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Marmas

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  1. La Carta di Firenze contro lo stadio della Roma È il regolamento dei Comuni M5S. La base: la state rinnegando. Il nodo opere pubbliche (Andrea Arzilli) - C’è un documento interno al Movimento che, secondo gli «ortodossi» della base, va in conflitto con l’accordo di Raggi sullo stadio della Roma. È la Carta di Firenze, il regolamento dei comuni M5S, che nella definizione spiega come le amministrazioni debbano scegliere se «fare parchi per bambini o porti per gli speculatori» e che al punto quattro dice come comportarsi in caso di suolo pubblico: «Concessioni di licenze edilizie solo per demolizioni e ricostruzioni di edifici civili o per cambi di destinazioni d’uso di aree industriali dismesse». E qui la base si scatena. Prendendo d’assalto le bacheche Facebook dei consiglieri per chiedere spiegazioni sul patto appena stipulato con la Roma e il costruttore Luca Parnasi, anche se le cubature originali sono dimezzate e la lettura dei vertici nazionali M5S corrisponde ad una schiacciante vittoria politica della sindaca Cinque Stelle. «State rinnegando la carta», un grillino incalza il consigliere Pietro Calabrese. Che replica: «Noi non rinneghiamo nulla. È stata raggiunta la migliore certezza sull’interesse pubblico — il post del consigliere —. La non certezza comportava il grave rischio di veder realizzato il milione di metri cubi, oltre alle spese da controversia legale. Inoltre, la questione non è ancora chiusa». In effetti sulla questione stadio le incognite sono ancora molte. A cominciare dalla procedura: mentre i proponenti si attrezzano per strappare una proroga e rinviare di un paio di mesi la chiusura prevista per venerdì della Conferenza dei servizi, le Avvocature di Campidoglio e Regione si attivano per studiare tempi e modalità di realizzazione della nuova delibera che andrà a superare quella sull’interesse pubblico targata Marino. Con la (quasi) certezza che, se le opere pubbliche saranno affrontate in due fasi, l’iter dovrà ricominciare daccapo. Sui tempi, inoltre, potrebbe incidere anche il parere della Soprintendenza del Mibact, sia sull’ippodromo sia su tutta l’area di Tor di Valle. E poi c’è la super incognita delle opere pubbliche. Salta il prolungamento della metro B, i due ponti previsti potrebbero scomparire per lasciare il solo ponte dei Congressi che, però, è stato appena bloccato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Così, senza certezze, la base insorge e le opinioni si accavallano. Quella di Stefano Fassina, per esempio. «Dopo l’assemblea con i comitati in difesa di Tor Di Valle, è venuta fuori una valutazione negativa sui contenuti finora noti. C’è un taglio di opere pubbliche e le criticità rimangono tutte. È poi falsa l’insistenza di Raggi sul rispetto delle regole: non sono rispettate». (Corriere della Sera, 28.02.2017)
  2. Gli irriducibili antistadio base 5S: “Annullare tutto” (La Repubblica - ed. romana) (L.. D'Albergo) - Gli ortodossi del Movimento sono duri a morire. Non hanno ancora digerito la stretta di mano tra il Campidoglio a trazione grillina e i proponenti del progetto del nuovo stadio della Roma. Così la frangia degli scontenti si allarga di ora in ora. Il pressing degli attivisti sui portavoce, i 29 consiglieri pentastellati che dovrebbero rappresentare gli umori della base in aula Giulio Cesare, è continuo. E ora sui social torna a circolare la Carta di Firenze dei comuni a Cinque Stelle. Datato 8 marzo 2009, il manifesto in 12 punti del buon governo cittadino, prevede «concessioni di licenze edilizie solo per demolizioni e ricostruzioni di edifici civili o per cambi di destinazioni d’uso di aree industriali dismesse». Il documento — questo rivendicano gli iscritti al Movimento che non vogliono la nuova arena giallorossa e il business park a Tor di Valle — se rispettato avrebbe dovuto consigliare agli eletti M5S di annullare la delibera di pubblica utilità approvata dall’amministrazione Marino. Senza alcuna trattativa con As Roma e i costruttori. Di più: considerato il parere del presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato, senza alcun rischio di incappare in una causa multimilionaria. La voce della base grillina, però, non è l’unica contraria allo stadio. Anche il centrosinistra è in agitazione. Così, se per l’ex sindaco Pd Ignazio Marino il nuovo accordo targato Raggi è «una romanella per i costruttori», Stefano Fassina boccia per intero l’idea di costruire a Tor di Valle: «Penso che Marino non abbia particolari meriti a criticare le scelte fatte dall’amministrazione 5S sullo stadio della Roma perché quel progetto è sbagliato. Sbagliato fin dall’inizio». Controcorrente Francesco Rutelli, altro ex primo cittadino, che ieri a Otto e mezzo ha giudicato «buono» il compromesso trovato dai grillini per poi entrare nel dettaglio: «Chiunque conosca Roma sa che per costruire i servizi necessari a collegare il nuovo stadio alla città e renderlo raggiungibile a migliaia di tifosi, serviranno diversi anni e saranno lavori molto complicati. Ma una buona amministrazione ce la potrà fare, e io tifo per loro, per il bene della città e dei romani». (repubbblica 28.02.2017) --------------------- Pure Rutelli oh....
  3. Stadio, monta la fronda «Se si tagliano le opere decade l'utilità pubblica» (di M. Evangelisti e F. Rossi) IL CASO Sono tante le incognite che ancora pesano sul progetto del nuovo stadio di Tor di Valle. Ieri si è svolta la solita riunione del lunedì della maggioranza in cui si è cercato un punto d'intesa. Ma la fronda anti-Ecomostro si rafforza giorno dopo giorno. Sono sei i consiglieri comunali che, prima dell'accordo con la Roma, si sono detti non favorevoli al compromesso. Ad alimentare il dissenso della base - «almeno il 50 per cento dei nostri continua a essere contrario», spiega un importante esponente del Movimento 5 Stelle - c'è il tema del taglio delle opere pubbliche nella nuova versione light. L'assessore regionale Michele Civita è stato chiaro: «Non si conoscono ad oggi le opere e le infrastrutture che l'accordo reputa indispensabili per garantire la mobilità, il miglioramento dell'ambiente e della qualità urbana». LE CIFRE «La nuova Roma-Lido potrà arrivare ad un convoglio da 600 passeggeri ogni sette minuti, ovvero 4.800 passeggeri l'ora - osserva Mario Staderini, ex segretario di Radicali italiani e promotore dei referendum RomaSiMuove - La via del Mare e la via Ostiense, invece, potrebbero far transitare massimo 500 macchine l'ora attraverso lo svincolo per lo stadio. Dunque, il sistema della mobilità dell'accordo Raggi-Parnasi è in grado di portare allo stadio in due ore solo 10 mila persone su ferro e 2 mila automobili. Numeri non solo inadeguati di per sé, ma che presuppongono che nei giorni in cui si gioca la partita i pendolari lascino il loro posto ai tifosi». Se anche si facesse «il costosissimo e ora rinviato Ponte sul Tevere, si potrebbero aggiungere altre 2 mila macchine provenienti dalla Roma-Fiumicino e duemila persone a piedi tramite l'adiacente trenino - aggiunge Staderini - In totale, comunque, non più di 20 mila persone in due ore, sempre facendo scomparire i pendolari. Peccato che lo stadio sia fatto per 55 mila spettatori». Secondo l'ex segretario di Radicali italiani, «la pubblica utilità a Tor di Valle, ahinoi, non esiste; andare avanti è solo una dannosa perdita di tempo, per la città e per la stessa As Roma, che peraltro di questo stadio sarebbe una mera affittuaria». I TEMPI A pochi giorni dalla chiusura della conferenza dei servizi, fissata per il 3 marzo, nessuna richiesta di proroga è intanto arrivata in Regione. Cosa sta succedendo? Non bastano, ovviamente, post su Facebook e dichiarazioni ai giornali per ufficializzare che il progetto sarà cambiato con il taglio delle cubature, servono atti formali. L'ipotesi più probabile è che la comunicazione in cui si chiede un prolungamento dei lavori di almeno un paio di mesi arrivi in queste ore, da parte dei proponenti, vale a dire Parnasi e As Roma. I tempi certi delle conferenza dei servizi (l'organo che raccoglie i pareri tutte le istituzioni interessate) vengono fissati dalla legge nell'interesse del privato per tutelarlo da eventuali lungaggini