ammesso e non concesso che si possa consentire un siffatto ragionamento, vediamo se Dattilo ha aiutato la Juve. L’atto fraudolento sarebbe consistito nell’ammonire tre giocatori della Udinese in modo da impedirgli di giocare con la juve. Ebbene i tre la giocano regolarmente e l’espulsione di Jankulovsky era un atto dovuto. Tra l’altro è Camerota che vede il pugno e Camerota non è mai stato imputato in questo processo. In un caso come questo nel quale si parla di associazione, se si ha a che fare con un’unica condotta, la prova della volontà dell’imputato di partecipare all’associazione deve essere più rigorosa, servono altre prove. Non c’è la prova che dattilo vuole far parte di un programma criminoso. Non c’è la prova del vantaggio che lui avrebbe ricevuto dall’essersi prestato a queste pratiche. Secondo l’accusa gli arbitri che favorivano la Juve sarebbero stati favoriti in carriera. Ebbene, per questi presunti favoro, Dattilo è stato sanzionato. Se Moggi fosse stato così potente, lo avrebbe dovuto difendere e lui avrebbe continuato ad arbitrare. Dopo quella gara la carriera di dattilo è stasta stroncata, sospeso per 4 mesi ed è tormato in serie a nel gennaio 2005! Su questi presupposti non posso che chiedervi in relazione al capo a l'assoluzione di Dattilo. Difensore di Bertini. Forse Bertini è un pazzo a rinunciare alla prescrizione ma certamente non è un delinquente. Questo è il processo della prova logica, alla quale si ricorre quando le prove vere non ci sono. Bertini la scheda straniera non ce l’aveva. Al di là della prova diretta c’è quindi da smontare anche la prova logica che è una prova del tutto soggettiva. Questo processo è stato costruito ad incastro, sull’ipotesi che Moggi fosse il padrone del calcio e che tutti fossero alle sue dipendenze, compreso il presidente delle FIGC e i due designatori, in un’assocazione che aveva come fine di far vincere la Juve ma anche di incidere nella politica federale, sulle scelte del commissario tecnico della nazionale eccetera. Questa ipotesi ha perso man mano dei pezzi, ma per come era stata costruita, ha retto fino alla fine anche se ha perso la parte centrale delle fondamenta. Se dico che Moggi ha la possibilità di influire sugli arbitraggi ma poi si scopre che i sorteggi erano regolari, cade tutto. Non è che Moggi che aveva organizzato tutto, poi si poteva affidare alla dea bendata per vedere se andava ad arbitrare un arbitro con la scheda o no, ma ci siamo ostinati ad andare avanti per questa strada! Invito tutti voi a cercare nelle carte processuali quale sia la notizia criminis di questo procedimento se non una traccia di un procedimento iniziato a Roma e che non ha avuto seguito. Già mi domando perché ci sia stato un lavoro dei carabinieri di Roma che indagano per il tribunale di Napoli, indagini svolte a Chiasso senza una rogatoria intenazionale. Queste indagini hanno avuto un grande accusatore: Baldini che ha dichiarato la sua collaborazione insieme ad Auricchio. Finite le indagini svolte in questo modo con una sentenza che le definisce parziali a pagina 549, e qui mi chiedo anche il perché non sia stato sentito anche Coppola che voleva parlare dell’Inter, il pm deve valutare il materiale e io che sono assertore della tesi che questo sia il processo delle schede straniere, penso che chiederà il processo ai soggetti che ammettono di avere la scheda, ma invece ci sono tre personaggi che lo ammettono e che non sono indagati: i due Paparesta, padre e figlio, e Nucini che è venuto a dire che aveva telefoni e schede e che ha arbitrato dolosamente contro la scheda e anziché finire nel registro degli indagati finisce tra coloro che sostengono l’accusa. Quindi penso che non sia il processo delle schede svizzere. Secondo me un arbitro non deve avere le schede svizzere, questo l’ho sempre detto, anche se non è un reato. Anche per il tribunale avere la scheda svizzera non è un reato, tanto è vero che Ambrosino che l’aveva viene assolto. E lo stesso tribunale arriva a dire che non è rerato averla e usarla prima di una partita. Bertini, ripeto, la scheda non l’aveva e per il tribunale che invece ritiene che l’avesse e la usava prima di 4 partite, per le quali per tre è stato assolto, per una, Juve – Milan è stato condannato. Per il tribunale ci sarebbe qualcosa in più: due telefonate di Moggi con Biscardi, poco dopo Juve Milan, quando la frode sarebbe già stata consumata. A proposito del perché in un processo un pm ricusi due volte il presidente del tribunale, io faccio l'avvocato da 25 anni e non avevo mai visto questa cosa e mi sono andato a vedere i motivi. La prima è stata chiesta perché il presidente del tribunale avrebbe detto che aveva cosa piú importanti da fare e si vede in questa frase un’anticpazione della sentenza. Rigettato il primo, si fa una nuova riscusazione: il presidente avrebbe interesse in causa nel processo: c’era un procedimento disciplinare… Il tribunale blocca l’avvocato dicendo che non è un fatto rilevante. Entrando nel merito: mi riporto ai motivi di appello. Faccio anche un appunto per come fu celebrata l’udienza preliminare. Dopo gli interrogatori degli imputati venne ascoltato Carraro e poi disposto il rinvio a giudizio senza la formazione del fascicolo del procedimento. Il che rende molto difficile la difesa degli imputati in quanto non si capisce bene per quali fatti stiano in giudizio. La storia della scheda straniera viene fuori a seconda dei bisogni: se me serve per la turbativa, la tiro fuori, se non mi fa comodo la metto da parte. Atalanta-Milan, arbitrata da Bertini e per la quale c’è un traffico su quella scheda pari a quello di Juve Milan viene messa da parte. Sulla sentenza di primo grado: c’era l’associazione e la frode. Si è fatta una scelta. Si è scelto di seguire la strada per cui si è bypassato il problema dell’associazione dicendo che ci sarebbe stata anche in presenza di una sola frode. Io credo che sia stato fatto in quanto non c’erano prove sulla esistenza dell’associazione e quindi si è seguita questa scorciatoia. Si è individuato nel reato fine la partecipazione all’associazione. La quarta tappa è stata quella di dire man mano quale era l’elemento che caratterizzava la partecipazione. Schede telefoniche: come vengono attribuite, il tutto parte da una testimnonianza di De Cillis che è di Como. Ne vende dieci ad un altro soggetto tra le quali non c’è quella che viene attribuita a Bertini. Attraverso il traffico di queste schede ne vengono fuori altre, circa trecento. Se si fa riferimento al tabulato, bisogna poi produrlo quel tabulato e non fare riferimento solo alla dichiarazione del teste che ha incrociato con metodo artigianale le chiamate. Se si dice che una scheda ha chiamato un’altra per 42 volte non significa nulla se non si specifica in maniera tecnica cosa si intende. Qui in aula si è chiarito che non si è in grado di stabilire con certezza il numero delle chiamate. La non certezza