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CRAZEOLOGY

Tifoso Juventus
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  1. Si è dimenticato l'Inter. Detto questo, (al di là delle ultime operazioni che hanno visto Telelombardia papparsi anche 7Gold, ingrandendosi ancora di più), sarà meglio che anche quel covo di antiJuventini si dia una bella regolata. Il calcio cambierà ancora nei prossimi anni, così gli abbonamenti, così gli ascolti, così tutto il giornalismo che lo riguarda. Non si sentano esclusi dai rischi solo perché loro sono gratis. Invelenire l'acqua da cui tutti bevono non fa bene a nessuno. E loro lo fanno da decenni. Il calcio potrebbe abbassare molto la sua appetibilità in futuro, perché i giovani pensano ad altre cose. Vedrai caro ravezzani che fine farete....
  2. Non lo so. Diciamo che da quello che si vede dall'esterno sembra abbastanza improbabile, perché se fosse stato come dici tu, a quest'ora Margherita l'avrebbero già messa in una scatola. Il fatto che lui sia sotto tiro della magistratura, con tanto di perquisizioni personali, ecc, e che i media stiano riportando tutto con dovizia di dettagli, con fortissime critiche anche riguardo a tutta la gestione industriale del settore automotive, mi fa pensare che non sia così. Mi sembra quasi che rispetto anche solo a qualche anno fa, ormai tutti siano non solo sempre contro la Juve, come al solito, ma anche contro tutto il gruppo ed Elkann. Perché loro industrialmente, come ho detto tante volte, muovono interi mondi. Il fatto di fuggire gradualmente all'estero, significa togliere soldi dalle tasche di tante persone, di tanti politici, di tante banche, ecc, e creare una serie di problemi a tutta la politica (locale, regionale, e nazionale). Il problema non è solo l'operaio che resta a casa, qui si da parecchio fastidio anche alla casta. Così la vedo io, anche se ovviamente potrei sbagliare. Ma un clima del genere nei confronti del gruppo in passato non lo ricordo.
  3. Bravo. Identiche mie sensazioni. Poi spero migliori, cresca, e senta il peso della maglia nel modo giusto. Il suo sogno lo ha raggiunto, è arrivato, adesso deve farlo esplodere. Vedremo... Quello che sarà sarà, ma Giuntoli e Motta mi sembrano sul pezzo, anche se i mezzi economici a disposizione sono quelli che sono.
  4. L’era della pay tv, del calcio spalmato in giorni e orari diversi, lo aveva già fatto diventare un pianerottolo, sia pur suggestivo, dell’immenso edificio del pianeta calcio e tv. Da oggi Novantesimo minuto vivrà solo di ricordi. La Rai lo terrà in piedi sabato e lunedì sera, ma della trasmissione che ha segnato un’epoca di sport e società, quella della domenica pomeriggio, non resterà nulla. Un highlander che ci lascia dopo essere sopravvissuto ai diritti tv passati a Mediaset, quando fu capace di rigenerarsi anche con la sola Serie B al punto da farla sembrare il campionato più bello del mondo. In onda, persino quando i tecnici, scioperanti inamovibili, non avevano fatto arrivare in redazione nemmeno un’immagine. Successe due volte, nel 1975 e nel 1987, eppure andò in onda, con le partite raccontate come una favola illustrata da qualche foto presa qua e là. Alla fine però Novantesimo si è arreso. Piegato dalla mancanza del suo carburante, il calcio. Una partita dalle 12,30, una o due alle 15, e spesso neanche di primo livello. E con l’aggravante di un’altra, quella delle 18, a fare concorrenza sleale. Cala il sipario dopo 54 anni. Si era alzato nel settembre del 1970 da una idea di Maurizio Barendson e Paolo Valenti. La sigla più famosa, con la tipica musichetta, mostrava una curva dello stadio Olimpico che si riempiva gradualmente. […] La forza di Novantesimo era nelle immagini in anteprima, ma anche nella personalità dei giornalisti, identificati fatalmente con le squadre che seguivano. Perché se Paolo Valenti era stato straordinario a non far mai trapelare la sua fede calcistica […], per gli altri si era creata una simbiosi. Quando c’era da commentare l’Ascoli di Carlo Mazzone e Costantino Rozzi, il presidente dagli scaramantici calzini rossi, il volto era Tonino Carino con il suo aspetto timido e gentile e forse per questo diventato star assoluta. Se Antognoni segnava su punizione il cantore era Marcello Giannini, mentre dall’Olimpico illustrava Giampiero Galeazzi (che poi sarebbe diventato il conduttore). Infinite schegge della memoria. […] REPUBBLICA PS - 1 Comunque un doveroso grazie ai due ideatori che, anche se morti diverse decine di anni fa, ci hanno regalato un pezzo di storia della televisione. ------------------------------------------------------------------------------------------- PS - 2 Cari autori televisivi di un passato lontano, oggi il calcio non vi piacerebbe più. Vi farebbe schifo. Così come la conduzione sbilenca del vostro programma degli ultimi anni che siete stati costretti a lasciare in eredità ad altri. Quindi tifate, da lassù, per quelli come noi. Grazie ragazzi.