della burocrazia. Se come in questo caso sarà proprio il proponente a comunicare che intende modificare il progetto, questo problema può essere aggirato. L'ITER Se come denunciato da più parti oltre alle cubature saranno tagliate anche le opere pubbliche, però, la conferenza dei servizi dovrà essere azzerata. In attesa che la richiesta arrivi, in Regione però devono capire, quando ci saranno gli atti formali, se si può poi esaminare un nuovo progetto all'interno della stessa cds. Non è una questione secondaria, perché è evidente che riconvocarla allungherebbe i tempi. Proprio su questo tema dovrebbero incontrarsi a breve l'avvocatura capitolina, i proponenti e l'avvocatura regionale per andare avanti nella conferenza servizi. Ma c'è un altro problema da risolvere. La delibera che ha riconosciuto la pubblica utilità, la 132, votata ai tempi di Marino può essere semplicemente modificata o, al contrario, come chiede una parte del Movimento 5 Stelle, sarebbe più trasparente annullarla e votarne una nuova, alla luce del nuovo progetto senza grattacieli su cui sta lavorano il proponente? Anche in questo caso, se prevale la linea più ortodossa i tempi si allungano. In ogni caso, dopo il passaggio in giunta dovrà esserci quello in consiglio comunale, e Virginia Raggi sta lavorando per evitare che le spaccature già emerse nel gruppo M5S si replichino anche in Aula. (Il Messaggero 28.02.2017)
  4. "Stadium" e scudetto, una modesta proposta IL FATTO QUOTIDIANO (O. BEHA) - Habemus stadium: pare dunque che dal conclave tra Roma e la Roma sia uscito un filo di fumo giallorosso e che quindi questo nuovo impianto si faccia. La questione ha assunto però un significato meta-calcistico troppo importante, diventando tutto iperpolitico e delicato sul piano urbanistico e ambientale. Elencare i detti e i contraddetti di tutti, nella vicenda ormai annosa che in questo febbraio ultimativo è stata sempre in prima pagina, farebbe rabbrividire Karl Kraus (noto trequartista austriaco), ci indurrebbe a disistima e sarcasmo ma soprattutto servirebbe a poco. Vediamone allora i punti salienti. Il primo riguarda la necessità sventolata da tempo di uno stadio nuovo, in un Paese ipercalcistizzato che ha ancora sul groppone gli stadi sbagliati di Italia '90 e ha visto mezza Europa costruire stadi più adatti, meno capienti (in un momento in cui essi si svuotano, non si riempiono), innocenti da ogni stravolgimento cementifero. Si dibatte per anni sulla legge, a partire da Lotito che ora dice "E io?", perché in realtà i neostadi vengono visti soprattutto se non esclusivamente come pretesto di speculazione edilizia. La legge passa in modo malcerto nel 2014 e la Roma che Pallotta e company hanno comprato con finanziamenti UniCredit velocizza il suo progetto arrivando, d'accordo con l'amministrazione del "marziano" Marino, a una selezione dei luoghi fino alla scelta di Tor di Valle, che prevede all'ingrosso un milione di metri cubi, di cui lo stadio rappresenta circa il 15%. Il secondo punto riguarda la storia del sito e dell'omonimo ippodromo in pieno degrado, come tutta la zona. Casualmente i terreni assai prima delle firme sono finiti nella disponibilità di un costruttore di prima grandezza, Parnasi, dopo una storia opaca di chi è fallito e glieli ha ceduti. Sempre casualmente il costruttore, che con Pallotta detiene il progetto per uno stadio che il presidente della Roma noleggerà almeno inizialmente alla Roma stessa, è fortemente indebitato con Unicredit. Quindi casualmente nei quattro cantoni Unicredit-Pallotta-Parnasi-Unicredit lo stadio, o meglio il macroscopico progetto con tre torri di Lebeskind fatto di molte costruzioni, del verde indispensabile e dell'arredo urbano a carico dei progettatori, sistemerebbe un giro di "dare/avere" dalle cifre vertiginose. Il terzo punto è che tutto questo piomba sulle spalle esili del Sindaco Raggi e del suo leader ultracarismatico (cioè un ultrà del carisma...), Beppe Grillo. Che fare, negare tutto, ascoltando i cittadini e i pareri contrari sulla sicurezza del sito? Cedere e farsi amici coloro che si erano già inimicati sfuggendo (fortunatamente) i Giochi romani del 2024? Grande impasse per giorni, perché c'è anche un quarto punto: la tonitruante eco civica/tifosa di quei romani che vorrebbero comunque un segno di novità, visto che è una città al ristagno (ma farla funzionare decentemente com'è strappandola alla palude non vi basterebbe?); e di quei romanisti che vedono nel nuovo stadio una palingenesi calcistica, dopo tanta Juventus. Come sia andata a finire, con un compromesso che prevede mezza cubatura ma nello stesso luogo, lo sapete. Vedremo che ci metteranno dentro. Ma se chiedi un milione di metri cubi e poi scendi alla metà, non dimostri "senso civico" ma fai pensare che comunque, in quei terreni, ci guadagni e molto lo stesso. Chi aveva accettato il primo progetto forse ha qualche responsabilità grossa, che dite? E poi: i tifosi romanisti pur di vincere uno scudetto nel vecchio come nel nuovo stadio sono davvero disposti a tutto, non importa il come? Anche "oscuro"? Omnia immunda immundis, alla luce non così infrequente di una domenica in cui abbiamo assistito a nefandezze arbitrali in dosi industriali, e sempre a favore dei più forti? Perché vedete, in un ambiente simile e in questo Paese si può immaginare quasi tutto, nel calcio come nel resto. Ormai che significa "essere onesti", e sopratutto ne vale la pena? (27.02.2017)
  5. Montanari: “M5S come la Dc, sì ai palazzinari per non perdere il consenso” (Tommaso Montanari) – «Et homo factus est». Così, parodiando il Credo, scrisse Pasquino nel 1656, quando papa Alessandro VII rinunciò a una riforma radicale del sistema nepotistico, e si rassegnò a chiamare a Roma tutta la sua famiglia senese. «Homines facti sunt», si può dire oggi dei 5 stelle, che dopo aver promesso di rovesciare il sistema dalle fondamenta, escono dalla vicenda dello Stadio come la più mediocre giunta post-democristiana. La situazione ha del paradossale. Perché oggi rimane deluso chi dal Movimento si aspettava una svolta radicale. Mentre possono tirare un respiro di sollievo tutti coloro che li hanno temuti e attaccati ferocemente perché ‘antisistema’, o addirittura ‘eversivi’. Altro che alieni: tutto il ‘sistema’ si frega le mani, avendo scoperto che anche con questi ‘alieni’ si tratta, eccome. Non perché siano corrotti, sia chiaro: ma perché sono impreparati, e culturalmente fragili. Sono bastati i tweet di Totti e le minacce di Pallotta a far squagliare ogni velleità di resistenza: alla prima vera prova, il populismo antisistema si è inchinato al populismo del sistema. La cosa più triste è che, in tutto questo, sembra che di Roma — della città, intendo — non importi molto a nessuno. Perché i casi sono due: o il progetto era una speculazione inutile, e allora si doveva avere il coraggio di fermarlo. O, invece, era di interesse pubblico (come aveva ufficialmente affermato la giunta Marino): e allora bisognava realizzarlo in modo coerente. Ma dimezzarlo, con una logica da salumiere, lascia esterrefatti. È un risultato che svela una simmetrica ipocrisia: quella, eterna, degli speculatori (ai quali importa solo far soldi, con qualunque progetto, alla faccia delle archistar coinvolte), e quella di una giunta che prova a salvare una facciata ambientalista. Quel che muore è ogni idea di progetto. L’idea che si rompesse una volta per tutte con l’urbanistica contrattata. L’idea che i cittadini, una volta entrati nel palazzo, avessero la forza di riprendersi il futuro della città, togliendo il boccino dalle mani dei palazzinari. La mancata sostituzione di Paolo Berdini è un dettaglio eloquente: una scelta di questo peso è stata fatta senza un tecnico alla guida. Dopo aver detto tutto e il contrario di tutto (fino all’imbarazzante girandola romana di Beppe Grillo), hanno prevalso purissime ragioni politiche: la stella polare è stata la paura di perdere troppi consensi, mettendosi contro i tifosi. Mentre si doveva avere il coraggio di dire a chiare lettere che il calcio è ormai solo un paravento di grandi operazioni finanziare e immobiliari che stravolgono le città, trattando i cittadini come plebe (assai spesso, peraltro, una plebe consenziente). Sono stato tra coloro che hanno invitato a votare Virginia Raggi. L’ho fatto per rompere la politica del TINA («There is no alternative»), il motto della Thatcher e di Blair che in Italia ha unito in un cartello il Pdl e il Pd. Ma oggi anche i 5 stelle si uniscono al coro di chi proclama che a questo sistema di potere non c’è alternativa: davvero un brutto giorno per la democrazia italiana. (Repubblica, 26.02.2017) link