del dato impedisce di utilizzarlo come prova di appoggio, come indizio, cosa che è stata fatta. Criteri di residenza: Di Laroni dice che è stato seguito questo criterio. Ha visto, dice, che una scheda ha fatto telefonate prevalentemente da Arezzo. Sulla mia richiesta di chiarire il significato dell’avverbio non ha risposto, quindi potrebbe essere che ci potevano essere anche chiamate partite da Siena o Firenze. Poi, per il solo fatto di provenire, alcune da Arezzo, e Bertini risiede ad Arezzo, gliela attribuisce. Ma la residenza vuol dire poco o nulla se Bertini in quel giorno era altrove. Altre persone sono state intercettate ed è stato fatto l’incrocio tra chiamante e ricevente. Per Bertini ciò non è stato fatto. Non si è potuto sapere se quando la scheda risulta ad Arezzo, che ha più di centomila persone, Bertini fosse lì. Quando gli ho chiesto se sapeva dove fosse la cella che aggancia la scheda mi ha detto di no. Ho dovuto dirlo io che si trova sul casello autostradale e quindi può agganciare chiunque passi di lì. Si dice che quella scheda aveva agganciato telefonate dai luoghi in cui Bertini aveva arbitrato. Ma anche qui c’è la testimonianza di Paparesta padre che dice che la scheda gli venne data da Moggi che aveva timore che gli arbitri penalizzassero la Juve e quindi gli aveva chiesto di andare a vedere le partite per rendersi conto se fosse vero. Io non voglio dire se la scheda fosse quella ma è una possibilità, visto che si muove insieme agli arbitri. Romeo Paparesta dice che gli è stato dato un telefono con 4 numeri memorizzati: Luciano1, Luciano 2, Angelo 1 e Angelo2. Ha consegnato solo 3 volte questo telefono al figlio. Gli chiedo se ha mai telefonato o ricevuto telefonate a Bertini e mi ha detto di no. La scheda 155 cha la procura appiccica a Bertini ha un traffico telefonico con quel telefono cospicuo. Paparesta figlio dice di avere usato quel telefono dopo Reggina-Juve e in altre due occasioni e che non ha mai telefonato o ricevuto telefonate da bertini con quel telefono. Nella giornata di Bagni di Romagna, Paparesta dice di aver telefonato a Bertini col suo telefono e nel tabulato ufficiale c’è. Non si può non rispondere nella sentenza su questi fatti. Se si crede a quello che dicono i Paparesta non si può poi pensare che Bertini avesse quella scheda nella sua disponibilità. Frode sportiva. Non starò a parlare di diritto. La norma tutela il corretto svolgimento della partita. Quindi mi sta bene che sia un reato di pericolo ma se ho una condotta che si interrompe per un fatto esterno e non riesco a portala a buon fine? Se l’arbitro arbitra bene? Il bene giuridico tutelato non è la lealtà sportiva ma il corretto svolgimento della manifestazione sportiva. Quando la competizione si è svolta correttamente devo anche rivedere il senso del comportamento avvenuto precedentemente. Su Juve-Milan. Il tribunale ha detto che non è sufficiente avere una scheda telefonica ed infatti per le altre partite Bertini è stato assolto. Qui c’è un cumulo di atti: due telefonate in cui Bertini non c’entra niente. La prima la fa la segretaria di Biscardi alle 11 di sera che chiede a Moggi di difendere Bertini. E Moggi risponde di lasciare andare. Il giorno dopo c’è la chiamata di Biscardi e Moggi si lamenta che sia stata confezionata una trasmissione contro la Juventus senza contraddittore. Su Bertini non dice nulla! Dopo Atalanta-Milan la Juve fa un comunicato stampa contro Bertini che fa alcuni errori pro-milan, questa è la difesa mediatica di Bertini. Ultima frode sportiva: capo a2, Inter-Fiorentina ammonizione dolosa di due calciatori diffidati, prr fargli saltare la Juve. Intanto la frode non l’avrei fatta in Inter Fiorentina ma in quella successiva che non è in capo di imputazione. Anche qui se vale l’idea che non si può entrare nel comportamento degli arbitri durante la partita, non si può prendere in considerazione questo capo di imputazione. Avete il dvd della partita con i commenti di sky che ritengono giuste le due ammonizioni, una delle quali per essersi messo il giocatore davanti al pallone nel momento di una punizione. Sotto questo aspetto mi sono lamentato dell’intervento della federazione che ha celebrato 4 processi sportivi da cui assolvo colui per il quale poi chiedo la condanna come parte civile mi pare quanto meno strano. Dunque: Bertini mai intercettato, mai andato ad appuntamenti fuori da sedi istituzionali, non ha, come visto, una protezione mediatica. E poi perché avrebbe dovuto far parte dell’associazione? Sono già internazionale, tra i migliori d’Italia, dal punto di vista economico l’indagine sui conti correnti è stata negativa. Tra l’altro tra i dieci arbitri internazionali dell’epoca Bertini è al settimo posto come guadagni e i primi 6 sono arbitri non coinvolti in processo. Quell’anno Bertini ha arbitrato 6 volte il Milan con 4 vittorie e 2 pareggi e 3 volte la Juve con 1 vittoria e 2 pareggi. La Juve ha una media inferiore rispetto a quella necessaria per vincere il campionato, il Milan una media superiore. Mi sa che le cose non tornano. Se vado a fare Juve-Milan non è che è una partita tra potenti contro non potenti ma Agnelli contro Berlusconi, Fiat contro Mediaset, e a quell’epoca il presidente del Milan era anche presidente della lega. Questo processo non poteva finire con la prescrizione perché sarebbe stata una macchia che Bertini non vuole. Bertini vuole passare per quello che è una persona innocente. Difesa Pairetto: Il motivo di appello della procura sul reato associativo: ci sono tre punti iniziali, elementi sui quali dovrebbe fondarsi la riforma della sentenza: le telefonate con i sodali, le conversazioni più le testimonanze, i tabulati hanno dimostrato la forza del sodalizio e infine il voto dell’osservatore che non penalizzasse l’arbitro sodale. Leggere questo appello significa ritornare con la mente alle infirmative di PG. Siamo tornati indietro! C’è stata un’adesione incondizionata che non ha tenuto conto di quello che è accaduto in dibattimento. Si citano come fonti di prova filmati prodotti, documenti e testimoninanze senza dire a che cosa ci si riferisca. È stato fondamentale la somma di tutte le dichiarazione degli uomini che facevano parte del mondo arbitrale. Sono stati sentiti ben 27 testimoni tra assistenti, arbitri, designatori, osservatori. Nessuno ha confermato l’assunto. È stato sentito Collina, per 6 anni migliore del mondo che dice che il metodo del sorteggio è demeziale perché non premia il migliore arbitro. Il sorteggio creava ansia caos e confusione e la necessità di fare da mediatore da parte di Carraro. Collina su Pairetto dice che il suo atteggiamento era improntato a dare consigli e che non ha mai assunto atteggiamenti non giustificabili tecnicamente per favorire una squadra piuttosto che un’altra. Ha detto che difendeva in concreto le figure degli arbitri, anche in quel campionato. Si parla anche delle griglie, dei calendari e