  5. Gianni Agnelli è un mito di costruzione mediatica e di indiscutibile fascino personale, ma di industria non ci ha mai capito nulla. E probabilmente anche di tante altre cose. Basta vedere come il gatto e la volpe se lo sono intortato, aggiustandosi loro e le loro famiglie, e dirottando l'impero verso chi ora lo governa. Finanziariamente poi hanno avuto sicuramente ragione, visto ciò che è diventato exor negli ultimi 25/30 anni, ma come abbiamo visto industrialmente appena aperti i confini e con l'europa unita il mondo Fiat è finito. Se invece di pensare alle mostre d'arte, annoiarsi ogni 2 minuti, e rincorrere le gonnelle, Gianni avesse davvero fatto l'industriale, oggi avremmo un'altra situazione. Cosa avrebbe dovuto essere, e cosa avrebbe davvero potuto essere Gianni Agnelli, in sostanza non lo sapremo mai.
  6. Lo so. Ma l'importante è che si crei una situazione nuova, e che la Juve esca da questa situazione di stallo per diventare e ambire come il Real.
  7. In tribunale a Torino ora sono sicuri: hanno l'inventario completo dei beni dell'Eredità Agnelli. Denaro, reti di istituti bancari e società fiduciarie, una geografia internazionale che va dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche. Tutto ciò che il notaio svizzero Urs von Grunigen aveva messo nero su bianco. Intestazioni e cifre che vanno di pari passo con il materiale finora trovato dalla Procura della Repubblica, che sarebbe pronta a emettere una serie di rogatorie internazionali. Ma quel che non c'è ha forse un peso ancora maggiore: 138 tonnellate. In lingotti d'oro. Il tesoro più segreto degli Agnelli. […] Il giudice istruttore Nicoletta Aloj scrive che "può ritenersi sufficientemente individuata la documentazione relativa alle operazioni di inventario" dell'eredità di Marella Agnelli Caracciolo da parte di von Grunigen. Lo fa nell'ordinanza con cui, di fatto, dispone l'interrogatorio di John Elkann (mentre i fratelli Lapo e Ginevra dovranno fornire prove documentali) per chiarire l'esatto ammontare dei beni all'estero, transitati da Marella a lui. Si tratta di somme presenti in conti Morgan Stanley & Co. a Londra, New York e in Svizzera; la banca Pictet & Cie di Ginevra; Luxembourg Branch in Lussemburgo, l'Hong Kong Branch; il Singapore Branch, e ancora Credit Suisse di Zurigo, società di asset e finanziarie tra Liechtenstein, ancora Singapore, la Svizzera, ma anche la Nomen Fiduciaria di Torino, Mediobanca a Milano e via discorrendo. E qui parliamo della parte in sede civile della lunga contesa che vede Margherita Agnelli, figlia di Gianni, in guerra con i suoi tre figli Elkann. In sede penale la cosa è leggermente diversa. In Procura - dove gli Elkann sono indagati per truffa aggravata assieme al commercialista, e presidente della Juve, Gianluca Ferrero, per la supposta falsa residenza svizzera della nonna Marella - hanno già recuperato una importante mole di documenti e trovato prove di depositi di denaro tra Liechtestein, Isole Vergini Britanniche e Lussemburgo. Oltre ai famosi preziosi quadri dell'Avvocato, che sarebbero custoditi al Lingotto di Torino, in uffici dell'ex Fca. Per aprire il lucchetto di questi conti, esaminare i passaggi e la provenienza dei fondi - che potrebbero far parte dei famosi fondi neri accumulati da Gianni Agnelli ai tempi della clamorosa falsa Opa Exor -, servono rogatorie internazionali che devono andare a cozzare con il rigido segreto bancario e fiscale di quei paraggi. Le richieste, comunque, starebbero per partire. Il famoso