  6. Morassut: «Ora bisogna evitare altri pasticci » (Fabio Rossi) - Roberto Morassut, deputato del Pd ed ex assessore capitolino all'urbanistica, cosa pensa della vicenda del nuovo stadio della Roma? «Io ho criticato il progetto di Tor di Valle fin dall'inizio. Anche in disaccordo con l'orientamento prevalente del Pd». Perché? «Ritengo che sia una scelta urbanisticamente sbagliata e che deriva da una legge, quella sugli stadi, altrettanto sbagliata e foriera di confusione, rischi e pasticci di ogni tipo. Ho votato quella legge per disciplina di gruppo ma ho contribuito a limitarne i danni e comunque continuo a ritenerla talmente deleteria da considerare necessario persino un suo ritiro». Venerdì scorso si è raggiunto l'accordo tra i costruttori e la giunta M5S. Come lo valuta? «Non mi pronuncio perché non ne conosco il merito con esattezza, ma rilevo che l'urbanistica fatta un tanto al chilo e sotto la pressione della piazza non porta mai a buoni risultati». C'erano alternative praticabili? «Secondo me sarebbe stato possibile perseguire la via del recupero del patrimonio pubblico del Flaminio e dell'Olimpico e farli diventare le case della Roma e della Lazio attraverso un operazione urbanistica e patrimoniale pubblico-privata di grande respiro. Si è scelta un'altra strada che si è rivelata pasticciata». E ora? «Spero che questo ultimo annuncio della Raggi non sia un'altra bufala e che si proceda con linearità e senza pasticci perché significherebbe gettare altra benzina sul fuoco». (Il Messaggero, 27.02.2017) ------------------------------- La faccia come il c**o proprio...
  7. Stadio Roma, Legambiente: "In attesa della verifica del progetto siamo contrari" In attesa di scoprire nel dettaglio il progetto per il nuovo stadio della Roma Legambiente si dice ancora contraria all'impianto che sorgerà a Tor di Valle: «Come già ampiamente ribadito, dopo l'accordo tra amministrazione capitolina e As Roma per la costruzione di Business Park e Stadio di Tor di Valle, e in attesa di verificare le specifiche del progetto, Legambiente rimane contraria al progetto immobiliare legato allo Stadio della Roma». Lo precisa Legambiente in una nota. «Il taglio delle torri e la riduzione delle cubature in variante al piano regolatore è un piccolo passo avanti, rispetto a un progetto immobiliare da oltre 500mila metri cubi in variante al piano regolatore, che nulla ha a che fare con lo stadio della Roma - osserva - Si conferma l'errore dell'area scelta che rimarrà irraggiungibile con i mezzi pubblici, in particolare con la metropolitana, visto che il progetto sembra finanziare solo la riqualificazione della stazione di Tor di Valle ma continueranno a passare i soliti pochi, vecchi treni di una linea che funziona malissimo. Inoltre, a confermare l'errore nella scelta dell'area, è proprio il fatto che gran parte della cubatura da realizzare viene motivata con la spesa per la messa in sicurezza idrogeologica». «Questa è la posizione di Legambiente, che non deve essere confusa con quella espressa nell'intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica da Roberto Della Seta, ex presidente dell'associazione, che in questa vicenda è coinvolto direttamente in quanto consulente del costruttore Luca Parnasi per l'operazione immobiliare dello Stadio», continua Legambiente. (26.02.2017)
  8. Bergamo: "La Roma rischiava grosso: per questo ha ceduto" IL FATTO QUOTIDIANO (I. DE CAROLIS) - "L'aver preso una decisione così delicata dimostra che il M5S sa stare ai tavoli, quelli grossi. Ed è un bene per il Paese, perché il Movimento è come il terzo Stato che ha preso la Bastiglia: un pezzo di società che dimostra di saper governare". Vola alto, il vicesindaco di Roma Luca Bergamo. In un bar del centro, celebra l'accordo sul Pallotta Stadium. Ripete: "La sindaca Raggi è stata decisiva. Ha tenuto sempre la barra dritta, voleva fare lo stadio, ma secondo i principi del M5S". E precisa: "Faremo una nuova delibera". Mercoledì scorso Beppe Grillo era stato chiaro: "Si allo Stadio ma non a Tor di Valle". Come avete trovato la quadra in due giorni? "La svolta c'è stata giovedì sera, durante uno dei tavoli tecnici con i proponenti. La Roma ha compreso che non c'erano le condizioni per recepire un progetto di quelle dimensioni". E perché lo ha capito? "Era molto aumentato il rischio che lo stadio non si facesse. E poi il club ha capito che costruire un business park così vasto era un notevole rischio d'impresa". Resta il fatto che le parole di Grillo andavano in direzione opposta. Erano concordate? "(Sorride, ndr) Non so, a me non aveva detto nulla prima. Di certo qualcosa è cambiato negli ultimi giorni. Nell'ultima fase è stata possibile una discussione sul merito del progetto, sulla sua quantità e qualità. E non su posizioni prese a priori". L'ex assessore all'Urbanistica Paolo Berdini era contrario: la nuova fase è partita da quando si è dimesso? "La sua posizione ha pesato sull'iter della trattativa. Ha sempre detto che era favorevole alla costruzione dello stadio e ha condotto la discussione per arrivare a un accordo alle sue condizioni. Poi però non si è andati mai avanti nel confronto con le parti". E perché? "Probabilmente era convinto che la tensione in pubblico sul tema, le dichiarazioni, potessero pagare. E che ci fosse un percorso per arrivare alla non fattibilità dello stadio, in base ai pareri tecnici. Ma se non fosse andata così, ci saremmo ritrovati con il progetto originario in Conferenza dei servizi". Berdini non era l'unico contrario. Tanti nella base erano ostili, e una deputata come Roberta Lombardi aveva tuonato contro "la colata di cemento". Quanto vi è costato? "È normale discutere". Non ha risposto... "Hanno detto la loro tutti quanti, ci sta. L'importante è decidere". Sarà. Ma nella trattativa avete ceduto anche voi: magari per paura dei tifosi della Roma... "Sciocchezze. Avremmo ceduto se avessimo cercato di non decidere. Avete scelto assieme al capo, a Grillo. Falso. Nella riunione di lunedì in Comune lui ci ha invitati solo a prendere la decisione più giusta. Ha sempre rispettato il fatto che dovessero decidere la sindaca e la giunta". Venerdì sera la riunione decisiva tra la sindaca e i consiglieri è stata molto tesa. C'è stata molta dialettica, si è discusso di aspetti tecnici e anche simbolici. Si è parlato di sette consiglieri contrari. "No, sono stati tre. Voi esultate per il taglio delle cubature, ma la Roma ha incassato un netto abbassamento delle opere pubbliche". Bell'affare. "No, abbiamo fatto solo delle modifiche, perché c'è un minore carico antropico e di cubature". E quindi gli oneri di urbanizzazione secondari, quelli per la viabilità, possono calare. Le vie di accesso allo stadio scendono da sei a due, in una zona già difficile a livello di viabilità. "Non mi pare proprio. Vado a a memoria, ma rimangono la nuova fermata della Roma Lido, l'allargamento della via del Mare e almeno due ponti di collegamento". Ora come procederete? "L'orientamento è approvare una nuova delibera, e poi farla approvare in aula". Questa Conferenza dei servizi non potrà mai approvare una nuova delibera. Dovrete ripartire da capo. "Secondo i nostri legali può passare". Ma come? "II progetto è stato stravolto. Non è cambiato nella sua collocazione, e non è cambiato così tanto nella parte delle opere pubbliche. E poi non c'è interesse da parte di nessuno a chiudere una conferenza dei servizi e ad aprirne un'altra". C'è anche il vincolo chiesto dalla Soprintendenza sull'ippodromo di Tor di Valle. "La Roma si è già impegnata a fare delle modifiche a sue spese, se il vincolo imponesse una revisione del progetto". Ma il club farà ricorso contro la Soprintendenza? "Mi pare molto probabile". Anche la Lazio vuole un suo stadio, ha visto? "La richiesta non è ancora arrivata". (26.02.2017) ----------------------------- Se non stanno bluffando hanno deciso di suicidarsi politicamente.