ci viene confermato che tutto era regolare. Anche Rosetti nega qualsiasi pressione. Sulle griglie dice che erano confezionate con le modalità previste. Ma dice anche che ne parlava con Pairetto, non era segreto di stato, era una cosa normale. Chiunque poteva costruirle autonomamente conoscendo un po’ il sistema. Tombolini non conferma alcunchè e nemmeno a lui è mai stato chiesto di arbitrare in modo diverso. Trentalange specifica la circostanza dell’amicizia tra Moggi e Pairetto padre. Papi dice che il designatore era del tutto imparziale. Calcagno, altrettanto. La domanda che sorge è: di fronte a queste testimoninanze univoche, come è possibile che in un mondo così ristretto come quello di Coverciano, è mai possibile che nessuno abbia mai sentito qualche intrallazzo, un sentore di inquinamento? Sono tutti ottusi o tutti correi? È possibile? Sono tutte persone di esperienza, cultura ed intelligenza in grado di capire le cose. L’unico è stato Nucini che dopo la figura fatta al dibattimento, gli atti sarebbero dovuti essere trasmessi in procura per falsa testimonianza. Ha fatto accuse gravissime senza alcuna prova anzi smentite da prove testimoniali. E perché queste sue accuse non le ha fatte alla giustizia sportiva ma a Facchetti? È clamoroso che davanti a queste telefonate la procura non si confronta. La motivazione per Pairetto è il lungo elenco di queste testimonianza tutte a favore e alla fine, si dice che nonostante queste telefonate ritiene che sia colpevole! I testimoni dell’accusa hanno riferito solo di sensazioni! Zamparini, Dal Cin, Zeman. Che dire della testimonianza di Zamparini sulla presunta influenza di Moggi su una designazione che avviene dopo che la designazione è avvenuta? Ma ci confrontiamo con le carte processuali? Oggi Pairetto è un uomo distrutto con problemi di salute, ha perso 25 chili. Non era arrivato lì grazie a favori ma perché era stato uno dei migliori arbitri del mondo. La sua carriera parla per lui! È logico parlare di alterazioni se nessuno di quelli entrati in campo ha ricevuto pressioni quale è il delitto di attentato? Dove sono gli atti idonei? Sulla riconoscibilità delle palline del sorteggio si è già detto tanto. Anche se lo fossero state, il sorteggio avveniva da parte di un giornalista ogni volta diverso. Nella costruzione della sequenza fotografica di quel famoso video è davvero maliziosa. Un video prima scomparso poi ricomparso in televisione e manipolato. Se le prove convergono sulla mancanza di responsabilità del Pairetto perchè ricorrere a prove surrettizie per sostenere l’accusa? In realtà, caduto il sorteggio, si è puntato sulle griglie su cui anche si è detto molto. Mi Altra operazione non corretta è stata estrapolare alcune frasette da conversazioni più ampie che possono assumere significati diversi. Nelle telefonate quello che emerge sono proprio censure contro le squadre più blasonate. Pairetto ha sempre detto che lo chiamavano tutti, intendendo davvero tutti. Cararro aveva dato un ruolo di mediazione ai designatori. Pairetto ha sempre negato il possesso della scheda svizzera. Ma una volta che organizzo il tutto attraverso il canale riservato non è questo il tentativo di attentato. È evidente che questa eventuale contatto non porta a nulla se dimostriamo che non c’è una sola telefonata in chiaro tra Pairetto e Bergamo e gli altri sodali che possa confermare questo disegno. È un elemento indiziario, di logica. La scheda svizzera, il suo possesso non è fraudolente di per sé. Potrebbe esserlo il contenuto ma il fatto storico di un contatto non è fraudolento soprattutto quando nel riscontro concreto con le telefonata in chiaro il riscontro è negativo. È stato curioso l’atteggiamento della procura che solitamente tende ad allargare l’impianto accusatorio, qui invece ci si è appiattiti su quelle selezioni fatte dalla polizia. Se ci sono telefonate che hanno contenuti equivoci, poi si valutano, ma intanto vanno trascritte. Nel momento di decidere quali telefonate vanno trascritte si trascrivono solo quelle di Moggi. Facchetti Bergamo, via, quelle che scagionano Moggi sul sequestro Paparesta, via, Moratti Bergamo, del “dammi Gabriele”, via. Possibile che il capo di una organizzazione non commenti una sola volta con i suoi sodali. Possibile che non si dica mai “bravo, sei stato perfetto, con i diffidati tutto bene, non si è capito che era tutto truccato”? Abbiamo preso dal mare delle telefonate solo quelle che servivano. Le telefonate che riguardavano Pairetto non c’erano. Non c’erano i dischetti e non c’erano i brogliacci. Ad un certo punto arrivano i dischetti ma non si aprono. Quindi le telefonate non sono rintracciabili. Se leggo “uomo” “uomo” non posso capire a chi si riferiscono. Ma vi è di più: alcune telefonate, con scritto “nulla di utile” non sono state registrate ma solo brogliacciate. Per curiosità le andiamo a vedere e ci accorgiamo che sono importantissime per la difesa! Ad esempio una in cui Pairetto parla con Corsi dell’Empoli, dello stesso tenore di quelle con gli altri dirigenti e con la solita risposta: non si preoccupi, c’è il sorteggio. Poi c’è una Collina-Pairetto, pure utilissima. Bisognava sentirle tutte, anche quelle con la moglie! Dalle conversazioni emerge proprio il ruolo del designatore. Non era vietato dal regolamento. C’è l’imprimatur di Carraro e l’opera prestata da Pairetto. E sentono anche gli arbitri, prima e dopo le partite. Sulla Fazi: avevano una paura folle che la Fazi rivelasse le cose, quindi ciò vorrebbe dire avere la coda di paglia. In realtà l’unica vera preoccupazione era la causa di lavoro per mobbing quasi suggerita da Bergamo. In questo contesto Pairetto dice a Lanese che se facessero una elezione tra chi la vuole e chi no, 35 su 40 direbbero di no. Ed alla moglie, in modo molto preciso dice: che si presenti pure con gli avvocati, vedremo! Non c’è affatto sintonia tra i due designatori sul tema Fazi. Ma se andate a sentire le telefonate che riguardano le griglie potrete notare che spesso anche su questo tema non vi è concordanza tra i due designatori. Si sospende una mezz'ora per poi far concludere l'avvocato Bonatti Sulla scheda svizzera. Bergamo dice di non sapere se Pairetto avesse la scheda straniera. Anche su quella che viene attribuita a Pairetto vi sono molti dubbi, è tutto rimasto nel campo delle ipotesi non vi è alcuna prova, anzi non si è tenuto conto di tutti i dati positivi a favore dell’imputato. L’accusa non è riuscita a dimostrare con certezza il possesso ma anzi, noi siamo riusciti a dimostrare il contrario. Sulle singole partite: tutti gli arbitri sono già stati assolti e non si capisce come possano contestarsi le partite con arbitri e assistenti tutti assolti. Vorrei commentare ogni singola partita ma so che non me lo permetterete. GIUDICE: è così, le ricordo che siamo in appello, la invito a concludere se possibile anche per lasciare spazio ai suoi colleghi Avvocato: ve le elenco