oro, invece, è un discorso a parte. Che Marella Agnelli avesse un patrimonio personale di 5,8 miliardi di euro è cosa documentata anche dai Panama Papers. Non avendo lei redditi tali, a parte il vitalizio milionario riconosciutole dalla figlia, quei miliardi sono l'eredità dell'Avvocato. Ben più di quanto stimato, ai tempi, a Margherita Agnelli, che poi firmò l'accordo successorio, rinunciando a Fiat e incassando un miliardo e duecento milioni di euro. Marella era certo - se non lei, di sicuro tramite i fidati consiglieri di Agnelli Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti - a conoscenza del luogo dove sarebbero custodite quelle tonnellate d'oro dalla storia particolare. E che sarebbero passate nella disponibilità di John Elkann. Quando invece, questo il ragionamento di Margherita, sarebbero dovute essere divise innanzitutto fra madre e figlia. Quell'oro, che ha rappresentato a lungo una leggenda degli Agnelli ma che, con il passare del tempo, trova sempre più elementi di prova, era del Senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat. Lui, che era miliardario all'inizio degli anni 20 (quando fu anche accusato aggiotaggio in Borsa, ma con quei soldi si prese tutta la Fiat) e aveva raggiunto i 40 miliardi di lire alla fine della guerra, aveva cominciato a convertire il proprio denaro in lingotti d'oro da depositare in Svizzera. Alla sua morte, anche quell'oro, come molti altri beni, passò al nipote Gianni Agnelli. A lui disse di disporre di tutti i beni e decidere lui come dividere fra i fratelli e i parenti. Ma il consiglio, anzi forse l'ordine, fu di conservare una riserva segreta, per le sorti dell'azienda. Comprese le 138 tonnellate in oro. Il cui valore, oggi, viene calcolato in 9,2 miliardi di euro. L'oro si troverebbe nei caveau del Free Port di Ginevra, di proprietà della società Ports Francs et Entrepots de Geneve: un enorme deposito di valori, automobili, reperti archeologici, la più grande raccolta di opere d'arte del mondo che non può essere vista e chissà quant'altro. L'indirizzo è il quartiere de La Praille, a Ginevra. Ma Margherita, nonostante i suoi avvocati e i suoi investigatori, non ha mai potuto neppure avvicinarsi. Scrive Gigi Moncalvo che, all'avvocato che insisteva per accedere almeno ai documenti - per capire cosa ci fosse lì dentro nella disponibilità della famiglia Agnelli/Elkann - fu detto di andarsene o avrebbero chiamato la Gendarmeria. Il tesoro del Fondatore, dunque. Quello che Gianni avrebbe potuto dividere fra i fratelli, usare per sostenere la Fiat nei momenti bui - e perché mai, se tanto c'erano i soldi dello Stato fra cassa integrazione e contributi a perdere, il petrolio di Gheddafi e i magheggi di Enrico Cuccia? [...] Che non compaiano in nessun elenco è chiaro. Ma anche la loro esistenza sembra certa. Così come il fatto che Elkann ne abbia la disponibilità. Tentare una rogatoria internazionale per farsi aprire i lucchetti? L'ultima volta ci provò la Procura di Milano con il Port Franc di Chiasso dove avrebbero dovuto esserci i famosi dipinti "scomparsi". Una volta arrivati lì, però, gli investigatori non hanno trovato nulla. Tutto era stato svuotato per tempo. torinocronaca.it PS In effetti troppo spesso, io per primo, ci si dimentica che prima di Gianni Agnelli c'è stato suo nonno. Quella Fiat poi, ossia quella prima della seconda guerra mondiale, non contrastava lo stato fascista, quindi viaggiava bene. E anche il nonno del nonno di JE deve aver imboscato molti fondi... E' possibilissimo.