  9. La partita a scacchi sulle opere. E i duri grillini fiutano il tranello LA REPUBBLICA (L. D'ALBERGO/M. PINCI) - La stretta di mano ora c’è, certo. Anche il placet di Beppe Grillo: a trattativa risolta, prime ore di ieri, il garante del Movimento ha sentito Alfonso Bonafede, l’onorevole 5S inviato in Campidoglio per fare da stampella alla sindaca Virginia Raggi: «Complimenti per il risultato». Ma l’augurio del comico genovese non basta. Per far quadrare i conti del nuovo stadio della Roma nella sua versione bis, adesso serve un’operazione di alta ingegneria amministrativa. Il taglio di cubature (48 per cento del totale, 59,9 del business park per un piano 2.0 da 598mila metri cubi) è solo il primo passo per il Campidoglio grillino. Il team Raggi è infatti convinto che si possa arrivare a dama in un paio di mosse. Eccole: contando sul rinvio della conclusione della conferenza dei servizi che la Roma chiederà per sciogliere il nodo del vincolo della Soprintendenza sull’ex Ippodromo di Tor di Valle, il team Raggi punta alla revisione della delibera di pubblica utilità varata durante l’amministrazione Marino. Passaggio in giunta, nei municipi e poi in consiglio comunale. L’atto — questa l’idea che stuzzica il M5S — non conterrà alcun taglio di opere pubbliche. Solo una «fasizzazione», con il rinvio di parte degli interventi in un secondo momento. E, soprattutto, puntando su fondi statali. Capitolo trasporti. Saltato il prolungamento della metro B e salvato il raddoppio della via del Mare, resta il caso della Roma-Lido. Il Comune punta sui 180 milioni che il Cipe ha riservato alla Regione per la revisione della linea. E i treni? Da 15 sono diventati uno, al massimo due, per un risparmio di nove milioni di euro per ogni convoglio tagliato. Dieci saranno investiti per la stazione. Capitolo ponte. Il gran maquillage prevede un’altra richiesta al governo: dirottare i 150 milioni del ponte dei Congressi sul ponte dello stadio e la bretella che congiungerà il Gra e la Roma-Fiumicino a Tor di Valle. Conto finale di 90 milioni, con un risparmio di 60. Così, secondo il Campidoglio, si arriverà al via libera al progetto di Roma e Parnasi senza una seconda conferenza dei servizi. I proponenti a loro volta si dicono soddisfatti: «Dal punto di vista economico non cambia nulla. Stadio e convivio (campi di allenamento e Roma store, OES) non sono stati toccati». In realtà l’arena giallorossa passerà da 60mila a 55mila posti. Oltre alle tre torri di Libeskind, sostituite da 18 edifici da 6 o 7 piani di altezza, saranno poi tagliati i quattro pontili previsti nel progetto originale. Il nuovo rendering sarà presto sottoposto ai consiglieri grillini, anche ai più scettici. A chi teme che prima o poi possa tornare in auge il primo piano da 1 milione di metri cubi. Tra loro ci sono le tre elette che, al netto dei tagli, hanno votato contro lo stadio: Mariani, Agnello e Catini. Del gruppo fa parte anche Cristina Grancio. L’ortodossa, da sempre contro il cemento a Tor di Valle, si è astenuta per poi scrivere una lunga lettera alla sindaca e «ricordare che nel M5S ci sono posizioni diverse». A loro volta Zotta e Guerrini hanno lasciato il Campidoglio prima di votare. «Si andrà comunque avanti insieme, compatti», fa però sapere la maggioranza. In una rivisitazione a 5 Stelle del vecchio “centralismo democratico”. Le divisioni interne, insomma si dovrebbero appianare in aula Giulio Cesare. Intanto, in aggiunta alla bocciatura via Twitter della consigliera regionale M5S Silvana Denicolò, si apre anche un caso nella squadra dell’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo. Il suo nuovo capo staff da 90mila euro all’anno, l’ultragrillino Andrea Tardito, storce il naso su Facebook: «Il risultato per ora è deludente: da cubature abnormi si è scesi a cubature enormi. L’importante è non ritrovarci tipo vela di Calatrava». (26.02.2017)
  10. Volevano lo stadio, adesso lo criticano IL TEMPO (D. DI MARIO) - Lo spazio per l’accordo politico sullo stadio della Roma tra proponenti e Campidoglio era obiettivamente stretto e il fatto che la sindaca Virginia Raggi l’abbia raggiunto segna il più importante risultato sinora raggiunto dalla giunta grillina. Un risultato politico al quale Beppe Grillo ha lavorato moltissimo nella quattro giorni romana. Indipendentemente dalla tempistica della procedura, destinata giocoforza ad allungarsi, il MoVimento 5 Stelle può esultare e rivendicare ime riti dell’intesa. Sarà anche per questo che il popolo dei «rosiconi» insorge, adducendo critiche senz’altro motivate, ma che ricordano la favola della vola e l’uva di Esopo. Il Pd, ad esempio, che ai tempi della giunta Marino sostenne a spada tratta il progetto dello stadio, ora anziché rivendicare parte del merito sullo stadio, preferisce attaccare. La deputata Lorenza Bonaccorsi, ad esempio, parla di «disastro Raggi» e di «insulto alla città» a causa delle «opere pubbliche dimezzate». Il gruppo del Pd in Campidoglio, invece, si dichiara «soddisfatto», ma i consiglieri comunali Dem chiedono che la Raggi chiarisca sulle opere pubbliche, impegni finanziari e iter amministrativi. Non è soddisfatto il deputato Dem Andrea Romano: «Attenzione alla beffa perché il rischio concreto che i 5 Stelle stiano prendendo in giro tutti. La conferenza dei servizi che riparte daccapo significa rimandare a non si sa quando la costruzione dello stadio. E ciò che è più grave per la città che sull’altare dell’ideologia Grillini sono state sacrificate il 50% delle opere pubbliche. Cioè meno servizi, per i cittadini. L’ennesimo affronto di una giunta cialtrona». Il consigliere regionale Massimiliano Valeriani parla di «montagna che ha partorito un topolino». Mentre il deputato Umberto Marroni, critico fin dall’inizio sul progetto, è caustico: «La riduzione del 50% delle cubature è il segno della speculazione precedente. In ogni caso il progetto resta ancora troppo speculativo e Grillo sul rischio esondazione si conferma un comico. Le minacce di cause miliardarie erano un bluff. Lo stadio poi non è di proprietà dell Roma, come prevede lo spirito della legge e come avvenuto per lo Juventus Stadium». Il mondo ambientalista è sul piede di guerra. Per i Verdi la Raggi «fa il gioco delle tre carte, nascondendo quelle che non le fanno comodo e mostrandone una falsa. Parla di cubature diminuite quando queste, rispetto a quanto prevedeva il Prg, sono comunque aumentate in maniera esponenziale». Anche i Verdi pongono l’accento sul taglio delle opere pubbliche che trasformerà la zona «in una trappola». Gli Ecoradicali parlano di «cubature aumentate del 500% rispetto al Piano regolatore. La giunta si è piegata ai diktat degli interessi forti, avallando una gigantesca operazione immobiliare. Ai tifosi si nasconde che la Roma non sarebbe proprietaria ma affittuaria. Ai romani resterà l’ennesimo quartiere inutile». Stefano Fassina, deputato e consigliere comunale di Sinistra Italiana, chiede alla Raggi di illustrare i dettagli dell’accordo in Assemblea Capitolina: «Difficile comprendere i toni trionfalistici del M5S. Alcuni primari punti critici rimangono, a cominciare dalla localizzazione. Scompaiono alcune infrastrutture rilevanti. Si faranno dopo? Quali garanzie avranno i cittadini? Infine, il progetto richiede l’ennesima, ampia, variante al Prg. Sarebbe stato meglio recuperare le periferie». Anche il centrodestra è critico. Per il senatore di Forza Italia Francesco Giro «con una nuova delibera del Comune di Roma la procedura vecchia finirà in un binario morto e se ne dovrà aprire una tutta nuova. I tempi saranno più rapidi se non sarà necessaria una variante al Prg visto il dimezzamento delle cubature e la drastica riduzione delle opere infrastrutturali. Ma resta in piedi la procedura di vincolo avviata dalla soprintendenza. E a questo punto la posa della prima pietra per il nuovo stadio non credo avverrà prima di un paio d’anni». Fabrizio Cicchitto (Nuovo Centrodestra) è caustico: «Il vero sindaco di Roma, Grillo, dà finalmente il via libera allo stadio della Roma». Infine il Codacons: «L’impianto deve essere proprietà della squadra di calcio. Valuteremo nel dettaglio tutti gli aspetti dell’ opera di Tor di Valle affinché l’opera sia utile ai cittadini. Vogliamo vederci chiaro». (26/02/2017) -------------------------