solo. Concludo. Dagli atti processuali emerge un ribollire di telefonate incentrate sulla richiesta di non avere sfavori che è diverso dal chiedere di avere favori arbitrali. Questo emerge con chiarezza. Evitare il rischio di dire che c’è comunque qualcosa che non va e nel dubbio si condanna. Qui non emerge nulla se non il fatto che quel mondo era fatto così a 360°, non c’è reato a carico di alcuno, ma un atteggiamento tollerato, propugnato, al fine di addivenire ad accomodamenti di natura politica. Pairetto si è adeguato ma rimanendo fermo nella sua personalità e ponendosi anche in contrasto seguendo la sua dirittura morale. Anche le famose cene, erano volute da Lanese che è stato assolto, e lui si è adeguato. Concludo per l’assoluzione e mi riporto all’atto di appello. Avvocato difesa Puglisi. Nella sentenza si fa riferimento alle telefonate tra Meani e Mazzei, in queste telefonate non si fa mai il nome del Puglisi come compartecipe. E inoltre non si fa nessun riferimento ad atti fraudolenti. Ce n’è una del maggio 2005 che non attiene alla tesi accusatoria. Poi ce ne sono altre precedenti alla partita in contestazione nell’ambito delle quali il Meani era arrabbiato con i sesignatori per fatti sucessi nella partita precedente e sembra che lui chieda per Milan Chievo persone affidabili. Gli unici aggettivi che chiede però sono “capaci e intelligenti” ma non fa il nome del Puglisi. Dopo la designazione Meani chiama Babini e si attruibuisce il merito della designazione e poi discorrono su quello che dovrebbe essere l’atteggiamento degli assistenti, nel dubbio stare giù. Questa argomentazione viene riporata anche dal Meani al Puglisi ma come mera infomazione e non come suggerimenti all’assistente. Altre argomentazioni non ve ne sono in sentenza. Queste intercettazioni non danno alcuna prova del profitto che avrebbe avuto Puglisi se fosse stato compartecipe dell’associazione. Il giudizio di primo grado non ha nemmeno chiarito quale sarebbe stato il comportamento del Puglisi. Nella relazione del primo grado, Treossi dice che anzi ha avuto un atteggiamento che ha sfavorito il Milan, con contestazioni dei giocatori rossoneri per un fallo segnalato. Vi è poi il problema di competenza territoriale. Il fatto imputato al Puglisi non c’entra nulla con Napoli dove il processo è radicato per quello che riguarda l’associazione. Ma la Cassazione ha ribadito più volte che la competenza è assorbita dal reato più grande solo quando vi è unicità di intenti che in questo caso è evidentemente mancante. Pertanto insisto come nell’atto di appello prima per la incompetenza territoriale, poi per la inutilizzabilità delle intercettazioni perché illegittime, poi nel merito, per l’asoluzione per non aver commesso il fatto, in subordine per la prescrizione. Avvocato Mazzei: ho preparato una memoria alla quale mi riporto. Dico solo che il Mazzei aveva dei compiti di consulenza tecnica nei confronti degli assistenti e si trovava a Coverciano non con cadenza settimanale ma ogni 40 giorni quando parlava con gli assistenti. Egli proponeva ai designatori gli assistenti che riteneva più in grado. Per Arezzo Salernitana egli fa proporio questo ma uno dei due venne cambiato dai designatori. Da qui l’assoluta impossibilità di imputare al Mazzei la frode per quella partita. Si chiede la conferma della sentenza di assouzione di primo grado. Avv. Gallinelli per De Santis. La rinuncia alla prescrizione di De Santis presuppone una valutazione completa del fatto. È vero che vi è stato chiesto uno sforzo più ampio, nell’ambito di una valutazione più completa dei fatti processuali. Il decorso del tempo non ha affievolito la voglia di giustizia del De Santis. Questa difesa non ha voluto intendere i fatti come un complotto ai danni di De Santis ma una errata valutazione degli stessi, fin dall’inizio. La genesi della presenza di De Santis qui è una telefonata tra Collina e Meani, su Siena Milan. Il momento genetico della combriccola romana coincide con una attività di captazione telefonica solo relativa alle posizioni di Palanca e Gabriele. L’informativa del 18 settembre 2004 si basa su un verbale di sommarie informazioni reso da Dal Cin il 5 giugno trasmesso ai carabinieri a luglio a cui si sarebbero poi aggiunti i verbali di Cellino e di Spinelli. Due imputazioni di frode sporiva sono relative a incontri di calcio di squadre nelle quali questi due erano rispettivi presidenti, questo dato ha rilievo sotto il profilo del momento della condotta associativa. In quel momento l’espetto psicologico ruotava intorno alla Juventus. Altro momento genetico è senz’altro Juve Parma del maggio 2000. Da quel momento va valutata la condotta associativa del De Santis. La sentenza dice che il primo indizio della partecipazione di De Santis sono le frodi sportive per cui è stato condannato in particolare quelle che compie nell’interesse di Moggi e della Juventus. Dopo il suo ingresso nell’associazione secondo l’accusa il De Santis avrebbe avuto alcuni momenti in cui si sarebbe “sdoganato” cioè sarebbe uscito dall’associazione senza mai dirci il motivo e i momenti precisi. Come avrebbero dovuto collegare gli elementi emersi a carico del De Santis l’accusa e gli investigatori? È rappresentativa una telefonata intercorsa tra De Santis e Bergamo il 12 novembre 2004, in epoca precedente alla partita contestata in cui fa un elenco di una serie di partite che secondo i giornali dell’epoca sarebbero state falsate dagli arbitri romani, tra cui alcune del Messina. E dice che sarebbe stato contento se avessero indagato su di lui perché quelle squadre non avevano avuto alcun effetto positivo. De Santis è statao di volta in volta etichettato come juventino e come antijuventino, si è vantato in una telefonata di avere fatto il record facendo fare il silenzio stampa alla Juve e dall’altra parte non poteva usceire di casa a Roma quando durante il duello Juve Lazio per lo scudetto gli si attribuiva la fama di juventino per errori fatti a favore dei bianconeri. E per superare queste cose ci si inventa lo sdoganamento. Le partite: Bologna Fiorentina e le ammonizioni mirate. De Santis ha la sfortuna che il Bologna aveva otto difidati in quella partita. De santis ne ammonisce 2 per fatti di gioco che richiedevano necessariamente l’ammonizione come è stato poi riconosciuto dai giornalisti nel commento alla partita. Le possibilità che ne ammonisse qualcuno, tra l’altro 2 difensori, erano altissime! E quando Damascelli dice del delitto perfetto parlando di tre ammoniti diffidati, Moggi non lo corregge dicendo che in realtà erano 2. Moggi in quella chiamata era un soggetto passivo C’è una telefonata tra De Santis e Bergamo prima di Fiorentina Bologna in cui parlano del raduno del 10 dicembre successivo. Fanno riferimento a quella che veniva chiamata cena di Natale e De Santis dice che non potrà esserci per un impegno universitario e Bergamo gli dice che è anche inutile che vada. Se