  8. In tribunale a Torino ora sono sicuri: hanno l'inventario completo dei beni dell'Eredità Agnelli. Denaro, reti di istituti bancari e società fiduciarie, una geografia internazionale che va dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche. Tutto ciò che il notaio svizzero Urs von Grunigen aveva messo nero su bianco. Intestazioni e cifre che vanno di pari passo con il materiale finora trovato dalla Procura della Repubblica, che sarebbe pronta a emettere una serie di rogatorie internazionali. Ma quel che non c'è ha forse un peso ancora maggiore: 138 tonnellate. In lingotti d'oro. Il tesoro più segreto degli Agnelli. […] Il giudice istruttore Nicoletta Aloj scrive che "può ritenersi sufficientemente individuata la documentazione relativa alle operazioni di inventario" dell'eredità di Marella Agnelli Caracciolo da parte di von Grunigen. Lo fa nell'ordinanza con cui, di fatto, dispone l'interrogatorio di John Elkann (mentre i fratelli Lapo e Ginevra dovranno fornire prove documentali) per chiarire l'esatto ammontare dei beni all'estero, transitati da Marella a lui. Si tratta di somme presenti in conti Morgan Stanley & Co. a Londra, New York e in Svizzera; la banca Pictet & Cie di Ginevra; Luxembourg Branch in Lussemburgo, l'Hong Kong Branch; il Singapore Branch, e ancora Credit Suisse di Zurigo, società di asset e finanziarie tra Liechtenstein, ancora Singapore, la Svizzera, ma anche la Nomen Fiduciaria di Torino, Mediobanca a Milano e via discorrendo. E qui parliamo della parte in sede civile della lunga contesa che vede Margherita Agnelli, figlia di Gianni, in guerra con i suoi tre figli Elkann. In sede penale la cosa è leggermente diversa. In Procura - dove gli Elkann sono indagati per truffa aggravata assieme al commercialista, e presidente della Juve, Gianluca Ferrero, per la supposta falsa residenza svizzera della nonna Marella - hanno già recuperato una importante mole di documenti e trovato prove di depositi di denaro tra Liechtestein, Isole Vergini Britanniche e Lussemburgo. Oltre ai famosi preziosi quadri dell'Avvocato, che sarebbero custoditi al Lingotto di Torino, in uffici dell'ex Fca. Per aprire il lucchetto di questi conti, esaminare i passaggi e la provenienza dei fondi - che potrebbero far parte dei famosi fondi neri accumulati da Gianni Agnelli ai tempi della clamorosa falsa Opa Exor -, servono rogatorie internazionali che devono andare a cozzare con il rigido segreto bancario e fiscale di quei paraggi. Le richieste, comunque, starebbero per partire. Il famoso oro, invece, è un discorso a parte. Che Marella Agnelli avesse un patrimonio personale di 5,8 miliardi di euro è cosa documentata anche dai Panama Papers. Non avendo lei redditi tali, a parte il vitalizio milionario riconosciutole dalla figlia, quei miliardi sono l'eredità dell'Avvocato. Ben più di quanto stimato, ai tempi, a Margherita Agnelli, che poi firmò l'accordo successorio, rinunciando a Fiat e incassando un miliardo e duecento milioni di euro. Marella era certo - se non lei, di sicuro tramite i fidati consiglieri di Agnelli Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti - a conoscenza del luogo dove sarebbero custodite quelle tonnellate