  11. Stadio, gelo della Regione: manca ancora il piano delle nuove infrastrutture IL MESSAGGERO (F. ROSSI) - Su Tor di Valle è scontro aperto sulle infrastrutture, con la Regione che vuole vederci chiaro sul nuovo progetto: niente metropolitana, ponte sul Tevere e svincolo della Roma-Fiumicino rinviati alla realizzazione «in un secondo momento». Con il solo ampliamento della via del Mare, l’accesso al nuovo complesso rischia di diventare un imbuto, compromettendo l’intera operazione. Insomma, il taglio delle opere pubbliche – che i costruttori hanno legato indissolubilmente alla riduzione delle cubature previste nel progetto dell’Ecomostro annesso al nuovo stadio della Roma – rischia di diventare un boomerang per l’intera operazione, aprendo uno scontro tra Campidoglio e Regione che andrebbe inevitabilmente a complicare (e allungare) l’iter amministrativo. I COLLEGAMENTI – D’altronde, fanno notare alcuni tecnici impegnati nella conferenza dei servizi, il parere negativo del Comune sul progetto (attualmente ancora valido) è legato proprio alle carenze nel sistema della mobilità. Che, con il taglio alle infrastrutture previsto nell’accordo di venerdì sera a Palazzo Senatorio, sono destinate ad aggravarsi. «Mentre è stato detto chiaramente che le attuali cubature saranno ridotte in modo significativo, non si conoscono ad oggi le opere e le infrastrutture per garantire la mobilità, il miglioramento dell’ambiente e della qualità urbana – sottolinea l’assessore regionale alla mobilità, Michele Civita – Su tutto ciò la Regione eserciterà il ruolo e la funzione di sua competenza». IL CALENDARIO – Non si tratta di dettagli: sul nodo infrastrutture si giocano anche i tempi per la realizzazione dello stadio perché, se dovessero decadere le opere pubbliche previste dalla prima delibera comunale, la conferenza dei servizi non potrà dar seguito ai lavori e il progetto dovrà ripartire dal via. E mentre il rafforzamento del servizio di trasporto su ferro si limiterà alla semplice ristrutturazione della stazione Tor di Valle della ferrovia Roma-Lido, «anche in macchina rimarrà quasi impossibile raggiungere l’area perché l’accordo sembra portare al taglio del ponte di collegamento con l’autostrada», sostiene Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente. LA DELIBERA – Inevitabile, quindi, che tutto torni in aula Giulio Cesare: «Ricordo che l’attuale conferenza dei servizi è incardinata, come prevede la legge, sulla delibera approvata dal consiglio comunale che ha riconosciuto il pubblico interesse al progetto presentato nel 2014 – spiega Civita – Quindi, se il progetto cambia, bisognerà richiedere una nuova valutazione tecnica e un nuovo pronunciamento da parte del consiglio comunale di Roma sul pubblico interesse». Per ora, i proponenti sono intenzionati a chiedere una nuova proroga dei termini della conferenza dei servizi, che attualmente dovrebbe chiudersi il 3 marzo: ma si andrà avanti per altri tre o quattro mesi, prima che si possa abbozzare un nuovo progetto. Il quale, peraltro, dovrebbe ripassare dall’assemblea capitolina e da una nuova conferenza dei servizi, con uno slittamento dei tempi al momento non quantificabile. Da domani gli uffici capitolini, a ogni buon conto, cominceranno a lavorare sul nuovo provvedimento per il riconoscimento della pubblica utilità, che di fatto dovrebbe sostituire la delibera 132, ovvero quella varata dall’amministrazione di Ignazio Marino a dicembre del 2014, con l’approvazione dell’assemblea capitolina e i voti contrari dei quattro consiglieri M5S, tra cui Virginia Raggi. La nuova delibera assorbirebbe anche la variante al Piano regolatore necessaria per autorizzare i circa 150 mila metri cubi in più, rispetto ai 350 mila previsti del Prg vigente. L’AREA – La Regione, nel frattempo, si dovrà esprimere soprattutto sulle opere in materia di viabilità e tutela del territorio, in particolare sulla messa in sicurezza idrogeologica della zona. Non bisogna dimenticare poi la procedura di vincolo avviata dalla soprintendente alle Belle Arti Margherita Eichberg sull’Ippodromo di Tor di Valle. L’iter dura 120 giorni, i proponenti del progetto ne hanno 80 per presentare le proprie osservazioni: alla fine, sull’eventuale apposizione del vincolo dovrà esprimersi il ministero dei Beni culturali, che potrebbe anche dettare una serie di prescrizioni obbligatorie a tutela dell’area. La deadline perché il vincolo diventi effettivo è fissata al 6 giugno. Ma la parola fine sulla vicenda Tor di Valle potrebbe essere molto più lontana. (26/02/2017)
  12. Perse opere pubbliche per 130 milioni di euro. Scontro con la Regione (IL MESSAGGERO (S. CANETTIERI/L. DE CICCO) - Virginia Raggi si gode l'intesa con la Roma e i proponenti a casa con il figlio (due giorni di relax dopo il malore di venerdì mattina), il M5S grida all'operazione compiuta, l'opposizione attacca, la Regione porta tutti con i piedi per terra: fuori carte della nuova Tor di Valle. Il giorno dopo l'intesa sullo stadio, che azzera i grattacieli e dimezza le cubature, i fronti aperti sono molti. A partire da quelli legati alla delibera sulla pubblica utilità. Gli investimenti legati alle opere pubbliche caleranno di oltre 130 milioni di euro, a fronte dei 400 iniziali. I TAGLI - Dal progetto, dopo l'accordo di venerdì notte, è stato depennato il prolungamento della metro B (la biforcazione della linea era già stata bocciata dall'Agenzia della mobilità comunale). In alternativa, la delibera varata nel 2014 prevedeva un forte investimento per rimettere in sesto la malandata ferrovia Roma-Lido, che collega la Piramide Cestia al lido di Ostia, facendo scalo proprio a Tor di Valle. I privati, tre anni fa, si erano impegnati ad acquistare 15 nuovi treni per potenziare la tratta, finita nella black list delle dieci peggiori linee di trasporto pubblico d'Italia nel rapporto Pendolaria 2016. Alla fine i treni che verranno acquistati saranno soltanto 2. Considerando che ogni convoglio costa in media 9 milioni di euro, il risparmio per i proponenti è di 117 milioni. Dal progetto spariscono anche alcuni interventi per l'accessibilità del Tevere nell'area dello stadio: resta la riqualificazione delle banchine, ma