si enfatizza tanto l’ammonizione di Nastase e Petruzzi del Bologna perché non viene fatto altrettanto con le mancate ammonizioni dei tre milanisti Seedorf, Nesta e Rui Costa nella partita arbitrata da De Ssntis contro la Fiorentina? Anche l’attribuzione della scheda svizzera al De Santis ha del paradossale perché avverrebbe proprio nel momento in cui lo stesso sarebbe sdoganato secondo l’accusa. Come gli viene attribuita? La scheda costituisce un elemento organizzativo dell’associazione e deve essere valutata come indizio. L’utilizzo per la commissione delle frodi , come strumento con cui Moggi avrebbe invaso la discrezionalità tecnica dell’arbitro deve essere provato. Ma la cosa paradossale è che secondo l’accusa egli confesserebbe in una conversazione telefonica la sua appartenenza all’associazione. Anche l’accusa che Moggi si sarebbe recato nello spogliatoio del De Santis che emergerebbe da una telefonata tra Boschi e Lanese, non regge alla considerazione che all’epoca dei fatti i dirigenti potevano entrare negli spogliatoi senza limitazione. Ancora un dato: la presenza di Moggi era stato fornito anche da De Santis. L'avvocato Gallinelli si é prodotto in una lunga disquisizione tecnica sulla sim svizzera attribuita a De Santis analizzando i contatti con le celle, evidenziando incongruenze e prove di segno contrario quando De Santis si trovava in altro luogo rispetto alla cella agganciata dalla sim svizzera. Gallinelli ha chiuso chiedendo l'assoluzione per De Santis. L'udienza è tolta. Si torna in aula il 3 dicembre con la difesa dell'avvocato Prioreschi e spontanee dichiarazioni di Moggi. Il 10 l'avvocato Trofino e le repliche del PG e poi i giudici entrano in camera di consiglio. La sentenza slitta quindi ancora di una settimana.
-
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di FeroceSaladino in Stagione 2013/2014
stasera facciamo le salsicce con i danesi -
e va bhe ma il reato di messa in pericolo del bene protetto attraverso il solo pensiero che i signori giudici sono riusciti a cogliere anche attraverso una ricostruzione del profilo psicologico del moggi luciano dove lo mettiamo ??? ma poi chi è questo ?? come si permette a dire cose logiche e di buon senso in un' aula di tribunale ??? cioè qua stiamo parlando di moggi luciano aoh al bar dicono che sia un ladro
-
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di FeroceSaladino in Stagione 2013/2014
il pareggio o la sconfitta per i turchi sono la stessa cosa, se noi vinciamo con i danesi in entrambi i casi andremo in turchia avanti a loro in classifica e avremo due risultati su tre quindi dobbiamo pensare solo a noi stessi -
[ Uefa Champions L. ] Juventus - Copenaghen 3-1
pie ha risposto al topic di FeroceSaladino in Stagione 2013/2014
gli dobbiamo fare tutti i gol che non gli abbiamo fatto all'andata a sti scarsoni -
vedere sti video ti fa apprezzare ancora di più quello che stanno facendo oggi e da tre anni a questa parte... e serve più che altro a chi ha memoria corta.....
-
verissimo abbiamo smesso di fare i cazzoni ed è tornata la Juve cazzuta di conte
-
primo tempo difficile secondo tempo ottimo non ci ferma nessuno....
-
http://www.ju29ro.com/farsopoli/5318-speciale-calciopoli-la-logica-del-tribunale-riguardo-alle-frodi-sportive-2-reato-di-pericolo-da-.html SPECIALE CALCIOPOLI: la logica del tribunale su frodi sportive/2, reato da 'sliding doors' Stefano Abruzzese Giovedì 21 Novembre 2013 14:03 Continuiamo la nostra miniserie di articoli dedicati alla sentenza di primo grado di Calciopoli con particolare riferimento alle condanne subite dall’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi. Dopo il lungo percorso di analisi specifica di ciascuna condanna e, nella precedente puntata, alcune considerazioni di carattere generale relative al modo con cui è stato trattato l’ex dirigente bianconero in questo processo, è finalmente arrivato il momento di presentare in tutta la sua interezza la star di questo processo: il reato di pericolo. Chi ha letto i precedenti articoli dello Speciale avrà ormai ben chiaro che la sentenza di condanna poggia solo e solamente sulla convinzione, presunta dai giudici, che le telefonate di Moggi a monte della competizione sportiva avessero potuto in qualche modo mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla legge 401/89, quella della frode sportiva, ovvero il “leale e corretto svolgimento” della gara. Questa serie di frodi, ricordiamo, è stata poi anche propedeutica per la condanna di associazione a delinquere. È proprio questa infatti la presunta prova la cui sussistenza "serve a orientare la decisione anche sulla sussistenza del delitto di cui all’art. 416 c.p." (pag. 78 nelle motivazioni della sentenza). Ciò è dovuto fondamentalmente al fatto che questi comportamenti, giudicati delittuosi dal tribunale, furono compiuti spesso dalle medesime persone, quindi Moggi stesso (assieme a Giraudo), i designatori arbitrali, alcuni arbitri e un dirigente federale. Iniziamo precisando che i reati di pericolo sono reati a “consumazione anticipata, che presentano particolare modo di protezione del bene ideale della lealtà dello sport. La protezione si svolge cioè in un momento temporalmente anticipato rispetto all’ordinario". (pag. 78). È dunque una fattispecie piuttosto generica ed astratta, precedente e spesso non direttamente collegabile agli attori dell’evento di cui, in teoria, si lede “il leale e corretto” svolgimento. Una fattispecie che necessita quindi dell’interpretazione e di una serie di verifiche del giudice per poter configurare il reato. A questo scopo il tribunale nella propria sentenza elenca i tre momenti di indagine che ritiene fondamentali per poter considerare reato di pericolo presunto un comportamento o un’azione: “la prima indagine dovrebbe essere diretta all’accertamento dell’atto fraudolento, la seconda dovrebbe essere diretta all’accertamento del fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, la terza dovrebbe essere diretta all’accertamento dell’efficienza dell’atto fraudolento a raggiungere il fine, secondo un normale giudizio di previsione, nelle date circostanze” (pag. 78). In realtà, per completare il percorso ci sarebbe “secondo quella che sembra essere stata l’opinione del legislatore, che a suo tempo ebbe a richiamare l’art. 49 co. 2 c.p” (pag. 78) anche una quarta indagine da fare, quella più specifica, ovvero quella che identifica la circostanza più concreta della messa in pericolo del bene giuridico, perché “dovrebbe essere diretta all’accertamento della possibilità di ricollegare all’atto il pericolo vietato dalla legge penale” (pag. 78). Ma proprio questa fase viene esplicitamente ignorata dal giudice per via della “contrastata interpretazione in dottrina” (pag. 78). Entrando nel merito di ciascuna fase, il collegio in riferimento alla prima indagine, specifica che “l’atto fraudolento è l’estrinsecazione attuosa del mezzo