d'oro dalla storia particolare. E che sarebbero passate nella disponibilità di John Elkann. Quando invece, questo il ragionamento di Margherita, sarebbero dovute essere divise innanzitutto fra madre e figlia. Quell'oro, che ha rappresentato a lungo una leggenda degli Agnelli ma che, con il passare del tempo, trova sempre più elementi di prova, era del Senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat. Lui, che era miliardario all'inizio degli anni 20 (quando fu anche accusato aggiotaggio in Borsa, ma con quei soldi si prese tutta la Fiat) e aveva raggiunto i 40 miliardi di lire alla fine della guerra, aveva cominciato a convertire il proprio denaro in lingotti d'oro da depositare in Svizzera. Alla sua morte, anche quell'oro, come molti altri beni, passò al nipote Gianni Agnelli. A lui disse di disporre di tutti i beni e decidere lui come dividere fra i fratelli e i parenti. Ma il consiglio, anzi forse l'ordine, fu di conservare una riserva segreta, per le sorti dell'azienda. Comprese le 138 tonnellate in oro. Il cui valore, oggi, viene calcolato in 9,2 miliardi di euro. L'oro si troverebbe nei caveau del Free Port di Ginevra, di proprietà della società Ports Francs et Entrepots de Geneve: un enorme deposito di valori, automobili, reperti archeologici, la più grande raccolta di opere d'arte del mondo che non può essere vista e chissà quant'altro. L'indirizzo è il quartiere de La Praille, a Ginevra. Ma Margherita, nonostante i suoi avvocati e i suoi investigatori, non ha mai potuto neppure avvicinarsi. Scrive Gigi Moncalvo che, all'avvocato che insisteva per accedere almeno ai documenti - per capire cosa ci fosse lì dentro nella disponibilità della famiglia Agnelli/Elkann - fu detto di andarsene o avrebbero chiamato la Gendarmeria. Il tesoro del Fondatore, dunque. Quello che Gianni avrebbe potuto dividere fra i fratelli, usare per sostenere la Fiat nei momenti bui - e perché mai, se tanto c'erano i soldi dello Stato fra cassa integrazione e contributi a perdere, il petrolio di Gheddafi e i magheggi di Enrico Cuccia? [...] Che non compaiano in nessun elenco è chiaro. Ma anche la loro esistenza sembra certa. Così come il fatto che Elkann ne abbia la disponibilità. Tentare una rogatoria internazionale per farsi aprire i lucchetti? L'ultima volta ci provò la Procura di Milano con il Port Franc di Chiasso dove avrebbero dovuto esserci i famosi dipinti "scomparsi". Una volta arrivati lì, però, gli investigatori non hanno trovato nulla. Tutto era stato svuotato per tempo. torinocronaca.it PS In effetti troppo spesso, io per primo, ci si dimentica che prima di Gianni Agnelli c'è stato suo nonno. Quella Fiat poi, ossia quella prima della seconda guerra mondiale, non contrastava lo stato fascista, quindi viaggiava bene. E anche il nonno del nonno di JE deve aver imboscato molti fondi... E' possibilissimo.
  9. Abbassando ancora di più la qualità del servizio. Distrutti.
  10. il 90° minuto di Valenti mi mette tanta nostalgia, era sacro ai suoi tempi, almeno per me. Una cosa seria. Ma quel mondo è morto tanto tempo fa e non ritornerà più, quindi meglio che nessuno ne tenga artificiosamente in vita il cadavere. Viva la sepoltura. Era ora.