vengono cancellati i quattro pontili nuovi di zecca che avrebbero dovuto essere realizzati al costo di 2,5 milioni l'uno (risparmio complessivo: 10 milioni di euro). Sembra destinato a saltare anche uno dei due ponti carrabili previsti nella zona: o il nuovo ponte interamente a carico dei privati oppure il ponte dei Congressi (finanziato con fondi pubblici), anche se dovrebbe restare l'investimento di circa 70 milioni da parte dei proponenti. Altri interventi sulla viabilità verranno «rimodulati», dalla riqualificazione della via Ostiense-via del Mare all'allargamento della stazione ferroviaria. Resta la messa in sicurezza della zona, che oggi è a rischio inondazione. Altre opere ancora subiranno slittamenti: in base all'accordo, i privati potrebbero realizzare sia lo svincolo sull'autostrada Roma-Fiumicino sia il ponte dopo la costruzione dello stadio e delle palazzine destinate a negozi, uffici e ristoranti. LO SCONTRO - Ed è proprio questa novità ad aprire un fronte con la Regione dove è incardinata la conferenza dei servizi, la cui chiusura fissata per il 3 marzo è destinata a slittare grazie a una maxi-proroga. L'assessore all'Urbanistica Michele Civita: «Non si conoscono ad oggi le opere e le infrastrutture che l'accordo reputa indispensabili per garantire la mobilità, il miglioramento dell'ambiente e della qualità urbana. Su tutto ciò, in modo costruttivo e in coerenza con l'attività fin qui svolta, eserciteremo il ruolo e la funzione di competenza». «Se il progetto cambia - continua Civita - bisognerà richiedere una nuova valutazione». Valutazione che secondo alcune interpretazioni potrebbe addirittura essere una nuova Conferenza dei servizi. Con un ovvio slittamento dei tempi. Secondo l'urbanista Raimondo Grassi «l'accordo potrebbe rivelarsi una trappola per 400mila romani che abitano o lavorano in quel quadrante». Il Codacons valuterà «il progetto dello stadio e anche al possibilità di impugnarlo davanti al Tar». L'operazione ricompatta il M5S a livello nazionale. Da Roberta Lombardi a Luigi Di Maio. La base ribolle però. E nella maggioranza grillina si registrano quattro consiglieri critici, che l'altra notte si sono espressi contro la nuova intesa siglata da «Virginia». (26.02.2017)
  13. Baldissoni: "Il taglio cubature non riguarda la Roma" IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Il giorno dopo l'intesa tra il sindaco Virginia Raggi e la Roma per la costruzione del nuovo stadio a Tor di Valle, è dedicato quasi esclusivamente alle riflessioni. Perché nella concitazione dell'annuncio avvenuto venerdì in seconda serata dopo la riunione svoltasi a Palazzo Senatorio, sono rimaste inevase alcune domande. Tra queste, quella che ha più catalizzato l'attenzione dei media negli ultimi mesi e che dopo il taglio delle tre torri Libeskind ancora non aveva risposta. Possibile che la Roma e il costruttore Parnasi abbiano accettato di cancellare dal progetto quelle che più volte erano state descritte come la fonte di reddito che doveva tenere in equilibrio tutta l'operazione, mantenendo però l'impegno ad accollarsi le spese di tutte le opere pubbliche? A spiegare perché ciò è possibile, ci pensa Mauro Baldissoni, direttore generale del club giallorosso: «La mancata costruzione delle torri e la conseguente riduzione delle cubature non riguardano certamente la Roma. A noi non interessa la parte Business park, questa riguarda il costruttore. La sostenibilità dell'intero progetto e il resto delle opere pubbliche che fanno capo a Parnasi sono comunque bilanciate perché fanno parte di un calcolo algebrico. Mi spiego meglio. Scendono le cubature? Inevitabilmente calano i costi dell'investimento». OCCASIONE PERSA - Il rischio che il passaggio successivo possa essere quello di un taglio alle opere pubbliche, è dietro l'angolo. Baldissoni, però, inizialmente frena: «No, non è detto. Non significa che ci sarà necessariamente un taglio delle opere pubbliche ma nelle pieghe del progetto, alcuni soldi che inizialmente si pensava di dover utilizzare come contributo al costo della costruzione (il riferimento è alle tasse da pagare, ndc), non sarà più denaro che metterà direttamente Parnasi se non alla compensazione del calcolo algebrico del quale vi parlavo in precedenza». Poi in un secondo momento, ammette: "Le torri rappresentavano una scelta architettonica valida perché parliamo di un unicum dell'architettura contemporanea. Quindi chi ci rimette è la città, che si vedrà privata di qualcosa di molto particolare. Poi è chiaro che se vengono tolte le torri e al loro posto sorgono degli edifici più piccoli, riducendo le cubature, qualcosa dovrà essere riconsiderato anche nelle opere pubbliche. Doneremo comunque infrastrutture sufficienti a rendere quell'area, e non solo lo stadio, fruibile per i cittadini". Quello che sembra chiaro è che «nonostante le modifiche siamo molto soddisfatti, l'importante era avere l'ok e siamo riusciti ad ottenerlo. Adesso il progetto andrà ripresentato anche alla Regione Lazio. Siamo sicuri che l'ente continuerà a comportarsi egregiamente come ha fatto sinora, rendendo efficiente la procedura anche con le modifiche apportate. Siamo fiduciosi che potremo aprire lo stadio non più tardi della stagione 2020-21». (26/02/2017)
  14. Lotito: "Ora un impianto anche per la Lazio" IL MESSAGGERO (E. BERNARDINI) - Non aspettava altro, Claudio Lotito. Il sì pronunciato ieri dal sindaco Virginia Raggi ha risvegliato il mai dormiente presidente della Lazio e il suo Stadio delle Aquile. È rimasto in silenzio per qualche anno dopo aver aperto una breccia. Da abile stratega ha lasciato che fosse la Roma ad asfaltare la strada. Ora punta dritto il suo traguardo. Poche ore dopo le parole del primo cittadino della Capitale ecco il ciclone Lotito: «Cara sindaca Raggi, prendiamo atto che la sua amministrazione ha superato i vincoli ed ha raggiunto un accordo con la Roma per la realizzazione del nuovo stadio giallorosso. Ci aspettiamo che applichi par condicio nei confronti degli innumerevoli tifosi biancocelesti e consenta la creazione del nuovo impianto della Lazio», dice il patron. RITORNO AL PASSATO - «La Lazio prende atto con piacere che sono state superate tutte le remore legate ai vincoli delle sovrintendenze e ai vincoli idrogeologici per la realizzazione dello Stadio della Roma», un passaggio da non sottovalutare visto che l'area individuata da Lotito, alcuni terreni sulla Tiberina, sono stati messi sotto accusa per il rischio di esondazione del Tevere. Il presidente però fa spallucce, superati gli ostacoli di Tor di Valle, si supereranno anche quelli sulla Tiberina: «L'esondazione non è un problema, non si è mai verificata». E la possibilità di prendere il Flaminio? Nonostante sia la soluzione auspicata da quasi tutti i tifosi laziali, Lotito proprio non ci pensa: «Il sindaco di Roma e la sua giunta sicuramente consentiranno di costruire anche ai biancocelesti, il proprio stadio, secondo i propri criteri di localizzazione, di efficienza e qualità dell'impianto, senza ricorrere allo stratagemma dello Stadio Flaminio che non ha alcun requisito e condizione oggettiva per essere lo stadio della Lazio». IL PROGETTO - «La creazione dello stadio della Prima Squadra della Capitale, assevererà la