fraudolento colto nel suo concretizzarsi, è il mezzo fraudolento assunto nel momento del suo impiego, in vista del raggiungimento del fine. L’atto esecutivo può solo avere forma di atto fraudolento” (pagg. 78-79). Continua: “l’imputato non deve solo volere lo scopo, deve volere anche il mezzo fraudolento, poiché il mezzo fraudolento è inerente al fine della sua azione, e il mezzo fraudolento deve non solo essere intenzionalmente destinato, ma anche oggettivamente avviato a produrre l’evento di pericolo” (pag. 79). Quindi, ad essere fraudolento non deve essere soltanto lo scopo, nel caso in esame il presunto tentativo di influenzare (paradossalmente, come visto in vari punti della sentenza, non necessariamente a vantaggio della propria squadra) l’arbitraggio di una gara, ma anche il mezzo per raggiungere tale scopo, nel caso in specifico: le varie conversazioni telefoniche in chiaro e quelle presunte nel pasticciato circuito delle sim straniere. E allora, ad avviso del giudice, “un mezzo può essere qualificato fraudolento quando realizza una finzione atta a produrre un inganno determinato da una falsa apparenza materiale o da una suggestione logica o sentimentale. Deve trattarsi di parole o azioni volte a far credere il falso a pro di chi inganna, a soddisfazione dell’interesse gretto di questi” (pag. 79). Traducendo il tutto in un linguaggio comprensibile, il tribunale considera potenzialmente idonee a creare un pericolo per il bene protetto non solo azioni esplicite concrete, per esempio una richiesta del tipo “fateci vincere”, ma anche apparenze e millanterie. Con riferimento alla seconda indagine il collegio osserva che “anche del fine deve essere accertata la rispondenza alla descrizione fattane dal legislatore, ovviamente con l’uso di tutti i mezzi messi a disposizione del giudice dall’istruttoria dibattimentale. Vanno valutati non solo gli atti, ma anche il fine che li ha animati, che deve essere quello descritto dalla norma incriminatrice” (pagg. 79-80). Il tribunale poi precisa che “il momento esecutivo connotato dall’atto fraudolento non costituisce di per sé indice diagnostico del fine, ma deve essere accompagnato dalla valutazione, e relativa esigenza probatoria, della volontà diretta allo specifico fine” (pag. 80). In sostanza, “il mezzo fraudolento deve essere convogliato nel conseguimento del fine” (pag. 80). Per valutare il fine, questo collegio deve quindi operare un'indagine “di natura psicologica” (pag. 80), con il ricorso “a tutte le prove a disposizione” (pag. 80) e tenendo conto nella ricostruzione del fatto di “tutte le circostanze e le modalità nelle quali l’azione si è esplicata” (pag. 80). Contano, quindi, “le circostanze di tempo e di luogo, e la personalità psicologica dell’imputato” (pag. 81). Come si può notare con sempre maggior evidenza, il giudizio sul reato di pericolo si basa su elementi non chiari ed oggettivi, bensì aleatori e soggettivi come l’interpretazione delle intenzioni, attraverso, per fare un esempio, il giudizio sulle millanterie ascoltate in conversazioni private, goliardiche o semplicemente di cortesia oppure di circostanza, in situazioni di alterazione o meno dello stato d'animo per fatti concernenti la partita o magari in alcun modo ricollegabile a tale evento. Psicologia insomma, da contestualizzare attraverso le fredde trascrizioni del perito e le spiegazioni degli attori del processo. Il tribunale alla fine costruisce in pratica un profilo psicologico dell’imputato e presume se abbia avuto o meno certe intenzioni. Tale presunzione, siamo al terzo momento di indagine, infatti “non è assoluta, e non sono indifferenti al giudizio le eventuali particolari condizioni positive o negative in presenza delle quali l’imputato agisce, che siano tali da sottrarre l’effetto al dominio dell’autore dell’atto. In particolare non può essere esclusa a priori la rilevanza di particolari situazioni delle persone che sono attivamente e passivamente protagoniste della vicenda criminosa, e parimenti non può essere esclusa a priori la valenza delle incidenze ambientali” (pag. 81). Per valutare, quindi, l’attitudine del mezzo fraudolento a provare l’intenzione dell’agente “deve pur sempre essere considerato il contesto dell’episodio criminoso” (pag. 81). Con queste premesse, ad esempio nell’imputazione al capo Q il giudice si deve convincere che, tenuto in conto il profilo psicologico degli imputati ed il contesto della telefonata ed ovviamente il contenuto della stessa, nella famosa 'grigliata' fatta all’una di notte con l’allora designatore arbitrale, Paolo Bergamo, l’ex-direttore generale della Juventus avesse non semplicemente voluto fare un gioco 'all’indovina la griglia', bensì abbia proprio voluto influenzare la composizione della stessa, nella convinzione che così facendo ne avrebbe tratto un vantaggio personale o in favore della Juventus. Comportandosi in quel modo avrebbe dunque messo in pericolo “il leale e corretto” svolgimento della competizione, potendosi configurare, se non fosse avvenuta quella conversazione, che a dirigere la partita sarebbe potuto potenzialmente essere chiamato un altro arbitro, con “il suo bagaglio di cognizioni” (pag. 123), il quale direttore di gara avrebbe teoricamente potuto anche portarla ad un altro risultato; come già detto, non necessariamente peggiore o migliore rispetto a quello poi effettivamente risultò, ma semplicemente diverso. Quindi per il giudice è concepibile il reato di frode sportiva per il semplice fatto che a dirigere una gara ci sia un arbitro in perfetta “buona fede” (pag. 123) della Can A e B, internazionale e di esperienza, piuttosto che un altro con le stesse caratteristiche, nonostante l’arbitro sorteggiato sia poi entrato in campo senza alcun condizionamento in favore degli interessi personali di un imputato, dunque altro fischietto in perfetta “buona fede”. Per condannarlo basterebbe così la convinzione che l’accusato abbia in qualche modo provato ad influenzare tale scelta per avere un proprio tornaconto personale.Come dire, esprimere ad un designatore arbitrale di volere Collina sarebbe un potenziale reato e non un naturale desiderio di avere il miglior arbitro italiano dell’epoca. E sarebbe addirittura un reato il semplice evidenziare ai designatori arbitrali chi sono, a proprio giudizio, i migliori arbitri della Serie A e B senza nemmeno chiedere esplicitamente di avere questo o quell’arbitro per la propria gara. Nel precedente articolo avevamo spiegato da un punto di vista della sostanza le ragioni, le quali, a nostro avviso, avevano permesso ai giudici di abbassare l’asticella dell’intransigenza ad un livello tale da farci rientrare una condanna per Luciano Moggi. Da un punto di vista strettamente tecnico-formale viene in aiuto anche il fatto che la quarta indagine venga completamente e scientemente ignorata in questo giudizio. Infatti, con l’aggiunta di questo momento di analisi, l’illecito