  11. Estratto dell’articolo di Lorenzo Giarelli e Lorenzo Vendemiale per “il Fatto Quotidiano” Aumenti a due zeri del prezzo degli abbonamenti, redazione quasi dimezzata, opinionisti in fuga. Dazn ha un problema e, di riflesso, tutto il calcio italiano non ci fa una gran figura. Nel giorno in cui l’azienda presenta in pompa magna la nuova stagione, l’assemblea dei giornalisti denuncia un piano di 14 esuberi su 32 giornalisti. Un taglio quasi del 50 per cento che segue la rinuncia a diversi talent (Stefano Borghi e Marco Cattaneo, per esempio, anche se l’azienda vuole un nuovo big ). […] Il triennio 2021-2024, il primo da protagonista, è stato un bagno di sangue: gli abbonamenti non sono decollati, Tim – partner e forse vero regista dell’operazione – si è tirata indietro, centinaia di milioni persi. L’azienda a quel punto aveva due strade: ritirarsi, o rilanciare. Ha scelto la seconda, aggiudicandosi i diritti della Serie A addirittura fino al 2029, per 700 milioni a stagione. Ma stavolta i conti dovranno per forza tornare. Per raggiungere almeno il pareggio, da una parte l’Ott sta proseguendo nella politica di aumento dei prezzi (fino a 120 euro in più l’anno, e i tifosi ringraziano) insieme alla lotta alla pirateria. Dall’altra però ha deciso di sfrondare la struttura interna, che probabilmente era stata sovradimensionata nella precedente gestione. Alla redazione questo taglio non sta bene, anche perché da mesi il tavolo sindacale con Fnsi e Associazione lombarda giornalisti non fa progressi. Perciò l’assemblea dei giornalisti ha proclamato lo stato di agitazione[…] Una simile smobilitazione alimenta anche le voci di una crisi di Dazn, che aprirebbe scenari apocalittici per tutto il pallone italiano. Anche se l’acquisto dei diritti fino al 2029 (anche in Francia) conferma l’impegno. Semmai, la domanda è come l’Ott conti di migliorare il prodotto calcio rinunciando a metà redazione. […]
  12. LA RAI HA DECISO DI NON COMPRARE PIÙ I DIRITTI DELLE PARTITE DI SERIE A PER “90° MINUTO”. FINISCE COSÌ IL PROGRAMMA STORICO DI PAOLO VALENTI E MAURIZIO BARENDSON, ORA CONDOTTO DA PAOLA FERRARI.
  13. Quando arrivò da noi, preso dall'Inter, in molti a Torino pensavano che lo avrebbero migliorato. A Milano non capiscono nulla, noi gli insegneremo anche a fare la fase difensiva, sarà una bomba. Così lo hanno messo sotto alla Continassa, ma lui, a quanto mi disse già all'epoca qualcuno che bazzicava il mondo Juve in quegli anni, non aveva nessuna voglia di imparare. Mi sembra che in una intervista di qualche anno dopo forse ha anche confermato lui stesso di non aver usato al meglio l'esperienza con noi per poter crescere. Disse che su alcune cose aveva sbagliato, o qualcosa del genere. Se ne fregava. Svogliato. Rilassato e sereno sulle sue capacità offensive. Alla Juve dopo un po' hanno capito che era una causa persa, e alla prima buona occasione lo hanno venduto. Anche un carattere difficile sul groppone, pare. Il fatto di rivolere uno così tra noi, (anche io ci sto pensando seriamente, sia ben chiaro, da quando è uscita l'indiscrezione), è fisiologicamente prevedibile, perché di fatto stiamo vivendo un momento di ricostruzione a basso costo. Se lo paghi poco (come se i soldi li mettessimo noi ), in effetti sulla carta sembra un'operazione intelligente. Ma probabilmente non lo è. In bradigaaaaaaa...... noi tifosi siamo disperati.
  14. I conti sono ufficiali. In Ferrari al momento c'è ciccia. https://it.motor1.com/news/706944/bilancio-conti-2023-consegne-ferrari/#:~:text=Nuova scossa al conto economico,1%2C257 miliardi (%2B34%).
  15. Diciamo che la Juve è un vuoto a perdere, mentre la Ferrari è un'azienda che produce e fattura. Questa dicotomia nella sua testa è bella chiara. La Ferrari sarà sempre tutelata e gestita in funzione del mito che è, perché porta soldi nella cassa del gruppo. Secondo me lui sinceramente vorrebbe farla tornare a vincere con continuità, perché più brilla e più vende. Che poi non ci riesce è un altro discorso. In quel caso quindi è un tifo molto interessato. La Juve è un serio problema, solo un costo, soprattutto gestita alla c**** di cane come han sempre fatto, che però porta una visibilità capillare mondiale che fa paura. Il problema è che si tratta di un'entità divisiva, la tiene ma non gli interessa, e soprattutto non gli interessa che cominci a fare soldi con una buona gestione, perché sarebbero cmq pochi soldi, ma chi la gestisce avrebbe una visibilità positiva enorme. Soprattutto se un parente, non se ne parla. Ed è un bel jolly da giocarsi su altri tavoli. I costi sono alti, ma per lui sono decisamente molto sostenibili anche quando le cose vanno male, e sono variabili (basta ogni tanto rallentare e svendere un po', senza porsi alti obbiettivi sportivi, come stanno facendo adesso). Siamo prigionieri di questo personaggio qua.