volontà da parte delle istituzioni capitoline di intraprendere un percorso di innovazione in linea con i tempi, che proietti finalmente la nostra città, anche nel settore delle infrastrutture calcistiche, nella dimensione internazionale, così come sottolineato e richiesto dal Presidente Uefa». Insomma bisognerà rispolverare il progetto dello stadio delle Aquile, partorito nel 2004 e ammodernato. Uno stadio da 40 mila posti, niente barriere, terreno di gioco vicino agli spalti in pieno stile inglese. Serviranno tre anni per realizzarlo. Più che uno stadio comunque una casa per la famiglia laziale si affretta a specificare Lotito. Ci saranno tre campi da calcio, uno da baseball, uno da rugby, uno da football , uno per l'hockey su prato, sei campi da tennis, una pista di atletica leggera, quattro piscine di cui tre olimpioniche e un palazzetto per il basket e il volley. Tutto rose e fiori? No, anche cemento: uffici per il club e museo della Lazio, ma soprattutto un centro commerciale su due piani, ristoranti, un cinema, negozi e poi un albergo a 4 stelle e 25 ettari per un parco giochi che potrà diventare area concerti. E per arrivarci? Macchina, treni e addirittura battelli sul fiume. Insomma, Lotito ha fatto la sua mossa, ora aspetta, seduto sull'ansa del Tevere, una risposta dall'Amministrazione Capitolina per formalizzare il progetto. (26.02.2017)
  15. Stadio Roma, Grancio (M5S): "Se non è passato quello scempio di progetto originale è merito dei cittadini" Questo il pensiero della consigliera capitolina M5S Cristina Grancio sullo Stadio della Roma, pubblicato sul suo profilo Facebook: "Chi ha vinto? E che cosa si deve fare? In politica nessuno asfalta nessuno, ma il sospetto di un pareggio che accontenta tutti, mi viene. Allora incominciamo con il dire che senza la vigorosa fermezza dell'azione di contrasto di alcuni quartieri romani e della periferia, cara Virginia, non avremmo portato a casa il 'nuovo e più contenuto progetto'. Lo confesso, io giocavo per vincere, non per pareggiare. Ma come si usa dire proprio nel calcio 'la partita finisce quando l'arbitro fischia'. Voglio pero' scrivere che se non e' passato quello scempio del progetto originario di Tor di Valle e' merito di tantissimi cittadini romani che in piccola parte anche io penso di rappresentare. E i veri vincitori sono proprio loro. Ringraziamoli. Quella disponibilita' della controparte, alla quale alludi nella dichiarazione di ieri sera, ecco in 'quella disponibilita'' non mi riconosco. Parlerei piuttosto di un riconoscimento tardivo da parte dei costruttori della loro|vergognosa fame di cemento, bloccata e contenuta dalla nostra ferma opposizione. Un dubbio, come punto di partenza, mi rimane:senza noi 'ortodossi' del M5S , come sarebbe finita? Con immutato affetto" 25.02.2017
  16. Articolo molto interessante. Chi vince e chi perde sullo stadio della Roma a Tor di Valle Un lungo incontro segreto di mediazione finito giovedì notte. Un ok al progetto strappato ai consiglieri (non a tutti: otto sono dissidenti) nella riunione di venerdì in Campidoglio. Poi la convocazione di A.S. Roma e Luca Parnasi per chiudere i dettagli e scegliere la comunicazione all’uscita. E così alla fine sullo Stadio della Roma a Tor di Valle vince il compromesso tra Virginia Raggi e i proponenti, che lascia con il cerino acceso in mano i dissidenti come l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo che in una dichiarazione all’agenzia DIRE aveva detto che il luogo non era idoneo. Ma a perdere non è soltanto lui: ad occhio anche Eurnova cede sulla realizzazione delle torri e il fronte dei grillini ambientalisti finisce spaccato tra chi ancora contesta e chi fa buon viso a cattivo gioco. E poi: il silenzio glaciale degli esponenti del Partito Democratico sia in Comune che in Regione rivela la loro rovinosa sconfitta in un dossier in cui a via della Pisana sono stati traditi dalla loro incapacità di prendere in mano la situazione mentre in Assemblea Capitolina, semplicemente, la partita non si è mai giocata. Last but not least: dal ridimensionamento del progetto deriva, come era prevedibile, un ridimensionamento anche delle opere pubbliche che il proponente si era impegnato a realizzare: quindi a perderci sono anche i cittadini romani. Quello che però l’ha presa peggio sui denti non può che essere Paolo Berdini: mentre si lavorava a una mediazione che prevedeva il taglio delle cubature l’ex assessore all’urbanistica ha puntato tutto sul no allo stadio per far saltare il progetto e poi si è dilettato nella diffamazione anonima della sindaca. Questo lo ha costretto a togliere la sua faccia da un compromesso comunque potabile e il suo deretano da una poltrona in cui sedeva davvero comodamente. Vediamo per quanto possibile i dettagli dell'accordo e in che modo cambierà la procedura. Il taglio delle tre torri di Libeskind e quello delle cubature cambia in maniera definitiva il progetto della delibera 132 firmata nel 2014 dall’allora sindaco Ignazio Marino e dall’assessore Giovanni Caudo: sarà necessario un altro atto e, a questo punto anche una nuova Conferenza dei Servizi. Ma la A.S. Roma invece sostiene il contrario e ritiene che si possa concludere l’iter autorizzativo il 6 marzo e presentare la documentazione preliminare il 3 (anche se si parla anche di un rinvio di un mese chiesto dai proponenti). Una tesi contestata ferocemente da tutti. Poi c’è la questione dell’apposizione del vincolo: se prima la Conferenza poteva essere il luogo in cui superare le mosse della Soprintendenza, il suo fallimento e l’eventuale riconvocazione farebbe pensare al contrario. A cadere sono il prolungamento della metro B, il ponte aggiuntivo sul Tevere e la bretella sulla Roma-Fiumicino: tutte infrastrutture di cui la città aveva bisogno a prescindere dallo stadio e che però il Comune di Roma non può realizzare per la penuria di liquidità. Le infrastrutture sarebbero state ovviamente utilizzabili per tutta la settimana e non soltanto il giorno della partita. Da questo punto di vista ci perdono i cittadini. Che si possono però consolare con altro: il progetto avrà delle certificazioni ambientali superiori rispetto a quelle di partenza e verranno piantati più alberi rispetto alla versione iniziale. Anche i materiali utilizzati saranno «innovativi» e il parco rimane. A perderci, e male, sono i grillini del no. A parte gli otto consiglieri comunali che non erano d’accordo con la mediazione raggiunta da Virginia Raggi, traspare l’irritazione o la rabbia in molti esponenti dei 5 Stelle, sia tra gli eletti che tra gli attivisti. Emblematico è il tweet di Silvana Denicolò, consigliera regionale del Lazio, mentre anche Roberta Lombardi e la sua crew romana devono essere molto arrabbiati anche se probabilmente diranno, come è già capitato, che in realtà loro hanno sempre puntato a questo. Un silenzio glaciale si osserva anche dalle parti di Francesco Sanvitto, il portavoce del Tavolo Urbanistica del M5S ieri cazziato con parole definitive da Beppe Grillo sul blog. Altri, come la sorella di De Vito Francesca, fanno buon viso a cattivo gioco: «Credo che sia meglio convincere i consiglieri “dissidenti” a costruire uno stadio che darà lavoro e sviluppo alla Capitale piuttosto che portarli