penale sarebbe dato, “oltre che dal momento formale della trasgressione della norma, dall’elemento sostanziale della lesione del bene” (pag. 81). E per chiarire ancora meglio, “l’antigiuridicità dell’atto deve essere data naturalmente dall’adeguatezza di esso a produrre un danno o un pericolo al bene protetto dall’ordinamento giuridico, nel caso di specie un pericolo” (pagg. 81-82). E così, “l’idoneità dell’azione, (..), dovrebbe costituire il risultato finale del giudizio, e le prove dovrebbero portare l’interprete a concludere che la specifica azione, secondo la logica normale dei probabili, aveva una potenziale causalità, un’attitudine causale a produrre l’evento” (pag. 82). Non soltanto, quindi, un giudizio su un eventuale atto fraudolento finalizzato, ma anche un giudizio sulle conseguenze. Difatti, “non basterebbe, per produrre l’evento pericoloso, volere lo scopo e i mezzi fraudolenti relativi ad esso, e sarebbe necessario altresì determinare se l’azione, nel modo e nelle circostanze in cui si svolse, era adeguata, conformemente alle norme dell’esperienza, a produrre l’evento, nella specie pericoloso, che si voleva conseguire” (pag. 82). Quindi logicamente ci deve essere un pericolo concreto. Se i sorteggi fossero stati realmente truccati, ecco che saremmo eventualmente potuti essere in presenza di un pericolo concreto, poiché si aziona un meccanismo per ottenere a piacimento un arbitro con tutte le conseguenze in termini di condizionamenti. Ma poiché sappiamo benissimo che i sorteggi non erano stati alterati, cosa confermata dalla sentenza stessa a pag. 90, eliminando questo momento d'indagine i giudici sono potuti salire di un gradino nella scala dell’astrazione e hanno potuto teorizzare che, ad esempio, una innocente chiacchierata su una griglia possa in astratto configurare la possibilità di un pericolo nella selezione finale dell’arbitro e che quindi sostanzialmente devia il corso della storia di una partita, un po’ come i famosi 'sliding doors'. E così nella sentenza la formazione delle griglie, "atto proprio dei designatori" (pag. 96), diventa "il momento fondamentale di impostazione dell’arbitraggio delle partite, idoneo a incrementare le possibilità che per una determinata partita fosse scelto in concreto un arbitro gradito a un competitore e sgradito all’altro" (pag. 96). Vista soprattutto l’inconsistenza di tutte le presunte prove portate a carico degli imputati per giustificare questa sentenza di condanna, siamo tuttavia amaramente pressoché certi che, anche in presenza di una qualche analisi della quarta indagine, i margini per giudicare colpevoli gli imputati sarebbero stati comunque ancora ampi. D’altronde, come sappiamo, la genericità e la soggettività del reato in oggetto è tale che in pratica con un po’ di olio di gomito qualsiasi comportamento equivoco possa essere interpretato come fattispecie criminosa. Infatti, il collegio si affretta subito ad aggiungere che “va sottolineato che comunque anche questo giudizio di adeguatezza dell’azione dovrebbe essere condotto alla stregua dell’esperienza” (pag. 82), rendendo dunque anche questo criterio altamente aleatorio, facendo così rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta. Infatti, “Il giudizio di adeguatezza non è un giudizio sull’atto dell’uomo, ma un giudizio sulle conseguenze che si possono riportare all’atto, prodotto dall’uomo, pur se la determinazione del fine serve certo a illuminare l’adeguatezza dell’azione, poiché lo scopo nel delitto a consumazione anticipata è l’elemento primario, poiché nel delitto a consumazione anticipata non viene perseguita l’aggressione in atto del bene, ma quella in potenza, e il fine è qualcosa di diverso dal dolo, costituisce il momento soggettivo dell’antigiuridicità” (pag. 83). Chiudiamo così questa seconda parte di approfondimento generale della sentenza e vi rinviamo alla terza puntata che sarà anche quella conclusiva di questo “Speciale Calciopoli” dedicato alle condanne subite da Luciano Moggi in questo primo grado. Nell’ultima puntata esporremo una serie di argomentazioni logiche portate dalle difesa a discolpa dei propri assistiti durante il dibattimento e nella discussione, ma che in definitiva poco hanno potuto per evitare la sentenza di colpevolezza.
-
intanto vi posto due articoli di ju29ro sulle sentenze http://www.ju29ro.com/farsopoli/5303-speciale-calciopoli-la-logica-del-tribunale-riguardo-alle-frodi-sportive-1-tutti-colpevoli.html SPECIALE CALCIOPOLI: la logica del tribunale riguardo alle frodi sportive /1, “tutti colpevoli” Stefano Abruzzese Giovedì 14 Novembre 2013 10:47 Continuiamo la nostra miniserie di articoli dedicati alla sentenza di primo grado di Calciopoli con particolare riferimento alle condanne subite dall’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi. Dopo aver completato il percorso relativo all’analisi delle nove frodi sportive e l’accusa di associazione per delinquere, passiamo ora a considerazioni di carattere generale sulla sentenza e alcune logiche in essa contenute. Iniziamo dal tentativo di contestualizzazione. Ai fini della assoluzione dalle accuse di frode sportiva a poco è valso il tentativo delle difese di contestualizzare l’ambiente del calcio, anche se il tribunale lo ritiene sostanzialmente riuscito. Infatti, esso “stima di poter affermare che (...) è provato dalle reiterate trascrizioni in atti, (...) l’esistenza di un quadro sociale delle condotte indicativo di una generalizzata tendenza a conquistare il rapporto amichevole, in funzione del suggerimento, con designatori e arbitri” (pag. 85, nelle motivazioni della sentenza). I giudici, insomma, riconoscono che “così facevan tutti”, che cioè tutti cercavano in qualche modo di rapportarsi con l’ambiente arbitrale per “suggerire” evidentemente situazioni che potessero in qualche modo tornare utili agli interlocutori stessi. Questo però “non è di per sé idoneo, ad avviso del collegio, a precludere in radice il giudizio sui reati di tentativo contestati agli imputati, in particolare a Moggi, se viene dimostrato che per la sua parte questi ha tenuto comportamento diretto a invadere il campo della discrezionalità tecnica di designatori e arbitri, e a introdursi surrettiziamente, forte della indiscussa competenza nella materia del calcio, nell’area dell’arbitraggio, con esercizio, quindi, di potere che, nella visione del tribunale, può pur sempre essere considerato non indifferente alla contestazione di frode sportiva, poiché come già detto, la legge prevede il risultato diverso, non immancabilmente il risultato a favore o sfavore di questo o di quel particolare partecipante alla competizione sportiva, con la conseguenza che la contestazione, pur se certo esce fortemente ridimensionata dal dibattimento, sembra poter ad esso sopravvivere, senza volgere nel fatto diverso, non penalmente valutabile” (pag. 85). In pratica, il tribunale ravvisa in questi comportamenti “istituzionalizzati” di tutto l'ambiente sportivo nei confronti del mondo arbitrale gli estremi per poter configurare la frode sportiva. Non importa, quindi, ai fini della valutazione specifica della posizione di Moggi, se altri abbiano avuto lo stesso comportamento accertato e testimoniato dalle tante telefonate mancanti nelle prime fasi dei processi mediatici, sportivi e penali e ritrovate grazie alla persistenza dell'ex direttore bianconero, vincitore di 15 trofei (escludiamo dal conto la Coppa Intertoto) con la squadra torinese. Una miriade di conversazioni, dunque, trascurate o occultate che fossero che, per motivi che sfuggono alla comprensione, non hanno trovato la strada dell’accusa e del processo per le persone coinvolte in quelle chiacchierate. Nonostante fossero lì, pronte per essere raccolte dagli inquirenti. Che sia pacifico che questo quadro “istituzionale” sia ormai assodato lo dimostra il fatto che i giudici abbiano rigettato le ulteriori telefonate scoperte all’ultimo minuto dal collegio difensivo di Moggi, spiegando che “non altro potrebbero dimostrare queste ulteriori trascrizioni, se non quello che già è provato dalle reiterate trascrizioni in atti” (pag. 85), ovvero proprio quel “quadro sociale” di cui si parlava prima. Se è vero che questo enorme ed encomiabile lavoro di contestualizzazione portato avanti da Moggi e dai suoi avvocati non ha raccolto i frutti sperati in sede di processo penale e sportivo, tuttavia è vero anche che dal punto di vista del dibattito da “bar sport” esso ha finalmente dato il quadro reale in cui operavano i dirigenti juventini, permettendo di riscrivere la storia del calcio nostrano, almeno dal punto di vista sostanziale. Prova ne è che la Juventus di Andrea Agnelli conta nel suo palmarès proprio i 31 scudetti vinti sul campo e non i 29 dell’albo d’oro che la Federazione attualmente le riconosce, con tutte le conseguenze di proteste e ricorsi che ciò ha generato da parte della squadra piemontese. E così anche molte discussioni tra tifosi che prima vedevano gli juventini in posizione di debolezza si sono improvvisamente ribaltate. È difatti oramai difficilmente negabile, a meno di volersi spingere oltre la soglia della faziosità, che i comportamenti di Moggi fossero eticamente discutibili al pari di tutti quelli, e in diversi casi anche molto meno, di alcuni suoi colleghi. Nella realtà dei fatti però, ad oggi, Moggi (assieme alla sua Juventus e a qualche malcapitato) rimane il solo ad aver pagato un prezzo carissimo a questo sentimento popolare anti-juventino. La decisione dei giudici penali rispecchia sostanzialmente quella già presa in sede di processo sportivo. Anche lì il collegio si dimostrò estremamente intransigente. E anche lì soltanto alcuni, per loro sfortuna, vennero accusati e condannati nel 2006, mentre invece altri potenziali colpevoli la fecero franca già in sede di indagini e accusa, non comparendovi neppure: anzi, in quel periodo passarono per quelli “onesti”, tanto che venne assegnato loro addirittura il famoso “scudetto di cartone”. In quell’ambito, il lavoro del pool di Moggi costrinse poi la Federazione a ritornare successivamente ad occuparsi nuovamente di Calciopoli, con il compito di valutare le condanne del 2006 in relazione ai nuovi fatti emersi. Basti ricordare la famosa relazione del superprocuratore sportivo Palazzi del 2 luglio 2011: in essa incolpava l’Inter e il suo dirigente di allora, Giacinto Facchetti, di illecito sportivo, ma allo stesso tempo proponeva l’archiviazione per sopraggiunta prescrizione. Abbiamo dunque visto che le condanne per frode sportiva seguono la logica del “tutti colpevoli”. Una logica supportata dalla genericità e dall’ampio spettro astratto con cui la legge permette di applicare il reato di tentativo a sostanzialmente qualsiasi azione, cosa che del resto vale anche per l’illecito sportivo in ambito sportivo. Una logica per la quale in questa sentenza la soglia dell’intransigenza è stata opportunamente posta ad un livello talmente basso da far rientrare nella fattispecie criminosa alcuni comportamenti che in quegli anni tutti i dirigenti hanno tenuto nei confronti degli arbitri. Nelle precedenti puntate di questo speciale abbiamo visto che quel livello è assolutamente insostenibile al test del comune buon senso: non ci sono partite alterate, non c’è trasmissione del messaggio delinquenziale agli attori in campo, se non in casi isolati non coinvolgenti Luciano Moggi né la Juventus; non c’è nemmeno l’alterazione dei sorteggi. Ci sono invece soltanto discussioni, critiche, generiche richieste di protezione dagli errori arbitrali, confronti, politica sportiva e così via, in una fase, ovvero la formazione di “griglie arbitrali” per lo più scontate e vincolate dalle tante preclusioni, molto molto lontana dal momento stesso in cui si decide “il leale e corretto svolgimento” della gara; talmente lontana da essere definita dai giudici stessi addirittura “marginale” all’interno delle motivazioni del capo Q e “remota” nel capo F. Sia chiaro che non stiamo avvalorando la tesi del “tutti colpevoli, quindi tutti innocenti”, bensì che, a nostro avviso, il “tutti colpevoli” non è sostenibile. Oltre a ciò, molto probabilmente i tribunali penali e sportivi hanno potuto utilizzare questa logica soltanto in quanto non sono stati sottoposti a giudizio tanti e troppi attori di quel contesto, le cui azioni a monte vennero misteriosamente filtrate egiudicate irrilevanti. Dubitiamo che, una volta portati dentro il processo questi soggetti, i giudici avrebbero potuto tenere l’asticella così bassa. Invece queste incomprensibili esclusioni hanno avuto la conseguenza di permettere ai biechi teoremi del sentimento popolare anti-juventino di varcare senza fatica quella soglia passando così dai bar sport alle aule di tribunale. Filtri e giudizi, come abbiamo visto, palesemente arbitrari e che all’atto pratico hanno reso innocue e senza reali conseguenze tante conversazioni che ben si sarebbero potute prestare ad un giudizio intransigente, molto di più delle telefonate a Biscardi, faziosi teoremi di ammonizioni preventive, conoscenze di vecchia data di un mondo sostanzialmente chiuso, delazioni, invidie, paranoie, spavalderie, millanterie e tutto il resto del repertorio che ha portato alla condanna in primo grado di chi stava svolgendo, con grande successo, il proprio lavoro di dirigente sportivo in un ambiente quale quello del calcio, che è stato accertato essere “di per sé sospettoso” (pag. 140) e “dilaniato da recriminazioni di vario tipo, spesso affidate alla stampa, e dominato dal sospetto, con conseguenza di reazione scomposta, oltre misura, così dovendo qualificarsi le reciproche spiate” (pag. 102).
-
ma quello non è il nuovo stemma è il logo della campagna pubblicitaria della nuova sede "casa milan" credo, spero
-
questa maglia è fantastica, qui la nike si è superata voglio vedere se adidas sarà all'altezza