  16. - Come sai, non sei qua per vincere. - Lo so, è difficile il primo anno, stiamo costruendo eh... - Non ci siamo capiti. Il progetto per me, è che qualunque cosa succeda in campo, (perdere o vincere è indifferente), durante o alla fine del torneo ci sia quel sano momento di sodomia. - Non ho capito. In che senso? - Nel senso che o vinciamo e svendiamo i titoli a qualche amico nerazzurro, o perdiamo e lasciamo vincere altri, possibilmente i nerazzurri. - Ma io quindi cosa devo fare? - Tranquillo, fai pure quello che ti va. Fai quello che ti viene. A tutto il resto ci penso io. - E se... - Non ci sono se. Rilassati, divertiti, e goditi lo stipendio. - Non so, io.... - Devo ancora decidere sul tipo di sodomia da accettare questa volta (giudici, arbitri, var, altro....). Ma c'è tempo... - Ma allora.... - Ci sono poche regole che dovrai rispettare. - .... - Zitto e non protestare mai con nessuno. Non alzare la voce. Di fatto sei pagato per risultare un gobbo, quindi ladro, dopato, imbroglione. Se in campo ti fregano la partita in modo palese con l'aiuto di arbitro, var, o altro, davanti alle telecamere dovrai dire che va tutto bene. Che noi siamo la Juve, che abbiamo lo stile juve, che le polemiche non ci toccano, che guardiamo avanti, ecc. - .... - Non fare quella faccia perplessa. Anzi, ti faccio io una domanda.... - .... Che domanda?... - Ti piace la frutta? - Si.... - E il colore giallo ti piace? - Beh... si.... - Bene, sono contento. Adesso si che sei uno dei nostri!
  17. Funziona solo una cosa, sia in Europa che in Italia: la giustizia vera. Magistrati, arresti spettacolari e manette. Ci sarebbe un fuggi fuggi generale, e tanta tanta gente pronta a vuotare il sacco per uno sconto di pena. Purtroppo la magistratura massonica che ci ritroviamo non muoverà un dito. E in Svizzera idem. Per arrestare Blatter si è dovuta impicciare l'FBI, sennò stava ancora lì.
  18. Buone notizie. Continua la lenta diminuzione del numero di copie cartacee vendute di molti giornali. In calo La Stampa, Repubblica, e Corriere della M***A. La Juve non c'entra, è più un fatto di tempi che cambiano, ma io godo lo stesso. Penso però che sia anche un discorso di prezzo della copia, e di credibilità della testata. Il Fatto Quotidiano infatti tiene bene e anzi, aumenta le copie vendute. Segno che ha saputo conquistarsi un suo pubblico. Al di là della qualità, evidentemente sparare contro tutti frutta. La gente è più pronta a credere alle sparate di Travaglio, che ai giornaloni imbroglioni del potere.
  19. Capisco tutto, ma 20 no. Non esiste. Per quella cifra me lo tengo. Che tanto a 20 non lo compri un altro della stessa caratura.
  20. Una volta dopo una mazzata c'era gente che piangeva in campo, e poi restava triste per giorni. Baggio, Baresi, Zoff, Serena, ecc. Anche Ronaldo, ecc. Adesso invece, fin dal giorno dopo, il tempo di arrivare sul luogo prescelto, e comincia la festa. Inoltre, senza manco accendere il cervello, senza neanche lasciare il tempo al popolo italico bananaro anti-Juventino di digerire la figuraccia, si pubblica tutto. Perché io valgo. Ciò i soldi, sono giovane, ciò il fisico, sono alla moda, ciò il tatuaggio nuovo, ciò la tinta in testa nuova, ciò la stra-vacanza, ciò la gnocca vicino, e tu no.
  21. Certo. E' tutta una menata. Ci stanno prendendo per il deretano da mò. Ma le aziende seguono il mercato, ed è normale che si preparino per vendere. La differenza tra un'azienda e una grande azienda, è che la prima segue il mercato, la seconda lo genera .
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