da un notaio per defenestrare un Sindaco democraticamente eletto…..ogni riferimento è puramente casuale» A dir poco rovinosa è invece la sconfitta politica del Partito Democratico. Gli esponenti dell’Assemblea Capitolina hanno cominciato a difendere le opere pubbliche soltanto dopo la lettera di Ignazio Marino che ricordava i termini e l’importanza dell’accordo per la città. Prima anche i deputati eletti a Roma hanno continuato a trattare il dossier come se si trattasse di una questione sportiva, solleticando gli istinti dei tifosi sulla cattiva sindaca che non voleva lo stadio dei giallorossi. Una pecionata galattica che dimostra tutta la scarsa comprensione di una partita che invece era prima di tutto economica e riguardava gli investimenti privati in città. Per non infastidire il bacino elettorale degli ambientalisti invece i consiglieri, i deputati e i senatori del Partito Decapitato (da Orfini) hanno invece puntato tutto su Forza Roma, Daje Lazio, dimostrando così una superficialità politica che dovrebbe indurli a una riflessione (soprattutto agli ex esponenti del partito dell’autocritica). Il risultato è stato che la Raggi ha potuto annunciare che lo stadio si fa e le torri no, mentre loro sono rimasti tutti con il cerino acceso in mano: e infatti da ieri si registra un silenzio di tomba nonostante il raggiungimento dell’accordo avrebbe dovuto far esultare gli alfieri democratici del #famostostadio. Ma la sconfitta più rovinosa la registra la Regione Lazio nei suoi esponenti principali: Nicola Zingaretti e l’assessore Michele Civita. In sede di Conferenza dei Servizi il Partito Democratico laziale ha rinunciato a difendere gli investimenti privati per le solite ragioni di bacino elettorale, ma ha anche commesso una serie di errori strategici: ha regalato ai grillini un mese di sospensione della Conferenza per facilitare il raggiungimento dell’accordo di ieri mentre era nei suoi poteri negarlo. Ma non c’è solo questo: l’iter della Conferenza dei Servizi prevedeva l’ultima parola per la Regione e, in successione, la possibilità per i proponenti di adire al governo in caso di mancata decisione finale. Raccontano i beninformati però che la Roma si fosse convinta a seguire l’iter giudiziario proprio dopo aver registrato la mancanza di volontà politica a dare l’ok all’opera in caso di fallimento della Conferenza dei Servizi. Perché c’era un ragionamento politico sotteso: alla fine la responsabilità del no allo Stadio della Roma se lo sarebbero preso i grillini, con tutto ciò che elettoralmente comportava. La strategia politica dello struzzo però non ha pagato: adesso il Comune ha detto sì. Alla nuova delibera che passerà in Aula il PD potrà dire solo sì o sissignore. Oppure votare no, dicendo che era meglio il progetto del sindaco che ha dimissionato dal notaio. La soprintendenza dei Beni Culturali, che dipende dal ministero retto da Dario Franceschini, ha invece apposto il vincolo alle ormai famose tribune di Lafuente. Probabilmente quel vincolo verrà superato in sede politica o giudiziaria, ma se ciò non avvenisse – parliamo in teoria, ovviamente – ci troveremmo di fronte a un meraviglioso cortocircuito, con i grillini che dicono sì allo stadio e il governo che dice no. E il suicidio politico sarebbe definitivamente completato. nextquotidiano.it
  17. Stadio Roma, Civita: "La Regione eserciterà il ruolo e la funzione di sua competenza" (25.02.2017) - Dell’accordo raggiunto ieri sullo Stadio della Roma “mentre è stato detto chiaramente che le attuali cubature saranno ridotte in modo significativo, non si conoscono ad oggi le opere e le infrastrutture per garantire la mobilità, il miglioramento dell’ambiente e della qualità urbana. Su tutto ciò la Regione, eserciterà il ruolo e la funzione di sua competenza“. Così in una nota l’assessore alle Politiche del Territorio e alla Mobilità, Michele Civita. (ansa)
  18. Breve storia dello psicodramma Lo stadio e le ragioni di Paolo Berdini È lo specchio di una politica comunale gestita in modo tanto personalistico quanto dilettantesco. Non facevano prima ad ascoltare l’ex assessore, il quale da subito gli aveva detto che progetto e collocazione erano inaccettabili? Di Vittorio Emiliani Lo Stadio della Roma è diventato uno psicodramma, politico e sociale. Ma sembra più che altro lo specchio di una politica comunale gestita in modo tanto personalistico quanto dilettantesco. Ricordate Ignazio Marino che vola improvvisamente negli States, lui che sa le lingue, per concordare in linea di massima il progetto del nuovo Stadio della Associazione Sportiva Roma o meglio del suo presidente? Uno pensa che per fare un gesto del genere avesse alle spalle chissà quali studi di fattibilità, e invece no. O in alternativa che ce li avesse l’investitore americano, e invece nemmeno lui li aveva. Marino volò addirittura negli Usa Eppure da più parti si è subito obiettato che l’area dell’ex ippodromo era quanto mai insidiosa dal punto di vista idrogeologico come ogni terreno nell’ansa del Tevere (non si era dovuta forse ricostruire di fatto la tribuna dell’Olimpico chiamata Tevere?), era malissimo collegata con la letale Via del Mare a senso unico e la parallela angusta Via Ostiense, e da quello ferroviario. Ma no, Ignazio Marino era stato eletto a furor di popolo forse proprio perché privo di precedenti amministrativi, preferito alla grande all’attuale premier, già solido ex assessore con Rutelli, Paolo Gentiloni (par di sognare). C’erano i soldi? Soltanto in parte. Per questo Pallotta&Parnasi chiesero e ottennero che attorno allo Stadio venisse imbandito il “piatto forte” e cioè la bellezza di 1 milione circa di metri cubi. Di residenze? No, non si poteva. Allora di uffici e di locali commerciali. Uffici inutili, un quartiere che si allaga Ma se Parnasi aveva già uffici sfitti alla Bufalotta e di altri vuoti ce n’era una caterva a Roma, per 2 milioni di metri quadrati? Eppure quel progetto coi grattacieli e con tanti interrogativi venne approvato, con l’aggiunta di considerare di «pubblica utilità» una serie di opere importanti. Malgrado i tecnici rilevassero che per la bonifica del Fosso di Vallerano (che sovente allaga Decima) e per le idrovore a pompaggio continuo occorrevano 9 più 16 milioni e che il raccordo con la Metro B metteva in pericolo il funzionamento della stessa e che unificare per un tratto Via del Mare e Ostiense era un «papocchio». E poi, per chi lo Stadio? Una inestirpabile violenza ha allontanato la gente. Il derby è temuto come un evento bellico. Nel 2016 gli abbonati della Roma sono risultati circa 18.000 con un calo del 25 %. Ancor peggio la Lazio, crollata a 4.000 tessere (- 72%). Dovevano decidere i cittadini Tutto questo è precipitato addosso al M5S, alla sindaca Virginia Raggi e al sindaco-ombra Beppe Grillo che nove mesi dopo dichiara che Tor di Valle non va e che sullo Stadio della Roma decideranno... i cittadini. Non facevano prima ad ascoltare l’ex assessore, l’urbanista Paolo Berdini, il quale da subito gli aveva detto che progetto e collocazione erano inaccettabili? E che si potevano avanzare controproposte utili? Come per le Olimpiadi d’altronde. Tutto dimenticato. (corriere.it 25.02.2017) link
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